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Strappare Lungo i Bordi

Strappare Lungo i Bordi

| Francesca Garattoni

Attenzione: questo articolo contiene spoiler

Che cos’hanno in comune Xdono di Tiziano Ferro, Clandestino di Manu Chao e Non Abbiam Bisogno di Parole di Ron? 

All’apparenza niente, e soprattutto niente prima del 17 novembre. Poi Michele Rech, al secolo ZeroCalcare, ha deciso che era una buona idea posizionarle una dietro l’altra in quella che è l’unica opera in grado di mettere d’accordo tutto il paese dai tempi del compromesso storico: la serie animata Strappare Lungo i Bordi.

Dell’attesissima serie se ne sta parlando diffusamente, e – tranne qualche voce fuori dal coro sui social volutamente da bastian contrario – sempre con toni lusinghieri ed entusiasti, perché è oggettivamente un gran bel lavoro, frutto di una cura per i dettagli magistrale. E di conseguenza, altrettanto curata è la colonna sonora, eclettica e trasversale, talmente variegata da mettere anche lei d’accordo tutti, o quasi.

Partiamo dalle basi: esistono film in cui la colonna sonora a volte sembra quasi estranea. Magari decontestualizzata non sarebbe neanche malvagia, ma lì, in quella specifica situazione, in qualche modo stona. Qui invece, in sei episodi per un totale di un’ora e mezza, non c’è una nota fuori posto. Anche la giustapposizione fra Clandestino e Xdono per andare a descrivere i decisamente diversi input musicali di un adolescente nel 2001, per quanto suoni strana e faccia pensare “ma che c’azzecca Manu Chao con Tiziano Ferro”, funziona come la voce di Valerio Mastandrea sull’Armadillo, e cioè alla perfezione.

E poi c’è la varietà. Momenti accompagnati dal pop più ballabile a cui possiate pensare accanto ad altri in cui invece è la base strumentale a fare da padrona, lasciandosi avvicinare solo da qualche rara parola, come nel caso di Wait degli M83. Canzoni nazional-popolari vicine ad altre più ricercate, meno note sulla scena italiana, una su tutte Haut Les Coeurs del collettivo francese Fauve. Più che una canzone sembra quasi un discorso messo su una base; un ritmo incalzante fino a diventare ansiogeno, che poi si stabilizza nel ritornello e invita alla speranza molto più di quanto ci si aspettasse. Nonostante non sia nell’ultimo episodio, questo pezzo del 2013 riassume benissimo, a mio parere, il senso della serie.

“Tu vois, moi aussi j’ai peur, j’ai peur en permanence (Vedi, anch’io ho paura, ho paura in continuazione)
Qu’on m’annonce une catastrophe (che mi venga annunciata una catastrofe)
Ou qu’on m’appelle des urgences (che mi chiamino dal pronto soccorso)
Mais on a la chance d’être ensemble, tous les deux (ma abbiamo la fortuna di essere insieme, noi due)
De s’être trouvés, c’est déjà prodigieux” (di esserci trovati, ed è già un miracolo)

Bisogna poi parlare nello specifico di due pezzi. Il primo è ovviamente la sigla, Strappati Lungo i Bordi, realizzata ad hoc da Giancane. È una canzone potente, che ti si appiccica in testa e non ne vuole sapere di andare via. È una canzone che ti fa sentire giovane ma non incompleto, e mi perdonerà il Signor Italo Calvino, perché a suo modo ti fa sentire parte di un qualcosa e soprattutto ti fa sentire compreso, come se dicesse “Tranquillo che ce sta qualcun altro su ‘sta barca”. Anche altri pezzi strumentali apparsi nella serie sono stati curati da Giancane, che già aveva prestato a ZeroCalcare la sua Ipocondria per i video usciti durante il periodo del primo lockdown, a conferma di come questa collaborazione sia ormai già ben collaudata e fruttuosa.

L’altro pezzo che merita una menzione speciale è The Funeral dei Band of Horses, o come ormai può essere definito, dato il suo utilizzo nel mondo cinematografico e televisivo, “il colpo di grazia”. Fin dalle prime note, chi la conosce può presagire che stanno per arrivare le lacrime, ma in realtà è una canzone così eloquente che può intuirlo anche chi invece non ha familiarità. Ed è proprio questa eloquenza, questo quasi invitarti a piangere con i suoi silenzi e i suoi cambi di intensità studiati, che la rende perfetta per il commoventissimo finale della serie. 

Proprio come la voce dell’Armadillo.

 

Francesca di Salvatore