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Tag: dry cleaning

Dry Cleaning “Swampy EP” (4AD, 2023)

– Chi era?
– Nulla, erano i Dry Cleaning, hanno lasciato una musicassetta, sul tavolo, vicino alla frutta.
– Roba importante? Urgente?
– Pare di no. Solo una canzone rimasta orfana dopo l’uscita di Stumpwork, un intervallo musicale per chitarra e deserto, due remix di pezzi già noti e una demo.
– Ah.
– Già.
– L’hai già ascoltata?
Swampy l’ho messa in loop per venti minuti. È un sunto dell’estetica della band. Ciondolante, sudato, afoso, fumo blu su silhouette in controluce. Ma anche desertico, desolato e poco londinese.
– Domani li chiami?
– Esce il 1° marzo, direi che è urgente.

A Swampy segue in ordine Sombre Two, pezzo solo strumentale di circa due minuti, una clamorosa Gary Ashby remixata da Nourished By Time, e Hot Penny Day, smontata e rimontata da Charlotte Adigéry & Bolis Pupul.
Chiude il tutto un oscuro demo chiamato Peanuts.
Tra vent’anni, davanti alla tracklist del best of dei Dry Cleaning, potrete sfoggiare uno slancio di cultura ricordando a tutti che quel bel pezzo polveroso e misterioso non ha mai abitato nessun album, Swampy era un EP.
Un EP che dura un quarto d’ora. Esce a quattro mesi di distanza dall’ultimo album. È come ricevere a Natale una foto dell’amore estivo.
Non lo avrei mai detto, sei bella anche non abbronzata.
Ci vediamo dal vivo, sicuro. 

 

Dry Cleaning
Swampy EP
4AD

 

Andrea Riscossa

VEZ5_2022: Andrea Riscossa

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Fontaines D.C. Skinty Fia

Il disco esce ad aprile, nel 2022 sono sotto il loro palco per tre volte. Ho ufficialmente una relazione amorosa con la band di Dublino, quindi sarò partigiano.
Miglior opening track degli ultimi anni, a mani basse. Semplicemente una canzone che al minuto 2:20 diventa una promessa che viene mantenuta fino all’ultima canzone del disco.
Fatico a trovarci difetti, ed è un luogo in cui torno spesso, che, poi, è quello che cerco in un album.
I Fontaines in esilio londinese cantano la loro saudade ungulata, e suona benissimo

Traccia da non perdere: In ár gCroíthe go deo

 

Black Country New Road Ants From Up There

È un disco di una bellezza accecante, commovente e allo stesso tempo viscerale e cerebrale.
Mi auto copio-incollo: è un dialogo senza regole tra strumenti, che diventano attori di un racconto e che entrano in scena con urgenza, per mostrare un punto di vista, a costo di farlo fuori tempo.
Un Satie con la sindrome di Tourette.
Perché loro sono minimali e orchestrali. Sono emozioni a dimensione variabile. Sanno essere oscuri ed entusiasti, attraverso flussi disordinati esplodono in ubriacature di suoni, sanno essere solitari e sanno suonare “in grande”.

Traccia da non perdere: Concorde

 

Wet Leg Wet Leg

Se la vostra band nasce su una ruota panoramica durante un festival e sul palco in quel preciso istante ci sono gli IDLES, il vostro destino è segnato, almeno per le stelle. Le Wet Leg hanno macinato più concerti che ore in sala di registrazione, hanno singoli da milioni di stream e dal vivo sono proprio un bel giocattolino. Il disco è cafone, sboccato, sfrontato ed è proprio divertente.
È un disco che contiene sentenze. Sentenze sui denti. Ciò non impedisce di sorridere coi buchi.

Traccia da non perdere: Wet Dream

 

Dry Cleaning Stumpwork

Mani avanti: è sicuramente un disco inferiore al suo predecessore, ma l’asticella rimane alta, altissima. Siamo nuovamente di fronte a un flusso di coscienza musicato, in un lockdown mentale e forse ancora un po’ materiale, forse autoindotto, forse di comodo. Il tutto condito da riff mai troppo puliti, slow-core, lo-fi.
Per la recensione mi sono costati un viaggio verso le montagne di casa, perché è macinando chilometri in loro compagnia che sono arrivato alla messa a fuoco di questo lavoro. 

Traccia da non perdere: Gary Ashby

 

Porridge Radio Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky

Mea culpa, il disco che avrei voluto recensire e che mi sono perso. Almeno all’inizio. Perché le Porridge Radio sono entrate di prepotenza negli ascolti seriali estivi. E poi mi sono perso nella voce di Dana Margolin che enuncia tremando, ti sbatte in faccia piccole verità senza guardarti negli occhi. Una tazza di tè tra un attacco di panico e una sbronza. Trema tutto, è tutto instabile, ma è pieno di colori.
Sottotitolo: tastiere per chitarre, forse non un piccolo capolavoro come l’album precedente, ma sicuramente sono le mie guilty pleasure del 2022.

Traccia da non perdere: Back to the Radio

 

Honorable mentions 

Kae Tempest The Line Is a Curve  – Lei è un gradino sopra tutti. Ma anche di lato, quindi categoria a parte, meritevole di podi che al posto dei numeri abbiano spiegazioni un po’ più articolate. 

Yard Act The Overload  – Fuori top 5 perché mi risultano sempre troppo paraculi. Sarà questione di pelle, sarà un tasso di innovazione non comparabile con i soci di oltremanica già citati, o sarà perché sono troppo bravi anche loro. Però ricordiamoli, che valgono.

DEHD Blue Skies – Visti su un live di KEXP (cheiddioliabbiaingloria), è stato amore alla prima nota. Nulla di che, gli voglio bene. Canzone (Bad Love) sempre in playlist, da luglio in avanti. 

 

Andrea Riscossa

Dry Cleaning “Stumpwork” (4AD, 2022)

Ho ascoltato questo disco una ventina di volte.
In cuffia, come da prassi, con aria da consumato sommelier, a cercar profumi e angoli nascosti.
Mentre lavoro, per stupirmi di quante volte il sopracciglio destro si potesse alzare, in totale distrazione.
Sdraiato in un prato, in solitudine, da pastorello dell’Arcadia.
Poi mi sono illuminato. Avevo un piano. E una sera libera. 

Stumpwork, questo il titolo del secondo album dei Dry Cleaning, merita una serata tutta sua, un viaggio vero veramente, lui, io e una strada. Una statale verso le montagne, dove posso fermarmi e scrivere, dove ci sia buio e ci siano chilometri facili, dove posso guidare in automatico e intanto perdermi nelle note e nelle parole di Florence Shaw, perché, sono sicuro, proprio nei testi sta la chiave di lettura di questo album.
Perché è un disco fatto di solitudini, di spazi chiusi, di viaggi distratti, di pensieri nati seguendo goccioline di pioggia che scappano su finestrini. È un monumentale flusso di coscienza, sembrano mille pensieri scritti velocemente su post-it e poi lanciati in aria. Non c’è un ordine, non c’è un metodo, c’è solo una forma, uno stile, un messaggio di fondo.
Si parta, dunque. Scriverò come fossi intrappolato nei titoli di testa Lost Highway di Lynch.

L’album inizia freddo, gelido, ritmo che sa di macchina industriale. Anna Calls From the Arctic sembra il risveglio da un letargo mentale (o reale), è costruito su un crescendo, su cui si affollano pensieri rapidi, banali, a volte singole parole. È un gioco a evocare, ed è una pena godere dell’arrivo di una scarpiera, unico sollievo della giornata. Tutti i brani avranno questo disegno di fondo: nel disastro post-pandemico e post-industriale, il sollievo è effimero e materiale. Anche i pensieri che portano serenità, nati in ascensore mentre si esce di casa, sono di una superficialità imbarazzante. Piccole gioie, mentre l’ascensore precipita, a nostra insaputa.
Salva chi canta e salva chi ascolta una sana dose di cinismo, di intelligente distacco e di caustica visione. I Dry Cleaning nel pezzo che apre il disco sembrano più morbidi ed eleganti. Così sarà lungo tutto l’album.
Gary Ashby, terzo pezzo in tracklist, era la tartaruga di famiglia. Scappata durante il lockdown, dove, non si sa, come, non è dato saperlo. Ma perdere un animale come Gary non è da tutti, considerando che si era tutti a casa. Brani come l’orecchiabile Kwenchy Kups, al limite della schizofrenia, sembrano una degustazione di parole e ricordi, così come la seguente Driver’s Story.
La chitarra di Tom Dowse si lancia nel funky in Hot Penny Day, mentre viene affrontato il tema amoroso per la prima volta. La perfida metafora qui sta nell’accostare i rapporti umani al penny day, tradizione antichissima del South Devon, dove le famiglie ricche si divertivano a lanciare dalle finestre monete arroventate. Lo spasso nell’osservare i poveracci che si ammassavano ustionandosi le mani pare fosse ineguagliabile. Così sarà l’amore? Chi può dirlo. Intento si tratta si spazi vuoti e di conti correnti a rischio. E galleggiamo ancora sui temi della superficialità e della solitudine.
Stumpwork, title track da metà tracklist, entra sottopelle con un ritmo lento e cadenzato, un elegante dialogo tra sezione ritmiche e chitarre, una Shaw che quasi canta e una serie di immagini evocate senza filo logico, sembrano incipit di dialogo, approcci da aperitivo, fotogrammi di un cortometraggio in bianco e nero, pezzi di sogno che riemergono tornando a letto. 

E mentre guido sento musica e parole sempre più intrecciate alla notte, ai chilometri. Anche se non riescono a descrivere qualcosa mettendolo a fuoco, in bocca si sente un gusto preciso, nelle orecchie ho la batteria di Nick Buxton, nel diaframma il basso di Lewis Maynard, mentre le parole delle canzoni, come piccole magie, evocano ricordi, scene, fantasmagorie. 

No Decent Shoes for Rain è un picco altissimo. Forse la parte in cui i Dry Cleaning trovano davvero l’insieme perfetto e pretendono tutta l’attenzione dell’ascoltatore. L’amore ai tempi dello shopping compulsivo, delle relazioni via webcam in cui è più facile vedere il culo di qualcuno prima della bocca. Lockdown senza tempo, di nuovo, autoindotti, permanenti, elevati da riff sporchi, lo-fi, slow-core.
E di nuovo la superficialità in Don’t Press Me, in cui un mouse da gioco è questione di litigio. Il tutto rinchiuso in 1’50’’ in cui sembrano scendere in campo i Sonic Youth al completo. 

Io guido, ma inizio ad avere un sorriso di traverso dipinto in faccia.

Micotico. Sporco. Etereo. Un basso con note lunghe e presenti in Conservative Hell, il cui titolo è programmatico. Liberty Log è un altro piccolo capolavoro. Siamo di nuovo in una stanza, siamo di nuovo alla solitudine. Qui però parole e musica si rincorrono, prima in linea retta, poi in circolo che diventa presto una trappola, un loop, di immagini e di note. È una meta-canzone che canta con un trucco da poco del registro delle libertà, che non esiste, che non c’è, che non vogliamo, che non meritiamo. Il tutto strizzando l’occhiolino ai Radiohead.
E tutto termina con un colpo di scena: Icebergs chiude l’album, che a sua volta ci lascia un messaggio (quasi) di speranza: 

“For a happy and exciting life
Locally, nationwide or worldwide
Stay interested in the world around you
Keep the curiosity of a child if you can
Resuscitator”

“Mo’ me lo segno”, aspetta che accosto.
Finiti i lockdown rischiamo comunque di “vedere prima il culo di una bocca” e di ritrovarci chiusi in casa e/o in noi stessi. Collezioniamo viaggi senza passione, abbiamo reso lo shopping una terapia. L’immagine che abbiamo di noi, una volta usciti dalle nostre caverne, è distorta. Così questo è un disco di disequilibri, storto e sghembo, con una dialettica interna tra tappeto sonoro e il recitato. È una lunga poesia musicata, uno sprechgesang e un responso di sibilla, impresso su instax mischiate a caso. 

Sono innamorato di Florence Shaw, delle sue fricative e dentali, al limite dell’ASMR. Mi ha fulminato con parole legate in analogie. I Dry Cleaning mi hanno trascinato nella buca del Bianconiglio, galleria laterale, dove un’Alice è chiusa in una stanza davanti a una webcam e il cappellaio compra online bustine di tè. 

Un album da ascoltare sempre. Che poi è il valore vero di un album che merita: il ritornarci, o il volerci ritornare. Come un buon libro, come un posto che ci stimola.
Ecco. Forse è lo stimolo il valore aggiunto in questo lavoro. Davvero eccezionale.

Il mio premio è un cielo stellato come quelli da lockdown.
Fa fresco.
Perché ho smesso di fumare?
Torno, vediamo se verso casa questo album cambia senso anche lui.

 

Dry Cleaning
Stumpwork
4AD

 

Andrea Riscossa

Dry Cleaning @ Circolo Magnolia

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• Dry Cleaning •

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Circolo Magnolia (Milano) // 28 Aprile 2022

 

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VEZ5_2021: Andrea Riscossa

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Arlo Parks Collapsed in Sunbeams

Un album di esordio di una ventunenne, che comprime generi e stili con una semplicità e una naturalezza spiazzanti. Da una base lo-fi si arriva al soul, tra rock e R&B, con pezzi recitati, tutti utili e tutti ben utilizzati per creare un’atmosfera che sospende, come davanti a un acquario, in cui galleggiano idee, sentenze, punti di vista. Da esplorare.

Traccia da non perdere: Eugene

 

Dry Cleaning New Long Leg

Dunque, lei è ipnotica. Tutti insieme funzionano proprio bene. Il disco è un’eco di musica che fu, che è, che sempre sarà, in un gioco di rimandi e ricordi (tra Joy Division, Smiths, Cult, Strokes) e quel gusto nuovo che sa di alchimia e di ingrediente segreto. Prodotti dall’arzillo John Parish, padre artistico di PJ Harvey.

Traccia da non perdere: Scratchcard Lanyard

 

Damon Albarn The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows

L’Islanda cotta a fuoco lento da Mr. Albarn, innamoratosi anni fa dell’isola ai confini del mondo. Come un personaggio di Verne, si perde tra vulcani e ghiacciai, ma lo fa ascoltando, captando e cantando. Elegia per Eyjafjallajökull, ai posteri l’ardua pronunzia.

Traccia da non perdere: Royal Morning Blue

 

The Killers Pressure Machine

Ok, quota guilty pleasure 2021 va al gruppo di Las Vegas. Sia chiaro, non è un album memorabile, ma ha gli stessi ingredienti che rende imprescindibile ed eterna la torta della nonna. È un lavoro quasi distopico, che devia dalla strada percorsa dalla band finora, che strizza l’occhio a Springsteen e si prende del tempo per raccontare storie e pezzi di vita. Quelli di Mr. Brightside mi hanno fregato.

Traccia da non perdere: Quiet Town

 

Nick Cave & Warren Ellis Carnage

Agita il bicchiere, prendi un bel sorso, assapora, chiudi gli occhi, elenca: profondo, etereo, subacqueo, malinconico, arioso. È un album fatto di respiri, a volte mozzati, a volte profondissimi. È forse l’unico veramente legato alla pandemia. O forse no. Però, che meraviglia.

Traccia da non perdere: Carnage

 

 

Andrea Riscossa

VEZ5_2021: Alberto Adustini

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Springtime Springtime

Il mio disco del 2021 è uscito quasi sul suono della sirena. Un terzetto d’assi che ha sfornato una piccola gemma che spazia dal cantautorato all’improvvisazione, con tinte darkeggianti e infinite pennellate di genio.

Traccia da non perdere: Will to Power

 

Julien Baker Little Oblivions

Dare un seguito a quella meraviglia chiamata Turn Out The Lights non era affatto semplice, ma Julien Baker ha la stoffa delle grandissime. Provare per credere questo nuovo Little Oblivions.

Traccia da non perdere: Song in E

 

Black Country, New Road For the First Time

Ok potrebbero ricordare Spiderland, e allora? Che c’è di male nel prendere ispirazione dal miglior disco della storia del rock?

Traccia da non perdere: Opus

 

Godspeed You! Black Emperor G_d’s Pee AT STATE’S END!

Impossibile trovare un disco brutto nella discografia della band canadese, ma qui torniamo ai livelli di eccellenza che forse mancavano dai tempi di Lift.

Traccia da non perdere: First of the Last Glaciers

 

Dry Cleaning New Long Leg

La mia quota post punk per quest’anno è tutta loro. Disco spettacolare.

Traccia da non perdere: Unsmart Lady

 

Honorable mentions 

Little Simz Sometimes I Might Be Introvert – Infatuato della signorina Simbiatu Abisola Abiola Ajikawo da quando rimasi folgorato da una sua versione di Venom, a sto giro alza vertiginosamente l’asticella. Disco monumentale.

Iosonouncane IRA – Pochi dischi suonano così, mi spiace dirlo. In cuffia Ira è un’esperienza sensazionale.

 

Alberto Adustini