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Tag: damon albarn

VEZ5_2021: Francesca Garattoni

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Loup GarouX Strangerlands

A quanto pare devo avere una predilezione per i gruppi formati da artisti misti e assortiti: come fu l’anno scorso per i Muzz, quest’anno sono stata rapita dalla nuova creatura di Ed Harcourt con Richard Jones (The Feeling) e Cass Browne (Gorillaz). Un album di piacevole, classico rock.

Traccia da non perdere: Gallon Distemper

 

Kings of Convenience Peace or Love

In un mondo sempre più arrogante, rumoroso, scontroso e rabbioso, ecco un album pieno di garbo e gentilezza. Per quando serve una pausa dal frastuono quotidiano.

Traccia da non perdere: Love Is a Lonely Thing (feat. Feist)

 

Damien Jurado The Monster Who Hated Pennsylvania

Non ci si capacita di come ogni anno Damien Jurado riesca a pubblicare un album più bello del precedente. Ben fatto!

Traccia da non perdere: Johnny Caravella

 

Thrice Horizons / East

In attesa del prossimo album dei Deftones, la quota filo-nu-metal-un-pochino-emo-ma-comunque-sexy della classifica.

Traccia da non perdere: Northern Lights

 

Dark Mark & Skeleton Joe Dark Mark vs Skeleton Joe

Eccolo, il lato oscuro: atmosfere cupe ancora più cupe del più cupo album di Mark Lanegan, con una spruzzata di elettronica a tratti danzereccia che si ricongiunge alle sonorità di Blues Funeral e momenti di illuminazione NickCave-ani. Bello un sacco.

Traccia da non perdere: Living Dead

 

Honorable mentions 

The War On Drugs I Don’t Live Here Anymore – Album splendido, indubbiamente, ma che non spicca (a parte Living Proof) rispetto alle produzioni precedenti.

Damon Albarn The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows –  Gli album solisti di Damon Albarn sono creazioni in bianco e nero: come in una foto, togliendo la distrazione del colore si può apprezzare la delicatezza delle composizioni.

AA. VV. Quando Tutto Diventò Blu – La colonna sonora all’omonima graphic novel di Alessandro Baronciani: un vortice blu da cui non si vorrebbe più uscire.

Efterklang Windflowers – La doverosa quota danese di questa retrospettiva.

IDLES CRAWLER – Il post-punk mi risulta sempre un po’ ostico, ma la varietà delle sonorità e una ritrovata melodia nella voce di Joe Talbot hanno reso quest’album digeribile anche per le mie orecchie. E poi sono dei patatoni.

 

Francesca Garattoni

VEZ5_2021: Andrea Riscossa

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Arlo Parks Collapsed in Sunbeams

Un album di esordio di una ventunenne, che comprime generi e stili con una semplicità e una naturalezza spiazzanti. Da una base lo-fi si arriva al soul, tra rock e R&B, con pezzi recitati, tutti utili e tutti ben utilizzati per creare un’atmosfera che sospende, come davanti a un acquario, in cui galleggiano idee, sentenze, punti di vista. Da esplorare.

Traccia da non perdere: Eugene

 

Dry Cleaning New Long Leg

Dunque, lei è ipnotica. Tutti insieme funzionano proprio bene. Il disco è un’eco di musica che fu, che è, che sempre sarà, in un gioco di rimandi e ricordi (tra Joy Division, Smiths, Cult, Strokes) e quel gusto nuovo che sa di alchimia e di ingrediente segreto. Prodotti dall’arzillo John Parish, padre artistico di PJ Harvey.

Traccia da non perdere: Scratchcard Lanyard

 

Damon Albarn The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows

L’Islanda cotta a fuoco lento da Mr. Albarn, innamoratosi anni fa dell’isola ai confini del mondo. Come un personaggio di Verne, si perde tra vulcani e ghiacciai, ma lo fa ascoltando, captando e cantando. Elegia per Eyjafjallajökull, ai posteri l’ardua pronunzia.

Traccia da non perdere: Royal Morning Blue

 

The Killers Pressure Machine

Ok, quota guilty pleasure 2021 va al gruppo di Las Vegas. Sia chiaro, non è un album memorabile, ma ha gli stessi ingredienti che rende imprescindibile ed eterna la torta della nonna. È un lavoro quasi distopico, che devia dalla strada percorsa dalla band finora, che strizza l’occhio a Springsteen e si prende del tempo per raccontare storie e pezzi di vita. Quelli di Mr. Brightside mi hanno fregato.

Traccia da non perdere: Quiet Town

 

Nick Cave & Warren Ellis Carnage

Agita il bicchiere, prendi un bel sorso, assapora, chiudi gli occhi, elenca: profondo, etereo, subacqueo, malinconico, arioso. È un album fatto di respiri, a volte mozzati, a volte profondissimi. È forse l’unico veramente legato alla pandemia. O forse no. Però, che meraviglia.

Traccia da non perdere: Carnage

 

 

Andrea Riscossa

Damon Albarn “The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows” (Transgressive Records, 2021)

Era il 1818 quando Caspar David Friedrich dipinse il suo Der Wanderer über dem Nebelmeer, noto a noi come il Viandante sul mare di nebbia. Il quadro diventò presto un’icona del movimento Romantico tedesco, perché rappresentava una sintesi di tutti quelli che erano i concetti e i dogmi del nascente pensiero romantico.

Un uomo, controluce, contempla la natura che si manifesta davanti a lui. È un gioco di contrasti, di antitesi, tra razionale e mistico, tra definito e indefinito, tra chiaro e scuro, tra immanente e trascendente. Ma è anche un gioco di metafore e di ruoli, come quello dell’uomo e del suo rapporto con la natura. E il mare fatto di nebbia, spettacolo “meraviglioso, come a volte ciò che sembra non è”, ci porta dentro un labirinto di metafore e allegorie quasi senza fine.

Ascoltando l’ultimo album di Damon Albarn, il suo secondo lavoro solista, ho avuto la sensazione di essere davanti a un Viandante che la nebbia non l’ha solo descritta, ma è andato anche a cercarsela.

Aggiungiamo il tema del sogno, quello fatto da un Damon bambino, che sogna un volo sopra una spiaggia nera. Luogo che noterà in un documentario del National Geographic nel ’97, durante un tour con i Blur. Da allora sa che in Islanda esiste il luogo dei sogni.

Altro ingrediente è l’isolamento. Che finalmente possiamo trattare come una scelta personale, come un esperimento, e non più solo come una costrizione dettata da momenti storici poco felici. Ricorda Yann Tiersen e la sua isola col faro, ricorda mille altre storie di persone che nell’isolamento contemplativo hanno trovato la strada per cantare il loro personale mare di nebbia. Perché il signor Albarn ha comprato casa in quell’Islanda dalle spiagge nere, e si è rinchiuso in uno studio circondato dalla natura, nel tentativo di rendere i lockdown momenti positivi e produttivi.

Per realizzare The nearer the fountain, more pure the stream flows si è ispirato al lavoro del poeta ottocentesco John Claire, autore di Love and Memory. E i testi dell’album sono effettivamente centrati sui temi del ricordo, dell’amore, della malinconia, del lutto. E c’è la natura, ci sono colori, c’è il contrasto della sua isola, così fredda e piena di lava. E c’è acqua, tantissima acqua, dalle onde del mare fino al rumore delle gocce che cadono. È un disco acquatico, a volte subacqueo, capace di geyser e di ghiaccio.

I brani sono un patchwork delle ispirazioni di Albarn, dal quasi Blur(esque) di Royal Morning Blue, al folle e malinconico pezzo dedicato a un palazzo anni venti di Montevideo, The Tower of Montevideo appunto, dove l’altrove è un posto lontano, dove la malinconia diventa un genere. E poi synth sparsi, alternati al pianoforte, testi meravigliosi come quello di The Cormorant, colori (silver and blue) in Daft Wader, fino a Esja, una suite vichinga per pelli di narvalo e ansia.

Sono appunti sparsi dai confini del mondo, sulla fine del mondo. Una riflessione, una contemplazione sul mare di nebbia islandese, in cui la musica è lo strumento di analisi, ma è anche il prodotto, è sintesi e sintassi.

E infine è un viaggio o una tappa di un percorso. Perché Damon Albarn incarna perfettamente il ruolo di esploratore, di sperimentatore. Consapevole della meraviglia che un percorso simile comporta, affronta con uno spirito romantico il ruolo di artista. Un Ulisse, consapevole del carico di responsabilità, conscio dei rischi, ma entusiasta per la continua scoperta.

Se l’Islanda sarà la sua Itaca o l’ennesima tappa, lo sapremo solo quando si fermerà a contemplare un nuovo mare di nebbia.

 

Damon Albarn

The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows

Transgressive Records

 

Andrea Riscossa