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Tre Domande a: Deut

Tre Domande a: Deut

| Redazione

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

C’è un intero mondo musicale che seleziono e cerco di ampliare o confinare a seconda dei periodi, che spazia dal folk popolare alla musica elettronica, dal progressive rock al metal fino ai compositori classici contemporanei. Durante la scrittura di From the Other Hemisphere ho ascoltato musicisti lontani da me come Little Simz, Anderson.Paak e Black Thought, grazie ai quali ho ragionato molto sulla ripetizione e sul sampling. Con altri musicisti ho scoperto il click and cuts, ma non credo sia nemmeno una tecnica. Ho usato i dischi di Nick Drake come tranquillante, mangiato tutta la produzione dei War On Drugs e degli Arcade Fire perché adoro la loro scrittura. Dal folk e dalla psichedelia turca nominerei i Karagunes e gli Altin Gün con cui imparo e ripasso scale orientali, la polifonia, i controcanti e i tempi sbilenchi.
Citerei Sam Fender, The Building, Hania Rani e Model Man, tutti diversi tra loro ma capaci di suggerire atmosfere rarefatte. Ho trovato la leggerezza nel city pop di Tatsuro Yamashita e ascoltato la saggezza di Francis Bebey. Ultimamente le mie orecchie si sono poggiate su Dan Mangan e sul duo Svaneborg Kardib. In linea di massima sono attratto e ispirato da tutto ciò che mi è diverso perché aiuta ad allontanarmi dal luogo interiore da cui attingo le idee e soprattutto da me stesso.

 

Progetti futuri? 

Mi piacerebbe dedicarmi ad una nuova ricerca sonora e ad un nuovo lavoro musicale, continuare campionare suoni, lavorare su cose minimali con strumenti analogici. Anche in privato, senza velleità, senza il limite della struttura canzone… ma soprattutto dal vivo e non rinchiuso in casa con le cuffie. Mi piacerebbe avere qualche compagno/a musicale per creare insieme brani strumentali anche solo per il piacere di farlo. Sarebbe bello ricevere qualche proposta di collaborazione, giusto per uscire dal tracciato e sperimentare cose nuove.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Mi piace quando mi libero dell’urgenza. Mi è capitato non di rado di scappare verso casa con tutti gli strumenti che mi suonano in testa nello stesso momento, buttare giù le parti come appunti veloci e vedere un brano nascere. Mi piace la spontaneità con la quale arrivano le idee nella testa, il tormento che può darti una melodia. Amo le sovraincisioni, gli strati, lavorare sugli errori e sul caso… campionare suoni e inserirli nell’arrangiamento, strafare e poi magari ripulire. Dare un pizzico di senso al turbinio creativo per poi poterlo esprimere. Comunicarlo agli altri è potentissimo, quando accade è come se si suonasse insieme.