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AvA e l’era del matriarcato musicale

AvA e l’era del matriarcato musicale

| Francesca Garattoni

Il 25 ottobre è uscito Lo squalo, l’album di debutto di AvA, cantante e produttrice romana dall’attitudine forte e originale, assolutamente unica per il panorama italiano. 

Il suo genere di riferimento, infatti, è il moombahton e lei è la prima artista a proporre in Italia queste sonorità di stampo house, influenzate dalla latin wave e dall’afrobeat. Su queste sonorità vengono presentate nei brani tematiche pungenti, in cui la cantante affronta la realtà con ironia e con l’utilizzo di immagini dirette e chiare, che non lasciano troppo spazio all’immaginazione.

L’album è stato anticipato dal singolo Shazam, in cui vengono poste delle provocazioni, con il suo stile irriverente e personale, ad alcuni artisti trap del panorama nostrano, proponendo un punto di vista totalmente femminile sul mondo, in cui si auspica un vero e proprio ritorno del matriarcato.

Per l’occasione abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei per scoprire più cose sul suo progetto ed ecco cosa ci ha raccontato.

 

Ciao AvA! Ci parleresti un po’ delle tue esperienze passate e del tuo percorso che ti ha portato fin qui?

Ciao, io sono una cantautrice e produttrice romana e per quasi dieci anni ho portato avanti un progetto elettropop chiamato Calypso Chaos. Dalle ceneri di quel progetto è nata AvA, figlia dell’esigenza di approcciarmi a dei concetti molto più forti ed espliciti di quanto avessi fatto in precedenza, avvicinandomi a un genere musicale che rispondesse meglio a questa necessità.”

 

A tal proposito, sei infatti esponenete di un genere non comune per il mercato italiano, ovvero il moombahton, e nei tuoi brani possiamo trovare influenze di vario tipo, dal Sudamerica all’Africa. Come ti sei avvicinata a queste sonorità?

Il moombathon è un genere nato in America negli anni 2000 e che in Italia possiamo ascoltare nei club da circa 5-6 anni, è sempre stato un genere di musica che amavo, e tutt’ora amo, ballare. Il mio avvicinamento a queste sonorità è avvenuto, quindi, in modo abbastanza automatico e naturale, decidendo così per prima di applicare ad esse dei testi in italiano. Inoltre, volevo anche dimostrare che nei testi appartenenti a questo mondo sonoro non bisogna per forza dire delle stupidaggini.”

 

Ci sono degli artisti di riferimento che ti hanno ispirato in questo senso? 

“Il principale esponente a livello internazionale di questo genere è Major Lazer, quindi sicuramente questo progetto è stato di grande ispirazione. Poi ti posso citare tutta la Latin Wave sudamericana che ha contaminato anche la produzione di artisti di punta del pop internazionale, come Beyoncè, Jennifer Lopez o Nicki Minaj.”

 

Raccontaci della lavorazione del tuo album: come ti sei approcciata alle fasi di scrittura e produzione?

Tendenzialmente scrivo in maniera piuttosto spontanea e automatica, non mi metto mai seduta a tavolino a pensare a cosa dovrei dire. Di solito scrivo sempre prima la musica, su cui poi inserisco i testi: è comunque un approccio cantautorale nel vero senso del termine, l’unica differenza è che, invece della chitarra, utilizzo un computer.”

 

Figura portante del progetto è quella dello squalo: che significato ha per te?

Lo squalo rappresenta il mio animale guida (ciò deriva da un incontro ravvicinato quando ero molto piccola) nonché il mio alter ego, era la figura perfetta per impersonificare il personaggio di AvA. A sua volta quest’ultima è l’alter ego di Laura, che è una persona tendenzialmente molto riservata, moderata e pacata, che non ha mai approfittato della propria immagine e, dato che sono stata aspramente criticata per questo motivo, AvA fa l’esatto contrario. È stata un po’ una liberazione del mostro che avevo dentro, e, piuttosto che combatterlo, ho deciso di lasciarlo libero, dando vita ad un personaggio molto estremo che lancia messaggi inequivocabili. Dunque, lo squalo era la metafora perfetta per questo concept.”

 

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Nei tuoi testi si possono osservare messaggi di forte indipendenza e autodeterminazione, cosa vuoi trasmettere con le tue parole? 

“Io mi auspico un ritorno dell’era del matriarcato, sia in ambito musicale che nella vita quotidiana. Non dobbiamo dimenticarci che la società occidentale, contrariamente ad altre, nasce proprio dalla forza del matriarcato e, di conseguenza, è necessario il ritorno di una figura femminile non solo pari all’uomo, ma anche superiore. Questo lo dico non per discriminare, ma proprio per una questione di contesto culturale attuale. Le donne potrebbero tornare ad essere le padrone del mondo, mettendo fine a questo sistema maschilista. Il problema spesso è rappresentato da quei gruppi di donne assuefatte da questa mentalità che non fanno nulla per ribellarsi, anzi paradossalmente legittimano il maschilismo più degli uomini.”

 

Parlaci del videoclip del tuo ultimo singolo Shazam, come lo avete ideato? 

“È stata un po’ una follia mia e del regista Adriano Giotti, abbiamo deciso di realizzare questo videoclip dai colori piuttosto scuri, per differenziarci ulteriormente dall’immaginario molto frivolo e colorato tipico del moombahton internazionale, capace di scadere anche questo, purtroppo, nel maschilismo. In questo caso abbiamo voluto mettere in risalto la fisicità di AvA e di tutti ballerini per sottolineare che noi donne non siamo solo belle ma possiamo dire anche cose serie.”

 

Nei testi fai anche molto riferimento al panorama musicale italiano, come lo vedi oggi e come ti collocheresti al suo interno?

“Il panorama italiano attuale lo vedo molto appiattito, ci sono produzioni musicali monotematiche e dal suono tutto uguale. Basta prendere una qualsiasi playlist di Spotify per accorgersene, sembra di ascoltare un’unica lunga canzone di 45 minuti: vengono costantemente ripetuti gli stessi beat, c’è una totale assenza di composizione a livello di armonia e una quasi totale assenza di radiofonicità, per non parlare dell’abuso dell’autotune. Insomma ciò ha reso i brani italiani praticamente tutti simili, faccio molta fatica a distinguere i vari artisti l’uno dall’altro. La discografia italiana, che a livello mondiale conta praticamente nulla, preferisce puntare sui cloni di nomi già noti per andare sul sicuro piuttosto che rischiare con progetti del tutto originali. Per le donne la vedo ancora peggio, dal momento che a differenza degli uomini hanno una data di scadenza, un equivalente femminile di Ligabue non potrebbe mai esistere.”

 

Per concludere, una domanda di rito: quali sono i tuoi progetti futuri anche dal punto di vista live?

“Sicuramente nel 2020 faremo diversi live, il progetto di AvA si esplica al meglio in tale contesto, dove può avere completa realizzazione. Anche in questo caso ci distinguiamo particolarmente dagli show come vengono solitamente concepiti, nonostante sia un genere molto danzereccio e complesso da portare dal vivo, suoniamo tutto, senza ricorrere a delle basi. Poi, una peculiarità sono i miei musicisti, che hanno un’identità segreta e suonano con dei copricapi a forma di testa di squalo. Tra di loro posso menzionare il batterista, lo Squalo 1, che utilizza una batteria digitale in grado di produrre suoni acustici, il primo in Italia a proporre una cosa così e il dubmaster, ossia il deejay, il quale suona in real time tutte le sequenze, i bassi e i synth. Abbiamo il controllo totale di tutte le tracce per agire in prima persona su di esse e dare un’impronta di volta in volta diversa alle esibizioni. Non c’è l’effetto karaoke di chi canta sulle basi, sembra quasi un immenso dj set. A livello tecnico e a livello fisico è molto faticoso, è come fare un unico grande medley.”

 

Filippo Duò