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Tag: i hate my village

I Hate My Village @ Acieloaperto

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• I Hate My Village •

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Acieloaperto 2021

Rocca Malatestiana (Cesena) // 26 Agosto 2021

 

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acieloaperto 2021 | I HATE MY VILLAGE a Villa Torlonia

ACIELOAPERTO | NONA EDIZIONE

26 AGOSTO 2021
I HATE MY VILLAGE
l ritorno del supergruppo composto da membri di Calibro 35, Verdena, Bud Spencer Blues Explosion e Jennifer Gentle

La band formata da Fabio Rondanini alla batteria (CALIBRO 35, Afterhours) e Adriano Viterbini alla chitarra (Bud Spencer Blues Explosion e molti altri), con la partecipazione di Alberto Ferrari (Verdena) e la produzione di Marco Fasolo (Jennifer Gentle) torna in concerto in Romagna: giovedì 26 agosto, sul palco di Villa Torlonia di San Mauro Pascoli (FC).

Nato dall’incontro di Rondanini e Viterbini, I Hate My Villagetestimonia il loro amore viscerale per la musica africana, un amore nato sui palchi – accompagnando maestri quali Bombino e Rokia Traoré – e poi cresciuto in sala prove con la curiosità di chi ha costantemente voglia di contaminarsi e divertirsi nell’ampliare il proprio orizzonte. Jam dopo jam prendono forma le tracce che hanno costituito il disco omonimo della band: un album in cui melodie e ritmi dalla Madre Africa si fondono con timbriche occidentali, ottenendo una miscela di straordinario effetto. Questo risultato si amplifica ulteriormente grazie al contributo di uno dei personaggi chiave del rock italiano dagli anni ’90: Alberto Ferrari (Verdena) si inserisce con la sua inconfondibile vocalità donando all’amalgama strumentale un ulteriore elemento capace di unire mondi – apparentemente lontani – che in I Hate My Village sembrano coesistere da sempre. Il suono che deriva da questo magico incontro è coraggioso ed innovativo. In cabina di regia Marco Fasolo (Jennifer Gentle) lo restituisce in maniera emozionante, dimostrandosi ancora una volta uno dei produttori più visionari e abili, tanto nel riprendere l’energia dei musicisti in gioco, quanto nel raccontare tutti i variopinti paesaggi sonori della loro scrittura.

Un viaggio in un mondo senza frontiere: questo è I Hate My Village, in concerto giovedì 26 agosto a Villa Torlonia Parco Poesia Pascoli.

Il concerto si aggiunge agli spettacoli già annunciati: Willie Peyote (19 giugno, con doppio spettacolo), Niccolò Fabi (16 e 17 luglio) e Kokoroko (6 agosto) alla Rocca Malatestiana di Cesena, e IOSONOUNCANE (20 agosto) e Arlo Parks (31 agosto) a Villa Torlonia di San Mauro Pascoli.

La rassegna

Organizzata dall’associazione culturale Retropop Live nella splendida Rocca Malatestiana di Cesena nella suggestiva Villa Torlonia di San Mauro Pascoli (FC), la manifestazione ha portato sui palchi di queste magiche location artisti del calibro di Eels, Calexico, Black Rebel Motorcycle Club, Xavier Rudd, Belle and Sebastian, Mark Lanegan, Niccolò Fabi, Gogol Bordello, solo per citarne alcuni. Ha i patrocini dei comuni di Cesena e San Mauro Pascoli, e della Regione Emilia-Romagna.

L’associazione culturale Retro Pop Live è attiva sul territorio cesenate e romagnolo da quasi un decennio. Ha operato in numerosi locali e rock-club del territorio, organizzando concerti e distinguendosi per la proposta artistica che spazia all’interno del rock alternativo in tutte le sue sfaccettature.

INFORMAZIONI AL PUBBLICO

I biglietti della rassegna musicale sono disponibili in prevendita sul circuito TicketOne.
Le aree concerto prevedono esclusivamente posti a sedere, e saranno rispettate le norme anti-covid disposte dal protocollo regionale per lo spettacolo dal vivo.
Info line al 339 2140806 oppure [email protected]
Maggiori informazioni sono consultabili sul sito www.acieloaperto.it o sulla fan page facebook “acieloaperto”.


Giugno 2021 al COVO SUMMER: il programma completo tra concerti, stand-up comedy e Euro 2021

Il Covo Club torna a brillare con la programmazione del COVO SUMMER 2021: dal 1° giugno fino alla fine dell’estate nel Cortile del Casalone (Viale Zagabria 1, Bologna) tornano i concerti, ma anche le risate con gli spettacoli di stand-up comedy e il tifo comune con le proiezioni di tutte le partite dell’Italia agli Europei 2021.

Covo Summer fa parte di Bologna Estate 2021, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Destinazione Turistica.

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Programma GIUGNO 2021

COVO SUMMER

(Cortile del Casalone – Viale Zagabria 1, Bologna)

 

mar 1 giugno: GIUDA (live – rock’n’roll)

gio 3 giugno: HAI PAURA DELL’INDIE? – Max Collini legge l’indie

ven 4 giugno: GENERIC ANIMAL (live – emo punk)

dom 6 giugno: CACHEMIRE – Edoardo Ferrario e Luca Ravenna (SOLD OUT)

mer 9 giugno: EMMA NOLDE (live – alt pop)

gio 10 giugno: QUANDO TUTTO DIVENTÒ BLU – Concerto a fumetti con Alessandro Baronciani

ven 11 giugno: ITALIA – TURCHIA (partita EURO 2021 – free entry)

sab 12 giugno: SQUAT CLUB (talk – ingresso up to you)

mar 15 giugno: GAZEBO PENGUINS (live – emo / post hardcore)

mer 16 giugno: ITALIA – SVIZZERA (partita EURO 2021 – free entry)

gio 17 giugno: FOSCO17 + BENELLI (live – pop)

ven 18 giugno: POST NEBBIA (live – psych pop)

sab 19 giugno: LO SGARABONZI

dom 20 giugno: ITALIA – GALLES (partita EURO 2021 ore 18 – free entry)

gio 24 giugno: NICOLÒ CARNESI (live – pop)

ven 25 giugno: FRANEK WINDY + IBISCO (live – alt pop)

sab 26 giugno: EURO 2021 (gara ottavi)

 

Per tutti gli show e i concerti con ingresso a pagamento, prevendite disponibili su DICE.

Tutte gli eventi e le info aggiornate sul sito ufficiale delCovo Club e su FB

 

ORARI CONCERTI, SPETTACOLI e STAND UP COMEDY

Fino al 21 giugno: apertura porte ore 19, inizio live ore20:45

Dal 21 giugno: apertura porte ore 20, inizio live ore 21:15 (info in aggiornamento)

 

PARTITE EURO 2021

Dall’11 giugno nel Cortile del Casalone tornano le proiezioni di tutte le partite dell’Italia agli Europei 2021, per tifare di nuovo tutti assieme! Con musica pre e post partita.

FREE ENTRY fino a esaurimento posti e con distanziamento, per prenotare i posti (congiunti vicini) basterà scrivere una mail a [email protected]

 

Afterhours @ Bologna_Sonic_Park

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• Afterhours •

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+
Rancore
I Hate My Village 

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Bologna Sonic Park (Bologna) // 18 Luglio 2019

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Magliette dei Joy Division, bruciature di sigarette sulle braccia, birre che volano sulle teste del pubblico, pogo selvaggio, Manuel Agnelli e i suoi capelli liscissimi. No amici, non siamo nel 1999. Le cose però, per una delle mie band del cuore, non sembrano cambiate granché, ad eccezione del numero esorbitante di smartphone pronto a riprendere e a registrare qualunque nota o parola pronunciata durante questa serata. Questa bolognese del Sonic Park è una delle due date che vedranno gli Afterhours esibirsi, per quest’anno e il pubblico è molto caldo.

Mentre aspetto che il concerto inizi penso a quante volte li ho visti dal vivo, dalla mia adolescenza ad oggi. Tante, sicuramente. Vicino a me, una donna sulla quarantina indossa la t-shirt del recente tour di Agnelli, A Night With, e non smette di farsi selfie con alle spalle il palco e di far vedere a tutti quelli che la circondano i video fatti durante i passati concerti del gruppo.

Preceduti dagli I Hate My Village e Rancore, Agnelli e i suoi salgono sul palco alle 21.30, spaccando praticamente il minuto. Se non fosse per la barba imbiancata di Manuel, e insolitametne lunga, sembrerebbe davvero che il tempo non sia passato. Fin dal primo pezzo, Rapace, la band milanese è ancora in grado di trascinare il pubblico in un vortice di chitarre e suoni taglienti.

Sul palco sono felice di rivedere anche Xabier Iriondo, chitarrista storico del gruppo, per qualche anno assente dalle scene, e felicemente ritornato dal 2016.

Quando arriva Male di Miele il pubblico inizia a ballare e pogare ai lati del palco. La ragazza sulla quarantina con la t-shirt dopo qualche spallata violenta viene risucchiata da un gorgo infernale e sparisce dalla mia vista. Mi chiedo se abbia mai fatto ritorno a casa.

Nonostante, come ha ripetuto più volte Agnelli durante la serata, abbiano fatto due soli giorni di prove, la chimica e l’energia che sprigionano è rimasta immutata. Gli Afterhours sono una macchina perfetta e l’elettricità è alta, si vede che c’è la voglia di fare un bel concerto. Infatti nonostante sarebbe potuta benissimo essere la classica esibizione da “best of”, non è così. Agli Afterhours piace spiazzare il pubblico e lo sanno fare maledettamente bene. Oltre alle classiche Padania, Il Paese è Reale, Bianca, Ballata per la mia Piccola Iena e Non è per Sempre ci sono anche altri brani che non vengono eseguiti così spesso dal vivo, come Oppio o Se io fossi il giudice.

Quando arriva Il mio popolo si fa, Agnelli è completamente trasfigurato in un Cristo in croce. Qualcuno dal pubblico gli urla “sei il mio messia”. Capelli lunghi, braccia aperte, ma niente a che fare con quella faccenda del “porgi l’altra guancia”. Gli Afterhours, se ci hanno insegnato qualcosa in questi anni, è proprio a non essere passivi. La vita ti dà uno schiaffo? Benissimo, tu daglielo indietro. Più forte e dove fa più male.

Agnelli negli anni è diventato più loquace, ha una maggiore voglia di raccontarsi, ma alcune cose sono rimaste immutate. Non dirà mai qualcosa solo per accattivarsi il consenso del pubblico. Un gruppo di ragazze di fronte al palco gli urla che la loro amica sta per sposarsi. “Cosa? Ah”, fine del discorso. Non un sorriso, non un ammiccamento, niente di niente. Ma è anche per questa personalità spigolosa che il suo pubblico gli vuole bene.

Quando gli Afterhours rientrano sul palco per i bis arriva il momento Iggy Pop della serata. Agnelli si toglie la maglia e a petto nudo, roteando il microfono come se fosse un nunchaku, esegue il trittico La verità che ricordavo, La vedova bianca e Bye Bye Bombay.

Chiude la serata Voglio una Pelle Splendida, al termine della quale si accendono le luci e gli Afterhours si uniscono in un grande abbraccio. Anche noi li abbracciamo idealmente. Suonare per oltre due ore, con una scaletta dei tempi migliori e tutta l’energia che avevano a disposizione, dimostra un grande rispetto per il pubblico.

Chi si aspettava un compitino ben svolto si sarà dovuto ricredere: gli Afterhours sono in ottima forma, oggi come trent’anni fa.

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Daniela Fabbri

Foto: Luca Ortolani

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a Vertigo | Reverse Agency

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Rancore

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I Hate My Village

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Parma Music Park

L’estate in musica nella nuova arena concerti di S. Polo di Torrile, Parma

 

Anche Parma avrà la sua estate con musica e festival di primo piano: nasce nel parco di San Polo di Torrile in via Buozzi 3 una nuova arena concerti con un fittissimo programma. Sarà il Parma Music Park ad animare la stagione della città per tutta l’estate, a partire dal 24 maggio con concerti di spicco: dagli italiani come Marlene Kuntz, Capo Plaza, MadMan, Carl Brave agli internazionali come Cannibal Corpse, Groundation, Soulfly, Dub FX, Morgan Heritage e Dub Incorporation nella decima edizione del Positive River Festival, e ancora, sul fronte più indie, Ex-Otago, Pinguini Tattici Nucleari, Fast Animals and Slow Kids, Canova, I Hate My Village (Adriano Viterbini e Fabio Rondanini) più il metal medievale dei Folkstone e i festival a tema. I biglietti sono tutti in prevendita sul circuito Ticket One, online e nei punti vendita. Tutte le sere, apertura alle 19 e inizio concerti alle 21, per proseguire poi con i dj set.

L’estate di Parma sarà viva e in musica! A pochi chilometri dal casello autostradale, un imponente palco immerso nel verde ospiterà il Parma Music Park – la rassegna estiva curata dal Campus Industry Music di Parma in collaborazione con Positive River – che proporrà le migliori produzioni italiane e internazionali. La kermesse sarà dotata anche di area ristorazione, diversi bar e una zona campeggio e offrirà anche diversi eventi gratuiti. Per i più piccoli, inoltre, è prevista un’area gioco con gonfiabili, maghi e giocolieri. Una valida alternativa per le proprie vacanze: per chi resta in città e per chi verrà attirato dai nomi di richiamo.

Si comincia il 24 maggio con l’inaugurazione ufficiale, primo di tre giorni di festival gastronomico dedicato ad arrosticini e bombette più concerti, tutto a ingresso gratuito. Venerdì 24 concerto dei Folkstone, in tour con l’album appena uscito, ad aprile, “Diario Di Un Ultimo”, settimo lavoro della formazione, successore dell’acclamato Ossidiana uscito ne 2017 distribuito da Universal Music, prosegue il percorso iniziato quindici anni fa con una commistione originale di metal e suoni acustici e tipicamente associati alla musica folk del nord Europa, come cornamuse, arpe e flauti.

Si prosegue sabato 25 maggio con I Hate My Village, uno dei gruppi rivelazione del 2019, che nasce dall’incontro tra Fabio Rondanini alla batteria (Calibro 35, Afterhours) e Adriano Viterbini alla chitarra (Bud Spencer Blues Explosion e molti altri), accomunati dalla passione per la musica africana e dall’esigenza di dare voce alla loro ricerca del “groove perfetto”. Domenica 26, a vent’anni dalla morte di Fabrizio De André, ci sarà il concerto De André 2.0: non l’imitazione di un artista inarrivabile come De André, ma una vera e propria reinterpretazione, che si prende anche dei rischi, espressivamente parlando.

Dopo i giorni inaugurali i concerti proseguiranno con un continuo susseguirsi di artisti di primo piano. Da notare, subito, il primo giugno, il concerto dei Canova. Di recente formazione, dall’uscita del primo disco, nel 2016, “Avete ragione tutti” per Maciste Dischi, non si sono mai fermati, con centinaia di date, disco d’oro, premio MEI come miglior esordio e ora il nuovo album: “Vivi per sempre”. Poco dopo, venerdì 7 giugno, è il tempo de Il Festivalino, dove suoneranno in una sola serata quattro artisti italiani freschi e nuovi, che stanno conoscendo un successo in rapida crescita: i bolognesi Rovere – che portano in tour il primo recentissimo album, “Disponibile anche in mogano” -, e poi Megha – anche lui con il primo album di studio, Superquark -, e anche Rumatera e Cogito.

Spiccano anche i rapper MadMan + Massimo Pericolo, in concerto il 14 giugno, e Capo Plaza, live il 28 giugno. Madman, classe ’88, nato nell’ambiente underground, in passato ha conquistato il disco d’oro dopo solo due mesi dall’uscita dell’album “Kepler”, fatto con Gemitaiz. Ad aprile è partito con il nuovo tour “MM VOL. 3 TOUR”. Capo Plaza con “20”, il suo primo album, pubblicato nel 2018, ha conquistato due dischi di platino: un bel traguardo per il giovane rapper salernitano reduce anche da un tour europeo – cosa non particolarmente comune per un artista italiano – che si è concluso con un sold out all’Alcatraz di Milano.

Da notare alcune date di particolare peso all’interno del programma, come quella dei Marlene Kuntz dell’11 luglio. In occasione dei 30 anni di carriera e dei 20 compiuti dal loro terzo album “Ho ucciso paranoia”, tornano in tour per l’estate con una serie di date molto speciali “30 : 20 : 10 MK2”, che si aprirà proprio al Parma Music Park. Concerti particolari che proporranno i Marlene in versione “al quadrato”, in tre ore di spettacolo in cui la prima metà sarà interamente acustica e la seconda tutta elettrica.

Spazio alla musica italiana anche il 30 agosto con Carl Brave. L’artista romano porta le sue Notti Brave nel parmense, dopo la spettacolare esibizione all’ultimo concerto del Primo Maggio, dove si è esibito tra Noel Gallagher e Manuel Agnelli: una posizione in scaletta che dice molto. 16 milioni di visualizzazioni su Youtube in sei mesi per il brano “Posso”, in cui canta con Max Gazzè, e 60 milioni di visualizzazioni in un anno per “Fotografia”, in cui invece si esibisce con Francesca Michielin e Fabri Fibra, fanno ben capire dove punti Carl Brave in termini di fama.

Canzone d’autore, rap, pop, rock, indie, reggae, metal. Ce n’è per tutti i gusti nel programma del Parma Music Park. Per restare sull’ultimo citato, il metal, la parte del leone spetta ai Cannibal Corpse, formazione storica del genere in concerto a San Polo di Torrile il 25 giugno, ma è di tutto rispetto anche il concerto dei Soulfly, da Phoenix, che il 9 luglio portano a Torrile il loro undicesimo album di studio. Sul fronte reggae le date principali sono quella degli americani Groundation il 17 giugno – che tornano in Italia per presentare il loro ultimo lavoro “The Next Generation” – e l’appuntamento con il Positive River Festival, 18-21 luglio, che giunge quest’anno alla decima edizione e per l’occasione ha fatto le cose in grande con quattro giorni di concerti di spessore: Dub FX + Manudigital (18 luglio), Morgan Heritage (19 luglio) e Dub Incorporation (21 luglio).

E ancora tanta musica indie italiana nelle sue infinite sfumature. Il 9 giugno ci saranno i genovesi Ex-Otago con il “Cosa fai questa notte? tour 2019”, dopo i recenti singoli “Questa notte” e l’originale e appassionata versione quasi morriconiana di “Amore che vieni, amore che vai”; il 29 giugno i Pinguini Tattici Nucleari – con il nuovo disco uscito a marzo “Fuori dall’Hype” – e il 12 luglio Fast Animals and Slow Kids, che hanno da poco rilasciato nuovo video “Radio radio” e album “Animali notturni”. Ancora molte altre le date di un programma ancora in aggiornamento ma che già promette faville.

 

PROGRAMMA (in corso di aggiornamento)

24-26 maggio, Inaugurazione Parma Music Park – Arrosticini vs. Bombette Festival (ingresso libero)

24 maggio, Folkstone (ingresso libero)

25 maggio, I Hate My Village (ingresso libero)

26 maggio, De André 2.0 (ingresso libero)

31 maggio, Michele Luppi Band

1 giugno, Canova

7 giugno, Il Festivalino – Rovere + Rumatera + Megha + Cogito

8 giugno, Holi Summer Festival – La festa del colore (ingresso libero)

9 giugno, Ex-Otago

14 giugno, MadMan + Massimo Pericolo

15 giugno, Viva Woodstock (ingresso libero)

17 giugno, Groundation

25 giugno, Cannibal Corpse + Sadlist

28 giugno, Capo Plaza

29 giugno, Pinguini Tattici Nucleari

30 giugno, Fiera del Mistero

9 luglio, Soulfly

11 luglio, 30 : 20 : 10 MK² Tour

12 luglio, Fast Animals and Slow Kids

18-21 luglio, Positive River Festival, decima edizione

18 luglio, Dub FX + Manudigital

19 luglio, Morgan Heritage

20 luglio, TBA

21 luglio, Dub Incorporation

30 agosto, Carl Brave

 

COME ARRIVARE al Parma Music Park:

Località San Polo di Torrile

via B. Buozzi, 3, 43056 Torrile (Parma)

 

GOOGLE MAPS

Indicazioni qui: http://bit.ly/2ULOMo8

 

BUS

Per raggiungere San Polo di Torrile in autobus da Parma puoi scaricare gli orari degli autobus delle linee Tep al seguente link: http://www.tep.pr.it/download_colorno_5.aspx

 

TRENO

La stazione di San Polo di Torrile si trova sulla linea Parma  – Brescia e dista meno di 1 km dal Parma Music Park, circa 10 minuti a piedi. È la prima fermata in treno da Parma, circa 10 minuti di treno. Ulteriori informazioni le puoi trovare su: http://www.trenord.it/it/home.aspx

 

AUTO – Dal centro città: percorrendo Via Trento – Via San Leonardo e Via Colorno in direzione Colorno Casalmaggiore Mantova, passare l’abitato di San Polo fino alla zona industriale, girare a destra nei pressi della farmaceutica Glaxo Smith Kline. Seguire poi le indicazioni segnaletiche del Festival.

 

– dall’AUTOSTRADA A1 (da Bologna o da Milano): uscita PARMA. Prendere la direzione Colorno Casalmaggiore Mantova, passare l’abitato di San Polo fino alla zona industriale, girare a destra nei pressi della farmaceutica Glaxo Smith Kline. Seguire poi le indicazioni segnaletiche del Festival.

 

Parma Music Park

Località S. Polo – via B. Buozzi, 3 | 43056 Torrile, Italia

Tel.+39 370 3300851| facebook.com/ParmaMusicPark |instagram.com/parmamusicpark

[email protected] | www.parmamusicpark.com

I Hate My Village: l’esigenza di bellezza balla a ritmo tribale

Una formazione d’eccellenza che non ha bisogno di presentazioni.

Un unico manifesto artistico: creare qualcosa di bello. Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Alberto Ferrari (Verdena) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle) si sono incontrati puntando dritto a questo obiettivo.

È nato così un super-gruppo, gli I Hate My Village. Li abbiamo incontrati nel backstage del Supersonic Music Club, in occasione della data del 20 aprile a Foligno. Loro, schierati su un divano. Di fronte io, su uno scalino, con il palco alle spalle e tanta emozione. Un viaggio di andata e ritorno per l’Africa, tra curiosità, melodie sciamaniche, nuovi linguaggi e riflessioni sul villaggio musicale attuale.

 

Nel momento in cui si parla di una super-band scatta sempre il meccanismo mentale per cui non si sa se aspettarsi un progetto del tutto nuovo o un’opera di citazionismo legittimo dei rispettivi gruppi di provenienza. Su questa premessa, come nascono gli I Hate My Village?

Fabio: In realtà non sapevamo che cosa sarebbe venuto fuori. Il primo incontro è stato fra me e Adriano, in sala prove. Inizialmente l’intento era quello di vederci per suonare…niente di più. Avevamo già qualche idea da sviluppare quindi abbiamo dato al tutto una certa frequenza. Da lì, è venuto fuori il materiale per un disco che abbiamo poi portato da Marco, in studio. Un disco totalmente strumentale.

 

Quando avete detto: “Vogliamo Alberto Ferrari alla voce?”

F: Anche per quanto riguarda la linea vocale, la scelta è stata spontanea. Abbiamo chiesto ad Alberto se voleva unirsi per cantare quello che voleva, come voleva lui. Ed ha accettato.

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Perno centrale è il rimando a sonorità africane. Un tentativo di comunicazione, in musica, attraverso una lingua straniera. Che messaggio vuole veicolare?

F: Già nel nome del gruppo c’è un errore di pronuncia. Nome ispirato al titolo di un cannibal movie che gioca sui verbi odiare “hate” e aver mangiato “ate”. È vero, a noi piace la musica africana e lo spunto è stato quello…però non siamo africani… il risultato rimanda a questo enorme errore di pronuncia. Volevamo semplicemente fare qualcosa che ci piacesse e che consideravamo bello, nel senso più autentico del termine. Il messaggio, anche di stampo sociale e politico, ci si può comunque leggere: siamo noi, in questo caso, ad andare verso l’Africa? Anche noi viviamo in un piccolo grande villaggio, alla fine? Lo odiamo? Oppure…pensa anche al fatto che un errore di pronuncia tra “hate” ed “ate” l’avrebbe potuto commettere qualsiasi italiano…

 

Quindi anche gli altri equivoci lessicali in titoli come Tramp o Fame che in inglese sta per “fama, successo” sono più dei collegamenti o dei contrasti?

F: È un significato contenuto già nel titolo stesso del progetto appunto: facciamo musica africana ma poi non ci riusciamo. Anche noi abbiamo iniziato studiandola o facendoci guidare da ascolti precedenti. Ciò che emerge è l’originalità del disco.

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E quali sono le influenze, gli ascolti o le collaborazioni che hanno inciso maggiormente nella fase creativa?

Adriano: La musica africana ci ha influenzato anche in seguito a collaborazioni con artisti come Bombino e Rokia Traoré. Inoltre, nell’ambito della musica rock e blues, durante il corso degli anni Novanta si è susseguita tutta una serie di artisti africani che suonavano con le chitarre elettriche. Qualcosa che risultava molto difficile ascoltare negli anni Ottanta, famosi per le corde di nylon. È nato così un filone legato al rock ma di matrice africana: il Blues Tuareg o il Mali rock, ai quali ci siamo associati per gusto personale, mescolando le varie psichedelie del Fela Kuti dagli anni dai Settanta in poi.  Abbiamo approfondito questo linguaggio, spinti dall’interesse e dalla necessità di esprimerci con una musica basata su codici diversi, su una genesi differente per quanto riguarda la canzone e la stessa idea di band. La nostra non è una superband anni Novanta, è un po’ diversa, più contemporanea. Da non tralasciare il fatto che ci siamo ispirati a noi stessi. Se penso ai gruppi che amo di più della scena italiana sono i Calibro 35, i Jennifer Gentle, i Verdena o gli Zoo. Ci siamo trovati tra persone che si stimano a vicenda.

F: È un grande laboratorio. Poi, ovviamente, venendo tutti da altre situazioni più grandi, è normale che questo sia considerato come il b-project. Ma non è così.

A: Esatto, non c’è una classifica. La musica si fa perché viene. E volevamo fare una cosa bella…è questa la benzina, il motore che ha dato il via a tutto. E continua a farlo. L’esigenza di bellezza.

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Ricollegandomi al cannibal movie ghanese e alla copertina dell’album realizzata dall’artista romano Scarful, nel vostro progetto si rintraccia un “cannibalismo artistico”, un nutrirsi di idee. Quanto la musica italiana attuale si ciba ancora di curiosità, di sperimentazione?

F: Di sperimentazione ce n’è ancora tanta, ma non si vede così facilmente. Forse non trova il giusto spazio. Chi fa musica per lavoro spesso sceglie la strada più semplice da seguire. Soprattutto se vuoi fare musica perché preferisci non fare un cazzo nella vita…e magari ti riesce pure bene eh… allora quella è la via. Se invece hai qualcosa da dire, diventa tutto più difficile…ci vuole coraggio. Ovvio, c’è ancora chi sperimenta, magari nei teatrini da trenta persone. Però c’è. L’appiattimento esiste nella legge dei grandi numeri. Nei piccoli numeri, però, certe cose sopravviveranno sempre. Una cosa da non dimenticare è che per noi è più facile fare quello che ci pare. In questo ci ha protetto la natura di super band. A noi piace quello che abbiamo creato? Si. A voi no? Pazienza. Ci siamo sentiti liberi. L’intenzione era quella di arrivare anche al pubblico, certo. Divertirsi prima di tutto…addirittura intrattenere! Altro che sperimentazione… è l’esatto opposto!

Marco: Ma non è detto che i due aspetti siano inconciliabili, anzi!

 

È di qualche giorno fa l’annuncio del tour estivo. Il prossimo 10 agosto suonerete allo Sziget, uscendo dal “villaggio italiano”. Quali sono le aspettative sulle date all’estero?

F: In realtà, fin dall’inizio, avevamo concepito gli I Hate My Village come progetto internazionale tanto che volevamo uscire con il disco prima all’estero che in Italia. Ci stavamo anche riuscendo… poi una serie di circostanze ci ha fatto un perdere tempo e abbiamo deciso diversamente. Senza dubbio, l’estero è un sentiero inevitabile da percorrere.

A: Anche per far conoscere la nostra musica al di là dei confini italiani. Le caratteristiche si prestano molto: i testi sono in inglese, sono fruibili a tutti. Non vediamo l’ora.

IMGL6604Intervista di Laura Faccenda

Foto di Luca Ortolani

I Hate My Village @ Supersonic

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• I Hate My Village •

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Supersonic Music Club (Foligno) // 20 Aprile 2019

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto: Luca Ortolani

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001

 

Grazie a Fleisch Ufficio Stampa

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I Hate My Village @ Locomotiv Club

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• I Hate My Village •

 

Locomotiv Club (Bologna) // 14 Febbraio 2019

 

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Anche questa sera, senza smentirsi mai, il Locomotiv Club di Bologna apre le porte per proporci suoni underground e d’avanguardia.

Un sipario rosso nasconde il piccolo palco già allestito e ad accoglierci è Stefano Pilia, chitarrista turnista live degli Afterhours, giocoliere di timbriche e di chiaroscuri elettronici. La sua performance è breve, totalmente strumentale e molto, ma molto sperimentale.

Della serie: o la ami, o la odi.

La chitarra è un pennello che disegna architetture sonore, che partorisce campionature improvvisate. Tutto si conclude con un applauso di apprezzamento del pubblico e lo show procede puntualissimo.

Poco prima delle 22.30 infatti entrano, acclamatissimi dal pubblico i fantastici quattro di questo super gruppo italiano, chiamato I hate my Village: Fabio Rondanini (batterista dei Calibro 35 e Afterhours), Adriano Viterbini (chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion), con la collaborazione della voce di Alberto Ferrari (Verdena) e Marco Fasolo al basso (anche curatore della produzione) presentano il loro album new born omonimo.

Potrei raccontarvi dilungandomi inutilmente riguardo la scelta del nome della band o delle palesi influenze della musica africana, ma la verità è che questi quattro talenti non hanno avuto altro intento che far convergere, come in un imbuto di idee, le loro virtù musicali e compositive in totale spontaneità.

Una tavola rotonda di suoni, ritmi, improvvisazioni e tanto divertimento. Un brain storming musicale.

Rito, tradizioni, ancestralità. Forse è proprio questo che Fabio & Co. vogliono andare a ricercare con questi suoni contaminati e innovativi che però non perdono affatto le loro radici, palesemente groove e psichedeliche.

Infatti, dopo tutte le recensioni lette, temevo di ascoltare qualcosa di molto lontano dalle atmosfere rock, blues, a cui le mie orecchie sono abituate. E invece mi sbagliavo: questa perfetta energia sonora è nuova, ma infallibilmente stimolante e per nulla deludente.

Anzi, insegna: insegna che non deve per forza esserci un testo da cantare, una canzone che si apre, che abbia un centro e poi una fine. Ci si sente in preda ad un ritmo tribale, ma psichedelico che scuote, elettrizza e coinvolge.

E tutto questo hanno saputo far trasudare questa sera a noi famelici e curiosi ascoltatori.

Non potrebbero attaccare con brano migliore di Presentiment, durante la quale è più facile muoversi che canticchiare e basta.

Loro suonano e si divertono: e si vede. La voce di Alberto Ferrari canta in lingua inglese e si mescola perfetta e distorta in I ate my Village.

Prima dell’ultimo brano, quasi ci spiazzano attaccando con la cover di Micheal Jackson “Don’t stop til you get enough”, ma a questo punto tutto il Locomotiv sta ballando insieme a loro, la condivisione è totale e l’atmosfera primitiva dei primi brani lascia spazio ad una originalissima ballad senza tempo.

 

SETLIST

PRESENTIMENT

TRUMP

ACQUARAGIA

FARE UN FUOCO

I ATE MY VILLAGE

ELVIS

FAME

BAHUM

KENNEDY

TONY

COVER (DON’T STOP TIL YOU GET ENOUGH)

TUBI INNOCENTI

 

Grazie a Fleisch Ufficio Stampa[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo e Foto: Valentina Bellini

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Stefano Pilia

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”11426,11427,11431,11428,11429,11430″][/vc_column][/vc_row]

La musica non conosce confini: I Hate My Village, 2019

Quando il ricercatore tedesco Thomas Fritz, nel 2009, arrivò in cima alle montagne del Mandara, a nord del Camerun, aveva con sé un computer portatile, batterie solari (niente elettricità da quelle parti) e alcuni brani degli U2. Il tutto per una missione ambiziosa: dimostrare l’universalità della musica.

I Mafa, uno dei 250 gruppi etnici della zona, non avevano mai ascoltato canzoni “occidentali”, prima di allora. I ritmi, i canti erano riconducibili esclusivamente alle cerimonie rituali e alle espressioni comunicative tradizionali.

Che effetto avrebbero suscitato i grandi successi provenienti dal nostro emisfero? Risultato: reazioni identiche agli ascoltatori “occidentali” e caratterizzate dalle tre sensazioni base di felicità, paura e tristezza. A determinarle, a livello di universale, sono il ritmo e la chiave maggiore o minore dei passaggi.

Dieci anni dopo, in Italia, una band, anzi una superband tenta qualcosa di simile, a ruoli invertiti. Dall’incontro tra Fabio Rondanini, batterista di Calibro 35 e Afterhours, e Adriano Viterbini, chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion nascono gli I Hate My Village.

Un nome che deriva da un cannibal movie ghanese degli anni settanta. Un omonimo disco d’esordio, pubblicato lo scorso 18 gennaio per La Tempesta International, che si snoda tra atmosfere oniriche e percussioni di realtà. Naturali inclinazioni al groove e impalcature blues accompagnano le melodie protagoniste, provenienti dalla musica sahariana e subsahariana.

Se l’artwork del disco, in cui si intrecciano coccodrilli, teschi, ossa e figure demoniache, ricorda scene di violento tribalismo, durante l’ascolto delle nove tracce ci si accorge che il cannibalismo è soltanto di matrice artistica e musicale.

È chiara la volontà di nutrirsi di idee, influenze e contaminazioni di origine anche lontana (Fela Kuti, Ali Farka Tourè, Bombino, Rokia Traoré) per studiarle, attraversarle, smembrarle e ricostruirle fino a renderle proprie.

Nessun intento di fedele ripresa della tradizione africana o di pura citazione delle varie band di provenienza. Sì, perché ai piedi dell’unico totem di I Hate My Village, chiamato “esperimento”, troviamo anche Alberto Ferrari dei Verdena alla voce (qui in inglese) e Marco Fasolo, eclettico produttore e bassista per tutta la durata del tour.

L’album sembra, dunque, l’esito di una ispirata jam session, spontanea, leggera ma non fortuita. Una prova riuscita di tecnica e stile presente già in apertura con Tony Hawk of Ghana. Riff intrecciati, psichedelici, venature prog a cui la voce di Ferrari dona un effetto di scomposta tridimensionalità.

Un contributo vocale che impreziosisce anche la coinvolgente Acquaragia e i ritmi ancestrali, frenetici e affannosamente funky di Fare un fuoco: parole quasi incomprensibili, a metà tra versi di animali e segnali in codice, rievocano le scene di danze tribali e riti sciamanici.

Presentiment, del tutto strumentale, trasla di nuovo le coordinate del lontano continente nelle nostre terre. Si ha come l’impressione di trovarsi al centro di un flash mob che imperversa in un cantiere italiano tra lavoratori di origine africana. Si crea l’intersezione di suoni inconsueti, asciutti, decisi, come generati non tanto da strumenti musicali quanto da attrezzi, fusti, martelli, sirene.

Nei 24 minuti di andatura impellente, l’occasione per fermarsi e respirare è concessa da Bahum. Armonie essenziali e vibrazioni primitive si accendono su una luce chiara, sui raggi del sole incandescente che spunta all’orizzonte, nella Savana.

Il valore aggiunto dell’internazionalità gioca, inoltre, sull’arguzia, sugli errori di pronuncia e sui giochi di parole evidenti nella ballabilissima Tramp, nel lamento reiterato, malinconico, inesorabile di Fame e nel brano di chiusura I ate my village. L’equivoco che aleggia tra i verbi HATE e EAT. Odiare e mangiare.

L’incontro, l’abbraccio, il disappunto, lo scontro. Uno scontro aperto con la musica italiana, rintanata nel suo microscopico villaggio, nelle sue regole, consuetudini e polemiche. Uno scontro aperto con chi rifiuta di espandere i propri confini, artistici ed umani. Il tentativo di scongiurare, attraverso la musica, questa minaccia di chiusura, oggi più presente e preoccupante che mai.

 

TRACKLIST:

1.Tony Hawk Of Ghana
2.Presentiment
3.Acquaragia
4.Location 8
5.Tramp
6.Fare un fuoco
7.Fame
8.Bahum
9.I Ate My Village

 

La Tempesta International

 

Laura Faccenda

I Hate My Village @ Monk

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• I Hate My Village •

Monk (Roma) // 02 Febbraio 2019

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Alle 21:30 del 2 febbraio si aprono finalmente le porte del Monk, circolo ARCI nato nel 2014, che a luglio compirà cinque anni e che “resiste” e si afferma tra i tanti locali come luogo di culto romano.

Casa base di live importanti per la scena musicale contemporanea e di numerosi incontri che pongono al centro di ogni evento l’aggregazione e la condivisione culturale.

Siamo tanti nella sala concerti per questa prima data italiana andata sold out, pervasi da curiosità ed euforia, come di chi attende ad un primo appuntamento.

Vedremo salire sul palco alcuni dei nostri artisti preferiti (già conosciuti per i loro progetti precedenti e paralleli) che hanno creato un’ intesa e quindi deciso di formare un’ unica band di livello “I Hate My village“.

I fantastici 4 del rock alternativo sono Fabio Rondanini alla batteria (Calibro 35, Afterhours), che insieme ad Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) è la mente di questo progetto, Alberto Ferrari alla chitarra e voce (Verdena) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle) – al basso durante il tour – produttore e curatore del sound dell’album.

Eccoli apparire, finalmente, per presentarci il loro primo album Tony Hawk of Ghana, visibilmente emozionati per il debutto. Si dirigono composti verso la propria postazione, uno scambio di sguardi d’intesa e si parte con Presentiment, una scossa elettrica che ti attraversa e ti invita al movimento.

I brani si susseguono in modo energico, naturale, come colonne sonore di paesaggi aspri e selvaggi dal forte impatto mistico. Ognuno di questi è caratterizzato da un’alternanza di bassi graffianti, ritmi sincopati e discontinui della batteria e dai vocalizzi sussultori e urlati caratteristici di Ferrari.

Le luci calde a intermittenza e la macchina del fumo creano l’ambiente ideale per I Ate My Village, e finalmente il pubblico, che non ha mai avuto bisogno di rompere il ghiaccio, si lascia andare alle danze. L’ andamento del brano è così energizzante da far sciogliere anche l’individuo più legnoso.

Bahum è una festa, come un grande abbraccio sonoro tra loro, un festeggiamento intorno al grande fuoco che hanno creato insieme. Quando arriva  poi l’attesissima Tony Hawk of Ghana, che da il titolo all’album, si conferma un sigillo a tutte le aspettative sul live e su questo album sorprendente.

Un concerto come un grande sogno, che ci porta per certo in Africa in un villaggio sconosciuto.

Un villaggio dove questi musicisti si sono “accampati” con la mente e con il loro sound, prendendo tutto ciò che è possibile assimilare da queste atmosfere e fondendolo nelle proprie contaminazioni artistiche.

Grazie ad Fleisch[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Rachele Moro

Foto: Simone Asciutti

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