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Fontaines D.C. @ Alcatraz

Fontaines D.C. @ Alcatraz

| Andrea Riscossa

L’Alcatraz di Milano ha accolto il ritorno dei Fontaines D.C. a pochi mesi dal concerto a Parma per il Barezzi Festival.
Green pass, ffp2, sedie. Se non ci fosse un palco sarei anche pronto per una quarta dose, per fortuna la birra non era analcolica e, in fondo, essere di nuovo a un concerto è un gran privilegio.

Aprono la serata i Just Mustard, stesso paese di origine ed etichetta dei Fontaines, ma decisamente più orientati verso uno shoegaze in salsa irlandese.

I Nostri salgono sul palco mentre sfuma un Tom Waits d’antan. Il locale è finalmente pieno. Dietro di me urlano ragazze straniere, qualcuno tenta di alzarsi, cercando sguardi di intesa. Sembra quasi di essere a un concerto vero. Le sedie vengono abbandonate dopo pochi accordi di Televised Mind, pezzo che apre la setlist. Seguono A Hero’s Death e Sha Sha Sha. L’Alcatraz non è solo in piedi. Balla. Sono a un concerto vero. A Lucid Dream precede la nuovissima Jackie Down the Line, che si inserisce senza disarmonie nella scaletta costruita sui primi due dischi. Il primo vero uno-due arriva con I Don’t Belong seguita da Chequeless Reckless, che nella sua incarnazione live è ormai una garanzia. Segue chicca e rarità, i ragazzi regalano a Milano una Roy’s Tune intima e coinvolgente.

E poi piano piano, come mi capita nei concerti che amo ricordare, scivolo nella pancia del concerto. Un luogo protetto, in cui musica, immagini, pensieri e sensazioni si impastano tra di loro, lasciando una scia di fotogrammi, un gusto di fondo. So che durante la sacra triade BigHurricane LaughterToo Real, mi sono autocertificato tre pelli d’oca. Due per la questura, perché l’ultima era disturbata dal tentativo del sottoscritto di studiare se, effettivamente, ero davanti ai primi nuovi arrangiamenti dei pezzi eseguiti live. I Fontaines, sentiti a inizio novembre, ieri sera sembravano provenire dal futuro. In quattro mesi sono evoluti, alcuni pezzi hanno preso vita propria, e sul palco risultavano ben diversi dall’esecuzione quasi didattica sentita a Parma. Sono soprattutto i pezzi di Dogrel a trascendere maggiormente, forse perché hanno più concerti alle spalle.

Skinty Fia e Boys in the Better Land chiudono una setlist che è passata dritta come un treno, con pochissime parole e un mare di note e un uomo, là sul palco, che da solo vale il prezzo del biglietto.

Grian Chatten è rapito dalla sua musa al primo accordo. Ha un pessimo rapporto con le aste dei microfoni, ma questo già lo sapevamo. Ha una presenza sul palco che incarna con violenza la necessità di urlare i suoi testi al mondo. Mentre al suo fianco chitarre e basso sembrano colonne, lui decanta le virtù dell’iperattività. Il movimento stereotipato, ritmato, ripetitivo delle mani mentre si defila sul palco, allontanandosi dal microfono, disegnando spirali, per gioco e sfida, piccole sezioni auree di attesa. Crea vuoti e pause, poi torna con urgenza al microfono e diventa pesante e invisibile, un fantasma e un monolite. Ha un dono, quel ragazzo: sa portarti dentro le canzoni, all’interno dei testi, e sa farlo creando un’intimità e un’empatia imprevista. Pochi filtri sul palco, davvero. Poco star. È un mezzo per le canzoni, per la musica, è strumento.

I Fontaines tornano sul palco per due pezzi, I Was Not Born e The Lotts. Sono sazio. Breve ma intenso, direi meglio denso. Diciassette pezzi, più lungo rispetto alle due date spagnole precedenti.

Spazzati via i fantasmi che aleggiavano al teatro Verdi di Parma, quando Clash, Smiths, Joy Division e Cure sembravano essersi fusi in un nuovo, plastico, prodotto di un post-qualcosa, perché ormai il prefisso è imperativo. Invece ieri sera ho visto nascere qualcosa di autonomo e di potente. Qualcosa che supera i riferimenti, gli echi, le eredità. La musica dei Fontaines è diventata adulta.

A tutto questo aggiungiamo che il prossimo mese vedrà la luce il terzo album della band, Skinty Fia, e che sono già previste due date a giugno, a Milano e Bologna.
Ieri sera, come ultimo gesto del giorno, ho acquistato due biglietti. Fidatevi, stanno diventando una grande band. 

 

setlist fontaines milano

 

Andrea Riscossa

Foto di copertina: Mairo Cinquetti