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Quei “Malati d’amore” dei Kaufman

Quei “Malati d’amore” dei Kaufman

| Luca Ortolani

Ho una playlist su Spotify che s’intitola: “AMO.” e tra gli artisti che seguo ci sono senza dubbio loro: i Kaufman, una band bresciana formata da Lorenzo Lombardi (penna e voce del gruppo) Alessandro Micheli, Matteo Cozza e Simone Gelmini.

Dopo il loro disco Belmondo uscito due anni fa per l’etichetta torinese INRI, hanno continuato a creare musica con l’uscita di diversi singoli tra il 2018 e il 2019, compreso Malati d’amore che ha visto la collaborazione della band con Galeffi, fino all’ultima uscita di pochi giorni fa Alain Delon, una canzone che mostra ancora una volta la straordinaria capacità che hanno questi ragazzi di portare con la loro musica buon umore e leggerezza, senza nessun tipo di superficialità.

Dei Kaufman amo principalmente due cose: il modo che Lorenzo ha di raccontare spezzoni di vita quotidiana alternando un po’ quell’eterna malinconia o vena nostalgica (che tendenzialmente appartiene ai romantici/ iper-sensibili) a quella sana strafottenza nel mostrarsi per ciò che si è senza nessuna paura, soprattutto quando si tratta di descrivere stati d’animo legati ai sentimenti e in questo Lorenzo viaggia con la giusta dose di ironia e allo stesso tempo con la giusta attenzione per tutti quei piccoli dettagli a cui nessuno fa quasi più caso.

Tendiamo a dimenticare le famose “piccole cose” quelle che lui fa venir voglia di tornare a ricercare e vivere, senza pensare che siano gesti o appunto cose banali. L’altra cosa che amo dei Kaufman è legata alla sensazione di totale serenità che sono in grado di trasmettere, riuscendo a rendere piacevole un verso ipoteticamente sofferto e trasformando anche le cose apparentemente negative in cose positive.

Credo che il segreto sia proprio legato all’emergere con un linguaggio semplice, senza veli e troppi ghirigori.

Era già da un po’ di tempo che volevo intervistarli ed eccoci qui, finalmente.

 

Prima di arrivare ad oggi, vorrei iniziare tornando alle origini, al giorno in cui è nata la band e all’originalità indiscussa del nome, è stato semplice unirvi, arrivare alla formazione definitiva e scegliere il nome dare al vostro progetto?

Guarda, il nome in se è datato perché lo usavo come mio pseudonimo fin da adolescente, quindi ci sono alcuni progetti con quel nome che poco hanno a che vedere con la band attuale. I Kaufman intesi come band con un carattere proprio sono nati di fatto con Belmondo, cioè prima di Belmondo, nella lavorazione di quel disco e la formazione è fissa. Unirci è stato molto semplice. Io credo che siamo persone molto compatibili nel carattere e nel contributo artistico e quindi con un equilibrio decisamente stabile. Il nome , come ti dicevo, è precedente ed è un tributo ad Andy Kaufman di cui abbiamo parlato più volte, il film Man on the Moon, Jim Carrey eccetera. Poi un nome spesso non nasce dopo molte riflessioni, anzi. Emolte volte frutto di incoscienza e di un suono. Il suono è importantissimo. Qui di solito tiro una pezza sul valore del suono usando come esempio The catcher in the rye e che suono meraviglioso abbia nella lingua americana però stavolta ti risparmio.

 

In un panorama musicale come quello attuale, i vostri singoli hanno un denominatore comune: entrano immediatamente nell’ormai famosa vetrina di Spotify dedicata alla musica Indie, quant’è stato difficile farsi “spazio” all’interno di quella stessa vetrina? Qual è secondo voi il vostro punto di forza?

Io credo che le playlist di cui parli abbiano in qualche modo codificato una scena musicale che stava esplodendo che, come ogni scena musicale, presenta differenze dovute alle varie individualità artistiche ed elementi comuni, tematiche simili, approcci alla vita simili, tecniche di arrangiamento confrontabili. Noi ci siamo trovati ad essere quella roba lì, senza tanti calcoli, ad avere un linguaggio che interpreta un momento storico e di luogo. Poi il resto credo sia semplicemente il pop, la canzone. E io ho sempre adorato la canzone. Mi piacerebbe scrivere la Grande Canzone Italiana.

 

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Lorenzo e la sua penna. Ti definisci un “ipercitazionista”, quale citazione famosa avresti voluto scrivere? Se dovessi scegliere invece una tua citazione significativa per te, quale sceglieresti? Scrivi da sempre, dall’età adolescenziale, cosa rappresentava per te la scrittura a 15 anni e cosa significa adesso che hai superato i 30? Hai mai avuto paura di risultare banale o non compreso?

Il senso del citazionismo è lattitudine postmoderna di raccontare cose personali usando un linguaggio codificato da una cultura comune, pop. Ecome il Mister Tamburino di Battiato per capirci. O come la Marylin di Warhol. Oppure pensa a questo artista, non so se lo conosci, Mimmo Rotella. Le sue opere darte sono manifesti del cinema strappati”.Io ho la fortuna di averne uno grazie al regalo di un caro amico. Ecco, utilizza qualcosa di esistente, che ha un mondo suo, tipo una vecchia locandina di cinema e , attraverso un processo creativo, la fa diventare qualcosa daltro. Però poi intendiamoci, le mie canzoni non sono tutte così. Ci sono episodi. Tutto qui. Ci sono infinite citazioni anche solo nel mondo della musica, c’è da imparare dai grandissimi. Se invece vuoi saperne una che mi è cara ti direi: Dimmi come si fa a rispettare le regole

A 15 scrivevo si, ma scrivevo cose bruttissime. Scrivere oggi è impegnativo. Ma non mi pongo il problema dellascoltatore, altrimenti sarebbe un delirio, ogni persona ha idee contrarie a un’altra. Devo esserne soddisfatto io. Così si è autentici. Se poi il risultato riesce a interpretare limmaginario degli altri allora hai fatto centro.

 

Il vostro ultimo singolo “Alain Delon” è uscito il 7 giugno e a proposito di citazioni, c’è una frase che credo rispecchi e fotografi alla perfezione la società attuale: “C’è chi per apparire cita Schopenhauer” ed effettivamente è così, le persone sembrano distaccarsi sempre di più dall’essere ciò che sono per adeguarsi a standard di massa. Nella musica quant’è difficile rimanere su una propria linea? Essere e rimanere autentici in ciò che si fa…

Eh ma è lunica via. Lo so che è banale dirlo. Ma ogni artista dovrebbe creare per sé. Il che non significa non conoscere la contemporaneità, anzi. Ascoltare musica è lunico modo per comporre musica un po come scrivere un libro no? Lo puoi fare solo se leggi. Ma poi una personalità artistica analizza, rielabora, sceglie. A volte perfino dimentica. E poi cammina da solo.

 

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Quali novità arriveranno da qui al prossimo autunno? Cosa dobbiamo aspettarci dai Kaufman?

A metà Ottobre uscirà il disco nuovo, ci stiamo lavorando intensamente. E da lì il tour e tutto il resto. Io non vedo già lora.

 

Non ci resta che aspettare l’arrivo dell’autunno e non solo perché le cose belle si fanno sempre attendere un po’, ma perché conoscendo chi le “anima” sai già quanto possano essere soprattutto vere.

E poi con la musica dei Kaufman sembra sempre estate.

Claudia Venuti