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Tag: big time

Non Credere a Nessuno

Esiste un dolore persistente, un senso di disagio che attraversa generazioni diverse, che incastra le sue radici nelle anime più fragili e l’urgenza di raccontarlo diventa musica: è qui che si collocano i Sick Tamburo e il loro nuovo album Non credere a nessuno.

Era il 2007 quando Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani hanno fondato la band, dopo l’iconica avventura dei Prozac +, continuando a raccontare la vita attraverso un eterno atteggiamento punk che li ha resi dei capisaldi del panorama alternative rock italiano. Dopo la prematura e drammatica scomparsa di Imelio, l’inconfondibile poetica di Accusani ha continuato a dare vita al progetto musicale.

Mentirei se dicessi che ho sempre conosciuto i Sick Tamburo. Certo, il loro nome e la loro fama sono nel mio radar da anni e Spotify, con il suo implacabile algoritmo, mi ha spesso proposto i brani della band. La mia conoscenza era approssimativa fino a poche settimane fa: ma non è anche questa l’essenza dell’underground? Qualcosa scorre silenziosamente sotto la superficie e poi emerge con prepotenza, fa rumore, spacca il terreno e trovi un senso a tutte le tue emozioni complicate e, a volte, insopportabili. 

Arriviamo alle note, dolenti e no. Per sempre con me è la canzone che ha anticipato l’album Non credere a nessuno e vede la partecipazione di Roberta Sammarelli dei Verdena. Il ritornello entra in testa, una dolce melodia fonde le voci di Sammarelli e Accusani, che ci raccontano la storia di una ragazza apparentemente spenta e confusa che ha perso se stessa. Il brano propone una riflessione: “Hai perso la voglia di alzarti / Si parla di libere menti”. Un periodo buio può essere una conseguenza di una mente libera dalle costrizioni della vita? La sensibilità dei testi di Accusani è un varco che ci conduce verso nuove prospettive. 

Il colore si perde, altro singolo dell’album, ci mette davanti ai cambiamenti d’umore. Ogni sensazione che proviamo è passeggera, tutto è in continua evoluzione. È semplice vivere così? Forse sì o forse no, ma a volte è anche normale lasciare scorrere la vita così com’è, come sembra suggerire il brano Piove ancora. Possiamo sentirci impotenti di fronte alle disgrazie, ma possiamo tenerci stretti, farci compagnia e cercare di non sentirci soli. Il cambiamento d’umore è un tema molto presente nell’album e ne è un altro esempio Certe volte: “Certe volte basta poco / Per far venire il sole / Certe volte basta poco / Per farlo scomparire / Certe volte basta poco / Per fare il carnevale / Certe volte basta poco / Per fare un funerale.”

Il mio unico nemico è una canzone che racconta una verità che a tratti sembra scontata, ma che ci dimentichiamo spesso, come accade per tante banalità. “Cerco sempre un nemico cerco / Per non stare solo […] Ma il mio unico nemico / L’ho capito sono io / Non mi serve più cercare / Ho una faccia a cui sputare.” Quante volte, anche ironicamente, abbiamo sentito l’espressione “fare il dramma”? Forse è il dramma che fa noi, ci plasma, ci dà un senso, crea un movimento nella nostra vita e ne diventiamo dipendenti. Qual è la linea da non superare?

Non credere a nessuno è un disco che attraversa le fasi inevitabili della vita: l’abbandono, la perdita, il bisogno di aiuto, la consapevolezza di sé e il commiato definitivo che porta dolore e lascia spazio a nuove persone pronte a confondersi nel mondo. La malinconia è contagiosa, ma ci dà una sicurezza in più: per ogni emozione che ci sembra strana e insopportabile, per ogni cambiamento d’umore, per ogni tunnel buio e apparentemente senza fine e per ogni addio che dobbiamo dire, la musica dei Sick Tamburo è un abbraccio che ci fa sentire compresi. 

Sick Tamburo
Non Credere a Nessuno
La Tempesta Dischi/Believe

Marta Massardo

Punkreas @ Alcatraz

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• Punkreas •

Alcatraz (Milano) // 01 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Chiara Pozzi
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Punkreas “Electric Déjà-Vu” (Virgin Music LAS Italia / Universal Music, 2023)

“Se tra la vita e la morte l’indifferenza è letale
di chi si fissa le scarpe perché non vuole guardare
e proprio come a un concerto quando sei pronto a saltare
capisci con uno sguardo che quella è la gente su cui puoi contare”

La vera famiglia è quella che ti scegli, persone che ti capiscono e per le quali vale la pena lottare, questo è il significato del secondo verso di Mani in Alto, primo singolo del nuovo album dei (grandissimi) Punkreas.

Storica band punk rock e ska milanese nel 2021 ha festeggiato i primi trent’anni di carriera con Funny Goes Acoustic, album impregnato del loro solito sarcasmo e irriverenza ma con un sound nettamente più acustico.

Quest’anno tornano con un lavoro back to the roots, tipicamente ska punk, sia per sonorità che per testi, dimostrando che l’età è solo un numero, la ribellione è per sempre.

La ritrovata spinta punk è palese in DAI DAI DAI (DIE DIE DIE), in collaborazione con Giancane (cantautore romano che dal 2013 calca la scena punk rock, diventato virale nel 2017 grazie al brano Ipocondria il cui video è realizzato con i disegni di ZeroCalcare, e sempre per lo stesso artista romano nel 2021 ha creato la colonna sonora per Strappare Lungo I Bordi, la rinomata serie). Il brano è un’aperta critica ska punk contro il lavoro precario dei riders, moderni Alice nel Paese delle Meraviglie, con la differenza che il loro Bianconiglio è rappresentato da clienti insensibili, automobilisti fatali e capi la cui unica priorità è il guadagno. 

Non potevano esimersi dallo sputare veleno su I Signori Della Guerra, settimo brano dell’album, in cui criticano i Potenti giocatori di questa folle e scorretta partita, raccontando come, pur di riuscire a mettere sotto scacco socio-economico l’avversario, siano disposti a sacrificare ogni insignificante pedone della propria scacchiera con la bocca piena di parole a favore della pace nel mondo.

Per combattere questo clima dominato dal disprezzo i Punkreas inneggiano alla rivoluzione citando vari personaggi storici che hanno contribuito a cambiare il mondo portando avanti le loro Battaglie Perse, fregandosene dell’opinione degli altri. Ci trasmettono il coraggio di alzare la testa, di credere nelle nostre idee, di aver fede nella scienza e nella medicina, come baluardi dell’evoluzione, scagliandosi sarcasticamente contro terrapiattisti e no vax.

Dispiegano l’armata reggae, con a capo Raphael, una delle voci reggae più importanti in Italia, in Disagio, manifesto ska punk del sentimento più confortante della nostra generazione, il disagio per l’appunto. La personalità unica dei Punkreas si fonde alla perfezione con lo stile reggae, creando un universo parallelo dove facciamo schifo, ma con stile.

Al grido di “We are unstoppable, another world is possible”, si conclude il brano Non c’è più tempo.

Era il 4 dicembre 2018, e questo slogan di una ragazzina svedese quindicenne, dall’aspetto innocente di nome Greta Thunberg, durante la conferenza COP 24 inaspriva i toni sull’inquinamento e sull’ambiente. Il messaggio che ne derivò (e le critiche) resero virale il suo intervento, risvegliando l’intera comunità internazionale su un argomento così delicato come la salvaguardia della Terra. La band affronta il problema del cambiamento climatico di una terra che sanguina.

La vita, sul globo terracqueo, è in decadenza e questo si riflette sulle nostre vite: la sofferenza e la depressione giornaliera che ne scaturisce è il caposaldo di Giorno Perfetto, nel brano ci spingono ad essere noi stessi gli artefici del nostro futuro, di non aspettare il giorno perfetto ma di crearcelo, in un difficile e doloroso processo di autoaffermazione di sé.

In Il Prossimo Show violini birichini all’irlandese e la collaborazione con Franco D’Aniello e Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Rambles trasforma il brano in un autentico inno all’uguaglianza: “Perché lo sai che non è facile esser quello che sei, quando tutto intorno è più fragile e capisci davvero quello che vuoi”.

Electric Déjà-Vu è la fedele rappresentazione dell’arretratezza sociale e culturale di questi tempi progressisti, espressa a pennello nelle parole del brano Uomo Medioevo, un’aperta critica verso l’uomo medio moderno, fortemente attaccato alle tradizioni e alla paura che sfocia in omofobia e al razzismo. 

Sei un genio del male o sei solo scemo”, urlano i Punkreas, stanchi di questo mondo becero e improntato solo all’odio verso chi è discriminato come diverso. Necessitiamo un cambiamento per combattere la ristrettezza emotiva e per non sprofondare nella “banalità del male”, questo può essere attuato solo insorgendo contro tutto ciò che consideriamo falso e scorretto.

 

Punkreas
Electric Déjà-Vu
Virgin Music LAS Italia / Universal Music

 

Marta Annesi

Tre Domande a: Valentina Polinori

Come e quando è nato questo progetto?

La musica è sempre stata parte della mia vita, ho studiato pianoforte sin da piccola da quando avevo sette anni, poi sono entrata per un anno al conservatorio di Santa Cecilia e in seguito ho abbandonato. Quando mi sono trasferita a Parigi per gli studi universitari mi sono comprata una chitarra e da lì ho iniziato a studiare delle cover da autodidatta. Mentre mi trovavo in Olanda in Erasmus ho iniziato a pensare che avrei voluto provare a scrivere dei brani miei. L’ispirazione me l’ha data una mia amica facendomi leggere una lettera che aveva scritto ad una sua ex, le parole mi sembravano così belle e musicali che ho pensato di partire da lì è così nata la prima canzone Testo Vero.
Tornata a Roma, ho iniziato ad arrangiare i brani prima con un chitarrista, Matteo Cona, e poi in band, con cui abbiamo registrato il primo disco Mobili, uscito nel 2017. Dopo questo disco ne è uscito un altro nel 2020 e con questi due dischi ho iniziato a suonare live sempre più spesso.
A Marzo di quest’anno è uscito il mio terzo disco che si intitola Le Ombre.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Scrivo in modo molto onesto, per esigenza emotiva, nelle canzoni spesso c’è quello che non riesco a dire nella vita di tutti i giorni. Spero di far arrivare queste emozioni a chi mi ascolta o comunque smuovere qualcosa. Cerco l’essenzialità sia nei testi che negli arrangiamenti, che con quest’ultimo disco sono molto minimali. Mi piace cantare con discrezione, vorrei rivendicare la potenza delle cose dette piano. 

 

Progetti futuri?

Provare a suonare in giro il più possibile e continuare a scrivere con entusiasmo nonostante il mondo della musica sia un ambiente complesso.

Tre Domande a: Daemia

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto Daemia è nato nel gennaio 2022. Tutto è iniziato con il provino di No eh? Va be’, il mio primo singolo uscito lo scorso maggio e registrato a Parigi in un piccolissimo appartamento nel XV arrondissement. Ricordo che ero alla ricerca di un producer e di un sound, avevo parecchio materiale con un’idea in testa e decisi di mandarlo a Stefano “Juno” Bruno. In pochi giorni riuscì a dare una veste al brano. Il risultato mi è piaciuto da subito. All’inizio non avevamo in mente un album, ma il materiale c’era e tutto seguiva una certa linea, aveva una certa coerenza. Così è nato Bluedo, il mio primo album. Nove brani scritti tra il gennaio 2021 e il settembre 2022, tra Benevento, Napoli, Amsterdam e Parigi.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Autenticità, originalità, emozione. Scrivo di cose che mi appartengono, quello che sento. È bello quando chi ascolta entra in sintonia e sente le stesse cose, magari prova le stesse emozioni. La scrittura è anche una forma di elevazione, permette di buttare fuori delle cose. Per me è una necessità. Mi interessa che arrivi questo: condividere il mio punto di vista. 

 

Progetti futuri?

Intendo portare Bluedo alle persone, suonare live le mie canzoni. Credo sia la dimensione più adatta al progetto. Stiamo progettando una live experience dell’album e non vedo l’ora di salire sul palco.  Spero di suonare in giro e far conoscere il progetto. In italia mi piacerebbe tanto suonare al MI AMI Festival, sarebbe una cosa bellissima. La cornice giusta per la mia musica. Ovviamente nel prossimo anno usciranno altre canzoni, c’è parecchio materiale e sto continuando a scrivere in questo periodo. 

Tre Domande a: Caterina

Come e quando è nato questo progetto?

Questo progetto nasce forse nel febbraio 2017 quando ho bussato per la prima volta alle porte della mia etichetta Fiabamusic. Ero appena uscita da un talent, avevo sempre cantato le canzoni di altri e non sapevo dove sbattere la testa. Sicuramente non pensavo che avrei mai scritto una canzone. Invece mi è stata data fiducia, quell’estate l’ho passata a scrivere e a buttare via canzoni, a cercare di capire come spiegarmi e raccontare al meglio quello che mi succedeva intorno. Nell’estate 2018 iniziano a smuoversi le acque e pubblico il mio primo singolo continuando a scrivere nel frattempo. Il 2019 inizia a dare i suoi frutti che vedrò raccolti nella primavera del 2020 con il mio primo album Caterina, che all’epoca ha tenuto un po’ di compagnia a chi era costretto a casa. Se penso a come è cominciato mi stupisco di quante cose pazzesche siano accadute in questi cinque anni… oggi mi stropiccio gli occhi perché faccio fatica a credere sia uscito il mio secondo disco In queste stanze piene.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Mi piacerebbe far sentire le persone meno sole. Scrivo di cose che sento fortemente, cose che vivo sulla mia pelle o su quella di chi mi sta vicino e spero che in queste sensazioni, emozioni, sentimenti qualcuno ci si ritrovi e possa sentirsi parte di qualcosa.

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? 

Credo che i social siano un importante mezzo di comunicazione. Ammetto che se non facessi questo lavoro probabilmente non li avrei, ma negli anni ho imparato a vederli come un potente mezzo di scambio, che accorcia le distanze e mi permette di essere vicina a chi mi segue. È capitato spesso che la mia musica venisse conosciuta tramite i social ma la cosa più bella è che poi quelle facce di persone che magari mi hanno scritto un messaggio per ringraziarmi di una canzone, o anche solo per chiedermi come sto, ecco alcuni di questi volti li ho trovati poi nei miei live, e allora lì penso che è una fortuna avere questa possibilità di scambio.

Blindur: la musica è una chiave che apre le porte

Blindur, nome d’arte di Massimo De Vita, è un cantautore, polistrumentista e produttore della scena musicale alternativa italiana. In occasione dell’uscita di Exit, il suo terzo album, ci ha raccontato il suo percorso artistico, fatto di simboli, curiosità e condivisione.

 

Ciao, piacere! Conosciamoti meglio: cosa significa fare musica per te?

“È una cosa indispensabile. Scrivo canzoni perché ne ho bisogno, è un’urgenza comunicativa ed è una mia propensione naturale. Negli anni, la musica è diventata il mio lavoro e non solo come cantautore: sono produttore, sono stato musicista per altri. Sono riuscito a far diventare quello che era uno sfogo la mia attività principale.” 

 

Quindi, possiamo dire che ti piace fare musica a 360 gradi?

“Sì!”

 

Ti faccio una domanda che mi piace sempre, per esplorare i percorsi degli artisti: in cosa si distingue Exit, l’album che sta per uscire, dai due precedenti? E in cosa è simile?

“Allora, è molto diverso per certi versi e molto simile per altri. Molto diverso perché è il disco per cui ci è voluto più tempo, mi sono serviti due anni. Per i due precedenti, invece, ci ho messo sei mesi, sono stati fatti in tempi rapidi. È diverso perché, anche se in precedenza ho fatto delle collaborazioni, i primi due album li ho fatti perlopiù da solo. Ho anche suonato gli strumenti e prodotto da solo, è stato proprio un lavoro in solitaria. Questo disco, invece, è un lavoro corale. Ovviamente, ho fatto la mia parte, ma ho avuto tantissimi collaboratori, dalla band che mi accompagna dal 2019, ai produttori. Le cose più simili riguardano l’estetica: il primo disco è molto folk, il secondo è molto rock e nel terzo disco i due generi sono in armonia, hanno trovato un equilibrio. Ci sono state anche altre influenze, come la musica elettronica.”

 

Il prossimo disco chissà come sarà!

“Sono molto curioso, non ho il timore di risultare diverso da me stesso.”

 

Mi racconti qualcosa in più a proposito delle collaborazioni che hai citato? Ho subito notato la canzone Stati di agitazione con Rodrigo D’Erasmo ed è sempre bello quando la musica è fatta insieme.

“Sì, negli anni ho collaborato con tanti artisti e sono prima di tutto amici che si prestano con gioia ed entusiasmo. È successo con il famosissimo pianista Bruno Bavota, con Adriano Viterbini, chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion e degli I Hate My Village e con JT Bates dei Big Red Machine.
Questa volta ho contatto degli amici per creare dei brani e alcuni hanno messo del loro nella musica. È il caso di La festa della Luna, dove ho deciso di accogliere la parte di testo di Monique Honeybird Mizrahi. È successo anche con Rodrigo e con Roberto Angelini, che hanno dato una armonia diversa alle mie canzoni. E poi c’è J Mascis (Dinosaur Jr, NdR) che ha suonato nella canzone Mr. Happytime e che ha totalmente rivoluzionato il brano quando sono arrivate le sue chitarre. Quando è stato in Italia, lui mi ha scelto come apertura dei suoi concerti e abbiamo passato una serie di giorni insieme, backstage, palco ed esibizioni ed è nata un’amicizia. Non ha mai collaborato con una band italiana ed è un artista che, a suo tempo, ha suonato con i Nirvana ed è una roba che…”

 

È tanta roba!

“Eh, è proprio tanta roba!”

 

Ma continuando a parlare di “cose che si fanno insieme”: uscirà anche la versione in vinile del disco, in cui è previsto un gioco da tavolo, giusto? Com’è nata l’idea? È un bel modo per incentivare l’acquisto dell’album fisico.

“Allora, io sono un collezionista di nicchia: colleziono da una vita e sono un grande ascoltatore prima ancora di essere un musicista. Mi sono accorto che, negli anni, anche per lo spazio ridotto in casa, compro sempre meno. E compro principalmente per due motivi: o perché si tratta di dischi di artisti che reputo intoccabili, o perché sono degli oggetti speciali. Quindi, sono un grande ascoltatore di streaming, ha fatto tanto bene alla musica, ma resta il fatto che dal punto di vista economico è un po’ una croce per chi produce musica. L’acquisto fisico è in crisi perché non si può pretendere che l’ascoltatore medio acquisti un oggetto che trova anche gratis, con lo stesso contenuto. 

L’idea del gioco è nata, prima di tutto, dalla fantasia e all’inizio volevamo fare un’app, poi lo abbiamo inserito nel vinile. Il disco non è solo un contenitore di musica, mi verrebbe da dire che è la sua funzione marginale. Lo apri e ci sono dadi, pedine: è a tutti gli effetti un gioco da tavolo e l’ho inventato io, è disegnato a mano in acquerello. Chi compra il vinile acquista un oggetto unico e aiuta sia il disco, sia la stimolazione della creatività.”

 

Bisogna vendere esperienze: è una regola del marketing.

“Sono perfettamente d’accordo ed è il motivo per cui ho pensato che l’ascolto non può dipendere da un disco fisico, a meno che tu non sia un audiofilo.”

 

Passiamo ai testi: il tuo stile di scrittura è raffinato, hai una passione che si nota. Io credo che anche i testi più banali e meno ricercati abbiano la loro funzione e siano importanti, non voglio togliere nulla ad altri artisti. Raccontami qualcosa sul tuo processo creativo.

“Io sono un buon lettore, la parola scritta mi piace e mi stimola e ci tengo tanto. Mi faccio prendere molto quando devo lavorare ai testi. Quando ho scritto il primo disco avevo otto anni in meno e la scrittura era una sorta di diario, era più semplice. Questo disco aveva la necessità di una scrittura più verticale, che non fosse solo una narrazione quotidiana e volevo fornire agli ascoltatori una chiave per aprire delle porte, non solo delle finestre attraverso cui guardare fuori. Ovviamente, per dare delle chiavi e creare delle porte, le parole devono essere più simboliche, più metaforiche: deve esserci la possibilità di leggerle in più modi. Io so esattamente di cosa parlano le canzoni, so a cosa si riferiscono, ma credo che il goal di una canzone sia che ognuno ci veda qualcosa della propria vita. Deve essere sul piano dell’universalità e non credo di esserci riuscito sempre, spero qualche volta. Poi ci sono citazioni da libri, citazioni da film…è molto ricca la parola.”

 

Sono d’accordo con te, in generale l’arte è così e quando realizzi una qualsiasi opera, non dovresti mai essere troppo esplicito. Ma ti sei legato alla mia ultima domanda, perché io ho trovato dei riferimenti mitologici nel tuo album: Atlantide, gli dèi, il labirinto. Sei un appassionato?

“In realtà, più che la mitologia a me interessa la simbologia. Io sono un grande appassionato di simboli, io credo che siano importanti e penso che il simbolismo sia messo in secondo piano nella cultura occidentale. I simboli ci collegano a qualcosa di molto lontano nel tempo e ci danno la possibilità di leggere il presente in maniera più essenziale e sgrossare tutto ciò che non è necessario e andare alla radice delle cose, costruire punti di vista inediti. 

La mitologia è comunque un riferimento, fa parte delle mie letture, ma la mia è una questione legata all’ancestrale. Anche nei concerti ho una visione molto liturgica, io voglio che il concerto sia quasi un rito e per renderlo tale servono i simboli. La ‘A’ in copertina del mio vecchio disco è un cerchio incompiuto, la ‘X’ di Exit ho provato a spiegarla agli artisti che hanno realizzato le grafiche come un simbolo ancestrale, qualcosa che richiamasse l’antichità. E non per un vezzo, ma io credo davvero che i simboli aprano le porte e ne sono un esempio i dadi del gioco del vinile, che sono una consegna all’aleatorio, al fato. C’è un discorso dietro legato al cercare di contrastare le manie di controllo, che sono i padri della paura, la cifra di questa epoca. Quindi, sì: io credo molto nei simboli.”

 

Io avrei finito e ti ringrazio per il tuo tempo.

“Ahah, ho parlato troppo, sono prolisso.”

 

Mi ha fatto piacere! Possiamo anche continuare. E poi anticipavi le mie domande.

“Ahah super! Io spero che ti sia piaciuto il disco. E grazie!”

 

Certo! Grazie mille a te. 

 

Marta Massardo

Tre Domande a: Giacomo Riggi

Come e quando è nato questo progetto?

Direi che dopo qualche tempo che non facevo uscire qualcosa di veramente nuovo mi è tornata la voglia di mettere insieme alcuni brani per un nuovo disco, come il semplice desiderio di tornare in studio per condividere la mia musica con amici musicisti e raccogliere quindi una serie di composizioni che mi stavano a cuore. In particolare canzoni in questo caso, dove la grande novità sta nel fatto di essermi “esposto” con canzoni in lingua italiana per la prima volta. Alcuni di questi brani, come Desperate Call, Climb Your Ladder e Delicate Speranze sono nati durante un periodo su una nave da crociera, ho voluto mettermi alla prova, cercando di scrivere un brano al giorno per 24 giorni in tutte le tonalità, da questa sfida sono nate alcune composizioni delle quali sono molto soddisfatto. Una volta tornato in Italia ho appunto deciso di raccogliere queste idee e di farne un disco.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Questa è una domanda interessante! Vorrei arrivasse la verità prima di tutto, la verità nel senso che per quanto mi riguarda so benissimo che tutto quello che scrivo è si pensato ovviamente ma è soprattutto il risultato di ciò che sono e di quello che ho dentro. Mi piacerebbe tanto quindi che si percepisse la sincerità con la quale scrivo e mi metto in gioco. Ognuno sentirà cose diverse e questo è anche il bello della musica, 11Windows è un disco fatto di tante cose diverse, questo probabilmente metterà in crisi qualcuno durante l’ascolto, e da un lato questo mi piace. Mi piace che alla fine qualcuno dica: “Ma chi è lui? Dove lo colloco?” Non mi pongo più l’obiettivo di trovare una mia identità, la mia identità sono diverse identità.

 

Progetti futuri?

I progetti futuri sono tanti in realtà, sicuramente terminare di scrivere la mia terza operetta orchestrale per ragazzi sperando di portarla in scena presto, portare in giro 11Windows per farlo conoscere a quante più persone possibili, continuare a studiare a mantenere attive le mie attuali collaborazioni musicali e prendermi cura dell’Agriturismo di famiglia, un luogo meraviglioso nelle campagne Toscane che vorrei fosse scenario di eventi ancora più di adesso.

Tre Domande a: Réclame

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Il progetto nasce dalla volontà di unire le sonorità elettroniche con quelle acustiche e di racchiudere il tutto all’interno di strutture pop. Le influenze che si mescolano sono molteplici e, soprattutto, cambiano con il passare del tempo. Sicuramente l’alternative rock contemporaneo, l’indietronica e tutti gli anni ’70 fanno parte del nostro DNA musicale. Il nostro punto di riferimento, per quanto riguarda la canzone italiana, è indubbiamente Fabrizio De André. Lo reputiamo uno dei capisaldi della canzone d’autore, non solo italiana ma mondiale. Altri autori italiani che ci hanno influenzato sono Paolo Conte, Lucio Dalla (soprattutto per questo disco) e, in generale, tutta la scuola cantautorale degli anni ’60 e ’70.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

La complessità del reale. Non crediamo che le canzoni, così come l’arte, debbano ricercare verità assolute, puntare il dito o dare giudizi tagliati con l’accetta. La canzone deve essere un confronto costante con il reale, con gli altri e con noi stessi. Soprattutto, bisogna sempre cercare di raccontare un qualcosa da più angolazioni possibili, offrendo sempre il contraddittorio, perché non c’è mai il bene da un lato e il male dall’altro e non c’è mai una soluzione semplice per questioni complesse.

 

Progetti futuri? 

La dimensione live è, sicuramente, la naturale prosecuzione del lavoro che abbiamo condotto in studio. Sicuramente, quest’estate intendiamo suonare e presentare il nuovo disco sul maggior numero possibile di palchi italiani. Il 18 Giugno proporremo, per la prima volta, il disco live a Roma presso il locale Le Mura Live Club. Le altre date saranno annunciate, a breve, su tutti i nostri profili social.