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Mese: Luglio 2020

Fontaines D.C. “A Hero’s Death” (Partisan Records, 2020)

Post Punk, Poesia e Spontaneità

 

Un tizio con una camicia british.

Un viso pulito da ragazzo della porta accanto.

Un paesaggio marittimo, molto malinconico.

Poi l’attacco.

“Life ain’t always empty”, ripetuta per svariate volte.

Questo l’inizio del video (registrato a distanza poi assemblato) di A Hero’s Death, brano che dà il nome al nuovo lavoro dei Fontaines D.C..

Un mantra vitale, con la voce chiara e malinconica (e la poesia) di Grian Chatten che ci spinge a buttarci nella vita, senza rimandare a domani. Disintossicarci da un passato per riuscire a vivere nella sincerità ci porterà alla vera felicità.

Questo il manifesto del gruppo. 

La sincerità e la vitalità. Il loro intento di non piegarsi al rock moderno commerciale, ma di appagare il loro bisogno di esprimere emozioni e sentimenti in linea con l’ideologia post-punk e retro nostalgica.

Nel 2017 esplode il fenomeno Fointanes D.C., dall’Irlanda esportano la loro visione musicale incentrando il loro primo lavoro sulla realtà di downtown Dublino.

In questo nuovo album troviamo una ricerca più attenta alla comunicazione, un’urgenza comunicativa. Paura del futuro, speranza e disillusione si confondono tra i vari brani dell’album, portando dell’ascoltatore un tumulto di emozioni.

I Don’t Belong, si apre con riff di chitarra molto reali, accompagnati dall’entrata a scaglioni del basso e della batteria, per testimoniare la paura del futuro, la voglia di autonomia e la speranza (o il desiderio) di non essere catalogati, inglobati in una società che non li rispecchia.

Musicalmente influenzati da vari generi e da vari artisti, riescono a creare la loro visione di musica generando brani molto diversi tra loro, sia in sonorità che nei testi.

Il poeta-cantante si focalizza su temi moderni come in Televised Mind, dall’intro post punk con un potente giro di basso, dove mette in guardia l’ascoltatore dal pericolo della TV e della commercializzazione della vita degli artisti. Non ha bisogno di urlare per esprimere la sua contrarietà verso i social media moderni, il suo modo di esprimersi è disilluso, quasi nostalgico, come in Love Is The Main Thing, dove sembra stia ripetendo solo un vecchio slogan in cui nessuno crede più. Più che un’affermazione si tramuta in domanda, graffiante e dolorosa grazie al talento dei musicisti, dal basso alla batteria passando per le chitarre così finemente distorte. 

Il disagio esistenziale contagia Oh Such A Spring, che racconta una giovinezza scivolata via troppo presto. You Said, quinto pezzo dell’album richiama le sonorità dei Sonic Youth, cantati da Liam Gallagher.

La vera natura di questo gruppo la troviamo in Living in America, chitarre su di giri, e un cantato profondo, basso, tonalità che strisciano sotto pelle fino a far vibrare l’anima.

L’emotività profonda in Sunny e No, ultimi due brani dell’album, pezzi capaci di strappare quel che resta della nostra benamata anima.

Il loro lavoro è davvero ottimo, ogni brano ha vita propria, sonorità che richiamano svariati stili ed artisti (dai Sonic Youth, al malessere dei Joy Division, alla drammaticità de The Smiths, alla leggerezza de The Strokes) creando un loro personalissimo stile.

Un album utile per tante cose: pensare, piangere, scopare.

CONSIGLIATISSIMO.

 

Fontaines D.C.

A Hero’s Death

Partisan Records

 

Marta Annesi

Contare la Musica: 6

Inedia. 

Etimologicamente il termine è composto dalla desinenza in -, privativa, ed – edia, mangiare, (edibile, per fare un esempio, ha la medesima radice). Nei dizionari il primo significato riportato è relativo alla mancanza di alimentazione, ovviamente, ma come spesso accade molte parole hanno più sfumature e nel nostro caso inedia assume anche un’accezione più figurata, spirituale, uno stato d’animo simile, anzi superiore alla noia, al tedio. Mi piace pensare che l’inedia, in quest’ultimo senso, si manifesti quando cessiamo di alimentare la nostra persona, interiormente, al di fuori ovviamente della banale routine scandita dalla colazione, dal pranzo, dalla cena e spuntini vari.

Avevo iniziato a buttar giù queste righe lo scorso venerdì 17 aprile, impulsivamente quasi, in un impeto di reazione allo stato mentale in cui mi trovavo, ovvero schiacciato in maniera allarmante dalla serialità che avevano assunto le mie giornate. Un andazzo che iniziava a gravare in maniera difficilmente sostenibile, sfociato in quello che per quanto mi riguarda è il segnale di allarme massimo: non sapere che musica ascoltare.

Oltre quaranta giorni di smartworking ormai sul groppone costituivano un fardello di tutto rispetto, inutile nascondersi, e sebbene tutto si può dire delle mie giornate tranne che si somiglino, sono parimenti inscritte in una sorta di macro routine che, alla lunga, può lasciare scorie (ad ogni modo, quanto bello è il termine parimenti?). Intendiamoci, il problema non era (è) lo smartworking, forse più grande invenzione dell’uomo dopo il pile, quanto piuttosto il dover rimanere chiusi in casa. Che non venga frainteso.

Quindi mi trovavo a scorrere Spotify, ignorando volutamente le playlist indie, gym, relax, e altri vili tentativi di spersonalizzarmi, preso dallo sconforto perché nulla pareva soddisfare le mie esigenze contingenti, quando è spuntata, in maniera del tutto inaspettata, la sagoma in controluce, china sul pianoforte, di un ragazzotto inglese a cui voglio un bene dell’anima, Keaton Henson. La copertina era quella di Impromptu On A Theme From Six Lethargies (Mahogany Sessions).

Ora non vi tedierò (non stavolta) sul mio amore di lunga data per questo straordinario, unico artista, però dopo aver fatto play per sentire questa inedita improvvisazione (impromptu appunto) tratta dal suo ultimo disco dello scorso anno Six Lethargies ed essere travolto letteralmente da cotanta magnificenza, ho ricevuto quella che in ambito religioso si potrebbe definire rivelazione, manifestatasi sotto forma di numero (no, non il 42): il numero 6.

Il 6, che è numero malvagio, pratico, oblungo, idoneo e scarsamente totiente, è anche il numero di lettere che compone la parola inedia e il numero di lettere che compone sia Keaton che Henson, che ha composto finora sei dischi, l’ultimo dei quali, Six Lethargies, contiene per l’appunto sei brani (ma dai???). 

Ora, che ci crediate o no, e sempre vi siate ripresi da questa serie di pazzesche, non volute, coincidenze, per molti anni, oltre venti, ho giocato a calcio. Non me la cavavo male, ma il punto è un altro: da un punto della mia carriera in avanti ho chiesto (e quasi sempre ottenuto) ai miei allenatori di farmi giocare con il numero 6, sebbene facessi l’attaccante o all’occorrenza il centrocampista. Perché? È presto detto: era il numero di maglia di Youri Raffi Djorkaeff, che militava nell’amalapazzainteramala. Il suddetto Djorkaeff, nell’anno del Signore 1997, in data 5/1 (che sommati, fatalità…), giorno nel quale la mia dolcissima madre festeggiava *****nta anni, realizzava un indimenticabile gol in rovesciata, che mi segnò a tal punto dallo spingermi, in pieno spirito d’emulazione e nel pieno dei miei quindici anni (le cui cifre sommate…), a voler giocare sempre col quel numero sulla schiena.

Concluso il momento amarcord non ho potuto non pensare che nell’ambito che più mi interessa, quello musicale, il sei ricorre in maniera quasi stucchevole, con rispetto parlando. Perché? 

È presto detto, e badate bene, questa è solo una selezione, tarata sui miei gusti, altrimenti potremmo fare le ore piccole. 

Bene, sei sono le tracce contenute in Spiderland degli Slint, il miglior disco di tutti i tempi. Sì, quello della copertina in bianco e nero dei ragazzetti in ammollo. Miglior disco di tutti i tempi. Segnatelo. E non poteva essere altrimenti. Ma sei sono le gemme incastonate in quel diadema che risponde al nome di Whatever You Love, You Are, dei Dirty Three, se avete voglia di un po’ di musica strumentale fatta da chitarra, batteria e dal violino ribelle di Warren Ellis. Se invece quello che cercate è una buona dose di malinconia, se volete dilaniarvi il cuore con uno dei dischi più struggenti mai concepiti, fiondatevi con tutte le dovute cautele su Down Colorful Hill dei Red House Painters, che si snoda su sei malinconiche pennellate.

Sulla distanza delle sei tracce è anche un altro dei miei dischi da isola deserta, quel Rusty, unico disco dei meravigliosi Rodan, se al post rock degli Slint volete aggiungere un pizzico di math. La progressione Rodan – Slint non può non continuare che con i June of 44, il cui Tropics and Meridians consta di esattamente sei tracce, tra le quali quella Anisette che rimane una delle migliori canzoni post/math rock mai scritte. Vediamo, chi manca all’appello? Ah già i For Carnation. Qual è il loro disco migliore? Beh, direi Marshmallow, così su due piedi, anche se l’omonimo The For Carnation, con quel miracolo di Emp Man’s Blues in apertura (all’inizio sentirete poco, poi il volume sale, abbiate pazienza), non è da meno. Vabbè, possiamo prenderli entrambi, hanno sei canzoni ciascuna. Che poi se parliamo di post rock, non possiamo prescindere dai ragazzotti di Chicago, i Tortoise, cervellotici quanto basta, non sempre centratissimi, ma quel loro Millions Now Living Will Never Die è un signor disco (grazie @fourgreatpoints per la segnalazione). Oltre che a contenere ovviamente sei brani. E ad avere un titolo di sei parole poi.

Seguendo un ordine diacronico, abbandonati quindi gli anni ’90 ed entrati in pompa magna negli anni ’00, quelli che più di tutti, nell’ultima “infornata” hanno saputo raccogliere l’eredità di mostri sacri quali Mogwai o Godspeed You! Black Emperor, rimanendo appunto in ambito post, ritengo siano gli Explosions In The Sky. Per cui credo sia giusto onorarli con la chiusa di questo divertissement, che per dirla alla V, vira verso il verboso: So Long, Lonesome, sesto (e ultimo ovviamente) brano di All of a Sudden I Miss Everyone.

Perché mai come nel mio caso risulta vero: sei quello che ascolti.

 

 

Alberto Adustini

PIERO PELÙ, TOSCA, GIANNI MAROCCOLO e OMAR PEDRINI sono i primi ospiti annunciati del MEI 2020

ANNUNCIATI I PRIMI OSPITI DEL

 

MEI 2020

in programma il 2, 3 e 4 OTTOBRE A FAENZA (RAVENNA)

 

 

PIERO PELÙ, TOSCA, GIANNI MAROCCOLO e OMAR PEDRINI

 

Questi i primi premi assegnati

 

A PIERO PELÙ

PREMIO PER I 40 ANNI DI CARRIERA

per aver portato il rock alternative italiano ai vertici delle classifiche

 

A TOSCA

PREMIO NILLA PIZZI DEI GIORNALISTI ROMAGNOLI

come miglior artista in gara al 70^ Festival di Sanremo

 

A GIANNI MAROCCOLO

PREMIO PER I 40 ANNI DI CARRIERA

per la ricerca, lo spirito innovativo e la voglia di sperimentare con il rock

 

A OMAR PEDRINI

TARGA PER I 25 ANNI DI“2020 SPEEDBALL”

 

Fra gli artisti presenti anche il cantautore TOZ ANTONIO PIRETTI

per festeggiare la chiusura del suo TOUR EUROPEO IN BICI “Not only a currency”

oltre 6mila chilometri attraverso 16 Paesi dell’Unione Europea

 

 

Annunciati i primi artisti che saranno ospiti del MEI – Meeting Etichette Indipendenti, la più importante rassegna della musica indipendente italiana, che si svolgerà dal 2 al 4 ottobre a Faenza (RA).

 

Sabato 3 ottobre sarà presente PIERO PELÙ per ritirare il Premio per i suoi 40 anni di carriera, un omaggio per aver portato il rock alternative italiano ai vertici delle classifiche, legando sempre la sua musica a un forte impegno civile e sociale. Il rocker toscano, che quest’anno ha partecipato per la prima volta al Festival di Sanremo con il brano “Gigante” e ha pubblicato il nuovo album di inediti “Pugili fragili”,festeggerà con uno speciale concerto in acustico in Piazza del Popolo.

 

Lo stesso giorno, ospite della rassegna sarà TOSCA, che riceverà il Premio Nilla Pizzi come miglior artista in gara al 70^ Festival di Sanremo, secondo i voti espressi dai giornalisti musicali romagnoli coordinati da Enrico Spada (OASport e OAPlus). L’eclettica artista, che quest’anno ha già collezionato una serie di importanti riconoscimenti(il premio Giancarlo Bigazzi vinto al Festival di Sanremo, le due Targhe Tenco come miglior interprete di canzoni e come miglior canzone singola e il Nastro d’Argento come protagonista dell’anno ‘per la sua performance nel documentario finalista Il Suono della Voce’), si esibirà in concerto al Teatro Masini.

 

Domenica 4 ottobre sarà premiato per i suoi 40 anni di carriera anche GIANNI MAROCCOLO, compositore, bassista, produttore artistico e fondatore dei Litfiba e dei C.S.I. Il riconoscimento è dedicato al suo percorso artistico, da sempre legato alla ricerca, all’innovazione e alla sperimentazione senza compromessi. Ad accompagnarlo in concerto in Piazza del Popolo, ci sarà Stefano “EDDA”Rampoldi, con cui ha inciso l’album Noio; volevam suonar.” durante il lockdown. L’ex frontman dei Ritmo Tribale ha inoltre collaborato all’ultimo disco solista di Gianni Maroccolo “Alone vol. IV” e al precedente“Alone vol. I”.

Sul palco di Piazza del Popolo, sempre domenica, salirà anche OMAR PEDRINI, che riceverà la Targa per i 25 anni di “2020 Speedball”, quinto album deiTimoria, che anticipava in tempi non sospetti il tema della realtà virtuale e si è rivelato profetico per i temi ecologici trattati, oggi più attuali che mai. Il cantautore si esibirà dal vivo e presenterà il libro di cui ha curato la prefazione “L’OSTERIA DEL PALCO. Storie gastromusicali di musicisti on the road(Polaris Editore) insieme all’autrice Francesca Amodio.

 

Sarà inoltre ospite della rassegna il cantautore italo-canadese TOZ ANTONIO PIRETTI, che il 14 giugno è partito da Ratzeburg (Germania) per il suo tour in bici “Not Only A Currency”: una serie di house concert in 16 dei 19 paesi dell’Unione Europea accomunati dalla stessa valuta, che terminerà a fine settembre in Grecia. Al MEI 2020, l’artista festeggerà la fine di questa avventura internazionale raccontando al pubblico la sua esperienza ed esibendosi dal vivo.

 

Ma sono ancora tanti gli appuntamenti che animeranno il MEI 2020 in questa speciale edizione che celebra i 25 anni di rassegna.

 

Venerdì 2 Ottobre, in Piazza del Popolo, è in programma il concerto “Buon Compleanno Castellina”, un omaggio al Maestro Castellina per il centenario della sua nascita. L’Orchestra Castellina-Pasi, l’unica orchestra da ballo italiana ad aver conquistato due dischi d’oro, presenterà al pubblico i successi di ieri e di oggi.

 

Sabato 3 ottobre, al Teatro Masini, si terrà la 4aedizione del PREMIO DEI PREMI, contest ideato da Giordano Sangiorgi e diretto da Enrico Deregibus in cui si confrontano i vincitori dei concorsi intitolati a storici artisti scomparsi.

 

Lo stesso giorno si terrà la finale del contest“ARRANGIAMI! 100 ANNI PER IL FUTURO”organizzato dal MEI con il Gruppo Editoriale Bixio, che vedrà esibirsi i 3 artisti più votati fra gli 8 semifinalisti che saranno annunciati il 15 settembre a Roma, nel corso dell’evento Face2Face.

 

Sabato 3 e domenica 4 ottobre, presso il Palazzo delle Esposizioni di Faenza, si terrà la 2^ FIERA DEL DISCO DI FAENZA, organizzata da Music Day Roma e MEI: un ampio parterre standistico con decine di espositori provenienti da tutta Italia proporrà una ricca offerta di dischi in vinile, cd, poster, riviste, oggettistica e memorabilia.

Tornerà inoltre il FORUM DEL GIORNALISMO MUSICALE, ideato da Giordano Sangiorgi e diretto da Enrico Deregibus, due giornate di incontri, assemblee e seminari che ogni anno chiamano a raccolta decine di giornalisti del settore. In questo contesto, sabato 3 ottobre, si terrà l’8a edizione della TARGA MEI MUSICLETTER, il premio nazionale dedicato al giornalismo musicale sul web, ideato e organizzato da Luca D’Ambrosio (Musicletter.it) con la collaborazione di Giordano Sangiorgi. Come da tradizione saranno premiati il Miglior sito collettivo” e il “Miglior blog personale” di informazione musicale e culturale del 2020, mentre il Premio speciale – Targa Mei Musicletter quest’anno andrà al “Miglior distributore discografico”.

 

Non mancherà la cerimonia di consegna di uno dei più importanti riconoscimenti del MEI, il PIVI 2020 – Premio Italiano Videoclip Indipendente, che premierà il miglior videoclip indipendente dell’anno. Durante questa edizione sarà inoltre assegnato ilPremio Speciale #FattoeVistoinCasa alla migliore opera video realizzata durante il lockdown. Le iscrizioni sono aperte fino al 31 luglio.

 

Prorogate fino al 30 agosto le iscrizioni a MEI SUPERSTAGE, il contest gratuito rivolto agli emergenti under 30 con in palio l’esibizione sul palco del MEI 2020. Il concorso è realizzato in collaborazione con AudioCoop (Coordinamento Etichette Discografiche Indipendenti), AIA (Associazione Artisti Indipendenti) e Rete dei Festival (network nazionale dei contest).

 

A settembre saranno annunciati i vincitori del premioPIMI – Miglior Artista Indipendente dell’anno, del premio Giovani Mei – Exitwell e del premio Migliore Band Emergente dell’anno.

 

Il MEI quest’anno non sarà solo protagonista nelle piazze di Faenza, ma anche sul web: ExtraMeiWeb è il nuovo format creato per poter raggiungere tutti i fan della manifestazione anche in questo periodo di distanziamento. Sui canali social del Mei e sul sito, saranno infatti disponibili contenuti esclusivi.

 

L’edizione MEI 2020 sarà dedicata al cantante Giuseppe “TITTA” Tittarelli, “il più indipendente degli indipendenti”, scomparso a luglio di quest’anno.

 

Fin dalla prima storica edizione, il MEI, la manifestazione fondata e diretta da Giordano Sangiorgi, è stata la piattaforma di lancio della nuova scena indipendente italiana con artisti che sono diventati pilastri della musica in Italia (tra gli altriDiodato, Afterhours, Bluvertigo, Marlene Kuntz, CSI, Pitura Freska, Baustelle, Caparezza, Negramaro, Brunori Sas, Perturbazione, Marta sui Tubi, Offlaga Disco Pax, e tantissimi altri ) e ha premiato emergenti oggi considerati punte di diamante della nuova scena artistica del nostro Paese (comeErmal Meta, Fulminacci, Lo Stato Sociale, Ghali, I Cani, Canova, Calcutta, Zibba, Mirkoeilcane, Le Luci della Centrale Elettrica, Motta, Colapesce, Cosmo e tanti altri). Tanti sono stati anche gli artisti che hanno mosso i loro primi passi proprio al MEI, come ad esempio Daniele Silvestri che nel 1997 allestì un suo stand espositivo e più recentemente iManeskin, che al MEI di Faenza hanno realizzato una delle loro primissime esibizioni fuori da Roma.

 

Durante i suoi 25 anni di attività il MEI, con le sue edizioni ufficiali insieme alle tante edizioni speciali (a Bari, Roma e in altre città), ha registrato un totale di 1 milione di presenze, la partecipazione di 10milaartisti e band dal vivo, 5mila realtà musicali coinvolte in expo e convegni e 1000 giornalisti (più di 100 dal resto d’Europa) che hanno parlato del MEI contribuendo a renderla la più importante vetrina della nuova e nuovissima musica italiana.

 

Anche quest’anno il MEI trasformerà Faenza per tre giorni in una vera e propria città della musicacon concerti, presentazioni musicali e letterarie, convegni e mostre, affiancati da una parte espositiva rivolta agli operatori della filiera musicale con l’obiettivo di sostenere la crescita e la diffusione di una cultura musicale indie ed emergente. Verranno premiate le migliori realtà indie italiane grazie al circuito di AudioCoop, che rappresenta circa 200 piccole etichette discografiche indipendenti italiane, e saranno presenti, unico caso in Italia, i vincitori di oltre 100 festival e contest per emergenti provenienti da tutta la penisola e selezionati dalla Rete dei Festival,insieme ai loro artisti legati al circuito di AIA – Artisti Italiani Associati, presieduto da Renato Marengo, storico partner del MEI con Classic Rock on Air.

 

Il MEI 2020 si svolge grazie a: Regione Emilia – Romagna, Comune di Faenza, Camera di Commercio di Ravenna, Unione della Romagna Faentina, BCC (Banca di Credito Cooperativo Ravennate Forlivese & Imolese), IF Imola Faenza Tourism Company, ANG (Agenzia Nazionale per i Giovani).

 

Media partner: Rai Radio 1, Rai Radio Live, OAPlus, Radio Bruno e ExitWell.

 

www.meiweb.it

www.facebook.com/MeetingDegliIndipendenti/www.instagram.com/mei_meeting/

www.twitter.com/MEI_Meeting

 

Achille Lauro “1990” (Elektra Records, 2020)

Cosa aspettarsi quando non si sa cosa aspettarsi 

 

Ho 21 anni. Sono nata nel 1999 e, come canta Fulminacci, anche io sono di fine millennio. Faccio parte quindi di quella generazione di confine a cavallo tra i veri ‘90s Kids, che gli anni ’90 e la loro musica li hanno vissuti davvero e non tramite serate revival nei locali, e la Generazione Z che si sta prendendo il proprio spazio nel mondo a suon di Tik Tok, mentre il mio primo pensiero quando sento questa parola continua ad essere l’iconico brano di Ke$ha del 2009. 

C’è qualcuno che meglio di me saprebbe parlare del significato, dell’impatto degli anni ’90? Sicuramente sì.

E in effetti qualcuno di recente l’ha fatto. 

Quel qualcuno è Achille Lauro.

Anticipato ad ottobre dall’omonimo singolo, che già aveva lasciato presagire un progetto irriverente e fuori da qualsiasi schema, 1990 è un album strano, ma in senso buono. Non è esattamente quello che ci si aspettava a giudicare dalla promozione sui social, ma d’altronde stiamo pur sempre parlando di quell’artista che a febbraio, sul palco dell’Ariston, ha fatto giocare tutto il pubblico al totoperformance. In effetti, qualsiasi tipo di aspettativa era superflua. Bisognava solo ascoltare e lasciarsi stupire o, eventualmente, restare delusi.

Ci era stato presentato come un disco di sette canzoni, sette hit che hanno fatto la storia della musica dance rivisitate in chiave “Lauro”, che ormai sta diventando un vero e proprio marchio di fabbrica. Si aggiunge la collaborazione con altri sette artisti che non potrebbero essere più diversi tra loro. Una commistione di pop, dance, rap e trap che va da Ghali a Capo Plaza, da Annalisa a Massimo Pericolo. 

Quello che più colpisce di 1990 è il modo in cui è stato impostato: non è una semplice raccolta di cover, come ad esempio è stato fatto l’anno scorso con Faber Nostrum, l’album che raccoglieva una serie di canzoni di Fabrizio De André reinterpretate da alcuni nomi della scena indie italiana. Qui, di fatto, si è verificato il contrario, unendo alle basi riarrangiate di alcuni grandi successi degli anni ’90 dei testi completamente diversi ma che nel complesso si adattano bene, ovviamente con pezzi meglio riusciti di altri, come accade in qualsiasi esperimento. 

Paradossalmente, le migliori uscite sono state proprio quelle più azzardate e meno scontate: Blu, che dell’originale ha giusto il titolo simile e vagamente la base, per poi essere stata trasformata in una ballad (tra tantissime virgolette) sullo stile malinconico di Zucchero e Sweet Dreams, in collaborazione con Annalisa che mai avrei immaginato in queste vesti. 

Insomma, una mossa intelligente da parte di Achille Lauro, perché così dribbla in modo intelligente e creativo l’annoso confronto con gli originali, proprio perché non c’è nemmeno l’intenzione mettersi a confronto, anzi, al massimo vuole omaggiarli, come dimostrano i featuring con Alexia in You and Me o con gli Eiffel 65 in Blu. 

Ma come per tutto ciò che fa Lauro, non si può parlare di questo album solo dal punto di vista musicale. 1990 è un vero e proprio racconto autobiografico, dove le canzoni sono inframezzate dalla narrazione di un passato che è tutto meno che roseo ma che lo stesso performer non ha mai nascosto al pubblico. “Questa è come una testimonianza”, dice con quella voce roca, un po’ da poeta maledetto, all’inizio di 3 Ore a Notte. 

Quella stessa voce da poeta maledetto che usa anche in Ave O Maria e che insieme alla (s)vestizione di San Francesco a Sanremo probabilmente costituirebbero gli estremi per una scomunica…

In definitiva, ci ritroveremo a ballare queste canzoni alle serate dance tra 20 o 25 anni, come effettivamente sta succedendo alle loro iconiche versioni-madre? Onestamente non credo, ma del resto non è con questo album che un personaggio come Achille Lauro mirerebbe all’immortalità.

Però, con la loro costante sovrapposizione tra passato e presente che strizza l’occhio prima ad una generazione e poi all’altra grazie a riferimenti anacronistici e decisamente poco ‘90s, sicuramente le balleremo adesso e ci divertiremo pure un sacco, come già ci aveva dimostrato tra una Rolls Royce e un Bam Bam Twist.

Ma soprattutto 1990 farà parlare di sé e del suo autore. 

Tanto, tantissimo, sia bene che male e a volte anche contemporaneamente. 

Proprio come per i poeti maledetti. 

 

Achille Lauro

1990

Elektra Records

 

Francesca Di Salvatore

SALMO: grande successo per il concerto in mare al largo della baia di Arbatax

RED BULL PRESENTS

RED VALLEY SEA PARTY

 

Nella baia di Arbatax con Salmo e Ghali

un successo incredibile

per un evento senza precedenti

 

Un palco sul mare, 180 barche intorno e uno spettacolo strepitoso che ha regalato una serata unica a tutti i presenti, nel pieno rispetto dell’ambiente e della sicurezza.

 

Red Valley Sea Party, manifestazione musicale organizzata da Red Valley Festival insieme a Red Bull, Lebonski Agency e la Regione Sardegna, è andato in scena lo scorso sabato al largo della baia di Porto Frailis ad Arbatax ed è stato un successo incredibile, per un evento senza precedenti in Italia.

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A partire dalle 15
, la baia di Porto Frailis – tra le più suggestive del Mediterraneo – ha iniziato ad accogliere le imbarcazioni prenotate per l’evento (sold out da giorni), tra gommoni, velieri e barche passeggeri provenienti da tutti i porti vicini dell’Ogliastra, pronti a sentire dal vivo, dopo tanti mesi di attesa, i propri artisti preferiti.

 

A riscaldare l’atmosfera dal primo pomeriggio ci ha pensato il dj set di Radiolina, seguito poi alle 17.30 dallo show “Mamacita”, con Max Brigante di Radio 105 in consolle e tre ballerine che si muovevano alla perfezione su ritmi latini e r’n’b.

 

Alle 18.30 il “secret guest” dell’evento ha calcato il palco della “Lady Ship”: si tratta del rapper milanese Ghali, che per circa mezz’ora ha fatto cantare i partecipanti sulle note delle sue hit più famose, tra “Cara Italia”, “Happy Days” e la canzone dell’estate “Good Times”, concedendo anche qualche richiesta al pubblico in estasi sui gommoni in prima fila.

 

Alle 19 il padrone di casa ha preso possesso del palco galleggiante e ha salutato la sua terra sotto “90 minuti” di applausi: Salmo, re indiscusso della serata, ha fatto letteralmente saltare i presenti sulle barche tra un dj set di stampo UK garage e un’esibizione con alcune tra le sue canzoni più famose, come “Russell Crowe”, “1984”, “Perdonami”, “Ho Paura Di Uscire” e l’inaspettata “The Island”, brano composto nel 2013 in onore della sua Sardegna e cantato pochissime volte dal vivo.

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Il pubblico ha risposto benissimo alle rime del rapper sardo, cantando ogni pezzo sino al gran finale che ha visto esibirsi insieme Salmo e Ghali sulle note di “Boogieman”, il super singolo del rapper milanese uscito a gennaio 2020 ft Salmo.

 

Al tramonto è calato anche il sipario e tutte le imbarcazioni hanno fatto rientro in porto, restituendo la splendida baia alla natura e lasciando un bellissimo ricordo nel cuore di tutti i partecipanti.

 

Are You Real? “Consequence”

Registrato durante il lockdown, Consequence è il nuovo singolo del musicista veneziano Are You Real?. Si tratta di una rilettura, molto intima e personale, del brano della band elettronica tedesca The Notwist. Il brano è accompagnato da un videoclip, realizzato dallo stesso musicista.

“Ho cercato l’anima del brano” racconta Andrea, titolare del progetto. “L’ho spogliato dell’elettronica per tirarne fuori tutta la dolcezza e la malinconia. Ho usato solo un pianoforte e dei synth. Per me è un brano visionario, per questo ho realizzato anche un videoclip, che mostrasse le immagini che avevo in testa mentre cantavo. Credo che questo lavoro anticipi le sonorità del mio prossimo disco. Artisti come Apparat, Soap&Skin e gli stessi Notwist stanno influenzando la mia musica. Il prossimo disco sarà molto diverso da tutto quello che ho fatto finora, e questa canzone ne è il primo piccolo assaggio.”

Il brano, disponibile su tutte le piattaforme dal 17 luglio, sarà anche in free download.

 

 

Free download qui

 

Are You Real?

Consequence

Beautiful Losers Records

 

Redazione

Protomartyr “Ultimate Success Today” (Domino Records, 2020)

Appena sotto resilienza/resiliente, nella speciale classifica di termini italiani che mi creano sentimenti poco amichevoli verso l’umanità tutta, si colloca divisivo.

Saltando a piè pari i contesti nei quali in tempi più o meno recenti mi è capitato di veder utilizzata la parola sopra citata, ho fatto questa scoperta sulla mia pelle: il fatto che una band abbia un cantante con una voce che ondeggia, barcolla meglio, tra il parlato che sovente diventa biascicato e il cantato che non di rado sconfina nello stonato, un’attitudine sul palco più adatta ad un netturbino in strada, alle 4 del mattino, in novembre, sotto la pioggia, aggiungiamoci una chitarra che mena fendenti acidi e nervosi senza sosta ed una sezione ritmica che strizza l’occhio diciamo ai Fall per dirne uno per tutti (insomma, tutte peculiarità che adoro e trovo quasi imprescindibili per poter ascrivere un gruppo alla mia cerchia di “band di culto”), ebbene, tutto questo ben di dio in un solo gruppo, e scopro che un sacco di gente non li apprezza. In alcuni casi arriva addirittura a detestarli proprio. Follia!

Si scherza ovviamente, ma la situazione sopra descritta si confà perfettamente al mio rapporto con i Protomartyr, quartetto di Detroit, giunti al quinto album in studio e che personalmente ho iniziato ad amare relativamente tardi, in occasione di quel Relatives in Descent, anno di grazia 2017, che è uno dei dischi che di rado mi stanco di ascoltare.

Amore dicevamo che però non si è affatto trasformato in un flirt estivo, al contrario, ma si è consolidato con l’EP Consolation (uscito in collaborazione con l’ex Breeders Kelley Deal) e che con quest’ultimo Ultimate Success Today è diventato una storia d’amore che non vedo come possa interrompersi.

Ora che ho scoperto da subito le carte e che non ho più spazio per bluff e doppi giochi, non ci giro attorno e direi che non sia sbagliato affermare che il succo, il nucleo di questo Ultimate Success Today non si discosti di molto dal suo predecessore, quantomeno nelle intenzioni, ampliandone però l’area di movimento, e non per una mera questione di incremento della strumentazione utilizzata; dopo nemmeno un minuto infatti dell’apertura affidata al singolo Day Without End compare un sax, ad aumentare il senso di tensione e sospensione di un brano di per sé già poco piantato a terra, che si spegne d’improvviso, quasi inatteso. 

I Am You Now ci riporta il Joe Casey (il cantante NdA) sermoneggiante di Here Is The Thing, mentre la chitarra di Gregg Ahee disegna incubi metropolitani su tappeti ritmici secchi e sincopati (vedasi anche la seguente The Aphorist) che risultano essere il vero marchio di fabbrica dei quattro.

Ascoltate Michigan Hammers per avere chiaro un compendio di come non si dovrebbe (pff…) cantare su di un disco, se siete di quelli che si trovano a proprio agio principalmente coi “poeti laureati”, io mi tengo stretto le esplosioni allucinate di Tranquilizer, il valzer drogato di Bridge & Crown, la dilatata coda, criptica e fatalista di Worm In Heaven (I exist, I did, I was here, I was, or never was recita il finale ), al quale si accompagna un video altrettanto allucinato, che merita 4.31 minuti del vostro tempo.

È un disco sconsigliato a quelli dal palato fino, a chi non ha ancora avuto il coraggio di affrontare i propri incubi peggiori, ai tecnofili (passatemelo come neologismo per piacere), a coloro alla ricerca di decorazioni, ornamenti e finiture di classe, ai canonici, agli amanti del reggaeton.

E se non rientrate in alcuna di queste categorie ed allo stesso tempo non vi siete innamorati di questo Ultimate Success Today, beh, de gustibus non est disputandum.

Divisivi si diceva…

 

Protomartyr

Ultimate Success Today

Domino Records

 

Alberto Adustini

Young Signorino: esce Mon Amour, il nuovo singolo. Il debut album in autunno.

YOUNG SIGNORINO

esce MON AMOUR, il nuovo singolo
Il debut album arriverà in autunno

LINK: https://backl.ink/142637937

 

“Non amo l’estate ma nemmeno la odio, e Mon Amour racconta proprio questo. Il concetto della traccia è semplice, parla del mio viaggio in fuga insieme a lei da quella che è la città in estate.”
22 anni, tra i più abili giocatori del rap game, Young Signorino, capace di esasperare il linguaggio trap fino all’osso, autore di brani imprevedibili, scarni e dall’effetto incredibilmente magnetico, fino a canzoni dalle melodie ipnotiche con flussi di parole mai privi di un loro peso. Forza espressiva e immaginario definiti unici nel suo genere, almeno in Italia, YS torna oggi 17 luglio con un nuovo singolo, Mon Amour, che anticipa il suo debut album in arrivo il prossimo autunno, dopo una carriera controversa che lo ha portato dall’essere tra i personaggi più chiacchierati alla collaborazione con Vinicio Capossela e ai primi passi verso un rap cantautorale/ conscious.
BIO
Young Signorino nasce a Cesena – Emilia Romagna, il 17 Aprile 1998. All’età di 15 anni, con un diverso pseudonimo, inizia a pubblicare su youtube i suoi primi brani rap autoprodotti. Il 21 febbraio 2018, esce “Dolce Droga”, con la prima importante produzione: Low Kidd. La canzone è un successo e il videoclip sfonda in pochissimo il milione di visualizzazioni. In breve tempo, Young Signorino si trasforma in un’icona.
Il primo tour (iniziato il 25 maggio 2018 a Roma, dove non si esibisce, e  durato fino a luglio) è movimentato e provocatorio. Passano due mesi e su YouTube esce il brano che lo fa definitivamente esplodere: “Mmh Ha Ha Ha”. La reazione generata dal brano è immediata. Il pubblico di Young Signorino diventa così internazionale. Il brano successivo, “La danza dell’ambulanza” è fatto in collaborazione con Big Fish. Il percorso indipendente di Young Signorino inizia con il brano “Coma Lover dove emerge un netto distacco rispetto ai lavori precedenti. A novembre 2018 esce il primo EP di 5 tracce dal titolo “Total Black”, è il suo primo progetto discografico “strutturato”. Il 26 febbraio 2019 Young Signorino collabora di nuovo con Big Fish, stavolta per un remake di un vecchio pezzo “Bevanda al gusto di tè”, trasformato poi in “Bevanda”. Seguono i singoli “Holaciaohi” e “Drogalero”. Ad Ottobre 2019 ha pubblicato il suo secondo EP, LEPDAMORE. Il 24 Settembre esce il primo singolo estratto. A gennaio 2020 collabora con Vinicio Capossela per il singolo +peste.  Il 2020 è per Young Signorino l’anno della rinascita, crea e pubblica una serie di brani in stile cantautorale / conscious, come “A nessuno” e “vento di Maggio”, quest’ultimo parte dell’EP “Elementi” in collaborazione con Laioung in veste di produttore. Il singolo estivo “Mon Amour”, dallo stile raffinato, è il primo estratto del suo primo album in uscita il prossimo autunno.https://www.instagram.com/young_signorino/

Crediti
Autore: Young Signorino
Producer: Samura
Mix e master: Luciano Lamanna @ Subsound Studio
Label: Subsound Records

G PILLOLA: Esce oggi DOVE SEI, il nuovo singolo segna il ritorno dell’artista per 2MuchRecords

G PILLOLA

Esce oggi DOVE SEI
il nuovo singolo 
segna il ritorno dell’artista
per 2MuchRecords in collaborazione con Krokodil House

Il primo racconto che anticipa il prossimo album, tra ironia e istantanee di vita

Ascolta DOVE SEI: https://backl.ink/142613376 

 

DOVE SEI è il nuovo singolo di G PILLOLA (prod. Blue Jeans) che sancisce l’inizio di una collaborazione artistica tra la Krokodil House, hub creativo formato da produttori, musicisti, videomaker e artisti, e 2MuchRecords, nuova realtà nata dall’esigenza di professionisti, tra musica, digital e branded content, di creare una discografia dinamica e fluida con i nuovi media. La distribuzione è affidata a Believe Digital che da subito ha sposato il progetto.

Questo brano fa da ponte tra le produzioni trap precedenti (da solista e con la Bilogang) e il nuovo sound dove l’artista, originario di Genova ma trapiantato a Torino, ha trovato il giusto equilibrio per la propria narrazione personale, libero dai dogmi di un unico genere.

Ho 25 anni e credo sia un bene che la mia musica abbia sentito la necessità di crescere con me.  A me piace parlare di piccole cose, gesti quotidiani che apparentemente passano inosservati io li metto su un piedistallo per assaporarli fino in fondo, non ho mai amato lo sfarzo e nemmeno il suo desiderio, ho bisogno di farti capire quanto mi sento un coglione per sentirmi realizzato.”

Questa prima canzone farà parte di un album, previsto nei prossimi mesi, un concept sulle piccole cose di tutti i giorni, una sorta di culto del quotidiano. DOVE SEI è la prima pillola, il primo racconto che, tra ironia e istantanee, ci trascina in un vortice di immagini, come un rapido flashback di incontri, situazioni, oggetti vissuti, un’esplosione di volti e colori con un’anima funky e un ritmo incalzante.

Dove sei è nata dall’idea di esprimere un lato più dinamico e festaiolo di me e Blue Jeans, a differenza di molte altre tracce del disco infatti qui si parla di situazioni collettive, momenti di incontro e di condivisione. Il tutto sempre contornato dal mio culto per il quotidiano: io che dormo su chissà quale divano letto stasera e non sarò facilmente rintracciabile domani quando faremo colazione in mille a casa di chissà chi e avrò ovviamente il telefono scarico.”

Il progetto G PILLOLA, oltre al producer Blue Jeans, si avvale del supporto della Krokodil House, una crew di amici che si è trasformato in un gruppo di lavoro con un luogo di riferimento e una collaborazione artistica a 360 gradi. La Krokodil House nasce da ex componenti di varie band metal di Torino che hanno iniziato a produrre beat rap e trap, si può dire che mescolando il rap alternativo di G Pillola e le radici metal dei produttori si ottenga una contaminazione reciproca unica nel suo genere.

CREDITI
Autore: Guglielmo Perri
Compositore: Dario Scognamiglio
Mixato e Masterizzato presso Krokodil House

foto analogiche di farewellmelvin

BIO
Nato e cresciuto a Genova, G Pillola svolge la sua gavetta giovanissimo presso lo Studio Ostile, rampa di lancio di vari artisti della scena genovese come Tedua, Izi e Bresh.
Trapiantato a Torino dopo il liceo, inizia la sua vera e propria carriera nel 2017 dando vita al collettivo Bilogang, nato dalla frequentazione di vari artisti nel suo bilocale in centro a Torino.
All’interno delle due stanze nascono sonorità trap con influenze di vario genere che li hanno resi noti come collettivo per la loro estetica e le sonorità “happy trap”, portando però sempre avanti ognuno un percorso da solista differente.
Bilogang è entrata nella playlist Viral 50 di Spotify da indipendente con il primo singolo “Cucu Settete” che ha totalizzato oltre 300 mila ascolti, firmando in seguito un contratto discografico con Urbana Label e Sony Music.
Constatando la sua collaborazione fissa con il produttore Blue Jeans e Krokodil House, il 23 Gennaio 2019 è uscito “Ciao Belli”, il primo disco ufficiale di G Pillola, un primo passo tra le prime sonorità trap e le nuove influenze “indie” nate dalla sua continua contaminazione, il disco ha raggiunto più di mezzo milione di streaming in un mese totalmente da indipendente.

www.instagram.com/gpillola/

 

 

TRAVIS (BMG) – Fuori il video dell’inedito “Valentine”, secondo estratto dall’album “10 SONGS”, nuovo disco della leggendaria band scozzese

TRAVIS

La storica band scozzese pubblica oggi il video di “Valentine”, diretto dallo stesso Fran Healy

Il nuovo album “10 SONGS
è in uscita il 9 ottobre, via BMG

Guarda il video di Valentine

 

Dopo aver condiviso il bellissimo video animato del primo singolo “A Ghost“, Fran Healy, frontman dei leggendari TRAVIS, torna a vestire i panni di regista per il video di Valentine, secondo estratto dal nono album in studio dal titolo “10 SONGS” in uscita il  9 ottobre via BMG.

Il suggestivo video è stato diretto da Fran, girato a Los Angeles da Newton Thomas e le luci sono state affidate a Gigi Pedron, tecnico luci dei The Queens of the Stone Age.
Ha affermato Fran riguardo all’idea del video:
“The idea came from the lyric, ‘If I lie here, I might die here, I may lay here for a while.’. I saw me lying on the ground for the duration using our drone to look down on me and maybe have stuff happen while I lay there.” E aggiunge: “It expanded from here to have lights and a second camera. Again, Covid-19 made this a tricky shoot and not being able to shoot with the band meant getting stunt doubles in who I’ve dressed as ghosts and now in this, they look like urban guerrillas with their balaclavas, shades and black clothes!“.

Scritto da Fran Healy e co-prodotto da Fran e Robin Baynton, “Valentine” è caratterizzata da un’energia rutilante e da uno scintillio che splendono luminosi nel contrasto tra la voce delicata di Fran e le pesanti linee di chitarra di Andy Dunlop.
“Valentine was recorded as a predominately live performance in December 2019 at Rak studios in London. It’s the closest Travis have gotten sonically to our debut album, ‘Good Feeling’. Alex Harvey-esque.”, ha affermato Fran.

Co-prodotto da Fran e Robin Bayton (Coldplay, Florence & The Machine) e registrato ai RAK Studios a cavallo tra il 2019 e il 2020, 10 SONGSè un album che racconta di come la vita arrivi all’amore e di come l’amore possa superare le avversità.
È un disco maturo, ricco di sinergie e la maggior parte delle canzoni riflette a pieno un prezioso senso di mutua sintonia che solo una band che non ha mai cambiato line up può vantare.

Nel disco ci sono anche ispirati camei, che comprendono, tra gli altri, i synth del nonno di Jason Lytle, la lap steel di Greg Leisz (Beck, Emmylou Harris, Bruce Springsteen) e le voci di Susanna Hoffs delle The Bangles.

Sono passati ben 25 anni da quando i componenti dei TRAVIS misero piede per la prima volta in una sala prove.
In questo vasto arco di tempo hanno venduto milioni di album, sono stati i protagonisti del premiato documentario a loro dedicato “Almost Fashionable” e Fran ha ricevuto il consenso di artisti del calibro di Paul McCartney, Elton John e Graham Nash, scrittori la cui abilità nel comporre melodie senza tempo li hanno fatti diventare sempiterni.

Un nuovo capitolo nella straordinaria carriera della band: 10 SONGS è un’opera che mostra, ancora una volta, che i TRAVIS sono una delle band con le più alte capacità di scrittura mai esportate dagli UK.

10 SONGS è disponibile in: standard CD, heavyweight vinyl plus Deluxe 2CD and Deluxe 2LP (red and blue vinyl) including 10 Demos. The band’s official store features exclusive merch bundles, Cassette and highly limited edition signed TPs. Pre-Order 10 Songs HERE.
 

travisonline.com

 

Sospensione causa virus: il lockdown dei Protomartyr

I Protomartyr sono quattro, sono di Detroit, si sono formati nel 2008, suonano un viscerale post punk e con il loro Relatives In Descent del 2017 hanno riscosso unanimi consensi dalle principali riviste e siti musicali americani ed europei. In uscita in questi giorni, ritardata causa Covid, il loro ultimo attesissimo disco, Ultimate Success Today, che con ogni probabilità riscuoterà ancor più gradimento. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con il cantante, Joe Casey, per capirne qualcosa di più e sentire come si sopravvive chiusi in casa quando si sarebbe dovuti essere in pieno tour mondiale.

 

Ciao Joe, grazie per la tua disponibilità. Innanzitutto come stai?

“Beh, mi sono appena svegliato, quindi bene!”

 

Beato te! Ascolta, qui in Italia le cose stanno lentamente tornando alla normalità, lentamente… Si inizia ad organizzare qualche concerto, in luoghi piccoli, distanziamenti, mille accorgimenti e via dicendo. Coi Protomartyr avete dovuto posticipare l’uscita del disco che era prevista per maggio, sareste dovuti essere in tour proprio in questi mesi, quindi ti chiedo: come hai passato questo periodo? Hai ascoltato qualcosa di nuovo? Hai guardato film? Ti sei messo a scrivere?

“In tutta sincerità non ho fatto davvero niente di che in questo periodo… Proprio oggi (3 luglio, NdA) i nostri amici Cloud Nothing hanno pubblicato il disco nuovo, che hanno registrato durante la quarantena e che mi fa davvero incazzare perché a me non è venuta nessuna scintilla (creativa). Questo periodo mi ha ricordato di come vivessi prima di essere in una band, e non è stato il periodo migliore della mia vita diciamo… sto ingrassando di nuovo, guardo robaccia in TV, non riesco a leggere perché proprio non riesco a concentrarmi… non si tratta di un momento particolarmente creativo per la band, ecco. Sfortunatamente viviamo in America, e l’America non pare aver ancora capito come convivere e ridurre questo contagio, e francamente sono preoccupato perché non so quando potremo di nuovo suonare in giro…”

 

Ma sei a Detroit al momento? Perché alcuni amici in America mi dicono che la situazione cambia radicalmente da zona a zona…

“Sì, sono a Detroit ma il virus ha colpito in maniera molto più violenta proprio la parte di città nella quale vivo io. Per dire il più giovane decesso per Covid d’America viveva accanto a casa mia. Per un periodo la gente ha fatto quello che doveva, ma adesso hanno ricominciato a girare di nuovo senza mascherine e quindi non so che pensare… Poi, non so se da voi sia uguale ma qui i concerti saranno l’ultima cosa che permetteranno, quindi mi auguro sarà possibile tornare in tour nel 2021.”

 

Beh, lo speriamo tutti davvero, abbiamo tutti un gran bisogno di tornare sotto ad un palco. Ad ogni modo, parliamo di questo nuovo lavoro, Ultimate Success Today; l’ho ascoltato e riascoltato diverse volte in questo periodo e temo sia addirittura meglio di Relatives in Descent. Complimenti davvero. Possiamo dire che questo disco rappresenti una sorta di continuazione di Relatives ed anche dell’ultimo EP, Consolation?

“Allora, intanto grazie mille, sono contento ti sia piaciuto. Ti dirò, a livello di scrittura è stato direi grossomodo simile, ovvero Gregg (Ahee, chitarra) e gli altri realizzavano il pezzo e alla fine io ci mettevo sopra il testo. Ciò che è cambiato è stato che Gregg ha avuto il tempo per dire “ok, in questa canzone credo ci stiano bene gli archi, o su quest’altra il sassofono”, quindi rispetto al passato non potevi sapere come sarebbe stata la canzone finita fino all’ultimissimo secondo. Io personalmente non scrivo mai i testi fino a che non ascolto la canzone chiusa, finita, e non so quindi come mi fa sentire, cosa mi suscita. Per certi versi direi che mi ha ricordato un po’ quando registrammo il nostro primo disco.”

 

In effetti ho trovato semplicemente fantastico l’uso, l’introduzione del sax e del clarinetto, penso a Processed By The Boys o a Tranquilizer. Dicevi che l’idea è stata di Gregg ma pensi che la cosa possa avere un futuro, che possa diventare un’evoluzione nel suono dei Protomartyr o la possiamo considerare una parentesi, assai felice a mio avviso?

“L’idea è tutta di Gregg, sì, e principalmente perchè credo iniziasse ad essere un pò nauseato dal suono della band e dal dover incidere cinque o sei chitarre ogni volta e credo sia il motivo per cui ha deciso di esplorare nuove strutture, anche perchè ultimamente stava ascoltando un sacco di jazz. Personalmente sarei davvero entusiasta se il suono dei Protomartyr potesse espandersi in futuro ancora in maniera più marcata.”

 

Credi sia corretto sostenere che Ultimate Success Today rappresenti una sorta di continuazione di Relatives in Descent e dell’EP Consolation?

“Direi di sì. Consolation in realtà è più una collaborazione con Kelley (Deal, ex The Breeders) che ci è servita molto in quanto ci ha mostrato come accrescere, arricchire il nostro suono e che ci ha mostrato che inserire un oboe nel mezzo di una nostra canzone non era di per sè una brutta idea. Dal punto di vista dei testi c’è sicuramente una continuità. Se prendi il brano finale di Relatives, Half Sister, termina con le parole “She is trying to reach you / Trying to reach you”. Il primo brano di Ultimate recita “I could not be reached”. Quindi direi che i due lavori sono strettamente collegati.”

 

E tra le tracce, esiste un comune denominatore? Che so, un’immagine, una parola?

“Vedi, è strano perchè solitamente capisco, scopro di cosa parla davvero un disco quando sono in tour, ripetendo i versi ogni sera, ed è una cosa che non abbiamo ancora potuto fare con questo disco. Il titolo del disco è nato molto presto in effetti, perchè volevo spostare l’attenzione sull’ora, sul momento, “today is the day”. Passiamo troppo tempo a pensare a come sarà il futuro o a com’è stato il passato. Probabilmente è questo il trait d’union.”

 

Una curiosità. Conosci il detto “squadra che vince non si cambia”, che in inglese suona tipo “you never change a winning team”. Possiamo dire che nel vostro caso non funzioni proprio così? Mi spiego, ho notato che cambiate produttore ad ogni disco, e se penso che ci sono band che registrano con lo stesso team per tutta la loro carriera non posso non pormi la domanda…

“Credo che la cosa proceda di pari passo alla nostra voglia di sperimentare continuamente e non fossilizzarci. In realtà abbiamo lavorato con lo stesso produttore per il secondo e il terzo album ed in entrambi i casi probabilmente non siamo riusciti ad avere un pieno controllo ed una piena gestione del tutto, quindi ci siamo detti proviamo a lavorare con gente nuova, vediamo cosa possono portarci, in aggiunta. Anche con Sonny DiPerri (produttore di Relatives in Descent) abbiamo passato dei momenti fantastici, ma poi hai sempre voglia di vedere se c’è qualcuno in grado di portare il tuo suono ad un livello diverso e che sia disposto ad assecondarti. Di sicuro non ci piacciono troppo i produttori che tengono troppo le redini, “and no assholes””

 

protomartyr cover

 

Joe, volevo chiederti questo adesso, perchè è una cosa che ho notato l’altro giorno e mi son detto “non può essere un caso”. Tutte le copertine dei vostri dischi sono primi piani…

“Beh, per il primo disco c’era questo flyer che avevo fatto per un concerto e lo abbiamo usato perchè ci stava bene. Arriva il secondo e “oh shit” dobbiamo pensare ad una nuova copertina così ne ho preso un altro. Poi però mi son detto che volevo assolutamente che questa cosa continuasse e ti dirò che questo aspetto di curare e pensare all’artwork mi dà gratificazione e gioia tanto quanto registrare i brani. Anche se cerco sempre di non creare copertine troppo potenti, che rischino di schiacciare il disco. Credo però che se ascolti per diverse volte il nostro disco, alla lunga tu riesca davvero ad immaginarti quel mulo”.

 

Mi pare di capire che come band vi piaccia essere coinvolti e attivi non solo per quanto concerne la musica in sè, ma anche come si diceva con le copertine o con i video. Ne avete fatti di splendidi e sembra che ci diate davvero un grande peso.

“Fino a qualche anno fa era semplicemente un problema di soldi, nel farli o meno. Adesso che possiamo curare anche questo aspetto le cose si son fatte davvero eccitanti e ultimamente davvero interessanti. A parte il video di Processed By The Boys (ambientato in un coloratissimo set di uno scadente show brasiliano, merita di essere visto…), gli altri due (Worm In Heaven e Michigan Hammers) sono stati fatti durante il lockdown e quindi abbiamo dovuto essere in un certo senso più creativi. Spesso ho sempre ben chiaro in mente come vorrei venisse fatto un video, l’idea di fondo, ma a volte è bello lasciare anche carta bianca al regista e vedere quale idea gli suscita un determinato brano e scoprire che è totalmente distante da come lo immaginavi o l’avevi pensata tu. In realtà adesso abbiamo in progetto di fare un video per ogni brano del disco; è piuttosto dura da realizzare, soprattutto in questi tempi, ma ci stiamo provando”.

 

 

Parliamo un attimo dei vostri concerti. Stefano Solventi, una delle maggiori penne musicali in Italia, raccontando un vostro live di un paio di anni fa, introduce un interessante concetto di quarta parete, quella che separa il palco dalla platea, e dei vostri concerti usa l’espressione “teatro rock”. Sappiamo che ad un vostro live non ti vedremo mai fare stage diving, rotolare, saltare ed altre attitudini da rocker? Credi che abbia centrato il punto? Perchè personalmente non vi ho ancora visti dal vivo, però credo sarei un pubblico perfetto in quanto non canto, raramente batto le mani, non sono molto attivo ecco (risa diffuse).

“Allora, quando salgo sul palco solitamente sono estremamente nervoso. Ad ogni modo la cosa che più di tutte voglio evitare e che vedo costantemente accadere specialmente a band molto più grosse di noi, è che le stesse esatte cose da intrattenitori accadono non dico il 100% delle volte ma quasi, ogni sera, ad ogni concerto, in maniera quasi seriale. Quindi è l’esatto opposto del concetto di vivere ed immergersi nell’istante. Cioè ogni volta, in quel preciso istante di quella canzone, io cantante sento la necessità di dovermi sdraiare in mezzo al palco… Personalmente non mi piace vedere band che esagerano con gli atteggiamenti e replicare la stessa cosa, nello stesso momento, l’indomani in un’altra città. Mi sembra una grande commedia, una finzione. Se la canzone mi fa stare in piedi completamente immobile scelgo di rimanere in piedi, completamente immobile, capisci? Non voglio costringermi a dover replicare le stesse scenette ad ogni sera. Mi sembra quasi di insultare il pubblico, di essere irrispettoso. Quando vedevo concerti con frequenza non sopportavo quando qualcuno dal palco saltava giù, quindi perchè dovrei farlo io adesso… Rispetto gli spazi personali (risate sparse)…”

 

Ok, ultima domanda e poi ti lascio. Rispondi solo se vuoi: cosa credi accadrà in Novembre negli Stati Uniti?

“In Novembre? Ah le elezioni! Non ne ho idea! E tutto ciò mi terrorizza perchè vedi, negli ultimi quattro anni, ogni giorno mi sveglio e accendo il telefono e le notizie sono sempre più ridicole, orribilmente divertenti. Quindi non so, davvero. Ma sono terribilmente preoccupato”.

 

Direi che siamo a posto Joe, non ti rubo altro tempo. Grazie mille. Di cuore.

“Grazie a te. A proposito, dimmi dove abiti, che vediamo di venire a suonare dalle tue parti la prossima volta!”

 

Perfetto. Una bella data nel ridente nord-est e con l’occasione vi invito anche a cena allora.

 

Alberto Adustini

BENEDETTI “Rain man” IL NUOVO SINGOLO D’ESORDIO DISPONIBILE DA OGGI

Rain Man” è il singolo di debutto di BENEDETTI disponibile da oggi 14 luglio su Spotify e tutte le principali piattaforme streaming, distribuito da RC Waves / Artist First.

ASCOLTALO QUI

BENEDETTI, è il progetto esordiente del cantautore varesino Paolo Benedetti: una voce morbida ed empatica che si fonde con lo stile indie folk per regalare paesaggi sonori dalla grande portata emotiva. Attinge a piene mani dalle sonorità folk statunitensi che unisce a testi dal sapore onirico e sfumature pop.

Rain Man è un viaggio nell’animo umano: un vociare indistinto e confuso ci conduce nei sapori della vita cittadina che diviene la metafora del senso di smarrimento. Rain Man siamo noi, figure nascoste all’interno di realtà grandi e soffocanti che, accompagnati da un climax strumentale, finalmente ci liberiamo dalle oppressioni per unirci a un’esplosione sonora. Viaggiamo con quella voce che dispiega in tutta la sua anima vibrante tra suoni e percussioni carichi di energia.
E ora viviamo il sogno in mezzo a praterie sconfinate illuminate dal bagliore delle stelle, una luce completamente rinnovata lontana da quella fredda negli occhi del Rain Man.

“Rain Man nasce come un anthem per tutte quelle anime che hanno la necessità di sentirsi libere e diverse, voci fuori dal coro, soffocate da una società in cui anche i pensieri sono omologati.
Descrive il senso di un’appartenenza ad un mondo, forse parallelo, lontano dalle ossessioni accecanti delle metropoli, dalle frette nauseanti e dall’incapacità di trovare un momento per respirare.”

Il brano è stato scritto e composto da Paolo Benedetti e Daniele Cocchi che ne ha curato anche la produzione e il mixaggio, masterizzato da Andrea Suriani. Il progetto grafico e le foto sono di Andrea Dominici.

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