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Wet Leg “Wet Leg” (Domino, 2022)

8 Aprile 2022
di Andrea Riscossa

Se non ve ne foste accorti qualcosa ribolle nella scena musicale oltremanica.
C’è un numero considerevole di ottime band, la qualità non manca, quello che forse è ancora assente è un nome, un’etichetta, un titolo. Forse manca anche quel salto finale, un singolo o un intero disco, che apra la porta al mainstream.
Fuor di bolla è tutto tranquillo, a un qualunque festival inglese è bolgia vera. 

Le Wet Leg, ironia della sorte, nascono durante un giro su una ruota panoramica, durante l’esibizione degli IDLES, all’End Of The Road nel 2019. Ma facciamo un passo indietro. 

Rhian Teasdale e Hester Chambers sono originarie dell’Isola di Wight, si sono conosciute al college e hanno sempre coltivato la loro passione per la musica. La vita le costringe a lavori diversi e band solo nel tempo libero. Accadde però che, dopo un’estate passata tra festival e backstage, decidono di provarci davvero.
Avevano scritto alcuni pezzi e uno in particolare avrebbe cambiato il loro destino: il 15 giugno 2021 usciva il loro primo singolo, Chaise Longue, che diventa virale in poco tempo.
In realtà il disco era pronto ad aprile dello stesso anno. La Domino aveva messo a loro disposizione Dan Carey alla produzione (colui che ha mixato e prodotto i Fontaines D.C. e gli Squid), e tra Londra e la loro isola il disco prendeva forma in modo piuttosto artigianale, grazie a GarageBand, software disponibile per qualunque prodotto Apple, un multitraccia entry level che le due usavano per costruire la struttura dei pezzi che poi prendevano forma in studio, nella capitale. Sono partite in tour, con quattro singoli all’attivo, tutti osannati dal pubblico che ha lentamente riempito le sale prima e i prati d’estate. Sono comparse nelle TV britanniche e statunitensi, hanno fatto crescere l’hype fino a generare un piccolo e nuovo fenomeno musicale. 

Dove troverete le Wet Leg nel vostro negozio di dischi preferito? Se frequentate un posto con poca fantasia puntate sull’indie, sull’alternative, al massimo pop-rock. Le influenze sono ampie e si passa dal post punk alla dance, dal dream pop a Bowie.
Sono labili i confini di genere. C’è piuttosto un approccio fluido alla musica ascoltata e prodotta, in cui più che il genere a fare da fil rouge è la scrittura e l’intenzione.

Questo è un disco di un movimento. È una declinazione di un gusto che sta prendendo forma nel Regno Unito e che con questo album potrebbe diventare argomento di discussione di massa.
Della nuova musica di lassù sono forse quelle più pop. Con ritornelli catchy e, nonostante un vocabolario non esattamente da educanda, il gruppo più proiettato verso un mercato più trasversale.
Qualcosa dentro mi urla che se l’MTV dei ’90 fosse ancora viva questo album sarebbe finito in heavy rotation e che le due Wet Leg, forti di un’immagine e di un’identità più che definite, avrebbero bucato le TV catodiche degli allora adolescenti.

L’album è un inno alla vita. All’empatia, alle sensazioni, anche fisiche, materiali. Spiazzano, perché le dolci pulzelle figlie dell’isola e del mare sono in realtà due soggetti dalle liriche taglienti e dalla mente aperta. Dal sexting indesiderato a gioiosi sfanculamenti, la maleducazione qui è un punto di vista, un umorismo quasi brutale è la loro firma. Però, al di là della forma, c’è un messaggio e c’è un’intelligenza che solletica, che evoca e che ammicca. 
Le canzoni sono un bestiario di personaggi improbabili e di situazioni assurde.
C’è qualcuno in mutande seduto su una Chaise Long (e che dovrebbe essere sdraiato, perdiana), altri dediti alla masturbazione in Wet Dream, con annessa leccata di parabrezza di un’auto, che neanche Freud, probabilmente, avrebbe saputo giustificare. Piece of Shit rende plasticamente l’idea del perché non sempre le relazioni finiscano bene, mentre il nostro duo si fa quasi serio quando, citando Bowie, si interroga sulla vita e parla quasi di bilanci in I Don’t Wanna Go Out. Quasi tristi e un po’ spleen in Convincing, ma sempre costruite con immagini che sono piccoli fotogrammi di mini-racconti su un argomento. È una scrittura veloce, che evoca e accosta, non spiega, non racconta.
E comunque dissacrare tutto è un’arte. Gli ex sono pezzi di merda cui rimane solo l’opzione se galleggiare o affondare, e ci dispiace per le loro mamme (Ur Mum), mentre con le loro nuove fidanzate possiamo solo sperare stiano soffocando (Loving You). Hanno riscritto la visione di topoi della musica odierna, aprendo i cancelli a un realismo e un cinismo che sa di libertà e nuovo umanesimo. 

È un disco che non porta le mutande.
Qualunque cosa contenessero in origine.
È un disco maleducato.
Così maleducato da risultare amabile, perché portatore di verità sussurrate e condite di insulti irripetibili.
È il nonno di Little Miss Sunshine, è l’incubo di un qualunque Pillon-alpha, è una medicina contro l’anacronismo e il perbenismo.
È un disco che contiene sentenze.
Sentenze sui denti.
Ciò non impedisce di sorridere coi buchi.

 

Wet Leg

Wet Leg

Domino

 

Andrea Riscossa