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Tre Domande a: Riccardo Morandini

Tre Domande a: Riccardo Morandini

| Redazione

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Il filo conduttore di questo disco è “ciò che alleggerisce il peso dell’Io”. Senza atteggiamenti profetici da decalogo, è una umile condivisione di pensieri e sono felice se qualcuno può trovarvi uno stimolo o anche solo apprezzare la forma e le immagini con cui vengono comunicati. Tra l’altro il primo a cui suggerisco gli espedienti anti-egoistici contenuti nel disco sono io stesso.
Per quanto riguarda la parte musicale, vorrei che chi ascolta si sentisse pienamente calato nelle atmosfere che ho cercato di descrivere nei brani, siano esse ipnotiche, tribali, eteree o marziali. Immagino me e l’ascoltatore come due vasi comunicanti e la musica come quel liquido onirico fatto di impressioni, sensazioni, suggestioni, che li mette in collegamento.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

Densa: tendo a scrivere degli arrangiamenti molto fitti e amo i brani in cui ci sono mille dettagli da notare, che possono sorprenderti ancora dopo molti ascolti. Mi piacciono le progressioni di accordi e le melodie articolate. Il tutto cercando di sfuggire ai pericoli dell’eccesso e dell’involuzione.
Eclettica: nella mia musica si trovano molteplici ispirazioni anche molto distanti tra loro: ritmi samba, bordoni psichedelici, chitarre col fuzz schiettamente rock, contrappunti classicheggianti, armonie jazz, poliritmie afro-cubane…
Sognante: le tematiche sono spesso astratte e lontane dalla realtà concreta. A volte i testi sono un susseguirsi di immagini in un flusso di coscienza. Apprezzo molto le atmosfere oniriche che fanno viaggiare l’immaginazione. 

 

Quanto puntati sui social per far conoscere il tuo lavoro?

Sui social faccio il minimo indispensabile. Mi piace molto curare l’estetica del mio profilo ma la continua auto-promozione ed esposizione non fa per me. Me ne dispiaccio perché aiuterebbe ad avere più audience e più riconoscimento, ma vorrà dire che mi accontenterò di una crescita più lenta e di un pubblico più limitato. Piuttosto preferisco promuovermi con l’attività live: mi sento più a mio agio su un palco che a fare delle storie su Instagram.