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Tag: rossofuoco

Giorgio Canali & Rossofuoco “Venti” (La Tempesta Dischi, 2020)

Ma come accidenti si fa a recensire un disco del genere? È una vergogna!

Per quale assurdo motivo dovrei parlare di questo disco? Io me lo tengo per me. Solo per me.

Come quelle cose belle e preziose, che vuoi proteggere da occhi indiscreti e assetati, avidi e inconsapevoli, immeritevoli perfino; e poterne godere da solo.

Dai capita a tutti, questa sensazione. La provo, la si prova, quando troviamo qualcosa di bello, diventiamo gelosi, egoisti, immaturi. 

Con la musica accade, per esempio, quando il nostro gruppo underground si fa popolare, mainstream. A Giorgio Canali frega un cazzo del mainstream. E io ne sono contento.

Ma allo stesso tempo dico: “Porco cane! La bellezza bisogna condividerla! In culo a chi non saprà apprezzarla, m’importa una sega, sai ma fatta bene.”

Tutta questa premessa per parlare di un disco di cui io, in realtà, non vorrei parlare. 

Non fanno per me le recensioni, le descrizioni, i tecnicismi, gli elenchi. Per cui parlerò delle sensazioni, dei riferimenti a cui mi rimanda, delle bestemmie, delle risate, delle lacrime. 

Parlerò di me. Megalomane! Egoist!

Eh sì, perchè quando ascolti un disco, poi diventa tuo, nel senso più umano del termine. Sei tu.

Come quando esco a fotografare; un paesaggio, una persona, una situazione. Anche se non sono presente fisicamente nel fotogramma, in quella foto ci sono io, sopratutto io. Così nella musica.

Seguo Giorgio Canali & Rossofuoco dal loro secondo album, me ne innamorai subito. 

Non per il passato di Giorgio (CCCP, C.S.I., PGR), ma perché quell’album mi arrivò dritto in faccia come una badilata e mi scosse i neuroni. Era il 2004.

Sedici anni dopo esce Venti, ottavo album della band capitanata da Canali.

Inghiottisco l’album, poi lo rigurgito, poi inghiottisco ancora, e lo rigurgito. In loop.

Ne escono delle emozioni, dei pensieri, brividi, rabbia, imprecazioni, lacrime, malinconia, sorrisi, insoddisfazione, impotenza. No resilienza no! Per Dio!

Venti tracce, un album doppio, c’era troppo da dire. 

Il tempo non mancava per pensare e scrivere durante la scorsa primavera. E Giorgio Canali, che non le manda a dire, butta tutto in musica e parole quello che gli frulla in capo. Che mai è scontato. Ed è un privilegio. 

Lo stile è riconoscibile, la voce inconfondibile. Le chitarre di Giorgio sono un must, qui affiancate da un immenso Stewie Dalcol (Frigidaire Tango). Le percussioni di Luca Martelli (Litfiba, Piero Pelù, Atroci) danno un ritmo perfetto e sostenuto a tutto. Lo si vede, e si sente, sopratutto nei live dei Rossofuoco. E Poi Marco “Testadifuoco” Greco, con quel basso che a volte tira un po’ indietro alla Maroccolo, che tanto piace a Canali. Ingredienti e dosi perfette!

È un album, Venti, che è la perfetta e naturale continuazione del precedente Undici Canzoni di Merda con la Pioggia Dentro, fatto del solito pessimismo cosmico, solitudine (non vista con accezione negativa), senso critico, schiettezza, amore e malinconia, una visione noir del mondo che continua ad andare contro un muro a velocità smodata. Consapevolezza, sempre.

A volte, ascoltandolo, mi viene da pensare a una frase che spesso si usa per apostrofare gli sprovveduti: ve l’avevo detto io!

Nel 2004, in tempi non sospetti, il brano Questa è una canzone d’amore recitava cosi: “..epidemie terrificanti, nuovi contagi e vecchi mondi da evitare e noi qui infila a farci rivaccinare che tanto questa è una canzone d’amore.” Chapeau!

Questa pandemia, con le sue conseguenze sociali, economiche e politiche ha fatto ribollire il sangue a Canali che da sempre ha una visione critica e autocritica di ciò che lo circonda, è palese. Ciò non significa dire sempre NO! Piuttosto di vedere le cose da diversi punti di vista, che non per forza devono essere giusti o sbagliati. Questo fa l’ex C.S.I. nei suoi album. Questo è quello che vedo io perlomeno. 

E lo fa meravigliosamente anche in questo doppio album Venti: venti come i brani, e come questo duemilaventi funesto, ma quanto mai rivelatore. Diciamoci la verità; è un anno che ci ha fatto riflettere, su ogni cosa. Poi a ognuno le sue conclusioni.

Quindi, per stringere un po’, in questo album c’è tutto Canali, è proprio lui, senza filtri e manierismi, politicamente scorretto e socialmente diretto. 

Si apre con Eravamo Noi, un viaggio a ritroso negli anni per poi guardare al futuro, poi la ballad noir Morire Perché, primo singolo estratto dall’album. Prosegue con Nell’aria, un racconto fulgido di quello che abbiamo vissuto quest’anno, tra paura e libertà negate. Inutile e irrilevante è invece un elenco di “mostri” di cui possiamo anche non preoccuparcene più perché ora abbiamo un altro mostro da affrontare. 

A proposito di elenchi; non volevo farne, ma ho perso il controllo. Ora smetto. Non serve, è inutile e irrilevante.

Posso dire con assoluta sincerità che è un bellissimo album tagliagola, in cui le chitarre graffianti e ululanti di Canali e Dalcol si fondono con il combat rock stile Clash e le armoniche folk in stile Bob Dylan. Questo non che cambi i connotati al suono dei Rossofuoco, che è ben presente e vivo; ma c’è un tocco in più, qualche raffinatezza stilistica forse anche dovuta dal tempo a disposizione durante il lockdown. 

Posso dire, inoltre, che c’è spazio per l’incazzatura, la lucida malinconia, la solita consapevolezza come già citata, un pizzico di amore, forse anche di delusione; tutto ben amalgamato.

Posso anche dire che è un album ricco di citazioni d’autore, una su tutte, la più facile, De Andrè.

Il disco si chiude egregiamente con un brano, Rotolacampo, che sembra un brano uscito da un disco di Bob Dylan e che è la firma perfetta, la chiosa di uno sfogo diretto e senza perbenismi, ed inizia così: “È ora di andare dai, basta pensare, partire, ruzzolare via, si è dato già troppo tempo al tempo e via, come un rotolacampo, è ora di spargere in giro semi di follia.”

E qui finisco anche io, da dire ce ne sarebbe sempre tanto, ma come sempre la cosa migliore quando si parla di musica, è ascoltarla.

Quindi fatevi un regalo con questo disco, in alternativa “Fatevi Fottere”(cit.).

 

Giorgio Canali & Rossofuoco

Venti

La Tempesta Dischi

 

Siddharta Mancini

Quelle Undici Canzoni di Merda con la Pioggia Dentro di Giorgio Canali

Partendo dal presupposto che preferisco raccontare la musica attraverso le immagini piuttosto che a parole, ho voluto scrivere queste righe più per uno sfogo personale che per un mero esercizio di stile.

Prendete quindi ciò che segue come fosse un amico che vi racconta di quella tipa rivista da poco, che gli fa  brillare gli occhi.

Pronti? Via.

La tipa in questione è Giorgio Canali (ex CCCP, ex CSI, ex PGR per chi non fosse sul pezzo, ndr) accompagnato dalla sua band, i Rossofuoco (Luca Martelli, Marco Greco, Stewie Dal Col).

Gli ex li ho nominati per dovere di cronaca, ma ce ne possiamo tranquillamente dimenticare perché Giorgio Canali si racconta benissimo per quello che fa ora, per il presente.

Il passato è appunto passato. Se qualcuno è a corto di informazioni ed affamato le cerchi sull’internet.

Erano ben 7 anni che non usciva con un album di inediti, l’ultima uscita (Perle ai Porci, 2016) è una raccolta di cover riarrangiate.

Già il titolo del disco è un sunto di quello che verrà: Undici canzoni di merda con la pioggia dentro.

Spumeggiante!

Attenzione, non sto dicendo che ci aspettano undici brani inascoltabili, tutto l’opposto, si tratta di autoironia.

Le prime sei parole del primo brano, Radioattività recitano così: “Che ti aspetti se non nuvole”.

Praticamente la carta d’identità di Giorgio Canali, le impronte digitali, il suo DNA fatto di pessimismo autoironico, nichilismo e fastidio, consapevolezza e critica, romanticismo e saggezza.

Il ritmo a marcia e il cantato, che è in realtà quasi un parlato, introducono perfettamente il mood del disco, fatto appunto di autoconsapevolezza e autoironia, sarcasmo e cinismo.

Messaggi a Nessuno è una ballad meravigliosa , dal ritmo cullante, arpeggi di chitarra e voce tenue ma decisa, che raccontano l’ineluttabilità, il parlare al vento.

Piove, finalmente Piove alza il ritmo e il tiro, inizia a liberare il Canali cinico che auspica un altro diluvio universale, per sommergere, tutto quasi come fosse una liberazione, un sacrificarsi con dignità.

Con Estate torna per un attimo la calma e la tranquillità ma spezzate immediatamente da Emilia Parallela, il pezzo forse più duro dell’album.

Evidente richiamo a quella vena paranoica dei CCCP, il brano è uno sfogo lampante su ciò che ci circonda, in particolare sulla regione in cui vive lo stesso Canali, che poi continua a raccontarla in qualche modo nel pezzo successivo, Aria Fredda del Nord.

Fuochi supplementari è un inno autoironico agli sbagli, ai rimorsi, alle occasioni mancate, ma che immancabilmente si ripetono in loop.

Successivamente si balla con Danza della Pioggia e del Fuoco per poi ritornare aggressivi e sputa-fuoco con l’energica Mille non più di mille, una fotografia spietata della nostra società, quella italiana,

Bostik termina l’album con suoni dilatati e noise di chiusura.

 

Mi sono bastati pochi ascolti per capire che Giorgio Canali ha fatto uscire un gran bell’album in cui mischia sapientemente e senza giri di parole, politica e amore, sociale e sentimenti.

L’attitudine punk-rock spinge le chitarre distorte a mischiarsi con i ritmi serrati e poi lenti che fanno da sfondo ad una voce inconfondibile, che sa essere sia dura, ruvida e urlata, sia morbida, tenue e quasi sussurrata.

Canali vomita un sarcasmo cinico, a volte spietato, che mi ricorda quello di Giorgio Gaber in Io Se Fossi Dio.

Uno sguardo lucido e critico su ciò che ci circonda, su come siamo fatti, un accettarsi e accettare le conseguenze, una foto di questa Italia di oggi, che non cambia mai.

Perché siamo proprio noi a non voler cambiare.

 

Siddharta Mancini

 

Giorgio Canali & Rossofuoco @ Kalinka

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• Giorgio Canali & Rossofuoco •

Kalinka Arci (Carpi) // 07 Dicembre 2018

 

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Faccio subito una premessa: sono di parte.

Ciò non significa che non sarò obiettivo nel racconto di quello che ho vissuto ma, semplicemente, sono convinto che per raccontare bene una storia la devi vivere, conoscere, devi prendere posizione, come fosse un reportage di guerra; ti ci devi immergere.

Ed è quello che ho fatto mentre fotografavo Giorgio Canali & Rossofuoco al Kalinka Arci di Carpi questo venerdì, ed è quello che sto facendo ora mentre scrivo queste righe.

Sono arrivato al Kalinka senza alcuna aspettativa, nonostante conosca Giorgio e la sua musica corroborante e intensa da anni ormai.

Sono le 22,30, il club si riempie lentamente ed attendo l’inizio dei concerti con qualche immancabile birra. Opening act è Prevosti, un ragazzo di Vicenza munito di acustica e la sua voce tranquilla ma sicura.

Inizia dopo circa un’ora, qualche brano e inaspettatamente salgono sul palco Giorgio Canali e Steve Dal Col per accompagnarlo in un paio di pezzi.

Poi torna il buio e il silenzio, che precederà l’inizio del concerto dei Rossofuoco. L’ultimo album della band, di cui spero di poterne parlare a parte, ha un titolo insolito e sinistro e pare uno schiaffone diretto che lascia poco spazio all’immaginazione: “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”.

E allora l’intro non poteva che essere un suono sordo e costante di tuoni e pioggia. Ma senza merda.

Giorgio e la band salgono on stage, è tutto rosso e tutto nero, atmosfera lisergica.

Alla batteria troviamo il solito “martello” Luca Martelli (Litfiba, Atroci e Mezzosague, ndr) batterista dei Rossofuoco dagli esordi, poi Marco Greco, altro storico componente, al basso mentre alla seconda chitarra Steve Dal Col (già Frigidaire Tango).

Si parte subito con i pezzi del nuovo album, Aria Fredda del Nord e la sarcastica e lucida Piove Finalmente Piove.

Gli avventori del Kalinka sono un gruppo eterogeneo di tutte le età, dai vecchi aficionados dei CCCP e CSI alle “nuove leve” pronti a farsi spettinare dalle chitarre noise di Canali e dal trapano instancabile di Martelli.

Giorgio è senza ombra di dubbio in forma, forse come non lo avevo mai visto prima e le canzoni si susseguono veloci. In scaletta molti pezzi dal nuovo album, intervallati da qualche inaspettato brano; fuori molte perle che in realtà non mi sarebbe dispiaciuto sentire.

Emilia parallela, lampante richiamo a quella paranoica dell’ex compagno (in tutti i sensi) Ferretti, è una mitragliata sanguinante e meravigliosa dalla quale, ebbene sì, la merda in faccia ti arriva!

Poi Messaggi a Nessuno calma le acque e ci trasporta nel mondo di Canali e delle sue parole. Parole che conosciamo tutti ma che evidentemente lui riesce a darne un ordine tale e un senso che ti viene da dire: porca di quella puttana!

Parafrasando Agnelli verrebbe da dire: ho tutto intesta ma non riesco a dirlo. Ecco. Canali ci riesce benissimo invece.

L’italiano è una lingua meravigliosa e Canali, tra una bestemmia e un “merda” ne è pieno padrone. Insomma frasi come “..puoi inseguire le nuvole che corrono incontro al loro destino, precipitare leggero come la pioggia di Marzo, sperando di caderti vicino” hanno un potere incredibile, disarmante e non puoi che rimanerne rapito, avvolto.

Pelle d’oca.

Lo show continua veloce e graffiante, i suoni sono ottimi, la voce di Giorgio è chiara e la rabbia, la denuncia, il rifiuto escono tutte insieme in un amalgama di suoni e luci e parole.

Parole sì, le parole sono importanti. Canali non le manda a dire. E non ama particolarmente i cori!

Lo noto in particolare a fine concerto, quando partono le note di Precipito, brano che amo, conosciuto praticamente da tutti i presenti, che si lasciano andare in cori da stadio.

Ebbene succede che Canali cambia le dinamiche vocali, anticipando o posticipando i versi spiazzando tutti noi. Fanculo i cori, io la canto come cazzo mi pare, sta pensando Giorgio! Quel burbero buono di Giorgio!

Tanto burbero da incazzarsi alle richieste del pubblico di suonare questo o quel pezzo: “Non sono un cazzo di jukebox”, tuona al microfono!

Ma poi alza il calice e brinda con noi!

E così si arriva alla fine, dopo quasi una ventina di brani, intensi, diretti come coltellate, senza ruffianismi ma con la sincerità che da sempre lo contraddistingue.

Come ho scritto all’inizio sono di parte, è vero, ma è incontrovertibile che Giorgio Canali e i Rossofuoco siano una delle realtà più apprezzabili e genuine della scena musicale italiana.

Canali ha ancora molto da dire e con questo nuovo album e questo concerto lo ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno.

Si meriterebbe sicuramente l’ascolto di un pubblico più vasto ma che importa, va bene così e ce lo prendiamo con il suo pessimismo urticante e verace, o come lo definisce lui stesso “nichilismo cosmico”.

Fanculo i compromessi, fanculo i buonismi, fanculo il politicamente corretto, fanculo il mainstream, fanculo tutto e fanculo anche a questa recensione che dice e tutto e dice niente.

Ma soprattutto, vaffanculo le cicale (cit.)

 

SETLIST (accurata al 99%)

intro
Aria fredda del nord
Piove Finalmente Piove
Morire di Noja
Verita la Verità
Estaate
Falso Bolero
Undici
Emilia Parallela
Come Quando Fuori Piove
Messaggi a Nessuno
Fuochi Supplementari
Mostri sotto al letto
Ci Sarà
Vai Vai
1000
Bostik
Lezioni di Poesia
Nuvole senza Messico
Lettera del compagno Lazlo al colonnello Valerio

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Grazie a Locusta Booking e Big Time[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10168,10169,10170,10181,10175,10183,10171,10186,10178,10172,10173,10174,10184,10176,10177,10179,10180,10182,10185″][/vc_column][/vc_row]