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Tre Domande a: Cassio

Tre Domande a: Cassio

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto?

Finito il primo lockdown, in cui trascorrevo le mie giornate a giocare a pallone in giardino e a pensare, ho ripreso in mano tutto.
Venivo da anni di letargo musicale, dove il solo passare davanti alla chitarra appoggiata in un angolo del mio studio in casa, era per me deleterio. Non la volevo guardare né toccare.
Da quando s’è sciolta la mia band – La Maison – nel 2016, non ho più scritto né desiderato niente, apparte essere invisibile e silenzioso.
Dopo il primo pezzo scritto per gioco, il resto del disco è scivolato giù in un attimo, come quando dopo una cena in rosticceria cinese ti gonfi di spaghetti di soia e sake e poi corri al bagno a svuotarti e in un attimo è tutto finito.
Comunque il disco è finito e sono contento.
Bella per me.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

Probabilmente sceglierei pioggia, fegato e dolore, e lo farei solo per dire il contrario di sole cuore amore.
Mi piace andare contro alle cose, quasi a prescindere… vedere come reagiscono le persone agli stimoli avversi ti dà la misura del tipo di persona che hai davanti.
Comunque non era completamente una cazzata quella storia del fegato…

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Io non sono un tipo da messaggi sociali impegnati… o perlomeno non ancora.
La musica di Cassio, la mia musica, racconta la storia e i pensieri di Cassio, di me, senza lieto fine, senza morale.
Non ho addosso niente in più di voi e non sono di certo il tipo giusto a dare lezioni di vita alle persone… anche perché altrimenti sarebbe un disastro!
Secondo me il messaggio dietro alla musica lo deve trovare chi l’ascolta, a seconda del momento di vita in cui l’ascolta.
Se il senso che le persone ci trovano è lo stesso che mi ha mosso a scrivere, avrò fatto un buon lavoro, ma se ce ne trovano un’altro a me va bene uguale.