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Patrick Watson “Better in the Shade” (Secret City Records, 2022)

Patrick Watson “Better in the Shade” (Secret City Records, 2022)

| Alma Marlia

La colonna sonora per esorcizzare chi siamo quando proviamo le nostre emozioni

Cosa hanno in comune Grey’s Anatomy, This is Us, The Walking Dead, The Blacklist, The F Word e American Teen? Sono serie tv, direte. Effettivamente è vero, ma non è solo questo che le accomuna: in vari episodi troviamo inserite alcune canzoni di Patrick Watson, cantautore canadese che alterna la creazione di album alla composizione di colonne sonore. Il suo sound è un abbraccio di indie folk e la musica classica, con una capacità di aprirsi a sonorità più elettroniche per coglierle e farle proprie. Già presente nel panorama discografico con sei album, esce con il nuovo progetto Better in the Shade per la Secret City Records, con la storica collaborazione di Mishka Stein, anticipato nei mesi precedenti dal singolo Height of the Feeling.

L’album si compone di sette tracce tra cui una title track in apertura con un pianoforte delicato che aumenta la sensazione di morbidezza della voce di Watson, racchiusa in un canto sussurrato a chi ha paura del buio, qualunque sia questa oscurità, che sia fuori o dentro di noi. Non dobbiamo essere coraggiosi a tutti i costi, ma non per questo siamo deboli: quando le nostre ombre e le nostre fragilità ci seguono, se ascoltiamo le voci intorno a noi, sapremo su chi contare. Un brano dolce, ma con una forte carica emotiva che colpisce senza aggressività, attraverso parole ben scelte e l’uso di un synth con sfumature sonore eteree che si muovono nella coscienza di un ascoltatore catturato in una bolla di un momento di speranza che non vorremmo mai interrompere. 

Better in the Shade parla all’ascoltatore allontanandone la corazza, per fargli volgere lo sguardo alle emozioni talmente belle da intimorirci. Tra queste, più grande fragilità umana è la paura dell’amore e Watson ce ne parla duettando con una voce femminile in Height of the Feeling. Il sentimento è un calore estremo al quale l’uomo cerca di opporsi allontanandolo con freddezza, negandolo chiudendo gli occhi, ma l’intimità non deve spaventare, perché è lo strumento con cui possiamo trovare il nostro posto in un mondo che ci disorienta. Le voci si levano sulla struttura sonora del synth per fondersi in un unisono dove ogni differenza si annulla, perché la paura di amare non ha colore né età, ma soprattutto non ha genere. Se guardiamo bene l’altro, percepiremo le nostre stesse incertezze che supereremo solo accogliendo ciò che proviamo e ciò che prova chi è di fronte a noi. 

Il pianoforte torna protagonista in Ode to Vivian, una traccia strumentale con un suono avvolgente per aprirci ad infinti orizzonti dove la mente fugge lontana per qualche istante, ma non troppo a lungo, solo quel tanto che basta per sgombrare la mente da ogni pensiero. La sequenza musicale è morbida e trascende le parole perché siano solo le note a parlarci, sedurci e cullarci fino a che non ci perdiamo completamente in noi stessi. La sensazione è quella che si ha quando si attraversa qualcosa a occhi chiusi, la nostra pelle percepisce una sensazione gradevole anche se non identifica cos’è, e ti chiedi se la musica si possa davvero attraversare così. Le domande che ti poni svaniscono piano piano quando le note di Star scivolano addosso e l’ampio uso dell’elettronica crea un’atmosfera surreale mentre un canto evocativo ci conduce in uno spazio siderale dove la mente lascia il posto alle sensazioni. 

Se volete brani che vi parlino del bianco e del nero del mondo con frasi da citare sui social, rivolgetevi ad altro. Better in the Shade non dà soluzioni perché preferisce le sfumature delle mille sensazioni che ci rendono così incerti e così umani. È la colonna sonora ideale per accogliere nelle sue note attimi di complicità con chi amate o semplicemente con voi stessi quando la musica è l’unica compagnia che desiderate. Patrick Watson non entrerà a gamba tesa nei vostri pensieri, né strapazzerà le vostre emozioni, ma vi colpirà comunque con intensità mentre guardate voi stessi in quegli specchi intangibili che abbiamo dentro, o solo mentre chiudiamo gli occhi un secondo per prendere una pausa dal mondo e volerci un po’ più bene per come siamo, fossimo pure dei notevoli disastri. 

 

Patrick Watson

Better in the Shade

Secret City Records

 

Alma Marlia