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Tag: fearless records

Ice Nine Kills “The Silver Scream 2: Welcome To Horrorwood” (Fearless Records, 2021)

Il quartiere dell’orrore

Abbiamo imparato bene a conoscere gli Ice Nine Kills, soprattutto negli ultimi anni e soprattutto dopo la pubblicazione di The Silver Scream, nel 2018, che li ha portati davvero in alto tra i gruppi appartenenti al panorama Post-Hardcore. La band di Boston, tre anni dopo, è pronta a deliziarci ancora con un nuovo album, che rappresenterebbe la seconda parte di The Silver Scream, intitolato Welcome To Horrorwood. Una sorta di sequel quindi, come da tradizione nel mondo delle opere horror, secondo quanto afferma il frontman Spencer Charnas.

È l’artwork della copertina, cupo e meraviglioso, ancora una volta realizzato magistralmente dall’artista Mike Cortada, l’elemento che ci trasmette le prime sensazioni. Anche questa volta, l’idea è quella di trasportare l’ascoltatore in un mondo abitato dagli assassini delle più famose opere, scritte o cinematografiche, del genere horror. Un esempio è il primo singolo pubblicato dai nostri, Hip To Be Scared, in cui vediamo la partecipazione di Jacoby Shaddix dei Papa Roach, che omaggia il celeberrimo film American Psycho, tratto dal romanzo di Bret Easton Ellis. Ricordiamo che gli Ice Nine Kills, già in The Silver Scream, omaggiarono infatti numerosi film dell’orrore, come Friday the 13th, It e Halloween, per ricordarne alcuni. 

Anche lo stile musicale non varia, e menomale. La maturazione artistica della band, comunque, col passare del tempo, si avverte. Il sound di base è quello tipico del Post-Hardcore e riprende band come We Came As Romans, Saosin, A Day To Remember e i primi Emarosa. Gli Ice Nine Kills, però, si dimostrano bravissimi nell’aggiunta di elementi che possano contraddistinguerli. Ciò che richiama subito l’attenzione dell’ascoltatore sono le veloci e impetuose cavalcate di batteria, unite a scream infernali e una piacevolissima componente gotica data dall’uso, in più casi, di violini e tastiere. Impressionanti alcuni passaggi in vero e proprio stile Deathcore presenti, ad esempio in Funeral Derangements, contornata da rapidi riff di chitarra e growl gutturali. 

Oltre al featuring di Jacoby Shaddix di cui si è parlato prima, Welcome To Horrorwood ci regala la crudissima Take Your Pick, con nientemeno che Corpsegrinder dei Cannibal Corspe. A seguire, The Box, che vede la partecipazione di Brandon Saller degli Atreyu e Ryan Kirby dei Fit For A King, un’accoppiata assurdamente grandiosa. L’ultimo featuring è quello di Buddy Nielson dei Senses Fail in F.L.Y.

Traendo le somme, Welcome To Horrorwood si rivela un album pazzesco e dominante, pieno di sorprese e musicalmente variegato, parecchio oserei dire. Gli Ice Nine Kills ci regalano una vera chicca e non potevano farlo in un periodo migliore. Del resto, ottobre è il mese dell’orrore, no? Beh, ecco la colonna sonora per vivere al meglio questo periodo da paura!

 

Ice Nine Kills

The Silver Scream 2: Welcome To Horrorwood

Fearless Records

 

Nicola Picerno

Movements “No Good Left to Give” (Fearless Records, 2020)

Il buio in mezzo al tunnel

 

Partiamo subito con una confessione: non appena questo gruppo californiano aveva annunciato l’uscita del loro secondo album, a distanza di tre anni dal loro primo LP Feel Something, la prima cosa a cui avevo pensato era stata che forse quest’anno sempre più simile al remake di Una Serie di Sfortunati Eventi avrebbe avuto una colonna sonora quanto meno appropriata.

Ovviamente in senso buono.

Già, perché se c’è una cosa che i Movements sanno fare bene – e lo avevano già dimostrato con il loro album di debutto – è parlare di tutti quegli argomenti decisamente poco piacevoli ma contro cui, volenti o nolenti, questo 2020 ha contribuito a farci scontrare e non sempre nel modo in cui eravamo abituati: la malattia, la perdita, la salute mentale, le difficoltà nelle relazioni. 

Lo fanno con un sound ruvido e dei ritmi quasi ossessivi, di matrice primi anni duemila e che ricordano band come i Mayday Parade o i Good Charlotte. 

No Good Left To Give inizia con In My Blood, canzone dai toni che sulle prime sembrano quasi sommessi, per poi esplodere verso la fine e lasciar intendere che anche questo album sarà crudo, graffiante e forse ancora più intenso del primo. In generale, il mood del disco può essere sintetizzato bene dalla quarta traccia, Tunnel Vision, una metafora visiva della depressione dove il cantante ammette di essere “angry and tired”, arrabbiato e stanco. 

Sono proprio loro le due sensazioni predominanti, rabbia e stanchezza. Sono loro che accompagnano l’ascoltatore lungo tutte le 12 canzoni, in un tentativo di mettere su traccia audio cosa significa e cosa si prova quando si ha a che fare direttamente o indirettamente con problemi di salute mentale. 

Non a caso, il singolo Don’t Give Up Your Ghost capovolge il punto di vista: chi canta è già passato attraverso il tunnel delle tendenze suicida e cerca di mostrare supporto e comprensione a chi invece ci sta passando in quel momento. “But there’s a beauty I believe you can find/Under the grief, under the compromise”, canta Patrick Miranda in una strofa. È forse uno dei pochi momenti di luce in un album che invece non ha paura di attraversare posti parecchio bui, ma forse questo si poteva capire già dal titolo. 

No Good Left To Give. Non è rimasto niente di buono da dare. 

Però forse non del tutto vero. 

È rimasta la musica e quella, per fortuna per noi che ascoltiamo, è ancora decisamente qualcosa di buono. 

 

Movements

No Good Left To Give

Fearless Records

 

Francesca Di Salvatore

Grayscale “Nella Vita” (Fearless Records, 2019)

Dipinto emotivo in scala di grigi

 

L’estate sta volgendo al termine, portandosi via la tipica voglia di far baldoria, inneggiando ad una vita gioiosa e senza pensieri.
Le giornate si accorciano, l’inverno è alle porte e con esso il malessere tipico del ritorno alla vita quotidiana: clima perfetto per l’uscita del nuovo disco dei Grayscale, che tornano con Nella Vita, titolo tutto italiano per questo quintetto pop punk americano.

Musicalmente nati nel 2011, a distanza di quattro anni esce il loro primo EP, Change, ma l’anno del debutto ufficiale è senza dubbio il 2017, con l’album Adornement per Fearless Recording.

I Grayscale sono una miscela di emozione pura e grezza, con elementi del rock alternativo, radici punk ben assestate, e una combinazione di hip hop moderno.

Attraverso la musica ci restituiscono un’immagine emotiva in scala di grigi, iniziando dal nero della depressione, passando per il grigio della consapevolezza e arrivando al bianco candido della redenzione di sé stessi.

I Grayscale sono reali come le nubi, come la pioggia.
Sono reali come la sofferenza, come la perdita.
Parlano di morte, di amore tossico, di depressione, di droga e di sesso.

Con Nella Vita realizzano un album molto pop rock punk, con il quale riescono a comunicare dolore e disperazione con un ritmo orecchiabile e ritornelli indie. Canticchiando queste canzoni si finisce con l’empatizzare con le tematiche tragiche descritte nei testi.

La morte conclamata, in In Violet, primo singolo che accompagna l’uscita del disco, è un brano molto personale, come ammette il frontman del gruppo, il quale, durante un periodo tormentato, ha pensato al suo funerale dove avrebbe voluto che tutti i presenti fossero vestiti di viola, cantando e sorridendo alla vita. Fa riflettere su come noi occidentali consideriamo la morte come fine del percorso, un evento negativo. Con questo pezzo invece, i Grayscale ci propongono una nuova chiave di lettura, un’interpretazione della morte non come l’epilogo, ma piuttosto come un’esperienza di rinascita e un presupposto per gioire della vita stessa che è stata.

L’insieme di circostanze complesse che ci propina la vita prosegue in Painkiller Weather, dove si affronta una complicata storia di amore e droga, arduo conflitto amoroso tra sentimento e dipendenza. Questo pezzo descrive quanto sia penoso e complicato essere impotente di fronte alla distruzione pacata della propria amata e quanto questo conduca alla disintegrazione di sé stessi.

Temptations won, yeah, they always won” – neanche l’amore può nulla davanti all’assuefazione dal eroina. 

La tematica dell’amore malato è toccata anche in Baby Blue, dove viene decantato un sentimento depredato dall’oscurità intensa della malinconia che spazza via tutte le emozioni. Tutto intorno è annebbiato da un disagio talmente radicato che rende vuota e insignificante ogni sensazione.

I loro riff pop punk descrivono in modo schietto la depressione e la solitudine in Old friends, una ritmata ballata che colpisce nel profondo. Tutti noi ci siamo sentiti sbagliati, privi di importanza e senza futuro almeno una volta: indossare una maschera sorridente quando l’anima invece sta cadendo lentamente a pezzi, quando vorresti solo bussare alla porta di qualcuno sotto la pioggia per parlare, quando l’unico modo che hai per uscirne è confidarti e invece rimani solo, seduto sul tuo letto, colmo di odio verso te stesso.

Nella Vita è un viaggio catartico, una collezione di brani che rappresentano una cronaca di vita, di esperienze dei componenti del quintetto, con cui ci accompagnano nella scoperta della rinascita. Ascoltare questo album è esplorare la caverna umida e cupa che è in noi, il posto più nascosto che celiamo al mondo, entrare nelle viscere di noi stessi e riuscire ad uscirne più forti di prima.

Come scrive Chuck Palahniuk nel suo romanzo Fight ClubÈ solo dopo che hai perso tutto che sei libero di fare qualsiasi cosa”: solo arrivando a toccare il fondo possiamo darci la spinta per risalire, solo entrando a contatto con la solitudine e la disperazione possiamo tornare a risplendere.

 

Grayscale

Nella Vita

Fearless Records, 2019

 

Marta Annesi