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Roger Waters @ Unipol Arena

Roger Waters @ Unipol Arena

| Francesca Garattoni

Bologna, 28 Aprile 2023

 

Stamattina mi son svegliato relativamente presto, considerato che ieri sera sono rientrato da Bologna quasi alle tre. Sbrigata una rapida colazione ho sentito l’urgenza di mettere su le cuffie ed ascoltare Brain Damage e in obbligata successione Eclipse.

Avevo bisogno di tornare a qualche ora prima, agli spalti dell’Unipol Arena di Bologna, necessità di metabolizzare le quasi due ore di concerto di Roger Waters, forse semplicemente di non interrompere quel flusso, apparentemente non esplicabile in maniera universale, anzi molto personale.

Che poi è forse quella la grandezza della musica, della grande musica, dei grandi musicisti, quella di saper creare migliaia di univoci sinceri rapporti.

Soprattutto, ma non solo, umani.

In una serata come quella appena vissuta, spesso ciò mi che resta di quel turbinio di emozioni contrastanti, slanci emotivi, momenti estatici, poche pause e diffuso senso di beatitudine, almeno personalmente, si riduce a pochi frammenti, pochi istanti.

Mi capita di continuo. 

Ancora non ho capito se sia la mia psiche, il mio cervello meglio, che necessita di fare “pulizia” e fissare pochi indelebili fotogrammi a imperitura memoria. 

Forse un pò come i ricordi base, se avete visto Inside Out, il film d’animazione della Pixar di qualche anno fa.

Personalmente (e per certi versi colpevolmente per aver tardato tanto) ero al mio primo, e con ogni probabilità unico, concerto di Roger Waters. Sapevo grossomodo a cosa andavo incontro, pur essendomi tenuto in questi mesi con ogni forza lontano da video, foto, recensioni, polemiche, setlist, per arrivare quanto più vergine possibile di fronte ad uno dei miei grandi numi tutelari in campo musicale, e le attese sono state ripagate. Abbondantemente aggiungerei.

Lo show messo su dal prossimo ottantenne (!) proveniente da Great Bookham si è rivelato da subito (l’apertura affidata a Comfortably Numb ha rappresentato in tal senso una dichiarazione d’intenti chiara) abbacinante, non solo dal punto di vista visivo, e travolgente, non solo dal punto di vista musicale. 

Il palco a forma di croce al centro del palazzetto, almeno sulle prime, ti lascia una sensazione di distacco, di lontananza, specie per chi come il sottoscritto sedeva sulla tribuna opposta rispetto a quella verso la quale era rivolto Waters, ma la resa in primis sonora dell’impianto e in secundis dei giganti led wall che riprendevano la scena, permetteva di azzerare la distanza e di compattare le quindicimila (stima mia spannometrica) presenze attorno ai nove musicisti al centro della scena.

Mi pare inutilmente retorico soffermarsi sulla perizia e maestria dei vari Wilson, Kilminster, Waronker, il sax di Seamus Blake (mio personale MVP comunque della serata, un paio di assoli cla-mo-ro-si), la band funziona a meraviglia e lo show non ha pecche, sia come ritmo, che come setlist, non banale, specie nell’ordine dei brani, con un paio di momenti (ecco i famosi ricordi base di cui sopra) di immane bellezza: l’accoppiata Wish You Were Here / Shine On You Crazy Diamond, accompagnata dal racconto di Waters e Barrett ad un concerto degli Stones, e la conclusiva Brain Damage ed Eclipse, dove migliaia di ghiandole lacrimali sono state messe a dura prova.

Il finale in acustico affidato ad Outside The Wall, con la band stretta in cerchio attorno a Waters seduto al piano, quasi fossero al bancone del bar spiega il nostro durante la serata, è un finale davvero centrato, azzeccato, quasi intimo per quanto la situazione potesse permettere, spoglio, in netta – e riuscita – contrapposizione con la maestosità e ricchezza che lo precedeva. 

È più o meno tutto qui. 

Ah già, ci sarebbe l’aspetto politico del concerto, quasi preponderante dato il numero di messaggi e input e riferimenti, più o meno espliciti, lanciati dai primissimi vagiti fino al crepuscolo della serata. 

Si svaria sui più diversi fronti, dal conflitto palestinese alla questione mediorientale, dalle guerre targate Stati Uniti ai diritti delle minoranze, passando per Chelsea Manning, Assange e i più crudeli ed efferati crimini di guerra, e l’impressione che ho, conoscendo in maniera superficiale e indiretta l’impegno e l’attivismo che Waters profonde da anni, è quella di un nobile intento forse non del tutto a fuoco. Senza dubbio ciò è ovviamente dovuto alla necessità di concentrare tante “missioni” in un tempo relativamente breve. E per questo, parer mio, va bene così.

E dopotutto è lo stesso Waters ad ammonire ad inizio spettacolo, con queste parole che tradotte suonano all’incirca così: “Se vi piace la musica dei Pink Floyd ma avete da ridere con la visione politica e i messaggi di Roger, beh potete tranquillamente andarvene a fanculo al bar”.

 

Alberto Adustini