Skip to main content
Dove sono finiti tutti? Lo chiediamo a The Bastard Sons of Dioniso

Dove sono finiti tutti? Lo chiediamo a The Bastard Sons of Dioniso

| Alma Marlia

The Bastard Sons of Dioniso sono una band della Valsugana che crede nel rock cantato in italiano, che non si adatta alle mode per seguire un proprio percorso, ovunque esso porti, anche se preferiscono finire sul palco. Credono che un disco non suonato dal vivo sia solo un disco a metà, ed è per questo che attendiamo di assistere a un loro live per ascoltare dal vivo il loro nuovo progetto Dove Sono Finiti Tutti?, ma, nel frattempo, li abbiamo intervistati per saperne di più.

 

Sicuramente è una domanda che vi hanno fatto molte volte, ma i nostri lettori sono curiosi di sapere come vi siete conosciuti e come nasce il nome della vostra band

“Noi ci siamo conosciuti alle scuole superiori. La scelta della nostra specializzazione ha fatto si che ci trovassimo in classe assieme. Conoscendoci abbiamo scoperto di avere più passioni in comune: la voglia di fare musica nostra, e la voglia di far festa. Musica e festa vanno a braccetto. Così abbiamo continuato ad espandere il nostro orizzonte verso posti sempre più lontani. Il nome nasce da un idea del gruppo che Jacopo aveva in precedenza. Un nome che rappresentava in pieno la dualità della nostra comunicazione. Una più diretta ed una più profonda dove lasciare lo spazio all’ascoltatore per indagare.”

 

Fare rock cantando in italiano è sempre un argomento divisivo, soprattutto per chi considera la nostra lingua non altrettanto agile ed efficace come l’inglese per questo genere musicale: perché avete scelto di seguire questo percorso? 

“Abbiamo scelto di cantare in italiano perché è la nostra lingua. Con questa possiamo esprimerci con migliore sensibilità e consapevolezza. L’italiano è una lingua adatta alla musica e questa ci regala sempre nuove possibilità di interpretazione che con l’inglese saremmo impossibilitati a manipolare per nostra ignoranza. Ci sembra che la concezione del Rock in inglese sia un retaggio della guerra fredda, della società nella quale abbiamo vissuto, volenti o nolenti, nella nostra gioventù.”

 

Rispetto a Cambogia e altri album precedenti, il vostro nuovo progetto Dove Sono Finiti Tutti? ha un titolo che racchiude un po’ la sensazione di spaesamento dell’essere umano che caratterizza questo periodo storico di pandemia e guerre. Cosa vi ispirato, esattamente?

“La domanda ci è sorta spontanea. Con una nota di autoironia che non poteva mancare. La risposta la troveremo nei Live. Non vedevamo l’ora di ricominciare e di darci una risposta.”

 

Sirene oppure Tali e Squali sono canzoni dove affermate con spietata schiettezza la responsabilità dell’uomo nel decidere il suo destino. Potete raccontarci di più sulle canzoni che compongono l’album e su come sono nate?

“Ogni canzone ha una genesi che differisce dalle altre. Ma lo sguardo verso noi stessi è il fil rouge del disco. Non per metterci in discussione, ma semplicemente per capirci. Ti Piace o No? è tratta da una nostra idea musicale dei primi 2000. Restiamo Umani invece è la canzone più giovane. Abbiamo collaborato con diversi autori che ci hanno affiancato nel lavoro di scrittura negli ultimi anni: Antonio Fiabane, Pietro Fiabane, Emanuele Lapiana, Oscar De Bertoldi. Sono presenti sul dico vari musicisti: Clemente Ferrari (synth, hammond, sequencer), Tommaso Pedrinolli (percussioni), Luca Frisanco (flicorno), Massimo Costa (tromba), Alessandro Serioli (synth, tastiere) che si sono innesti nel nostro sound, approfittando del tempo bonus dato dallo stop dei concerti nell’ultimo (anno, NdR), ed hanno saputo giocare con la dinamica di brano in brano.”

 

the bastard sons of dioniso interview

 

Restiamo Umani ha un titolo che può essere letto in più modi: come un imperativo necessario in questo momento storico, un appello a riscoprire la nostra umanità oppure la constatazione che siamo semplicemente esseri umani con i nostri pregi e difetti. Quale delle tre ha ispirato la canzone?

“Tutte. Noi non abbiamo la pretesa di farci capire. Il gioco è lasciare aperte più letture possibili e, in base alla singolarità dell’esperienza umana, l’ascoltatore la può fare sua come meglio crede. Noi esseri umani abbiamo la presunzione di poterci comprendere con il linguaggio, ma per ognuno ogni parola evoca sentimenti differenti.”

 

Se poteste scegliere di creare un progetto con un artista, nazionale o internazionale, con chi vi piacerebbe collaborare? 

“Le nostre collaborazioni nascono dall’amicizia. Solamente le esperienze ed il percorso che faremo potranno dirci quali saranno le future collaborazioni. Stimiamo artisti italiani ed esteri ma da li a pensare di collaborare la distanza è lunga, un po’ per timidezza ed un po’ per l’indole di volerci sempre arrangiare.”

 

Siete un trio, siete in attività da diciannove anni, avete pubblicato sette album e avete conquistato un secondo posto a X Factor 2009, oltre ad avere tenuto svariati concerti in tutta la penisola. I vostri numeri ci sono e mostrano l’esperienza maturata in questi anni. Cosa consigliereste a un giovane artista che si affaccia nel panorama musicale contemporaneo in fase di cambiamento?

“Il primo consiglio è di trovarsi dei buoni amici. Fare musica significa condividere una passione che ti porta a trovare il lato migliore dell’uomo, quello legato al divertimento ed allo stare assieme, alla casualità del percorso in questo presente incerto. Il secondo consiglio è di divertirsi.”

 

Progetti per il futuro?

“Per ora la fase progettuale lascerà spazio al nostro piacere più grande, il live. Ma non possiamo negare che ci siano già molte canzoni che non aspettano altro che il momento giusto per poter vedere la luce.”

 

Grazie a The Bastard Sons of Dioniso e a Big Time per la disponibilità.

 

Alma Marlia
Foto S. Sadocco e S. Sassudelli