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Tag: bpm concerti

Shiva @ Estragon Club

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Shiva

Estragon Club (Bologna) // 18 Marzo 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Devo dire che mi mancava davvero Bologna, in special modo l’Estragon. Avrebbe suonato Shiva, e non sapevo proprio cosa aspettarmi dal concerto di un rapper tanto versatile quanto fedele a sé stesso, sia nei contenuti che nella musicalità, quindi mi sono approcciato al live con la curiosità di un bambino che entra in un negozio di giocattoli.

L’ambiente faceva sia biglietto da visita per Shiva, con una porta e delle fiamme rosse come scenografia sul palco, che come fotografia dell’adolescenza moderna: Nike tn squalo ai piedi, tute, skinny jeans e giubbotti lucidi per i ragazzi, le ragazze vestite con pantaloni larghi ma top aderenti, vestiti stretti. Quasi tutti con lo sguardo cattivo e un po’ perso. Non potevano mancare i “bally”, gergo per indicare il passamontagna, accessorio principale dell’abbigliamento trap/drill. La scenografia è tutta tendente al rosso, colore che rappresenta l’artista. Credo fermamente che il mondo dei ragazzi oggi sia velato, quasi invisibile e intangibile per chi non ci sta dentro. È estremamente facile perdersi in pregiudizi vari. Dove tanti vedono ragazzi che provano a tutti i costi a fare i duri, io ci vedo giovani che hanno trovato un mondo che gli appartiene, composto soprattutto di insicurezza e amore mascherato dalla criminalità, e la svolta romantica di Shiva dell’ultimo periodo ne è un esempio. Ridono, è il loro mondo, è il loro ambiente. alcuni ballano, altri fumano a sgamo un paio di Heets, altri si sistemano la bandana (rigorosamente rossa). Poi ci sono le coppie che si concedono qualche momento intimo, incerti nel toccarsi, nel baciarsi, con mani e labbra che respirano di prime esperienze. 

Shiva entra proprio dalla porta in mezzo al palco al grido di “BU BU MILANO”. Il pubblico esplode. Veste felpa college e jeans skinny vita bassa. Le scenografie sono di alto livello, fra costose Ferrari e bicchieri pieni di purple drank. Shiva posa, rappa, non si muove molto ma tiene bene la strumentale e riesce a far cantare bene il pubblico, che è completamente impazzito per il rapper. Non canta il ritornello di Aston Martin, ma è mixata talmente bene che il pubblico impazzisce e saltano tutti a tempo. “Questo è il mio primo tour. Da ragazzino prendevo mille autobus, facevo mille giri, so che cosa si prova a non avere niente”. Durante il live stringe mani ai ragazzi, esclamando “Questa è la mia fottuta gente”. Riesce a performare l’intro di Soldi Puliti facendo fare un cerchio al pubblico che, senza esitare, inizia a saltare appena parte la parte strumentale. 

A livello tecnico non è stato il miglior live di sempre, fra la voce mixata male e l’artista che, ogni tanto, prendeva fiato durante l’esecuzione di un brano. Tutto sommato, però, il suo pubblico si è divertito, ha apprezzato l’artista che ama, capace di farli immergere nell’immaginario drill come nessun altro. Forse stanotte, davvero, “Bologna è dipinta di rosso”.

 

Riccardo Rinaldini

Foto di Luca Ortolani

 

Scaletta

Non è Easy
Cup
Aston Martin
Rollie AP
Niente Da Perdere
Cicatrici
Un altro Show
Purosangue
Gelosa
Soldi in Nero
Soldi Puliti
Regina del Block
Pensando a Lei
Take 4
Star
Fendi Belt
Tuta Black
La Mia Storia
Mon Fre
Alleluia
Bossoli
Non Lo Sai

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”28056″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”28059″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”28061″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”28054″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”28052″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”28053″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”28058″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”28057″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”28055″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”28051″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”28060″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a BPM Concerti e Help Media PR
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Eagle Eye Cherry @ Santeria Toscana 31

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• Eagle Eye Cherry •

Santeria Toscana 31 (Milano) // 21 Febbraio 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Alessio Angrisano

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27761″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27757″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27755″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27758″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27753″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27760″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27756″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27754″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27759″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row]

Alborosie & Shengen Clan @ Hiroshima Mon Amour

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• Alborosie & Shengen Clan •

Estragon Club (Bologna) // 10 Dicembre 2022

Hiroshima Mon Amour (Torino) // 11 Dicembre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Non avevo idea dell’aspetto dell’ascoltatore medio di Alborosie o di che atmosfera si sarebbe creata per un concerto reggae, con chi avrei incrociato lo sguardo, come mi sarei trovato ieri sera entrando all’Estragon Club di Bologna. Appena varcata la soglia già suonavano dalle casse Bob Marley, Peter Tosh, qualcosa di registrato dello stesso Alborosie e, appena ho visto che la gente già si permetteva un piccolo balletto o scuoteva la testa sopra quelle fantastiche strumentali reggae e dancehall, mi sono sentito a casa. Non potrei descrivere meglio l’atmosfera se non con la parola mellow, che in inglese significa, in linea di massima, qualcosa di caldo, suadente, tranquillo. Ecco, sarà stata la gente incredibilmente calma, le luci che illuminavano con i tipici verde, giallo e rosso della bandiera rasta o la musica reggae che, piaccia o meno, regala sempre calma e serenità, ma l’ambiente era esattamente così: confortevole, accogliente, calmo. 

La band e il cantante hanno iniziato senza presentazione, qualcuno sventolava una bandiera della Giamaica. Il gruppo, composto da due chitarristi, un bassista, batterista e due voci di supporto, presenta un’ottima capacità tecnica e riesce ad incanalare tutta la spiritualità della musica reggae attraverso le note emesse dagli strumenti. Alborosie, sul palco, rappresenta l’essenza di un vero rastaman: si muove, salta, fa ballare i lunghi dreadlocks assieme a lui. Purtroppo il pubblico era un po’ spento, in pochi cantavano o rispondevano all’artista, ma sono stato piacevolmente colpito nel notare come nessuno riuscisse a rimanere fermo: la maggior parte delle persone stava ballando o si scuoteva a ritmo del basso e della batteria. Non sono mancate sorprese o piccole chicche, come qualche assolo del bassista e l’entrata sul palco del giovane rapper Laioung, che ha cantanto anche il ritornello della sua canzone Giovane Giovane. Alborosie durante il concerto non ha parlato molto, poiché, per sua stessa ammissione, preferisce lasciar parlare le canzoni, ma durante un piccolo stacco fra una canzone e l’altra ha preso qualche minuto per dire che abbiamo bisogno, oggi più che mai, di musica reggae informativa, politica e positiva. A suo dire siamo schiacciati dalla situazione politica e sociale a tal punto da diventare dei filtri. Notevole anche un secondo piccolo discorso dove elogia le donne, definendole più importanti in quanto punto cardine della società e figura più emotivamente forte e tollerante.

Finito il concerto avevo voglia di fare un salto a Kingston Town, perché è questo che lasciano Alborosie e la sua band quando suonano: il profumo di Giamaica, il profumo di libertà e amore che lascia sulla pelle la cultura rasta.

Riccardo Rinaldini (Bologna)

 

Foto di Diego Bianchi (Torino)[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27295″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27303″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27302″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27301″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27300″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27294″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27297″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27299″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27293″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27298″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27304″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a BPM Concerti e Astarte Agency
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Eagle-Eye Cherry: Back on Track, finally back on a stage

Leggi questo articolo in Italiano qui

To celebrate 25 years of career, the Swedish songwriter Eagle-Eye Cherry returns with a new album, Back on Track, and a new World tour that will also stop in Italy next February. We had the chance to interview him to know a little bit more about the new songs, how he lived the forced stop given by the pandemic and on the legacy of having written Save Tonight.

 

Welcome on VEZ Magazine and thank you for your time.
Lets start talking about your album Back on Track: do you think its possible to find a link (it could be either a word or a feeling) among the tracks of the record?

“When I was working on the album I started revisiting the music I listened to when I was a teenager. Stuff like The Ramones, The Clash and Talking Heads and I think it found it’s way into the music. Not so much the sonically but the feeling I had when I was young and listening to their music… it got me inspired and energised.”

 

When did you start writing the new songs? Before or after the pandemic hit us all?

“I had started writing new songs prior to the pandemic. I wanted to capture the energy of our live shows in the recording so we went straight in into the studio right after finishing my Streets of You tour. We recorded eight songs planning to return and finish the rest album but then Covid came and put everything at full stop.”

 

After almost a career 25 years long, six albums and dozens of songs, has your creative process changed or your approach remained constant over time? And how do your new songs usually come to life? Over the guitar or in some other way?

“When I made my first album I wasn’t sure of who I was musically. So Desireless was the journey where I found out who I am. By the end of the album I knew exactly what I’m about musically. The difference between then and now is that today I don’t question during the writing of a song because I’m totally at home with my sound. Mainly drums, bass, guitar, keyboards and my voice.
Usually songs are written with an acoustic guitar. Either on my own or together with other songwriters.”

 

To compose, to kick-off a new album, in particular Back on Track is it something you feel you have to do, as to satisfy a creative need, or is it a more natural process, for which you don’t necessarily need to feel an urgency?

“There isn’t really a beginning middle or end. Songs are being written throughout so that the next album is up and running when the touring and promotion ends. Although after my third album I did take a long break from the business and thought maybe I wouldn’t continue as an artist. But eventually I missed touring too much and couldn’t stay away… I had to get Back on Track.”

 

Once the songs are recorded, do you like to be involved in the mixing and post production phases?

“Yes, I like to be involved and make sure the album sounds the way I want it. It’s got my name on it so I have to be 100% satisfied.”

 

Following up on this, how different is the current musician Eagle-Eye compared to the one from 1997?

“I’m a little older. I’ve been around the block a few times and don’t feel restless like I did in 1997. Now I know to focus on what is important. I love playing live gigs and that is my reward for all the hard work… writing, recording and promotion. I’m also a father now and that outshines everything else in life.”

 

During your upcoming World tour, who will be with you on stage? Who will take part to your band? What type of show will it be and what should the crowd expect?

“Yes, I’m very excited to get back on the road. It was very hard during the pandemic to not be able to go on tour. I love to travel and be on the move so to not be able to even leave your apartment had me climbing the walls.
So to finally get out in the world, to meet the fans and share the music will be fantastic. I’ll be bringing the band I’ve been working with a few years now. We are a tight unit after having played so many gigs together. We’ll be playing a lot of the songs from the new album. A lot of the new songs are written because I was missing these kind of tunes in our show. Big energy! And of course we’ll be playing several of my songs from earlier albums also.”

 

In the end, a question that might sound a bit weird but I’m going to dare… during your career you wrote a ton of beautiful songs, there are real gems in each and every one of your albums as undeniable proof of your value as a songwriter, so here’s the question: have you ever thought or wished you never wrote Save Tonight, a hit that remarks an age, that surely gave you visibility, success and so much more, but that also ends up to outshine everything else you have done? 

“It’s a good question. I often say that if having a massive hit like Save Tonight is a problem then that is a good problem to have. Save Tonight has taken me around the world and given me everything I dreamed since I was a kid. So, no I don’t wish I never wrote Save Tonight.”

 

Thank you once again for your time and see you in Milano!

 

Alberto Adustini
Editing and translation: Francesca Garattoni

Eagle-Eye Cherry: Back on Track, finalmente si torna sul palco

Read this article in English here

Per i 25 anni di carriera torna il cantautore di origini svedesi Eagle-Eye Cherry, e lo fa alla grande con un nuovo disco, Back On Track, ed un nuovo tour mondiale che farà tappa anche in Italia a febbraio. Lo abbiamo intervistato per sapere qualcosa di più sulle nuove canzoni, su questa lunga pausa forzata e sul “peso” di aver scritto Save Tonight.

 

Benvenuto su VEZ Magazine e grazie per la tua disponibilità.
In riferimento al tuo nuovo atteso album, Back on Track, credi sia possibile trovare un trait d’union (sia esso una parola, uno stato d’animo) tra i vari brani del disco?

“Quando stavo lavorando sull’album ho iniziato a rivisitare la musica che ascoltavo quando ero un adolescente. Cose come The Ramones, The Clash e Talking Heads e credo che abbiano trovato la loro strada nella musica (che stavo componendo, NdR). Non tanto la parte sonica, ma la sensazione che avevo quando ero giovane e ascoltavo la loro musica… mi ha ispirato e dato energia.”

 

Quando hai iniziato a scrivere le nuove canzoni? Prima o dopo l’avvento dell’epidemia?

“Avevo iniziato a scrivere le canzoni prima della pandemia. Volevo catturare l’energia dei nostri concerti nella registrazione, così siamo andati diretti in studio subito dopo la fine del mio Streets of You tour. Abbiamo registrato otto canzoni pianificando di tornare e finire il resto dell’album, ma poi è arrivato il Covid e ha fermato tutto.”

 

Dopo quasi 25 anni di carriera, sei dischi e decine di canzoni è cambiato il tuo processo di composizione dei pezzi? O il tuo approccio si è mantenuto costante nel tempo? E normalmente i pezzi nuovi nascono alla chitarra o in altra maniera?

“Quando ho fatto il mio primo album non ero sicuro di chi fossi musicalmente. Quindi Desireless è stato il viaggio in cui ho trovato chi fossi. Arrivato alla fine dell’album sapevo esattamente dove fossi musicalmente. La differenza tra allora e adesso è che al giorno d’oggi non mi metto più in discussione durante la scrittura di una canzone, perchè sono completamente a mio agio con il mio sound. Principalmente batteria, basso, chitarra, tastiere e la mia voce.
Solitamente le canzoni sono scritte su una chitarra acustica. O da solo o insieme ad altri cantautori.”

 

Comporre, imbarcarsi nella stesura di un nuovo album, nella fattispecie in Back On Track è qualcosa che senti di dover fare, come una sorta di urgenza o è più un naturale processo per il quale non devi necessariamente avvertire un’urgenza?

“Non c’è esattamente un inizio, un mezzo o una fine. Le canzoni sono scritte nel mentre così che il prossimo album è già pronto quando il tour e la promozione (del precedente, NdR) finisce. Sebbene, dopo il mio terzo album ho preso una lunga pausa dal lavoro e pensato che magari non avrei continuato come artista. Ma poi mi sono reso conto che mi mancava troppo andare in tour e non potevo starne lontano… sono dovuto “tornare in pista” (gioco di parole intorno a Back on Track nell’intervista in lingua originale, come il titolo del suo album, NdR)”

 

Una volta che le canzoni sono incise ti piace essere coinvolto in quello che avviene in fase di mixing e post produzione?

“Si, mi piace essere coinvolto ed essere sicuro che l’album suoni nel modo che voglio. Ci sarà il mio nome sulla copertina e devo essere soddisfatto al 100%.”

 

In quest’ottica, quanto è differente l’Eagle-Eye musicista del 2022 rispetto a quello del 1997?

“Sono un po’ più vecchio. Sono stato in giro per un pezzo ormai e non mi sento più irrequieto come lo ero nel 1997. Adesso so come concentrarmi sulle cose importanti. Amo suonare dal vivo ed è la mia ricompensa per tutto il duro lavoro… scrivere, registrare e promuovere. Adesso sono anche un padre e questo eclissa tutto il resto nella vita.”

 

Nel tuo prossimo tour mondiale chi ti accompagnerà sul palco? Da chi sarà composta la tua band? E a che tipo di show assisteremo? Cosa dovrà aspettarsi il pubblico?

“Si, sono molto eccitato dal rimettermi in viaggio. È stato molto duro durante la pandemia non poter andare in tour. Amo viaggiare ed essere sempre in movimento e non poter neanche lasciare il mio appartamento mi ha fatto arrampicare sui muri.
Quindi, poter finalmente tornare fuori nel mondo, incontrare i fan e condividere la musica sarà fantastico. Porterò in giro la band con cui ho lavorato negli ultimi anni. Siamo un gruppo molto affiatato dopo aver suonato così tanti concerti insieme. Suoneremo un sacco di canzoni del nuovo album. Molte delle nuove canzoni sono state scritte perchè mi mancavano quei suoni nei nostri show. Tanta energia! E ovviamente suoneremo svariate canzoni anche dai miei album precedenti.”

 

Per finire, una domanda che potrebbe suonare un pò strana, ma correrò questo rischio… dunque lungo la tua carriera hai scritto un sacco di belle canzoni, ogni tuo album contiene diverse autentiche gemme, a testimonianza di quanto tu sia dotato come cantautore, quindi vengo al punto: ti è mai passato per la testa il pensiero “vorrei non aver mai composto Save Tonight”? Una canzone epocale, che ti ha sicuramente dato successo e molto molto altro, ma che inevitabilmente finisce per in qualche modo oscurare il resto…

“È una domanda interessante. Spesso dico che se avere una hit enorme come Save Tonight è un problema, allora è un buon problema da avere. Save Tonight mi ha portato in giro per il mondo e mi ha dato tutto quello che ho ho sempre desiderato da quando ero un ragazzino. Quindi no, non desidero non aver mai scritto Save Tonight.”

 

Grazie ancora e ci vediamo sotto il palco a Milano!

 

Alberto Adustini
Editing e Traduzione: Francesca Garattoni

Nayt @ Fabrique

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• Nayt •

Fabrique (Milano) // 11 Ottobre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Diego Bianchi
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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Josè González. The acoustics of two worlds.

Leggi questo articolo in Italiano qui

The Swedish singer-songwriter and guitarist of Argentinian ancestry Josè González participated to the Percuotere la Mente festival last August 3rd in Rimini. González’s style is one of the most recognisable of the indie-rock scene, thanks to that acoustic sound that characterises his albums, including his latest Local Valley, where the melodies get enriched by lyrics sang in English, Swedish and for the first time in Argentinian Spanish, the language of his parents. Very different roots and cultures, the Argentinian and the Spanish one, that meet up in the music of this mindful and passionate artist we got to know better thought this interview.

 

On August 3rd, you took part to Percuotere la Mente 2022, a festival in Rimini with a tradition of hosting artists that pick people’s mind (note: Percuotere la Mente can be loosely translated as “Shaking the Mind”). Is there any particular reason that made you accept to take part to this festival, maybe related to the meaning of the festival name? 

Didn’t know about the meaning, but now that I know I’m glad they invited me! The last couple of records I’ve been aiming at writing lyrics that make people think differently – if they want :)”

 

What would “shaking the mind” mean to you? 

I guess exposing yourself to new ideas or perspectives and allowing yourself to think differently.”

 

Have you any expectation by playing in Italy, in front of an Italian crowd?

“Not that different to other summer crowds. But I am very excited though to play in Italy since I haven’t played that often compared to other European countries.”

 

You were born in Sweden, but to Argentine parents who left their homeland as political activists. What did it mean to you to grow up in a Swedish mindset and at the same time live the cultural and social background of your family​? 

“I’ve felt like it’s been great to have a mixed background and since I’ve lived in Gothenburg Sweden all my life I feel more Swedish than anything else. When I’m in Argentina I feel like a visitor but I’m sure that would change if I only spent more time there. I have a slight Mendozinian accent with some words that were popular in the 70’s.”

 

Has your music been affected from this and if so, how?

I think my music has been affected by many things, some deliberate and some without thinking. I studied Spanish classical guitar, I learnt to sing and play through Beatles and bossa nova. And when I started to write my own songs I was heavily influenced by Silvio Rodriguez from Cuba. Around the time when I was collecting songs for my first album I was into singer-songwriter artists from UK and US – music that I listened to with my friends. So the songs were influenced by many styles and I wanted the album to be different from the other artists that were popular in Sweden at the time. I think my varied background helped me find my own mosaic style.”

 

What, in your opinion, should be the role of the artist during these times of wars, economic crises, and quite often super fast and superficial social interactions?

The role of the artist and art in general is to be whatever the artist want it to be. There’s always room for different aims and ambitions. Some can be aesthetically pleasing and some the opposite. Some can be political and some simply out for mindless entertainment. Maybe the only thing to have in mind is how an artist uses their platform. The bigger the platform the more responsibility to not disinform or to stir hatred.”

 

You play your guitar using fingerpicking, a style that is no longer widespread, while many musicians use more digital sounds every day. Do you think that in the future music will be more and more synthetic?

I don’t have clue of how the future will be. It’s been really fun to hear AI write Bach and Beatles and I look forward to see ABBA avatars but I’m a fan of the artisanal aspect of hearing and seeing people play acoustic instruments. I’m sure future AI’s and virtual experiences can take any kind of taste into account in the long future though.”

 

In Local Valley, your latest project released in 2021, you sing some songs in Argentinian Spanish-– the language of your parents – for the first time. Why did you decide to do so?

I tried with my previous album but got stuck and switched to English. This time not so – it actually felt easy and fun! Maybe my ambition to impress my kids helped me.”

 

Let’s talk about Visions, one of the songs from Local Valley. Towards the end of the song you say “No, we can’t know for sure what’s next /But that we’re in this together/We are here together “, as if to reassure the listener that even if the future is uncertain, being united will give us the strength to overcome it. Where does this reflection of yours  come from?

I seldom think my own thoughts. I try to lean on better and more informed thinkers. There’s a couple of places where I find interesting thinkers: The Long Now, Edge.org and the Effective Altruism community. They point toward challenges that need global collective action and collaboration: Ecological Crisis, Nuclear Weapons, Synthetic Biology, Misaligned Artificial Intelligence. But they also point toward the amazing things we have accomplished and can accomplish in possible futures. Resting on a humanist outlook I’m also thinking that we can’t rely on anything else than this life we have – after birth and before death.”

 

Local Valley is a look at the world filtered by love, art and reason. What is love for you?

“Just an evolutionary by product of electro-chemical firing of neurons to copy our genes. No, just kidding ;)”

 

Alma Marlia
Editing and translation: Francesca Garattoni

José González. L’acustica dei due mondi.

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Il cantautore e chitarrista svedese di origine argentina José González ha preso parte al festival Percuotere la Mente 2022 di Rimini lo scorso 3 Agosto. Quello di González può essere definito uno degli stili più riconoscibili dell’indie rock, per il suono acustico che caratterizza i suoi progetti, tra cui anche l’ultimo, Local Valley, dove le melodie si arricchiscono in testi cantati in inglese, svedese e per la prima volta anche in spagnolo di area argentina, la lingua dei suoi genitori. Radici e culture estremamente diverse, quella argentina e quella svedese, che si incontrano nella musica di un artista appassionato e consapevole che abbiamo voluto conoscere più approfonditamente con questa intervista. 

 

Lo scorso 3 Agosto hai partecipato al festival Percuotere la Mente a Rimini, che si caratterizza per ospitare artisti intellettualmente stimolanti. C’è una ragione particolare che ti ha fatto accettare di partecipare a questa rassegna, magari correlata con il significato del nome stesso del festival?

“Non sapevo del significato del nome, ma adesso che lo sono sono felice che mi abbiano invitato! Nell’ultimo paio di dischi ho cercato di scrivere testi che facessero pensare la gente in modo diverso – se vogliono :)”

 

Cosa significa Percuotere la Mente per te?

“Immagino esporsi a nuove idee o punti di vista e permetterti di pensare in modo diverso.”

 

Che aspettative hai a suonare in Italia, di fronte al pubblico italiano?

“Non tanto diverse da altre folle estive. Ma sono comunque molto eccitato a suonare in Italia dato che non ho suonato qui tanto spesso come in altri Paesi europei.”

 

Sei nato in Svezia, ma da genitori argentini che hanno lasciato la loro patria in quanto erano attivisti politici. Cosa è voluto dire per te crescere in Svezia e unire il suo contesto al background sociale e culturale della tua famiglia? Come ne è stata influenzata la tua musica?

“Penso che sia fantastico avere un background misto e dato che ho sempre vissuto a Gothenburg in Svezia mi sento più Svedese che altro. Quando sono in Argentina mi sento come uno straniero, ma sono sicuro che cambierebbe se solo passassi più tempo lì. Ho un accento leggermente di Mendoza con alcuni idiomi che erano popolari negli anni ’70.”

 

La tua musica è stata influenzata da questa cosa e se si, come?

“Penso che la mia musica sia stata influenzata da un sacco di cose, alcune più deliberate e a altre senza pensarci. Ho studiato chitarra classica spagnola, ho imparato a cantare e a suonare attraverso i Beatles e la bossa nova. E quando ho iniziato a scrivere le mie canzoni sono stato pesantemente influenzato da Silvio Rodriguez da Cuba. Durante il periodo in cui stavo raccogliendo le canzoni per il mio primo album ascoltavo cantautori del Regno Unito e degli Stati Uniti – musica che ascoltavo con i miei amici. Così le canzoni sono state influenzate da molti stili e volevo che l’album fosse diverso dagli altri artisti che erano in voga in Svezia in quegli anni. Penso che il mio background così variegato mi abbia aiutato a costituire il mosaico che è il mio stile.”

 

Quale, secondo te, dovrebbe essere il ruolo di un artista in questo periodo fatto di guerre, crisi economiche e rapporti sociali sempre più veloci e in alcuni casi superficiali?

“Il ruolo dell’artista e dell’arte in generale è quello di essere qualsiasi cosa l’artista vuole che sia. C’è sempre spazio per diversi scopi e ambizioni. Alcuni possono essere esteticamente piacevoli e altri l’opposto. Alcuni possono essere politici e altri semplicemente a disposizione per dell’intrattenimento spensierato. Forse l’unica cosa da tenere a mente è come l’artista usa le sue piattaforme. Più grande la piattaforma, più grande è la responsabilità di non disinformare o istigare odio.”

 

Tu suoni usando il fingerpicking, uno stile che non è più molto diffuso, mentre altri musicisti usano sonorità digitali ogni giorno di più. Pensi che in futuro la musica sarà sempre più sintetica?

“Non ho idea di cosa ci riservi il futuro. È stato divertente sentire che un’intelligenza artificiale ha scritto Bach e i Beatles e non vedo l’ora di vedere gli avatar degli ABBA ma sono un sostenitore dell’aspetto artigianale di ascoltare e vedere le persone suonare strumenti acustici. Sono comunque sicuro che le intelligenze artificiali e le esperienze virtuali potranno tener conto di ogni tipo di gusto in un futuro lontano.”

 

In Local Valley, il tuo ultimo progetto uscito nel 2021, canti per la prima volta alcune canzoni in spagnolo argentino, la lingua dei tuoi genitori. Perché questa scelta?

“Avevo provato nei miei album precedenti ma mi ero bloccato ed ero passato all’Inglese. Questa volta non è successo – a dire il vero è stato facile e divertente! Forse la mia ambizione di far colpo sui miei figli mi ha aiutato.”

 

Parliamo di Visions, una delle canzoni di Local Valley. Verso la fine del brano tu dici “No, we can’t know for sure what’s next /But that we’re in this together/We are here together” come a voler rassicurare l’ascoltatore che, anche se il future è incerto, essere uniti è l’unica forza che ci farà superare il momento. Da cosa nasce questa tua riflessione?

“Penso raramente pensieri miei. Cerco di fare affidamento su pensatori migliori e più informati. Ci sono un paio di posti dove trovo pensatori interessanti: The Long Now, Edge.org e la comunità Effective Altruism. Mettono in evidenza sfide che necessitano di un’azione e collaborazione collettiva globale: crisi ecologica, armi nucleari, biologia sintetica, intelligenza artificiale disallineata. Ma mettono anche in evidenza tutti i fantastici successi che abbiamo realizzato e che possiamo realizzare in futuri possibili. Tornando ad una visione più umanistica, penso anche che non possiamo far affidamento su nient’altro che su questa vita che abbiamo – dopo la nascita e prima della morte.”

 

Local Valley è uno sguardo sul mondo filtrato dall’amore, dall’arte e dalla ragione. Cosa è per te l’amore?

“Solo un sottoprodotto evolutivo degli stimoli elettrochimici dei neuroni a copiare i nostri geni. No, scherzo ;)”

 

Alma Marlia
Editing e Traduzione: Francesca Garattoni

A volte bisogna chiamare la pioggia, altre volte basta ascoltare Axos

Andrea Molteni, in arte Axos, è un artista milanese. Il suo primo lavoro in studio è Carne Viva EP, pubblicato nel 2014 sotto Bullz Records, ma esplode definitivamente nel 2016 con l’album Mitridate (dopo aver partecipato a progetti come Machete Mixtape Volume III e Bloody Vinyl 2) grazie a sonorità particolarmente hard e cupe e a testi scritti da una penna a volte violenta, a volte malinconica, ma sempre realistica e piena di riferimenti culturali. Nel 2017 pubblica alcuni singoli, quali Blue Room e 11, e l’EP Anima Mea. Nel 2018 escono i singoli Iron Maiden e Moonchild e un altro EP, Corpus: l’Amore Sopra. Nel 2019 pubblica i singoli Ci Puoi Fare un Film e Harem, dove la penna di Axos e la musicalità delle strumentali subiscono un’evoluzione decisa che traccia il sentiero per il cammino dell’artista. Il 2020 vede l’uscita del singolo Banlieue e dell’album Anima Mundi, che diventeranno poi corpo e spirito della crescita artistica di Axos, con sonorità che spaziano da influenze rock a linee melodiche più dolci. Nel 2022, dopo aver pubblicato tre singoli che saranno all’interno del disco, esce Manie: un album che percorre tutti i crucci dell’artista, in maniera sicuramente molto più introspettiva e personale rispetto ai lavori precedenti, senza abbandonare la penna e lo stile distintivo di Axos, graffiante e decisa, capace tanto di coccolare ed essere affine all’amore quanto di denunciare sia stati d’animo negativi che situazioni sociali discutibili. L’album viaggia moltissimo (se non più di Anima Mundi) su musicalità diverse, anche grazie alla collaborazione del produttore Jvli, passando dall’hip hop di Padri, alle chitarre di Ubriaco e Cosa Vuole Questa Musica Stasera, per arrivare alle influenze boogie e funky di Geloso.

Axos terrà due Live Trip, chiamati The*Experience, ai Magazzini Generali di Milano il 14 e il 21 Aprile: non saranno semplici live, quanto piuttosto vere e proprie esperienze che vanno oltre la musica. 

 

Ciao Andrea e benvenuto su Vez Magazine!
Dai primi progetti all’ultimo disco è notevole e ben definibile l’evoluzione musicale e artistica di cui sei stato protagonista. L’Axos di Mitridate, magari anche dell’EP Carne Viva, continuano ad accompagnarti oppure sono figure ormai lontane?

“Ciao Vez Magazine! Sì, la figura di Mitridate e tutto quello che è il mio passato mi perseguitano, nel senso che ci sono alcuni miei fan che proprio non riescono ad accettare che io mi sia evoluto e che io stia meglio nella mia vita, ed è una cosa non bellissima. Da me, invece, sono figure abbastanza lontane, dico la verità. Sono così lontane che tante volte, quando risento Mitridate mi sento un po’ strano. Sono lontane perché mi sono evoluto tanto e sono andato avanti con la mia vita. Sono passati sei anni da quel disco e mi sento di aver fatto tante cose in questo tempo che mi hanno allontanato da quella realtà, ma proprio nella vita.”

 

Manie, dal punto di vista della scrittura, è un album più intimo e più introspettivo a livello personale rispetto ai progetti precedenti. Credi che la scrittura di questo disco in particolare sia stata, in qualche modo, terapeutica nei tuoi confronti? Ti ha aiutato a definire meglio quelle che sono le tue manie, e magari ad affrontarle?

“La scrittura di questo disco è stata terapeutica, soprattutto nel momento in cui mi ha fatto buttare fuori tante consapevolezze che, però, arrivavano da un mio viaggio introspettivo, un lavoro personale che andava fuori dalla scrittura, ma che in realtà, è stato molto legato ad altre forme artistiche. In questo viaggio introspettivo ho disegnato tanto, ho scolpito, ho creato tantissimo, perché avevo bisogno di vedere i miei cambiamenti interiori e poterli affrontare meglio. La scrittura ha fatto sì che io potessi poi buttare fuori tutto. Effettivamente questa volta ho avuto, e non mi succedeva da un po’, quell’approccio alla scrittura che avevo da bambino: un vero e proprio sfogo buttato fuori.”

 

Hai mai avuto, durante la carriera, momenti di blocco o momenti in cui pensavi di mollare la musica? Cosa consigli, anche ad artisti emergenti, quando ti viene voglia di lasciare tutto, oppure vedi tutte le porte sbarrate?

“Ho avuto nella mia vita voglia di mollare tutto, perché ho vissuto delle cose veramente brutte. Il mondo della musica è costellato di persone di dubbio valore morale, è umano, e io ci ho avuto a che fare e ci ho lavorato. Tante volte mi hanno fatto passare la voglia e tante volte la voglia mi è passata vedendo ciò che effettivamente fa successo, che è tutto un po’ contrario ai miei principi sotto determinati punti di vista, soprattutto quello artistico. Ho avuto, quindi, sì voglia di lasciare quando vedevo che i numeri non corrispondevano, quando vedevo che venivo eletto il “king” dei sottovalutati. Come affrontarlo? Semplicemente non lo so spiegare, perché di fatto sono una persona che non si arrende. Basta ammettere dove sono i gap e cercare di sistemarli in base a quello che stai vivendo, quindi alla realtà (non ci si può mettere i salami sugli occhi). Se delle cose non vanno c’è un motivo, quindi riuscire a mettere se stessi all’interno di dinamiche che non sono perfettamente le tue. Per farlo devi anche avere una forte personalità artistica, un controllo di quello che fai abbastanza deciso, perché se no vieni risucchiato dal mercato e, invece di fare qualcosa che possa andare bene sia per il mercato sia per te, fai qualcosa che magari può andar bene solo per il primo e che neanche funziona. Quindi rimani completamente vuoto e triste. Questa è una cosa che non voglio fare e che consiglio di non fare mai nella vita. In definitiva consiglio di cercare il connubio tra quello che sei e il mercato. Nel mio caso è stato difficile perché io sono il contrario. Chiaramente, secondo me ce l’ho fatta nel momento in cui con Manie sono riuscito a tirar fuori il sound. Forse mi sono anche appassionato a delle parti del pop e della musica che nel mercato funziona tantissimo, soprattutto a livello internazionale, vedi Adele e molti altri che fanno parte dei miei ascolti. Riesco a comprendere, molto più di prima che ascoltavo musica più di nicchia, come poter fare qualcosa di estremamente bello ma che piace alla “massa”.”

 

Da sempre, nelle tue canzoni, ci sono stati riferimenti alla musica e alla letteratura. Quali sono i generi musicali e letterari e gli artisti e scrittori che apprezzi di più?

“I generi musicali, letterari, gli artisti e gli scrittori che apprezzo di più sono davvero tanti, fare una lista è impossibile. Sicuramente tra questi c’è Tolstoj, Jung, Baudelaire… Però come avrai già capito da questa risposta, variano sui generi, sia dal punto di vista letterario, ma anche dal punto di vista musicale, perché vado dagli Iron Maiden a Eminem e in mezzo c’è un mondo variopinto. Questa cosa si rivede nella mia musica: mi appassiona tutto, in base ai periodi. Proprio in base ai periodi vengo travolto da determinati generi, determinati scrittori e determinati autori. Mi piace tantissimo, ad esempio, scegliere i miei libri entrando dentro le librerie facendomi trasportare, come se loro scegliessero me. Ho sempre fatto così e credo mi abbia portato a una grande varietà.”

 

Riccardo Rinaldini

 

Grazie a BPM Concerti

The Dead South, suoni bluegrass e folk dal Canada

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Chitarre, banjo, testi cantati da voci da pelle d’oca che raccontano di antieroi e antagonisti: stiamo parlando del gruppo folk-bluegrass The Dead South. L’ensemble, formatasi nel 2012 a Regina, Saskatchewan, in Canada, vede come membri Nathaniel Hilts (voce, chitarra e mandolino), Scott Pringle (voce, chitarra e mandolino), Danny Kenyon (violoncello e voce) e Colton Crawford (banjo). Il gruppo ha debuttato nel 2014 con l’album in studio Good Company. Attualmente, contano all’attivo tre EP, fra cui The Ocean Went Mad and We Were To Blame, EP d’esordio pubblicato nel 2013 e gli EP Easy Listening for Jerks Pt. 1, Easy Listening for Jerks Pt. 2, entrambi pubblicati nel 2022. Hanno inciso tre album in studio, quali Illusion and Doubt, pubblicato nel 2016 e Sugar & Joy, del 2019, oltre all’album di debutto citato precedentemente. Si esibiranno all’Alcatraz a Milano il 18 aprile e abbiamo avuto il piacere di intervistarli.

 

A livello personale, come avete affrontato questi due anni di pandemia? Hanno avuto qualche effetto sulle dinamiche della band, ad esempio distanziamento emotivo o piccoli attriti causati dall’essere stati inattivi musicalmente?

“Crediamo di aver affrontato la pandemia abbastanza bene. Abbiamo avuto tutti il tempo di fare cose personali per un po’, il ché è stata una cosa carina, almeno per i primi mesi. Abbiamo avuto tempo per lavorare su altri progetti personali, Scott è diventato papà. Abbiamo speso buona parte del tempo libero esercitandoci e registrando i nostri due nuovi EP, perciò non sono stati un anno e mezzo di blocco totale. Quando siamo tornati alla normalità, ci è sembrato di non esserci mai fermati. Siamo tornati come prima molto facilmente.”

 

Presto verrete a suonare in Italia: come vi sentite a tornare a fare dei concerti? Vi piace l’Italia? Pensate che il vostro genere musicale sia apprezzato di più o di meno, rispetto ad altri paesi?

“Non siamo mai stati in Italia, quindi siamo davvero entusiasti di poter suonare qui! È sempre difficile dire quale paese apprezzi la nostra musica. Le persone sono pur sempre persone, e ogni paese al mondo ha gente che apprezza il nostro genere e gente a cui non piace. Sarà interessante vedere come reagirà il pubblico italiano rispetto ad altri.”

Una delle vostre canzoni più famose è In Hell I’ll Be in Good Company: con chi vi vedete all’inferno, sempre che ci crediate? Come vi relazionate con la religione e la spiritualità?

“Nessuno di noi è una persona religiosa, la maggior parte dei nostri testi racconta soltanto una storia, di solito a proposito di antagonisti piuttosto che di eroi. Se esistesse un inferno, siamo sicuri che passeremmo tutti e quattro un sacco di tempo insieme.”

 

Chi sono gli artisti che vi hanno ispirato di più, sia a livello personale che musicale?

Quando abbiamo formato la band ascoltavamo tanto i Trampled By Turtles, The Devil Makes Three, e Old Crow Medicine Show. Personalmente, sono cresciuto ascoltando molto metal, genere che tuttora ascolto di più. Lamb of God, Trivium, The Black Dahlia Murder sono probabilmente i miei preferiti. Siamo cresciuti tutti con punk e classic rock, e credo che questi generi ci abbiano influenzato tanto a livello di scrittura dei testi.”

 

Qual è l’origine del nome The Dead South?

“Avevamo un batterista nella band, e se n’è uscito con il nome The Dead Souths. Non ci piaceva il plurale Souths, così abbiamo troncato la “s” e siamo diventati The Dead South. Dovevamo fare la nostra prima esibizione e avevamo bisogno di un nome, quindi abbiamo dato per buono quello e così è rimasto. Pare si sposi bene anche con il genere che facciamo, ma se avessimo anticipato di una decina d’anni la battuta“The Dead South?? Ma siete CANADESI!!” sicuramente ci avremmo ripensato.”

 

Il successo ha cambiato, in qualche modo, la percezione e visione che avete della musica? Avete sperimentato qualche cambiamento nel modo in cui scrivete o componete? Se si, è stato un cambiamento positivo o negativo?

“Non credo ci abbia cambiato, se non altro è più difficile uscirsene con idee originali rispetto a quando avevamo appena iniziato a suonare, perché stavamo tutti imparando a suonare e a scrivere. Non vorremmo mai scrivere due canzoni identiche, né tantomeno cambiare gli strumenti che suoniamo, quindi è più difficile scrivere canzoni originali rispetto a prima. Oltre a questo, tutto è rimasto esattamente come prima. Ci esercitiamo e componiamo ancora nei seminterrati, non abbiamo qualche posto stravagante dove riunirci e suonare, e il nostro “successo” non ha cambiato davvero nulla. Ci sentiamo ancora gli stessi quattro ragazzi di Regina che provano a scrivere belle canzoni.”

 

Riccardo Rinaldini

The Dead South, bluegrass and folk from Canada

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Guitars, banjo, terrific lyrics performed by vocals that can give you goosebumps: we’re talking about the folk-bluegrass group The Dead South. The ensemble, formed in 2012 in Regina, Saskatchewan, Canada, features Nathaniel Hilts (vocals, guitar and mandolin), Scott Pringle (vocals, guitar and mandolin), Danny Kenyon (cello and vocals) and Colton Crawford (banjo). They published their first studio album Good Company in 2014. At the moment, their discography counts three EPs – The Ocean Went Mad and We Were To Blame, published in 2013, Easy Listening for Jerks Pt. 1 and Easy Listening for Jerks Pt. 2, both published in 2022 – and three studio albums: Illusion and Doubt, published 2016 and Sugar & Joy, published in 2019, on top of their debut from 2014. They will play at Alcatraz in Milan on April 18th and we had the pleasure to interview them.

 

On a personal level, how did you cope with the past two years of pandemic? Did you notice any effect on the dynamics of the band, for example emotional distance or small frictions due to the frustration of being idle?

“I think we coped with the pandemic quite well. We all had some time to do our own thing for a little bit, which was a nice thing, at least for the first few months. We all had time to work on other personal projects, Scott had a baby. We spent lots of the down time practicing and recording our two new EP’s, so it wasn’t 18 months of being totally idle. Once we got back on the road, it felt like we had never stopped. We fell right back in to the groove pretty easily.”

 

Soon you will come and play in Italy: how do you feel about touring again? Do you like Italy? Do you think your music genre is more or less appreciated here rather than in other Countries?

“We’ve never been to Italy, so we’re super excited to finally play there! It’s always tough to say which countries appreciate our music more. People are people, and every country in the world is going to have people who enjoy our music and people who don’t. It will be very interesting to see how the Italian crowds compare to other crowds.”

 

One of your most famous songs is “In Hell I’ll Be in Good Company”: who do you see yourself with there, if you believe in Hell? How do you relate to religion and spirituality?

“None of us are religious guys, most of our lyrics are just stories, usually about villains instead of heroes. If there is a hell, I’m sure the four of us will be spending lots of time together there.”

 

Who are the artists that influenced you the most, both on a personal and musical level?

“When we started the band we listened to a lot of Trampled By Turtles, The Devil Makes Three, and Old Crow Medicine Show. Personally, I grew up listening to lots of metal, and that’s still what I listen to the most. Lamb of God, Trivium, The Black Dahlia Murder are probably my favourites. We all grew up on punk and classic rock as well, and I think those genes influence a lot of our songwriting.”

 

Which are the origins of the name “The Dead South”?

“We used to have a drummer in the band, and he came up with the name The Dead Souths. We didn’t like the plural Souths, so we dropped the “s” and became The Dead South. We had our first show booked and needed a name, so we went with that and it stuck. It seemed to fit the genre of music well, but if we had anticipated 10 years of “The Dead South?? But you’re from CANADA!!” jokes we might have reconsidered.”

 

Has success changed in any way your perception and vision of music? Have you experienced any change in the way you write and compose your music? If so, is it a good or a bad change?

“I don’t think it has, if anything it’s maybe a bit harder to come up with original ideas than when we first started playing, because we were all just learning our instruments and learning how to write songs. We never want to write two songs that sound the same, and we don’t want to change our instrumentation, so it’s more of a challenge to come up with unique songs than it used to be. Other than that, everything is exactly the same. We still just jam acoustic in someone’s basement, we have no fancy jam space or anything like that, and our “success” doesn’t really change anything. We still feel like we’re the same four dudes from Regina trying to write fun songs.”

 

Riccardo Rinaldini

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