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Tre Domande a: Vale Nicole

Tre Domande a: Vale Nicole

| Redazione

Come e quando è nato il tuo progetto?

L’idea di creare un album tutto mio è nata nel 2019, precisamente in una calda sera d’Agosto, quando io e RICI ci mettemmo alla produzione di un nuovo pezzo da cui poi nacque Fiori d’Agosto, che è all’interno del disco. Nota dopo nota, capivo sempre di più che era arrivato il momento di raccogliere tutto quello che a parole non ero mai riuscita ad esprimere, e di farlo creando un progetto tutto mio.
Con l’arrivo della pandemia e il conseguente lockdown, ho avuto la possibilità di entrare in una sorta di stand-by dalla mia vita di tutti i giorni, dandomi la grande opportunità di dedicare giorno e notte alla ricerca del mio sound, di riuscire a scavare dentro di me e sciogliere finalmente quei nodi stretti mettendoci un punto definitivo.
Ovviamente, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza Natty Dub (Funk Shui Project), che fin dagli albori del progetto ha sempre creduto in me e nelle mie potenzialità, più di quanto non facessi io.
Abbiamo lavorato a distanza, ma in perfetta sinergia con tutti i produttori e i musicisti che hanno preso parte al progetto, mettendo l’anima in ogni singolo accordo.
In un periodo critico come quello che abbiamo passato, lavorare a questo progetto mi ha dato quella forza interiore che mi ha spinta ad andare avanti.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Avendo un ascolto abbastanza ampio, è difficile riferirmi a qualcuno in particolare. Posso dire però che la scena nu-soul britannica mi è di forte ispirazione. Tom Misch, Jordan Rakei, Oscar Jerome, Samm Henshaw: il loro sound è fresco e innovativo, ma si percepisce sempre il legame alle radici del soul e quel forte richiamo al jazz, ed essendo il mio lato artistico originato da questi generi, per me sono fonte da cui trarre spunto.
Per quanto riguarda i testi, sicuramente mi sento più vicina a Ghemon, Willie Peyote e Venerus perché utilizzano un linguaggio figurativo che rispecchia molto il mio modo di approcciare alla scrittura. Immaginare scenari che vanno oltre al semplice racconto, trovare delle analogie tra le proprie esperienze vissute e quelle delle altre persone, cercando di creare un unico ambiente dove ritrovarsi per non sentirsi soli, è quello che cerco di ricreare nei miei testi.
Anche le liriche sublimi degli artisti senza tempo della musica italiana, come Lucio Dalla e Ornella Vanoni, che mi accompagnano fin dall’adolescenza, hanno certamente influenzato la mia penna.

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Una bomba atomica. Sarà sicuramente un’esplosione di emozioni riuscire a ritornare su un palco e condividere le sensazioni uniche che solo un concerto dal vivo ti può dare. Penso che questo valga sia per lo spettatore, sia per i cantanti/musicisti e per tutti coloro che lavorano dietro il sipario.
La connessione tra pubblico e artista genera un feedback molto importante perché è lo spettatore a rendere unico un live creando energia e potenza.
Lavorare ad un disco, senza riuscire a suonarlo in giro, è come lasciarlo a metà.
Mi metto anche nei panni di un ascoltatore, ed essendolo anch’io, capisco ci sia la foga di vedere gli artisti esibirsi, cantare con loro e commuoversi.
Io questa volta ho una grande emozione in più: portare finalmente il mio progetto su un palco.
Che bomba atomica!