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Tag: alessandra cavicchi

The Zen Circus @ Dumbo & Arena del Mare

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• The Zen Circus •

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Dumbo, Bologna // 13 Luglio 2021

Arena del Mare, Genova // 14 Luglio 2021

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435940801{margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_column_text]Per poter parlare di questo concerto bisogna prima fare un passo indietro a due anni fa, quando la virologia ancora non era comune argomento di conversazione e i live si potevano vedere gli uni appiccicati agli altri. Quello a luglio 2019 non è stato il mio ultimo concerto dell’era pre-covid, ma è stata sicuramente l’ultima volta in cui ho messo piede in un’Arena del Mare bardata a festa, per così dire. Appena entrati dal cancello assale quindi una punta di nostalgia: si sa che non sarà quello a cui siamo abituati, però, dopo un anno e mezzo di astinenza da live, le mascherine e le sedie non sembrano un impedimento poi così grande. 

A fare gli onori di casa ci pensano i Balto, giovane band romagnola che era tanto felice di calcare un palcoscenico quanto noi spettatori di vedere finalmente della musica dal vivo. Le loro canzoni, da Preghiera della Sera a Mac Baren, sono romantiche e malinconiche, ma con delle basi piuttosto movimentate e tanta, tantissima chitarra. Già dalla loro apertura si era capito che in questo concerto il “fattore umano” sarebbe stato in qualche modo più presente del solito, perché il fatto di tornare a suonare davanti a tanta gente – cosa non affatto scontata fino a qualche mese fa – sembrava di per sé un piccolo miracolo da tenersi stretto e condividere con il pubblico. 

La stessa sensazione di umanità si percepiva anche con gli Zen Circus, che sembrava fossero davvero tornati a casa, nella loro dimensione naturale. E si vedeva che gli era mancata, questa dimensione. Era come se avessero appena incontrato quell’amico di una vita che non vedevano da tempo, quello a cui vuoi tutto il bene del mondo e che conosci così bene da non avere bisogno di cedere al sentimentalismo. Così gli Zen Circus non tradiscono la loro natura, forse un po’ cinica ma sicuramente autentica e reale. Mai avevo visto un cantante dire al pubblico “lo sapete che siamo un po’ delle merde” e mai avevo visto un pubblico così complice con la battuta da mandarsi a fanculo da soli prima di intonare Andate tutti a fanculo. 

Lo stesso rapporto scanzonato ma complice non c’è solo tra la band e il pubblico, ma anche tra i membri stessi della band: i siparietti tra Appino e Ufo ad intervallare le canzoni hanno dato un ulteriore tocco di leggerezza, come quando il cantante ha dedicato al bassista la loro Figlio di puttana. 

Ma se c’è una cosa che caratterizza perfettamente gli Zen Circus è la versatilità, che durante i live si manifesta nella velocità con cui snocciolano una dietro l’altra le canzoni più diverse, tratte sia da album storici che da altri più nuovi, primo fra tutti il loro ultimo lavoro L’Ultima Casa Accogliente. Si è passato quindi da un dal momento più divertente a quello più coinvolgente sul piano emotivo. Dall’intro con Non si va a Non Voglio Ballare, che ha reso parecchio difficile per noi pubblico non rompere le righe in cui ci avevano chiesto di stare; dopo i toni più politici di Bestia Rara si passa a L’Amore è una dittatura, eseguita in una veste nuova rispetto a quella che avevamo visto al Festival di Sanremo due anni fa. Solo voce, tastiera e fagotto, per quella che è stata l’esibizione più teatrale e forse anche più emozionante dell’intero concerto. Per quattro minuti Appino si è spogliato dei panni del cantante e ha indossato quelli dell’attore, il che gli è riuscito incredibilmente bene. 

Anche il finale è stato un binomio di versatilità, con quella poesia che è L’anima non conta seguita da Viva, richiesta a gran voce da tutto il pubblico e cantata fino alla fine.

Insomma, Appino aveva esordito dicendo che, nonostante tutto, durante il concerto niente sarebbe cambiato e hanno decisamente mantenuto la promessa.

[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]Report (Genova): Francesca Di Salvatore

Foto (Bologna): Alessandra Cavicchi

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Mecna @ Locomotiv Club

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• Mecna •

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Locomotiv Club (Bologna) // 21 Febbraio 2020

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435940801{margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]Corrado Grilli, in arte Mecna, è un rapper e cantautore italiano che negli ultimi dieci anni ha raccontato tramite i suoi testi una generazione. La sua musica è spesso definita come “romantica”, adatta ad un pubblico principalmente di ragazze, ma in realtà non è così: il pubblico del Locomotiv Club di Bologna stasera è particolarmente vario.

Una novità di questo tour rispetto ai precedenti è la presenza di una piccola band che lo accompagna durante il live, composta da Alessandro Cianci (chitarrista), Andrea Dissimile (batteria) e uno dei suoi produttori Marco Lvnar (tastiera e pc).
La scenografia è semplice ma suggestiva, con delle luci diffuse e una macchina per il fumo.

Il concerto inizia poco dopo le 22, partendo subito con Fuori dalla Città, un brano del suo ultimo album Neverland scritto in collaborazione con il produttore Sick Luke, accompagnato da giochi di luce blu e viola pazzeschi, scaldando così fin da subito il pubblico.

Nella scaletta si alternano brani nuovi e brani più vecchi: Laska, Lungomare Paranoia, Blue Karaoke e Disco Inverno. Non potevano mancare i classici come la trilogia dei trentuno (31/07, 31/08 e 31/09), brani a cui i fan sono affezionati e per cui si emozionano ogni volta che li canta.

Mecna inoltre ci rivela che il brano 71100 si riferisce alla città di Bologna, dicendo che la sente un po’ come se fosse casa sua e lo dedica a tutti noi presenti in sala.

A seguire, con Si Baciano Tutti invita tutte le coppie presenti a baciarsi e parte così il momento più romantico della serata. 

La chiusura del set principale arriva con Un Drink O Due, lui si avvicina sempre di più al bordo del palco cercando il contatto visivo ed emotivo con i fan e ripete il ritornello della canzone numerose volte.
Finita la canzone esce dal palco, ma il pubblico continua a cantare “come se, quando vuoi, se ti va, ci beviamo un drink o due…?” fino a quando non ritorna per fare gli ultimi due brani.

Il concerto si conclude con Pazzo di Te e Canzone in Lacrime e i ringraziamenti al pubblico lasciando il palco.

Corrado è sempre pazzesco nei suoi live, trasmette emozioni incredibili e uniche sempre, ci racconta storie e i suoni della sua musica ti trasportano altrove. 

E come lui stesso dice nel testo di Micidiale: “non importa quanta strada hai fatto, quanto hai sognato, in quanti ti hanno detto hai spaccato, riavvolgi e rifai da capo”.[/vc_column_text][vc_column_text]

Testo: Margherita Lambertini

Foto: Alessandra Cavicchi

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Grazie a Locomotiv Club

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Coez @ Unipol Arena

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• Coez •

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Unipol Arena (Bologna) // 16 Novembre 2019

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Sono le 21:20 di un sabato sera che sa di pioggia e malumore. Il pubblico dell’Unipol Arena attende impaziente davanti ad un telo dorato il concerto di Coez.

Il telo cade, la folla urla e Coez, occhiali scuri e giacca multicolor, apre con Mal di Gola dall’album È Sempre Bello uscito quest’anno.

Al suo fianco, Orange al basso vero e basso synth e Gaspare alla chitarra. Sopra, alla batteria Giuseppe d’Ortona, Valerio Smordoni suona la tastiera e al suo fianco il dj White Trash aka Banana. 

Gratis riporta il pubblico ad un’estate consumata in un luna park californiano e il pubblico esplode nel ritornello “Fuori c’è un sole che spacca il culo, e com’è che ogni nuvola che vedo sembra il tuo cuscino?”.

“L’ultima volta che abbiamo suonato qui eravamo forse duemila, chi è che c’era? Tantissimi, forse la maggior parte non c’erano. Speriamo di divertirvi, questo è uno dei miei pezzi preferiti” dice Coez, con la voce ancora impastata annunciando Domenica.

Il pubblico sugli spalti è ribelle agli ordini della sicurezza e canta in piedi a squarciagola “Dici di si mentre te ne vai, un po’ di te rimane qui anche se non vuoi” durante Amami o Faccio un Casino. Coez abbraccia il suo pubblico nell’intro acustica di Siamo Morti Insieme “Questo mondo lo so non ci ha voluto bene, non scordarti però anche se non ci sto, siamo morti insieme”.

La tastiera intona il riff di E Yo Mamma: “Questo è davvero un pezzo importante. Tirate fuori gli accendini, siete bellissimi!”. L’arena si illumina di migliaia di lucciole.

Il suo pezzo preferito del nuovo album, Fuori di me, è uno dei momenti pregnanti del concerto.

Durante la pausa viene proiettato un video per Open Arms: Coez spiega quanto sia importante che ognuno faccia il proprio, parlando della storia di un suo amico partito per la Libia per salvare vite umane.“Questo video vuole essere un messaggio di supporto per chi in questo momento non lascia che le cose si trascinino nel baratro e prova a fare nel proprio piccolo qualcosa di grande”.

La seconda parte riprende con Le Luci della Città, grande successo dell’artista salernitano, scritto con Orange. Sullo schermo si vede una città dall’alto, luci, aerei e speranze. 

Occhiali Scuri rappresenta la svolta underground della serata “Non ti scordare mai gli occhiali scuri, se non sai dove dormirai stanotte”. I bassi fanno tremare l’arena. Coez mescola le sue diverse anime artistiche (rap e pop) in modo impeccabile, garantendosi l’intessere di vari tipi di pubblico.

Il concerto si chiude con La Musica Non C’È e È Sempre Bello. Al primo brano, Coez deve il suo successo nel panorama mainstream italiano. “E’ grazie a questo brano se oggi molti di voi conoscono anche i miei brani più vecchi”.

Con l’accento strascicato e la voce rotta, Coez saluta la gente sulla scia di La Strada È Mia dall’album Non Erano Fiori. “Grazie Bologna ci vediamo presto”.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Giulia Illari 

Foto: Alessandra Cavicchi

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Grazie a Goigest

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