Skip to main content
Tre Domande a: Diana Tejera

Tre Domande a: Diana Tejera

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto? 

Questo progetto è nato durante il lockdown. Quell’assenza di pressione, quello spazio dilatato mi hanno portato a comporre dei brani diversi dal mio solito, forse più liberi… e proprio perché poco ragionati sono nati in lingue diverse: spagnolo, inglese e francese. È stato un progetto interessante per me, non sapevo neanche dove mi avrebbe portato – suonare tutto da sola, arrangiare e mixare è stato da una parte molto divertente e liberatorio dall’altra molto faticoso per la naturale mancanza di lucidità che si può avere dopo un po’ di tempo in cui si lavora senza un orecchio esterno. Comunque è un esperienza di cui vado fiera.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Non ci sono degli artisti fissi a cui mi ispiro per i miei brani ma di sicuro ci sono delle influenze più o meno consapevoli che cambiano in base agli ascolti del momento. Di certo posso dire che nella scrittura dei brani in spagnolo ha contribuito la mia passione per Lhasa de Sela così come quella per Chavela Vargas e in qualche modo anche per Bebe. Nei brani scritti in inglese invece ci sento un po’ di tutto rispetto a quelli che sono stati i miei ascolti: da PJ Harvey, ai Beatles, da Björk alle più recenti Lana Del Rey e Billie Eilish.

 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare? 

Si, mi piacerebbe moltissimo collaborare con Joan as Police Woman, un’artista che amo molto per la sua capacità di sperimentare e di muoversi nei vari generi mantenendo una personalità molto chiara. Adoro il suo modo di comporre, le armonie spesso insolite e così emotive. In generale la sua produzione mi colpisce sempre, c’è una grande ricerca legata a un’eleganza e un’originalità inusuali.