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Tre Domande a: Cal Birbanthe

Tre Domande a: Cal Birbanthe

| Redazione

Quando e come nasce il tuo progetto?

Il progetto Cal Birbanthe nasce col mio rientro in Italia, nel 2019, dopo un’esperienza di cinque mesi a Londra. Lì lavoravo come cameriere durante la settimana e nel weekend andavo ad esibirmi in alcuni club nella zona di Brixton. Avevo esaurito gli stimoli da strumentista, che il jazz mi aveva dato per anni, e sentivo il bisogno di dire qualcosa di mio in ambito “leggero”, soprattutto dopo aver ascoltato diverse realtà indie-rock in UK. In quel periodo, infatti, avevo scritto parecchi brani e pubblicato diversi self-released. Uno in particolare è stato Spero di No, brano di stampo R&B con un testo abbastanza indie che, con grande sorpresa (non avendo né etichetta, né ufficio stampa), riuscì comunque ad attirare l’attenzione delle radio siciliane e di molti DJ locali, che lo suonarono come breakdown hit nei club commerciali. Da lì non mi sono più fermato! L’anno successivo, iniziai a stendere le basi di Storie, album che ha visto la luce il 21 Ottobre e che sto portando in giro dallo scorso Marzo, assieme ad alcuni amici musicisti, con cui in passato ho condiviso altri progetti.

 

Cosa vorresti fare arrivare a chi ti ascolta?

Semplicemente le emozioni che vivo per strada e che percepisco negli altri. Amici, conoscenti e sconosciuti. Ad esempio, nelle trame delle tracce di Storie, spesso il sesso si confronta col sentimento, così come la fiducia con il tradimento. Si possono cogliere parallelismi sentimentali che stranamente si intersecano. Nella vita quotidiana, anche l’immagine di un figlio che, in crisi con la propria ragazza, guarda la madre portare a spasso il cane da sola, rievoca scenari e riflessioni su come il più nobile dei sentimenti sia soggetto a trasformazioni continue, in ogni fase della vita. Nei brani dell’album si colgono emozioni diverse ed emergono già a partire dalle timbriche: a volte retrò e nostalgiche, altre volte contestualizzate ai suoni contemporanei. Ogni espressione artistica è per natura individuale, ma funge da specchio collettivo, ed io vorrei che venisse fuori proprio questo: che in un calderone di elementi così diversi, sound nuovi e vintage, nostalgie e rasserenamenti, incoerenze e linearità, qualcuno si possa casualmente ritrovare.

 

Qual è la cosa che più ami nel fare musica?

Sicuramente potermi sentire me stesso, libero da ogni schema o ordine. Questa è una benedizione, perché pian piano accetti sia le tue parti di luce che quelle d’ombra. Nell’album Storie ho riversato diversi tipi di emozioni e stati d’animo. Nella traccia Mal di Mare c’è la mia parte in collera, sfatta e stanca; è un brano che, come dico spesso, anziché averlo concepito, l’ho proprio vomitato. In Domani c’è la rassegnazione serena di un amore che, in quel preciso momento, è finito. Insomma, quello che amo di più è che in musica si è nudi, dalla scrittura alla performance. E questo in un modo o nell’altro, arriva al pubblico.