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Tre Domande a: Alessandro Martinelli

Tre Domande a: Alessandro Martinelli

| Redazione

Come stai vivendo questi momenti così difficili per il mondo della musica?

È stata una bella botta. Ho avuto la fortuna di trasformare la mia passione in lavoro, e negli ultimi cinque anni mediamente suonavo almeno due, tre volte al mese in giro per il mondo. Ti senti vivo. Conosci costantemente nuove persone, nuove culture, nuovi ambienti. Viaggiare ti apre la testa, se in più lo fai perché il tuo lavoro te lo consente, sei in uno stato di grazia. Quando tutto questo è venuto a mancare mi è crollato il mondo addosso. I miei viaggi in aereo erano diventati i sei passi che facevo tra camera da letto e sala, le mie cene con amici e promoter erano diventati un piatto di pasta in solitudine davanti a YouTube e i momenti dietro la consolle erano diventate le ore passate al piano in casa. Un senso di vuoto ti pervade. Solo il piano è riuscito ad aiutarmi a superare questo brutto ed incerto momento.

 

Come è quando è nato questo progetto?

Ho avuto bisogno di buttare fuori. Ho percepito la necessità di spogliarmi in qualche modo. E ho avrei voluto mostrare anche il mio lato più introspettivo. Durante il primo lockdown mi sono ritrovato chiuso in casa, solo, con una storia d’amore appena finita. Malinconia, solitudine ed incertezza hanno preso possesso del mio corpo e mi hanno spinto a portare avanti brani che già avevo ideato ma soprattutto di scriverne di nuovi.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

Solitudine, Malinconia, Rinascita. Sono i sentimenti che più mi hanno accompagnato durante la creazione di questo album. E’ stato un percorso: mi sono sentito profondamente solo, da solo con il mio pianoforte, ho provato tristezza e rassegnazione, ma è suonando che sono riuscito a ritrovare la positività, e rinascere ancora. In ogni brano ho cercato di creare queste atmosfere, ogni brano ha una sua parte malinconica, contrapposta alla parte più risolutiva.