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Di come i Mighty Oaks riflettono il loro stato emotivo nella musica

Di come i Mighty Oaks riflettono il loro stato emotivo nella musica

| Francesca Garattoni

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I Mighty Oaks si aspettavano di vivere il 2020 in tour ma non è stato possibile: hanno quindi convogliato le energie nella realizzazione del quarto album Mexico, in uscita il 7 Maggio per Howl Records. Per l’occasione, abbiamo chiacchierato con Claudio Donzelli, che ci ha raccontato le emozioni e le esperienze che danno vita alla loro musica.

 

A febbraio del 2020 avete pubblicato All Things Go e dopo poco più di un anno tornate con Mexico. Cosa ha significato per voi far nascere qualcosa di nuovo mentre il mondo sembrava fermo?

“La pandemia ha cambiato tutto, incluso il tipico ciclo vitale di un album. Quando il lockdown è iniziato a Marzo 2020, avevamo un piano incredibile per il resto dell’anno, tonnellate di grandi show in Europa e negli Stati Uniti. Non vedevamo l’ora di portare in tour il nostro terzo album All Things Go ma presto diventò chiaro che le restrizioni avrebbero avuto un impatto enorme sul nostro programma. Nell’impossibilità di non poter suonare per niente i nostri concerti, abbiamo pensato che fosse meglio investire il tempo nello scrivere del nuovo materiale. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo ma sapevamo che quando l’incubo sarebbe passato, saremmo stati pronti con della nuova musica da pubblicare e da suonare dal vivo. È stato il nostro modo di affrontare il lockdown, ci ha tenuti sani di mente e concentrati durante tempi di incertezza.”

 

L’aspetto che preferisco di Mexico è la sua particolare intimità. Cosa preferite invece voi del vostro album? E qual è il suo tratto distintivo rispetto ai vostri lavori precedenti?

“Mi piace quando un album è un’istantanea di dove siamo individualmente e come gruppo al momento di farlo. Quando so che siamo riusciti a riflettere il nostro stato emotivo nella musica che facciamo. Penso che questo sia il caso per Mexico. Abbiamo vissuto attraverso tempi che non hanno avuto precedenti, il cambiamento climatico, i problemi razziali e una politica disastrata. Troverete qualcosa di tutto questo nell’album, ma troverete anche rappresentati tratti universali dell’esperienza umana come amore, amicizia e morte. Mi piace la giustapposizione tra i due (aspetti, NdR). Alla fine del giorno ognuno di noi deve confrontare il proprio mondo interiore con il mondo esterno in cui viviamo. Penso che la sua unicità sia nel processo. Abbiamo registrato quasi tutto da soli nello studio casalingo di Ian. Il risultato è più grezzo, diretto e non filtrato che mai.”

 

Ian Hooper ha dichiarato che registrare in casa è stato come tornare agli inizi del vostro percorso. È un’esperienza da rifare?

“Assolutamente, ed è sembrato giusto così e molto naturale tornare a quel modo di lavorare in questa fase della nostra carriera. Dopo tre album e altrettanti EP era giunto il momento di mischiare le carte in tavola e portare un po’ di energia fresca in studio. La stessa energia fresca in cui Ian ed io eravamo immersi quando registravamo le prime tracce, gettando le fondamenta per il gruppo, nel 2010.”

 

Voi provenite da paesi diversi e la band è nata in Germania. In che modo le vostre origini influenzano o arricchiscono la vostra musica?

“Innanzi tutto, arricchiscono la nostra esperienza di lavorare insieme. In secondo luogo, la nostra musica, ma è davvero difficile per me dire esattamente come i nostri background culturali si riflettono nella musica che facciamo e anche se siamo cresciuti in posti diversi, la musica che abbiamo ascoltato crescendo non era poi così tanto diversa. Per esempio, io sono cresciuto ascoltando principalmente Brit Pop e gruppi indie americani negli anni ’90/’00.
In generale, l’internazionalità è veramente parte della nostra natura, anche oltre il gruppo: nel nostro team abbiamo professionisti da Francia, Svizzera, Austria, Germania ovviamente e persone con background ungheresi e turchi. È molto comune a Berlino in quanto la città è diventato un enorme hub internazionale negli ultimi 10-20 anni.”

 

Se vi chiedessi di tirare le somme di tutto il vostro percorso artistico fino a oggi?

“Wow, questa è una domanda davvero difficile! Ci provo” (sorride, NdA)
Penso che siamo sempre stati interessati a trovare modi potenti di raccontare storie che risuonano con le persone. Lo facciamo attraverso i testi di Ian che sono spesso ispirati da eventi autobiografici. Lo facciamo con la musica che si mette a servizio e supporta la storia. Il nostro percorso artistico si rivela nello sviluppare, perfezionare e sperimentare con l’arte del songwriting.”

 

Infine, qual è secondo voi un altro album uscito di recente che dobbiamo assolutamente ascoltare?

Earth di EOB (Ed O’Brien, chitarrista dei Radiohead) è stato il miglior album che ho sentito da un pezzo a questa parte. Mi ha letteralmente rapito. È uscito durante la pandemia lo scorso anno e mi ha veramente fatto viaggiare senza muovermi quando viaggiare non era permesso. È un meraviglioso album pieno di sfaccettature con contaminazioni di diversi generi e gusti musicali.”

 

Marta Massardo