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Gli U2, Dublino e l’Europa

Gli U2, Dublino e l’Europa

| Luca Ortolani

Questa storia comincia circa un anno fa: è il 21 novembre 2017 e preordino il vinile di Songs of Experience per avere diritto al codice di accesso alle prevendite del tour degli U2 in anticipo rispetto alle vendite generali. Non posso restare senza biglietto.

22 gennaio 2018. È il fatidico giorno. Scatta l’ora X, metto i biglietti per il parterre nel carrello e vado avanti. Si carica la pagina. “I biglietti che hai selezionato non sono più disponibili”.

Sono rimasti soltanto quelli da più di 200 €, che non posso spendere, e quelli a visione limitata.

Per non restare senza opto per questi ultimi.

Pochi giorni più tardi vengono annunciati nuovi concerti, tra cui ulteriori a Milano e Dublino.

31 gennaio 2018. Aprono le prevendite per le date annunciate successivamente. Ci riprovo per Milano, con gli stessi risultati. Questa volta lascio perdere, in fondo i biglietti ce li ho già.

Poi comincia a frullarmi una strana idea nella mente: Dublino. Ultima data del tour. Nella loro città

Il parterre è ancora disponibile. Ma ho già i biglietti per Milano, non ha senso

“Sticazzi!”, penso, “li rivendo”. E mi ritrovo con un volo e un alloggio da dover prenotare.

10 novembre 2017. Arrivato alla 3 Arena vengo accolto da una folla di persone ammassate contro le ringhiere. La band sta passando e firmando autografi. Riesco a scorgere la testa di Bono attraverso lo schermo di un cellulare.

Le possibilità di avvicinarsi sono nulle e mi avvio verso l’ingresso per provare a prendere un posto decente.

All’interno la prima sorpresa: il fondale del palco è nero. Niente schermo né scenografia.

Gli schermi sono disposti lungo la passerella, su entrambi i lati.

Alle 20.30 si spengono le luci. Scorrono immagini di città distrutte durante la seconda guerra mondiale, accompagnate dal monologo di Charlie Chaplin in Il Grande Dittatore.

Poi parte The Blackout.

Le sagome di Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. sono proiettate sui ledwall, ma sul palco non c’è nessuno.

Passa un po’ di tempo prima di rendersi conto che loro sono all’interno della struttura che sorregge gli schermi.

Il concerto diventa un racconto che parla della storia di quattro ragazzi di Dublino, sviluppandosi attraverso continui cambi di palco tra main stage, un palchetto rotondo posizionato a metà passerella e lungo la passerella stessa.

Passando per hit più e meno recenti arriva il momento di MacPhisto, l’alter ego diabolico di Bono, che anticipa l’esecuzione di Acrobat inserita in scaletta durante questo tour, per la prima volta in 27 anni.

 

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Da questo momento lo show diventa un inno all’Europa con immagini di esodi causati dalle guerre (durante una bellissima versione di Summer of Love con soltanto Bono e The Edge sul palco), di manifestazioni contro i neonazismi e neofascismi e il fondale del palco, prima nero, trasformato in una bandiera a stelle su sfondo blu.

Prima della fine c’è tempo anche per un tributo alla loro Dublino, con immagini della città proiettate durante City of Blinding Lights.

 

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“Paul is dead, I’m fucking Bono. That’s The Edge. Adam, Larry. And we’re the greatest rock and roll band in the Northside of Dublin.” E, forse visti i tanti non irlandesi presenti, anche in un pezzetto un po’ più ampio di mondo.

 

Dopo l’intenso bis si può uscire soddisfatti, nonostante alcune grandi assenti in scaletta, e andare a casa.

Però è sabato sera, e siamo a Dublino.

Un pub è la destinazione più probabile.

 

Testo e Foto: Mirko Fava