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Tre Domande a: Terrøir

Tre Domande a: Terrøir

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto Terrøir ha iniziato a prendere forma durante la prima pandemia. Avevo appena finito di autoprodurmi il disco Bella Vite per il progetto Mosto, quando mi sono reso conto che ormai mi ero irrimediabilmente appassionato ai sintetizzatori, capendo più o meno come funzionavano. Così, ho iniziato ad assecondare una passione per la musica elettronica che era continuata a crescere in me in modo più o meno latente da quando da bambino avevo visto per la prima volta il video di Hey Boy Hey Girl dei Chemical Brothers. Nel frattempo però, avevo iniziato ad approfondire le tradizioni musicali del mio territorio, i Colli Tortonesi, a loro volta iscritti in un territorio più ampio chiamato delle Quattro Province: un territorio collinare e appenninico a cavallo delle province di Alessandria, Pavia, Piacenza  e Genova, dove si erano conservate, grazie ai canterini (gruppi di canto spontaneo) e ai duo piffero-fisarmonica, canzoni e tradizioni popolari nate oltre 100 anni fa. Così ho provato a unire le due cose ed è nato Terrøir.

 

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

Dal lato della musica elettronica, sicuramente il duo francese The Blaze: il loro stile fatto di crescendo e di parti di piano e voce mi ha affascinato fin dalla prima volta che l’ho sentito. Inoltre, con i loro videoclip, hanno la capacità di trasformare le loro canzoni in soundtrack per raccontare delle storie che hanno come protagonisti una parte di umanità dimenticata (dagli immigrati magrebini, ai ragazzi africani, fino alle comunità rom) che grazie ai quei video ci sembrano molto più simili a noi, anzi, decisamente fichi.
Guardando invece più all’Italia il progetto Gran Bal Dub composto da Sergio Berardo (Lou Dalfin) e Madaski (Africa Unite) mi aveva fatto capire che poteva esserci un punto di incontro tra musiche popolari, in quel caso quelle occitane, e musica elettronica, in quel caso il dub. Così ho cercato nel mio territorio e ho scoperto il duo Stefano Valla e Daniele Scurati, che aveva riportato le musiche delle Quattro Province nelle piazze e persino tra i ragazzi delle valli: sono stati e sono la mia più grande fonte di ispirazione nella riscoperta delle nostre musiche.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Mi piacerebbe fare arrivare il concetto che se scaviamo nella nostra storia e nelle nostre tradizioni non troveremo delle risposte che ci dividono (come spesso traspare dai discorsi di alcuni politici) ma anzi, scopriremo che la storia si ripete sempre, nel bene e nel male. Scopriremo ad esempio con il testo de Il Sirio che eravamo un popolo di migranti che cercava fortuna nella ‘Merica (Argentina e Brasile) e che per farlo rischiava la vita in mare. O che anche i nostri bisnonni erano capaci di innamorarsi, ballare, divertirsi emozionarsi e piangere per gli stessi motivi per cui lo facciamo oggi. Vorrei far nascere la curiosità nei ragazzi e portarli a parlare con i propri nonni, portarli a scoprire le loro origini senza vergognarsene anche se sono provinciali. O semplicemente, farli ballare sulle stesse canzoni su cui hanno ballato i nostri antenati.