Skip to main content

I Hate My Village @ Monk

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• I Hate My Village •

Monk (Roma) // 02 Febbraio 2019

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Alle 21:30 del 2 febbraio si aprono finalmente le porte del Monk, circolo ARCI nato nel 2014, che a luglio compirà cinque anni e che “resiste” e si afferma tra i tanti locali come luogo di culto romano.

Casa base di live importanti per la scena musicale contemporanea e di numerosi incontri che pongono al centro di ogni evento l’aggregazione e la condivisione culturale.

Siamo tanti nella sala concerti per questa prima data italiana andata sold out, pervasi da curiosità ed euforia, come di chi attende ad un primo appuntamento.

Vedremo salire sul palco alcuni dei nostri artisti preferiti (già conosciuti per i loro progetti precedenti e paralleli) che hanno creato un’ intesa e quindi deciso di formare un’ unica band di livello “I Hate My village“.

I fantastici 4 del rock alternativo sono Fabio Rondanini alla batteria (Calibro 35, Afterhours), che insieme ad Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) è la mente di questo progetto, Alberto Ferrari alla chitarra e voce (Verdena) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle) – al basso durante il tour – produttore e curatore del sound dell’album.

Eccoli apparire, finalmente, per presentarci il loro primo album Tony Hawk of Ghana, visibilmente emozionati per il debutto. Si dirigono composti verso la propria postazione, uno scambio di sguardi d’intesa e si parte con Presentiment, una scossa elettrica che ti attraversa e ti invita al movimento.

I brani si susseguono in modo energico, naturale, come colonne sonore di paesaggi aspri e selvaggi dal forte impatto mistico. Ognuno di questi è caratterizzato da un’alternanza di bassi graffianti, ritmi sincopati e discontinui della batteria e dai vocalizzi sussultori e urlati caratteristici di Ferrari.

Le luci calde a intermittenza e la macchina del fumo creano l’ambiente ideale per I Ate My Village, e finalmente il pubblico, che non ha mai avuto bisogno di rompere il ghiaccio, si lascia andare alle danze. L’ andamento del brano è così energizzante da far sciogliere anche l’individuo più legnoso.

Bahum è una festa, come un grande abbraccio sonoro tra loro, un festeggiamento intorno al grande fuoco che hanno creato insieme. Quando arriva  poi l’attesissima Tony Hawk of Ghana, che da il titolo all’album, si conferma un sigillo a tutte le aspettative sul live e su questo album sorprendente.

Un concerto come un grande sogno, che ci porta per certo in Africa in un villaggio sconosciuto.

Un villaggio dove questi musicisti si sono “accampati” con la mente e con il loro sound, prendendo tutto ciò che è possibile assimilare da queste atmosfere e fondendolo nelle proprie contaminazioni artistiche.

Grazie ad Fleisch[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Rachele Moro

Foto: Simone Asciutti

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”11014,11012,11018,11017,11009,11010,11011,11013,11020,11015,11016,11019,11021,11022,11023″][/vc_column][/vc_row]

fleisch, i hate my village, Live, monk, Music, roma