Skip to main content
Ed Harcourt – Beyond the end (Point of Departure, 2018)

Ed Harcourt – Beyond the end (Point of Departure, 2018)

| Luca Ortolani

Per caso, quasi distrattamente, ho letto l’altro giorno che era uscito un nuovo album di Ed Harcourt e incuriosita dal fatto che fosse completamente strumentale, solo pianoforte e archi, me lo sono andata ad ascoltare di filata.

Niente voce, niente parole, solo melodie. E ne sono rimasta completamente rapita dal primo ascolto, rapita e con un gran nodo in gola.

Beyond the end sono quaranta minuti di pura bellezza, emozione in punta di dita e archetto, 12 pezzi che scivolano uno dopo l’altro, uno dentro l’altro, con la grazia che solo un compositore elegante come Harcourt può metterci.

Credo che ci sia qualcosa di primordialmente potente nelle melodie per pianoforte e violino, risvegliano emozioni profonde, e Harcourt in questo album va a toccare delle corde davvero sensibili nell’animo umano, tanto da far venire i brividi lungo la schiena al primo ascolto di Wolves change rivers.

La bellezza. L’unica cosa che riuscivo a pensare mentre venivo trasportata in questa dimensione onirica fatta di atmosfere sfocate ma intense: la bellezza. Ecco, la bellezza suona così.

Il suono è a tratti rovinato come se la musica provenisse da un grammofono polveroso, come in Faded photographs, ma è appunto il suono della polvere che rende magica la melodia: il suono sporco di un grammofono, titoli di chiusura di un film francese proiettato in un vecchio teatro stucchi e velluto consunto…

A chiudere gli occhi è in questi posti che va la mente accompagnata dalla musica di Beyond the end.

Questo album potrebbe essere etichettato come cinematic pop, forse perché ogni traccia inevitabilmente trasporta in una dimensione da film in bianco e nero, un po’ vintage e decadente, ma allo stesso tempo densa di emozioni ed espressività che solo l’assenza di parole riesce a convogliare.

Provate ad ascoltare Empress of the lake a mente sgombra: non vedete davanti ai vostri occhi per caso l’alba nascere riflessa in uno specchio d’acqua, non sentite l’umido della rugiada solleticarvi le caviglie?

E se vi lasciate andare a Whiskey held my sleep to ransom, vedete anche voi una stanza, un tavolo e una bottiglia su cui danza la luce fioca di una candela?

Beyond the end è un piccolo capolavoro di fine anno, che merita di essere assaporato dalla prima all’ultima nota.

Ed Harcourt
Beyond the end
Point of Departure

 

Francesca Garattoni