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Tag: black country new road

VEZ5_2022: Massimiliano Mattiello

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Horse Lords Comradely Objects

Entrarono già nella mia top 2020 per The Common Task che ne certificò il valore ed eccoli ancora. Il titolo del nuovo disco fa riferimento al movimento artistico del costruttivismo, il cui assunto fondamentale è che l’opera sia il frutto di una “costruzione”, l’unire insieme qualcosa a partire da una certa quantità e qualità di elementi. Le note sono concepite come delle figure geometriche, con un tiro e una genialità uniche e propongono interi multiversi sensoriali. Un sistema di composizione per pattern, che si intrecciano stagliandosi su ritmiche vorticose e incalzanti. Questo dà vita a qualcosa di estremamente coinvolgente che non lascia alcun punto di riferimento all’ascoltatore.
Un album che definirei gioia per orecchie curiose.

Traccia da non perdere: Zero Degree Machine

 

Širom The Liquified Throne of Simplicity

I tre polistrumentisti sloveni, Iztok Koren, Ana Kravanja e Samo Kutin, hanno realizzato il loro viaggio sonoro, dal suono ricco di riferimenti ma al tempo stesso inedito, dove la mescolanza di tradizioni, etnie e culture, sta al centro dell’ indagine.
Senza strutture rigide, figure ritmiche ripetute e improvvisazioni solistiche giocano di graduali crescendo, a volte sconfinando in un rito primitivo, altre in un vortice inquieto, altre ancora in momenti di intenso lirismo. Si rinnova così il viaggio nei territori sconosciuti e misteriosi di una musica che coniuga krautrock, ambien, folk balcanico e post-rock, e lo fa con attitudine psichedelica, ma al contempo suonando come qualcosa di mai udito. Strumenti come l’hurdy gurdy, la lira, il flauto, l’ocarina, il mizmar, il banjo, violini e percussioni varie creano un folklore sperimentale, alieno e ancestrale intercettando nuove forme di esoterismo. Il finale può evocare i duetti tra i musicisti di JoujoukaOrnette Coleman – Dio ha fatto che sia riuscito a vederlo live una volta, quel giovedì 23 novembre 2006 al teatro Verdi di Padova: magico, come questo disco.

Traccia da non perdere: Grazes, Wrinkles, Drifts into Sleep

 

Black Midi Hellfire

Spregiudicato e potente, l’album in studio dei Black Midi arriva ad allargare i confini della dimensione sonora del gruppo e, oltre a confermare la sua complessità, rivela nuovi impeti narrativi volti a riflettere lo stato caotico del mondo.
Un disco altresì ostico e non immediato dove tutti i tasselli sono al posto giusto, ma non per celebrare una normalizzazione lirica e armonica, quanto per svelare i segreti della destrutturazione sonora. Il disco appare come un film d’azione epico, un’apoteosi di conflittualità stilistica capace però di racchiudere in sé un potere viscerale tale da commuovere e sorreggere l’essenza delle immagini e dei personaggi protagonisti delle dieci canzoni. Spingendo l’acceleratore su una teatralità a perdifiato, i Black Midi sfruttano tutto il loro potenziale strumentale e creativo per un surreale e rocambolesco citazionismo, che mette in crisi qualsiasi tentativo di raffronto o accostamento. Un’epifania che orienta verso nuovi percorsi evolutivi.

Traccia da non perdere: Welcome to Hell

 

Black Country New Road Ants From Up There

Evitando di parlare dell’abbandono dei Black Country New Road, da parte del frontman Isaac Wood, possiamo constatare che anche questa volta la band è capace di stupire con un senso di travolgente instabilità.
La loro euforia, infatti, sembra essere a un millimetro dal collasso e i momenti corali paiono l’eco di soliloqui amletici. La difficoltà di mantenere una relazione amorosa è il filo rosso che collega quasi tutte le tracce del disco, ma questa volta il tema è affrontato senza ricorrere allo stile surreale. Il racconto è spesso metaforico e la metafora è il più delle volte collegata al cibo. Il secondo disco dei BCNR è un dedalo della subcoscienza in cui rischiamo di perderci alla ricerca delle nostre stesse emozioni.

Traccia da non perdere: Concorde 

 

Stefano Pilia Spiralis Aurea

Ecco l’Italia (suona un po’ stonato di questi tempi)!
Che Stefano Pilia percorresse traiettorie mai banali, seppur profondamente intime, incredibilmente umane e tentendi  quasi naturalmente alla composizione classica-contemporanea, era evidente a chi ne seguiva le gesta. Di questa tendenza è perfetto esempio Spiralis Aurea: un gioiello di post-minimalismo ricco di concetti e forgiato da una profonda emotività.
La concezione compositiva di Pilia si staglia con emozionante nitore e richiede all’ascoltatore la capacità di interrogarsi in qualunque momento. Un lavoro stratificato e denso che svela intimità e confronto con stati di consapevolezza che ciascuno poi declina a seconda della propria sensibilità. Passaggio dopo passaggio, il disco trasporta in un luogo sospeso, in una selva di simboli, rituali, codici, indizi, ritorni ciclici che indubbiamente aprono una nuova fase nel percorso di questo alchimista sonoro.
Trattasi di una spirale che guida verso momenti di disarmante commozione, in cui gli ingranaggi fanno brillare l’oro dei dettagli.

Traccia da non perdere: CODEXIII (+)

 

Honorable mentions 

Tom Skinner Voices of Bishara Album breve (sei brani in mezz’ora scarsa), dove però accadono episodi notevoli. Non è facile annoiarsi con Voices Of Bishara. Facile piuttosto chiedersi fin dove potrà arrivare questo “rinascimento” jazz, che jazz non è se non nelle radici.

Birds in Row Gris Klein Trattasi di un lavoro meticoloso sotto il profilo della scrittura e della costruzione, il cui risultato è una creazione intensa e violenta, feroce e complessa, a tratti addirittura disperata. Un sound variegato e al tempo stesso perfettamente riconoscibile. Non sono tanti i dischi che arrivano dritti allo stomaco fin dal primo ascolto, questo lo è.

Crippled Black Phoenix Banefyre Il viaggio emotivo di Banefyre è sicuramente d’impatto. Il loro è un dark prog con sfumature hard, gothic, folk e psych, caratterizzato da chiaroscuri continui. Ancora un lavoro eccezionale dove la componente atmosferica è estremamente importante.

Kae Tempest The Line Is A Curve Questo lo possiamo definire il primo disco in cui Kae Tempest non ha paura di metterci la faccia e la ricerca dell’identità è finalmente completata, dichiarata. È proprio la bulimia poetica dell’artista a far fluire fiumi di parole il cui intento è chiaro e netto: nessuno slogan, nessun ritornello, nessuna bandiera, nessuna ipocrisia. Solo la consapevolezza dei temi centrali: accettazione, resilienza, abbandono, avvolti da un suono dub e hip-hop semplice, elettronico e lineare, alle volte essenziale, altre romantico.

Weyes Blood And In The Darkness, Hearts Aglow Nonostante non ci sia nulla di nuovo sotto il sole per quanto riguarda il lato musicale, ciò che è notevole nelle produzioni di Weyes Blood è proprio questa sua capacità di creare atmosfere surreali, esplorando, nei testi, le proprie paure e sensi di colpa.

 

Massimiliano Mattiello

VEZ5_2022: Andrea Riscossa

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Fontaines D.C. Skinty Fia

Il disco esce ad aprile, nel 2022 sono sotto il loro palco per tre volte. Ho ufficialmente una relazione amorosa con la band di Dublino, quindi sarò partigiano.
Miglior opening track degli ultimi anni, a mani basse. Semplicemente una canzone che al minuto 2:20 diventa una promessa che viene mantenuta fino all’ultima canzone del disco.
Fatico a trovarci difetti, ed è un luogo in cui torno spesso, che, poi, è quello che cerco in un album.
I Fontaines in esilio londinese cantano la loro saudade ungulata, e suona benissimo

Traccia da non perdere: In ár gCroíthe go deo

 

Black Country New Road Ants From Up There

È un disco di una bellezza accecante, commovente e allo stesso tempo viscerale e cerebrale.
Mi auto copio-incollo: è un dialogo senza regole tra strumenti, che diventano attori di un racconto e che entrano in scena con urgenza, per mostrare un punto di vista, a costo di farlo fuori tempo.
Un Satie con la sindrome di Tourette.
Perché loro sono minimali e orchestrali. Sono emozioni a dimensione variabile. Sanno essere oscuri ed entusiasti, attraverso flussi disordinati esplodono in ubriacature di suoni, sanno essere solitari e sanno suonare “in grande”.

Traccia da non perdere: Concorde

 

Wet Leg Wet Leg

Se la vostra band nasce su una ruota panoramica durante un festival e sul palco in quel preciso istante ci sono gli IDLES, il vostro destino è segnato, almeno per le stelle. Le Wet Leg hanno macinato più concerti che ore in sala di registrazione, hanno singoli da milioni di stream e dal vivo sono proprio un bel giocattolino. Il disco è cafone, sboccato, sfrontato ed è proprio divertente.
È un disco che contiene sentenze. Sentenze sui denti. Ciò non impedisce di sorridere coi buchi.

Traccia da non perdere: Wet Dream

 

Dry Cleaning Stumpwork

Mani avanti: è sicuramente un disco inferiore al suo predecessore, ma l’asticella rimane alta, altissima. Siamo nuovamente di fronte a un flusso di coscienza musicato, in un lockdown mentale e forse ancora un po’ materiale, forse autoindotto, forse di comodo. Il tutto condito da riff mai troppo puliti, slow-core, lo-fi.
Per la recensione mi sono costati un viaggio verso le montagne di casa, perché è macinando chilometri in loro compagnia che sono arrivato alla messa a fuoco di questo lavoro. 

Traccia da non perdere: Gary Ashby

 

Porridge Radio Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky

Mea culpa, il disco che avrei voluto recensire e che mi sono perso. Almeno all’inizio. Perché le Porridge Radio sono entrate di prepotenza negli ascolti seriali estivi. E poi mi sono perso nella voce di Dana Margolin che enuncia tremando, ti sbatte in faccia piccole verità senza guardarti negli occhi. Una tazza di tè tra un attacco di panico e una sbronza. Trema tutto, è tutto instabile, ma è pieno di colori.
Sottotitolo: tastiere per chitarre, forse non un piccolo capolavoro come l’album precedente, ma sicuramente sono le mie guilty pleasure del 2022.

Traccia da non perdere: Back to the Radio

 

Honorable mentions 

Kae Tempest The Line Is a Curve  – Lei è un gradino sopra tutti. Ma anche di lato, quindi categoria a parte, meritevole di podi che al posto dei numeri abbiano spiegazioni un po’ più articolate. 

Yard Act The Overload  – Fuori top 5 perché mi risultano sempre troppo paraculi. Sarà questione di pelle, sarà un tasso di innovazione non comparabile con i soci di oltremanica già citati, o sarà perché sono troppo bravi anche loro. Però ricordiamoli, che valgono.

DEHD Blue Skies – Visti su un live di KEXP (cheiddioliabbiaingloria), è stato amore alla prima nota. Nulla di che, gli voglio bene. Canzone (Bad Love) sempre in playlist, da luglio in avanti. 

 

Andrea Riscossa

VEZ5_2022: Alberto Adustini

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Black Country New Road Ants From Up There

Dall’esordio, altrettanto clamoroso, più orientato verso il post rock, la band inglese rimescola tutto e ci consegna uno dei dischi più emotivamente coinvolgenti e musicalmente interessanti dell’anno. La dipartita (speriamo temporanea) del cantante e chitarrista Isaac Wood rende Ants From Up There un lascito di valore ancora maggiore se possibile.

Traccia da non perdere: Snow Globes

 

Kae Tempest The Line Is A Curve

Un disco di spoken word che raggiunge livelli di intimità e poesia abbacinanti, nel quale attualità e introspezione convivono in maniera quasi magica. Un lavoro che mostra un’assoluta urgenza di raccontare e raccontarsi. 

Traccia da non perdere: Grace

 

Birds in Row Gris Klein

Terzetto francese, i cui componenti (B., J. e Q.) con questo Gris Klein ci regalano uno dei migliori dischi post hardcore da molti anni a questa parte. Violentissimo e super raccomandato.

Traccia da non perdere: Trompe l’Oeil

 

Vieri Cervelli Montel I

Una folgorazione autentica questo I, un disco che avanza per sottrazioni, per sussurri e bisbigli, tra racconti autobiografici e ricordi per un cantautorato poetico e minimale.

Traccia da non perdere: Primo

 

Cassels A Gut Feeling

Due fratelli inglesi, chitarra e batteria, la ferocia del post hardcore, le ritmiche sghembe del math rock, un disco pieno di idee, creatività e sana cagnara.

Traccia da non perdere: Mr. Henderson Coughs 

 

Honorable mentions 

Pinegrove 11:11 – Ritornati alla grandissima e Orange è la canzone più bella del 2022 e you can’t change my mind mi dispiace.

Mario Pigozzo Favero Mi commuovo, se vuoi – Si mette in proprio una delle figure fondamentali dell’indie italiano con una gemma cantautorale che cresce esponenzialmente con gli ascolti.

Micah P. Hinson I Lie To You – Il cantautore americano piazza il colpo di coda di questo 2022. Un disco intenso ed implacabile, bellissimo. Bentornato Micah.

 

Alberto Adustini

TOdays Festival 2022

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 Torino // 26-28 Agosto 2022

 

[/vc_column_text][vc_empty_space][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Ci sono momenti in cui Torino sa essere un luogo affascinante e sembra essere qualcosa di diverso dallo stereotipo di città post-industriale, senza identità, perennemente a un bivio.
Ci sono momenti in cui sembra decisa, sicura e accogliente, come se da sempre sapesse mettere la musica al centro di un progetto e far sì che tutto il resto funzioni per osmosi. 
Il TOdays Festival è giunto alla settima edizione, e punta diritto verso una maturità anticipata ma meritatissima. Il progetto è organizzato dalla Città di Torino, ed è un punto fondamentale, perché slega l’organizzazione dalle dinamiche tipiche di un festival: grandi nomi, grande venue, massimizzare il profitto. Nel corso degli anni si è lavorato per creare un’immagine di qualità, più che di quantità, e, come accade nelle favole moderne, l’investimento viene ripagato. Le lineup dei tre giorni hanno attirato pubblico da tutta Italia e dall’estero, tanto che ho sentito francesi parlare napoletano (il contrario sarebbe stato banale, suvvia), e ho conosciuto chi da Londra è giunto in città inseguendo qualche amatissima band (e chi se non per i Black Country New Road?).

I TOdays non sono solo musica. Ci sono state una quarantina di attività in cartellone, oltre alla proposta serale di musica presso lo sPAZIO211, presso l’ex fabbrica INCET. Entrambi i luoghi si trovano nella periferia di Torino, segno dell’attenzione riposta nella scelta di dove collocare, fisicamente, un momento così importante di apertura al mondo.
E apertura, movimento, fluidità, sono state parole chiave della tre giorni.

Breve pagella non richiesta prima del racconto delle serate:
Voto dieci all’atmosfera: tutti rilassati e con voglia di divertirsi, l’ultima sera di concerti si è chiusa con i Primal Scream sul palco e gli Arab Strap tra il pubblico a bere birrette. Accadde a Torino.
Voto nove alle lineup. Sono state sicuramente un richiamo per molti, considerando le undici esclusive nazionali. Insomma, o ai TOdays o aereo.
Voto otto al meteo, che regala in tre giorni l’esperienza della stagione secca e dei monsoni, che produce coreografie gratuite ai Molchat Doma, e che fa ballare sotto la pioggia.
Voto sette per i suoni, i volumi, e insomma, si è sentito bene e tutto, anche l’ottavino.
Voto sei per il cibo. Ma era tutto così rilassato che anche i token non mi sono sembrati token. Almeno non fino a lunedì mattina, quando sono usciti dalle tasche, maledetti.
Voto cinque, ed unica insufficienza, per i Primal Scream, ma andiamo con ordine…

…continua a leggere aprendo le pagine delle singole giornate!

Andrea Riscossa

Foto di Roberto Mazza Antonov (day 1+2) e Ilenia Arangiaro (day 3)[/vc_column_text][vc_empty_space][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435921124{margin-top: 20px !important;margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_column_text]

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• Day 1 •

26 Agosto 2022

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• Day 2 •

27 Agosto 2022

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• Day 3 •

28 Agosto 2022

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a TOdays Festival[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

TOdays Festival 2022 • Day 1

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sPAZIO211 (Torino) // 26 Agosto 2022

 

TASH SULTANA

BLACK COUNTRY, NEW ROAD

HURRAY FOR THE RIFF RAFF

ELI SMART

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Il compito di rompere il ghiaccio e dare inizio alla festa spetta a Eli Smart, giovane cantautore di origine hawaiana, trapiantato in quel di Liverpool e seguito dalla stessa etichetta di Arlo Parks. Il mix piuttosto ardito produce quello che lo stesso artista definisce “Aloha Soul”.
Sul palco c’è una band di ragazzi capaci e che si divertono, con un sound sicuramente figlio di contaminazioni lontane, ma che alla fine, al netto di tutto, fa semplicemente ballare il pubblico sotto palco con una proposta fresca, di facile ascolto e piacevole. Insomma, uno spritz per iniziare va più che bene.
Da registrare il fatto che il bassista sembri il figlio segreto di Jack Black, cosa che, inevitabilmente, lo fa diventare subito un idolo assoluto.
Si metta agli atti anche il fatto che l’intera band, finito lo show, è scesa tra il pubblico e ha partecipato e ballato fino all’ultima canzone dell’ultimo gruppo. 

Con Hurray For the Riff Raff si cambia registro. La seconda band della prima serata alza l’asticella, ma era previsto. Alynda Segarra sembra una giovane Patti Smith, per presenza e padronanza dei testi. Le sue radici portoricane e newyorchesi si fondono in un mix che spazia dal folk al (quasi) raggaeton. Sugli scudi il bassista che suona con un dito il basso, con la mano destra le tastiere e si diletta nei cori, il tutto contemporaneamente. Sfatato pubblicamente il dramma del multitasking maschile.
Son stati una piacevole sorpresa, soprattutto dopo averli visti dal vivo. 

Ora, sappiate voi che leggete che il sottoscritto era sottopalco soprattutto per il terzo nome in cartellone, i Black Country, New Road, orfani di Isaac Wood.
La setlist del collettivo è composta da brani mai registrati e nulla, quindi, proviene dai due dischi precedenti, For the First Time e Ants From Up There.
I nostri però non deludono. In riga, spalmati sul palco come improbabili personaggi di una inquadratura di un film di Wes Anderson, danno vita a quanto di più vicino a un klezmer jazzato minimalista post-qualcosa. Per quanto questa definizione abbia senso. Si susseguono dialoghi senza regole tra strumenti, che diventano attori di un racconto e che entrano in scena con urgenza, per mostrare un punto di vista, a costo di farlo fuori tempo. Un Satie con la sindrome di Tourette.

A chiudere segue Tash Sultana, il live più atteso dal pubblico della serata, quello anagraficamente più giovane dell’intero festival. Del resto la giovane polistrumentista australiana ha una storia tutta social, talento e streaming a grandine. Nasce come artista di strada, nel 2016 pubblica su youtube il singolo Jungle. In cinque giorni arriva al milione di visualizzazioni (ora ne conta 149 milioni, è ancora online). Nel 2016 crea la sua etichetta indipendente Lonely Lands Records e pubblica il primo EP, Notion. Seguono tour, fama mondiale, due dischi.
Sul palco di Torino Tash suona tutto quello che le passa vicino. Dalla chitarra al flauto, dalle percussioni al sax. Si auto-campiona con la loop station, crea e costruisce il pezzo davanti al pubblico, poi improvvisa. La prima parte dello show è una dimostrazione muscolare di talento. Non c’è autotune, sono brandelli di bravura analogica che passano per la loop station e che riverberano e amplificano, diventano subacquei, perdendosi in lunghissimi assoli.
È padrona del palco, nonostante la giovane età e le dimensioni ridotte. Un piccolo punto di fuga lassù, sul palco, in perenne movimento e urgenza creativa.

Finita la prima serata, abbiamo orecchie sazie e gambe molli.
In tasca tre token.
Scarpe distrutte e polvere nei denti.
Benissimo.

 

Andrea Riscossa

foto di Roberto Mazza Antonov

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Black Country, New Road “Ants From Up There” (Ninja Tune, 2022)

Quand’ero piccolo mi perdevo ad osservare i raggi di luce filtrati dalle imposte. La polvere in sospensione che fluttuava davanti al mio naso erano mondi microscopici e fantastici, alcuni pieni di creature incredibili, altri erano universi paralleli, dove il tempo e lo spazio non avevano più regole.
È la prima immagine, il primo ricordo che il secondo album dei Black Country, New Road, Ants From Up There, mi ha evocato.
Perché loro sono sopra ad uno di quei granelli, prodotti da una incontrollata esplosione di fantasia fanciullesca. 

Sono in sette. Isaac Wood, voce e chitarra, Tyler Hide al basso (figlia del cantante degli Underworld), al sax Lewis Evans, Georgia Ellery al violino, chitarra per Luke Mark, May Hershaw al pianoforte e alla batteria Charlie Wayne. Vanno citati tutti perché sono sette personaggi, sette voci, sette punti di vista. Si definiscono collettivo e per una volta la parola rappresenta perfettamente il prodotto finale. 

Cresciuti e coccolati nel salotto culturale del Windmill Pub di Brixton, dopo il successo del loro primo disco, For The First Time, uscito esattamente un anno fa, hanno deciso di rinchiudersi in studio sull’Isola di Wright, con due angeli custodi: Sergio Maschetzko e David Granshaw a curare il suono e la produzione. Una storia di isolani che si isolano su un’isola più piccola per fare gruppo, concentrarsi sul lavoro e lasciare il mondo fuori.
Il collettivo trova la ricetta giusta e il giusto metodo di lavoro. Il prodotto finale è un qualcosa di nuovo, soprattutto qualcosa di diverso rispetto ai prodotti post-punk che provengono dalla scena britannica.

Sopra quel granello di polvere color oro, sospeso nella luce, si sente un gran bel caos.
È un klezmer jazzato minimalista post-qualcosa.
Un dialogo senza regole tra strumenti, che diventano attori di un racconto e che entrano in scena con urgenza, per mostrare un punto di vista, a costo di farlo fuori tempo.
Un Satie con la sindrome di Tourette.
Perché loro sono minimali e orchestrali. Sono emozioni a dimensione variabile. Sanno essere oscuri ed entusiasti, attraverso flussi disordinati esplodono in ubriacature di suoni, sanno essere solitari e sanno suonare “in grande”. È una stratificazione di livelli sonori e narrativi, che porta l’ascoltatore a cercare gli strumenti nella coralità, a individuare le frasi, i punti di vista, le dissonanze, le ripetizioni. È come un patchwork sonoro, con parti più assonanti, altre prodotte da antitesi.

Sono impressionisti e futuristi, sono in grado di evocare il minimalismo di Steve Reich e gli Arcade Fire in pochi minuti. C’è qualcosa degli Slint, ma anche di Michael Nyman. C’è un delizioso fil rouge che scorre sotterraneo lungo le canzoni dell’album: il tema introdotto nell’Intro viene ripreso in diversi momenti, a volte da singoli strumenti in diverse tracce, come un richiamo, una mappa.

Anche perché la strada la perdiamo già al secondo pezzo, Chaos Space Marine, una sorta di gioco musicale, di scherzo, realizzato però con cura e presentato come una sorta di overture di tempi passati. Si scivola poi nell’intimismo e nel crescendo di Concorde, per passare al flusso di coscienza di Bread Song, canzone di oltre sei minuti che a metà esatta si trasforma, trova una forma e la pace. L’album ci porta attraverso climax, sorprese, ballate, struggenti assoli di sax fino ai due pezzi finali, due perle in coda a Ants From Up There: Snow Globes, canzone da nove minuti in cui la batteria di Wayne dopo poco dissente, si imbizzarrisce e scalpita. Un lavoro a togliere, come il marmo, come il tempo. Chiudono con dodici minuti abbondanti di Basketball Shoes, una sorta di epica avventura finale.

Ho altre immagini evocate da questo lavoro straordinario dei BCNR, e sono tutte le legate a un film, The Secret Life of Walter Mitty, che è una celebrazione dell’incredibile meraviglia nascosta nell’ordinario, nella quotidianità. C’è un eroe in tutti, c’è l’avventura in ogni pensiero, c’è lo straordinario a due isolati di distanza, anche solo nei pensieri e nell’immaginazione. Questo album, come il film di Ben Stiller, è una iperbolica avventura che parte dal quotidiano e non ci pone un confine definito. 

Poi titoli di coda e il sipario. 

E rimane un occhio un po’ lucido, un sorriso ebete sul viso e un granello di polvere sul naso. 

 

Black Country, New Road

Ants From Up There

Ninja Tune

 

Andrea Riscossa

VEZ5_2021: Marta Musincanta

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Anche in questa fine 2021 gli amici di VEZ tastano dj e appassionati di musica sulle produzioni preferite dell’anno. Tastano anche me, ma mi tasto anch’io, dunque.
Ecco le uscite più rilevanti dal mio personalissimo punto di vista, ascoltate anche in puntante radio “Musincanta” e con i podcast qui
Il mio vezzo è quello di comprenderne anche i testi, quando possibile. Senza questo passaggio, è come assistere ad un film con scene meravigliose ma l’audio dei dialoghi a zero.

 

Arab Strap As Days Get Dark

Dopo 15 anni il lato lascivo degli Arab Strap è sempre presente e sempre attrae. Sono diventati più “maturi” in età e quindi tendenti al torbido.
Il dark dovrebbe prendere esempio.

“Non me ne frega un cazzo del passato, i nostri giorni di gloria passati
Tutto ciò che mi interessa in questo momento è quel piccolo neo nella tua coscia”

Traccia da non perdere: The Turning of Our Bones

 

Black Country, New Road For the First Time

I Black Country, New Road con un album di debutto concentrano lo scibile della musica di sperimentazione, post-punk, noise e poetica. Geni si nasce o si diventa, se l’arte musicale, come in questo caso, è nel DNA.

“Sto tremando da allora
Mi hai detto che nessun amore sarebbe vissuto in questa casa
Sto facendo del mio meglio per rimanere a galla”

Traccia da non perdere: Track X

 

Andrea Chimenti Il Deserto La Notte Il Mare

Andrea Chimenti è gioiello della musica d’autore italiana, raro esempio di arte, valore e semplicità. Il Deserto La Notte Il Mare è una opera d’arte. Questi ultimi mesi musicali 2021 sono diventati “beatissimi” grazie a lui.

“Beato questo mio viaggio che sono in viaggio ancora
Beatissima partenza che del ritorno è il sogno
Beatissima rinuncia di chi possiede il mondo”

Traccia da non perdere: Beatissimo

 

IDLES CRAWLER

I nostri tesssori!!! Prolifici con cadenza annuale, l’album CRAWLER si presenta con sonorità e stili multi-faccia esattamente come i componenti della band. #adottaunidle ha portato bene.

“Voglio attraversare la notte come un bagliore d’angelo
Sono un laccio lungo tre metri
Che taglia il cielo senza cura, senza cura, senza cura.”

Traccia da non perdere: When the Lights Come On

 

Squid Bright Green Field

È scientificamente dimostrabile come il virus artistico abbia attaccato bene in Gran Bretagna. Dall’anonimato emergono band come gli Squid che miscelano l’art rock con il post-punk. Le esagerazioni sonor-cerebrali è quanto apprezzo di più. 

“Perdere il mio flusso e i miei ricordi sono così innaturali
Sono il narratore di me stesso
Orme cancellate, farò la mia parte”

Traccia da non perdere: Narrator

 

Marta Musincanta

 

Marta Ileana Tomasicchio, parallelamente alla sua professione, per passione si è sempre impegnata su più fronti per promuovere e divulgare cultura musicale nell’ambito del rock e musica d’autore sul territorio riminese. ‘Smiting Festival’ è il festival nazionale della cultura non convenzionale da lei curato. Ideatrice della rassegna musicale ‘JustFor1Day’, è anche tra gli organizzatori del ‘Cold Fest’. Tra le produzioni, autrice anche dei due spettacoli teatrali “Ballate di amore e follia: viaggio tra le Murder Ballads di Nick Cave” e “A Kid A -il cambiamento nella visione dei Radiohead”. Conduce la trasmissione radiofonica “Musincanta” in onda su Radio Icaro a Rimini 92 FM e su Radio Talpa di Cattolica. È stata la prima dj selector al femminile nei rock club in Romagna tra il Santa Monica Boulevard, Kantiere, Caffescuro e Velvet. L’impegno è alimentato dalla volontà di far conoscere e divulgare Musica estranea alle logiche commerciali.

VEZ5_2021: Alberto Adustini

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Springtime Springtime

Il mio disco del 2021 è uscito quasi sul suono della sirena. Un terzetto d’assi che ha sfornato una piccola gemma che spazia dal cantautorato all’improvvisazione, con tinte darkeggianti e infinite pennellate di genio.

Traccia da non perdere: Will to Power

 

Julien Baker Little Oblivions

Dare un seguito a quella meraviglia chiamata Turn Out The Lights non era affatto semplice, ma Julien Baker ha la stoffa delle grandissime. Provare per credere questo nuovo Little Oblivions.

Traccia da non perdere: Song in E

 

Black Country, New Road For the First Time

Ok potrebbero ricordare Spiderland, e allora? Che c’è di male nel prendere ispirazione dal miglior disco della storia del rock?

Traccia da non perdere: Opus

 

Godspeed You! Black Emperor G_d’s Pee AT STATE’S END!

Impossibile trovare un disco brutto nella discografia della band canadese, ma qui torniamo ai livelli di eccellenza che forse mancavano dai tempi di Lift.

Traccia da non perdere: First of the Last Glaciers

 

Dry Cleaning New Long Leg

La mia quota post punk per quest’anno è tutta loro. Disco spettacolare.

Traccia da non perdere: Unsmart Lady

 

Honorable mentions 

Little Simz Sometimes I Might Be Introvert – Infatuato della signorina Simbiatu Abisola Abiola Ajikawo da quando rimasi folgorato da una sua versione di Venom, a sto giro alza vertiginosamente l’asticella. Disco monumentale.

Iosonouncane IRA – Pochi dischi suonano così, mi spiace dirlo. In cuffia Ira è un’esperienza sensazionale.

 

Alberto Adustini