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Tre Domande a: Argo

Tre Domande a: Argo

| Redazione

Se doveste riassumere la vostra musica con un tre parole, quali scegliereste e perché?

Confesso di aver avuto bisogno di una chiamata con Trem per ragionare bene sulla risposta a questa domanda.
Abbiamo scelto queste tre parole: istinto, immagine e viaggio.
Sono le tre parole chiave dei principali “sentieri” che scegliamo di percorrere con le canzoni. L’istinto è l’input fondamentale per ogni progetto e, per esempio in “Mi hanno detto che” diventa addirittura protagonista, come se fosse il motore che fa andare avanti la traccia.
Successivamente abbiamo scelto la parola immagine perché spesso, nei testi delle canzoni, riesco a descrivere meglio uno stato d’animo analizzando piccole “fotografie” di contesto, apparentemente circoscritte che caratterizzano un certo tipo di situazione.
Il viaggio è qualcosa che spesso ti fa dimenticare da dove sei partito, per questo è la nostra terza parola. Spesso ci siamo sentiti così lontani dalla nostra comfort zone che abbiamo voluto riportare questo aspetto della nostra vita anche nella musica. In Metà settembre, soprattutto grazie all’andamento musicale del pezzo, abbiamo voluto regalare un piccolo viaggio all’ascoltatore: si decolla dal nostro quotidiano disordine mentale per atterrare sulle nuvole.

 

C’è un artista in particolare con cui vi piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Sicuramente mi farebbe molto piacere collaborare e condividere il palco con gli Psicologi, nella scena italiana attuale li considero i più affini alla roba che sto facendo in questo momento.
Mi ricordo una sera, probabilmente al Traffic, Alessio (Lil Kvneki) fece salire me e Morb sul palco durante una serata con vari artisti della scena di Soundcloud, solamente perché ci avevamo chiacchierato mezza volta, infatti ricordo che era una presa a bene inaspettata.
Qualche mese dopo andai ad ascoltare Diploma, aspettandomi qualcosa di simile a quella serata basata su pogo e lacerazioni alle corde vocali, e rimasi sorpreso dal cambiamento.
Probabilmente sono stato condizionato da quei due ragazzi, involontariamente mi hanno spinto a sperimentare di più e a distaccarmi da quella che, agli inizi, era la mia comfort zone.

 

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Ci piace sapere che almeno nella musica riusciamo ad avere un equilibrio. Inizialmente scrivo da solo, o costringendo in un silenzio agghiacciante le persone che si trovano vicino a me in quel momento. Successivamente Trem compone e arrangia tutto e, visto da fuori, sembra alienante quanto mistico, è affascinante.
Quando arriva il momento di registrare iniziano ad intravedersi le stelline della magia, sembra di lasciare il corpo in studio mentre la testa si perde nel testo e nell’interpretazione che gli voglio dare. Durante il lavoro di editing, mix e mastering è come se tutto iniziasse a prendere vita e, per quanto si tratta dello step meno emotivo, spesso riusciamo a capire bene se la traccia ci convince o no proprio in questa fase. Nel live, in modo diverso, ci sentiamo comunque guidati da un preciso modus operandi che in altre circostanze non abbiamo, quindi la cosa che più amiamo del fare musica è senz’altro il processo.