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Damon Albarn “The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows” (Transgressive Records, 2021)

12 Novembre 2021
di Andrea Riscossa

Era il 1818 quando Caspar David Friedrich dipinse il suo Der Wanderer über dem Nebelmeer, noto a noi come il Viandante sul mare di nebbia. Il quadro diventò presto un’icona del movimento Romantico tedesco, perché rappresentava una sintesi di tutti quelli che erano i concetti e i dogmi del nascente pensiero romantico.

Un uomo, controluce, contempla la natura che si manifesta davanti a lui. È un gioco di contrasti, di antitesi, tra razionale e mistico, tra definito e indefinito, tra chiaro e scuro, tra immanente e trascendente. Ma è anche un gioco di metafore e di ruoli, come quello dell’uomo e del suo rapporto con la natura. E il mare fatto di nebbia, spettacolo “meraviglioso, come a volte ciò che sembra non è”, ci porta dentro un labirinto di metafore e allegorie quasi senza fine.

Ascoltando l’ultimo album di Damon Albarn, il suo secondo lavoro solista, ho avuto la sensazione di essere davanti a un Viandante che la nebbia non l’ha solo descritta, ma è andato anche a cercarsela.

Aggiungiamo il tema del sogno, quello fatto da un Damon bambino, che sogna un volo sopra una spiaggia nera. Luogo che noterà in un documentario del National Geographic nel ’97, durante un tour con i Blur. Da allora sa che in Islanda esiste il luogo dei sogni.

Altro ingrediente è l’isolamento. Che finalmente possiamo trattare come una scelta personale, come un esperimento, e non più solo come una costrizione dettata da momenti storici poco felici. Ricorda Yann Tiersen e la sua isola col faro, ricorda mille altre storie di persone che nell’isolamento contemplativo hanno trovato la strada per cantare il loro personale mare di nebbia. Perché il signor Albarn ha comprato casa in quell’Islanda dalle spiagge nere, e si è rinchiuso in uno studio circondato dalla natura, nel tentativo di rendere i lockdown momenti positivi e produttivi.

Per realizzare The nearer the fountain, more pure the stream flows si è ispirato al lavoro del poeta ottocentesco John Claire, autore di Love and Memory. E i testi dell’album sono effettivamente centrati sui temi del ricordo, dell’amore, della malinconia, del lutto. E c’è la natura, ci sono colori, c’è il contrasto della sua isola, così fredda e piena di lava. E c’è acqua, tantissima acqua, dalle onde del mare fino al rumore delle gocce che cadono. È un disco acquatico, a volte subacqueo, capace di geyser e di ghiaccio.

I brani sono un patchwork delle ispirazioni di Albarn, dal quasi Blur(esque) di Royal Morning Blue, al folle e malinconico pezzo dedicato a un palazzo anni venti di Montevideo, The Tower of Montevideo appunto, dove l’altrove è un posto lontano, dove la malinconia diventa un genere. E poi synth sparsi, alternati al pianoforte, testi meravigliosi come quello di The Cormorant, colori (silver and blue) in Daft Wader, fino a Esja, una suite vichinga per pelli di narvalo e ansia.

Sono appunti sparsi dai confini del mondo, sulla fine del mondo. Una riflessione, una contemplazione sul mare di nebbia islandese, in cui la musica è lo strumento di analisi, ma è anche il prodotto, è sintesi e sintassi.

E infine è un viaggio o una tappa di un percorso. Perché Damon Albarn incarna perfettamente il ruolo di esploratore, di sperimentatore. Consapevole della meraviglia che un percorso simile comporta, affronta con uno spirito romantico il ruolo di artista. Un Ulisse, consapevole del carico di responsabilità, conscio dei rischi, ma entusiasta per la continua scoperta.

Se l’Islanda sarà la sua Itaca o l’ennesima tappa, lo sapremo solo quando si fermerà a contemplare un nuovo mare di nebbia.

 

Damon Albarn

The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows

Transgressive Records

 

Andrea Riscossa