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Tag: gazebo penguins

I Gazebo Penguins e i loro dischi inevitabili quanto necessari

Dopo le quattro date evento per presentare il loro ultimo disco, Quanto, e in vista del prossimo tour in giro per tutta l’Italia, abbiamo intervistato i Gazebo Penguins, che si confermano una delle band più interessanti in Italia. E probabilmente la miglior live band che vi possa capitare di incontrare.
Ci ha risposto Capra.

 

Ciao ragazzi, grazie intanto per la vostra disponibilità e benvenuti su VEZ Magazine. A noi il disco è piaciuto davvero molto, per cui iniziamo col chiedervi quando avete iniziato a comporre le nuove canzoni e quanto tempo è stato necessario per avere le sette che sono poi finite nel disco.

“Allora, avevamo iniziato a buttare giù un po’ di bozze ancora prima del lockdown e successivamente abbiamo continuato a lavorarci anche durante i vari isolamenti forzati, ma onestamente pochissima della roba lavorata in quei periodi è finita nel disco, giusto un paio di giri. Quando si è potuto ricominciare a suonare da seduti abbiamo deciso di rimetterci in gioco, rivisitare le nostre canzoni e provare a dargli un senso un po’ deviato per il periodo deviato in cui ci si trovava a vivere.

Dopo quel tour, denso di sentimenti parecchio antitetici, è partito il lavoro più serrato verso il disco nuovo. Se dovessimo sommare tutti i mesi arriviamo tipo a contare quasi tre anni, ma in realtà i mesi più intensi e produttivi saranno stati otto.”

 

Si è trattato di un disco difficile da fare? E cos’è cambiato in voi rispetto al passato? Intendo soprattutto a livello compositivo, se negli anni è cambiato il modo di realizzare e registrare poi i brani. 

“È stato un disco nato e cresciuto in maniera molto diversa dagli altri.
Nel silenzio. Magari nemmeno tutti assieme. Le bozze dei pezzi crescevano settimana dopo settimana davanti allo schermo di un computer, senza fretta, cambiando e sostituendo parti se non ci convincevano più, riscrivendo fino a dieci finali diversi per la stessa canzone, a volumi bassi, senza amplificatori. E quando una prima scaletta del disco ci sembrava ok, abbiamo portato tutto il sala prove e alzato la manopola del gain.”

 

Sbaglio se dico di sentire una sorta di continuità, un trait d’union, tra Nebbia e Quanto? Sia come tematiche che molto anche a livello di sonorità.

“Probabilmente sì. Alla fine la ricerca del suono per noi è forse la prima cosa che emerge quando ci mettiamo a scrivere un disco nuovo. E la ricerca del suono non parte da zero, fa sempre parte di un percorso che hai intavolato nel momento in cui hai cominciato a prendere la musica sul serio. Procede. E si sposta man mano.
Sulle tematiche non sarei invece così sicuro di darti ragione.
Però, se volessimo trovare un tratto di continuità, potrei dire che Nebbia partiva da una riflessione sulle relazioni collegate a una dimensione – uhm – meteorologica, mentre Quanto prende spunto da tanti concetti cari alla meccanica quantistica e alla fisica del novecento per provare a raccontare storie del mondo, quello in cui viviamo, quello in cui vorremmo vivere, quello che non vivremo mai. In entrambi i casi si parte da una dimensione molto terrena, che da un album all’altro opera come uno scavo in profondità, nei recessi della materia e del tempo.”

 

Com’è nata l’idea di inserire il sax? Credete che in futuro potrà esserci spazio per altre sperimentazioni, anche più presenti e impattanti?

“Magari! Sulla strumentale di Nubifragio ci sembrava perfetto il suono del sax, uno strumento a fiato, un suono fatto di aria, che creasse qualcosa di turbinoso, ipnotico, e le idee portate da Mallo (Manuel Caliumi) in studio sono state esattamente quello che speravamo.”

 

Un po’ in controtendenza con quanto accade ormai sempre più frequentemente nello showbiz, non siete dei grandi utilizzatori delle collaborazioni, salvo rare eccezioni. C’è una motivazione dietro a questa scelta? E qualora ne aveste la possibilità, con quale artista, presente o passato, vi piacerebbe collaborare?

“Abbiamo sempre fatto uscire un disco nuovo solamente per un motivo di necessità. Non abbiamo mai avuto pressioni, né interne né esterne: un disco arrivava quando era il momento, quando per noi diventava inevitabile, necessario. Siamo legati all’idea, forse anacronistica, che la musica nuova che arriva debba rappresentarci nel modo più trasparente possibile, che sia qualcosa di nostro, in una maniera integra, completa. E, senza voler peccare di supponenza, ci piace l’idea di poter suonare tutto quello che ci serve per realizzarlo.
Detto ciò, non abbiamo nulla contro le collaborazioni, specialmente se diventano qualcosa che riesce ad entrare un po’ più nel cuore della composizione, senza essere troppo di superficie.
Abbiamo iniziato a fare qualche chiacchiera con i Post Nebbia, per capire se sia possibile inventarsi qualcosa che vada proprio in questa direzione.”

 

Come sono andate le quattro date di presentazione di Quanto? Avete già capito quali potranno essere i brani che entreranno in pianta stabile nelle scalette? La risposta del pubblico – almeno per quanto visto a Bologna – era stata davvero travolgente, segno che Quanto funziona davvero!)

“Guarda, la presentazione di Quanto nella quattro date di dicembre è stato qualcosa di assurdo. L’idea precisa che avevamo, concordata assieme a Garrincha e ToLoseLaTrak, era quella di portare dal vivo, per la prima volta, il disco nuovo, senza la possibilità di ascoltarlo prima in streaming o altro. Suonarlo dal vivo, e comprarlo esclusivamente dal vivo. (Il fatto che, alla fine dei concerti, un sacco di persone abbia poi deciso di comprarsi il cd o il vinile di Quanto appena ascoltato per la prima volta è stato chiaramente per noi una sensazione incredibile, un senso chiaro di missione compiuta).
Ridare centralità al momento del live, riportare il concerto nel cuore dell’ascolto – che è un po’ la nostra visione della musica. E restituire al concerto dal vivo anche quell’aspetto di scoperta che un po’ si è perso negli ultimi anni: scoprire qualcosa di nuovo, che poi ti possa piacere o ti faccia cagare è uguale: sarà comunque qualcosa che prima non conoscevi. E fare in modo che un disco nuovo diventasse, alla fin fine, un momento per ritrovarsi, un incontro di persone, dal vivo, portate lì per sentire un concerto.
Per quanto riguarda le scalette, al momento, in questa prima parte del tour che è seguita alle date di anteprima, abbiamo deciso di rinnovarci ad ogni weekend, senza portare mai le stesse identiche canzoni da un posto all’altro in cui ci ritroviamo a suonare. Ce ne sarà una più punk, una più classica, una più dilatata, una più revival e via così.” 

 

Dopo oltre quindici anni di onorata carriera continuate ad avere sempre lo stesso contagioso entusiasmo dell’inizio, i vostri live sono sempre una festa clamorosa e la cosa che più mi fa piacere è che accanto a noi, seguaci della prima ora ormai quarantenni, ci son sempre più giovani e giovanissimi che conoscono le canzoni parola per parola, dalle più vecchie alle più recenti. Non deve essere stato per niente facile per voi star lontano dai palchi per così tanto tempo. Cos’è significato ritornare in mezzo alla vostra gente senza impedimenti, come non fosse mai successo niente in questi due anni?

“Un grande, enorme . Quattro concerti che hanno spazzato via quella sensazione di sfaldamento e freddezza che, per un certo periodo, parevano inscalfibili. Ma che non hanno cancellato il senso di impotenza che ha scavato a fondo, su cui ancora ci si trova a inscurirsi e pensare. Cercheremo di suonare il più possibile, perché il tempo perso non esiste più, è irrecuperabile, ma riempire di musica il tempo a venire è ancora possibile. E via andare.”

 

Alberto Adustini

Gazebo Penguins “Quanto” (To Lose La Track / Garrincha Dischi, 2022)

Partendo dall’assunto, incontrovertibile, che Nebbia sia il miglior disco dei Gazebo Penguins, i quali a loro volta sono una delle migliori band nate in Italia negli ultimi diciamo vent’anni, quando appresi la notizia qualche mese fa che avremmo avuto un quinto lavoro in studio, pensai subito “Eh, non sarà facile mantenere le (mie) attese. Vi aspetto al varco, cari miei”.

Ebbene, al boh, decimo ascolto di Quanto (così s’intitola il nuovo disco) negli ultimi venti giorni devo dire che ce l’hanno fatta. Con margine. A mantenere le attese intendo.

Non che ci fossero grossi dubbi in effetti, lo hanno mai sbagliato un disco Capra, Sollo, Piter e Rici? La risposta è no. 

E sapete quale potrebbe essere il loro segreto? Che sanno scrivere, hanno idee, tante, i testi sono sempre più curati e danno l’impressione di divertirsi e amare enormemente ciò che fanno.

Nel tempo è poi cresciuta la componente della consapevolezza, della cura per l’arrangiamento (l’inserimento del sax è una chicca non da poco), l’affiatamento, quello che volete, ma ad ogni giro in studio i quattro ne escono con degli album che vivono di vita propria, con una propria identità e credibilità.

Sì perchè, se è vero che di Senza di Te ne nasce una nella vita, l’effetto live di una Nubifragio è clamoroso (ne sono stato testimone qualche giorno fa a Bologna), una detonazione che poco ha a che invidiare a Il Tram Delle 6 per dirne una, così come la potenza di una Cosa Fai Domani (che richiama lontanamente, come andamento, Pioggia), o l’immediatezza di Cpr14, il crescendo di Se Non Esiste Un Vuoto, ormai quasi un marchio di fabbrica della band di Correggio, cioè delle sette tracce che compongono questo Quanto faccio fatica a trovarne una più debole delle altre, uno di quei brani messi a mò di riempitivo per arrivare alla durata ideale.

Qui tutto conta e tutto è funzionale, e non a caso i testi di Gabriele CapraMalavasi sembrano seguire questo mood, questo andazzo, nell’evitare la sovrabbondanza, il molto, l’affettato, ma ricercano con grande abilità le parole misurate, giuste, per scavare sempre più a fondo negli affetti, nelle relazioni, nell’io.

Bravi.

E bravi.

 

Gazebo Penguins
Quanto
To Lose La track / Garrincha Dischi

 

Alberto Adustini

VEZ5_2022: Francesca Di Salvatore

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Cara Calma Gossip!

Terzo album e terzo strike di fila per la band bresciana che, per quanto mi riguarda, non sbaglia un colpo e continua a essere uno dei gruppi più interessanti della scena rock nostrana. Visti live durante il loro tour estivo, l’energia del disco trova il suo habitat naturale nei concerti dal vivo e loro si confermano animali da palco. 

Traccia da non perdere: Kernel

 

Rancore Xenoverso

Quattro anni dopo Musica per Bambini e con una partecipazione a Sanremo nel frattempo, Rancore pubblica un concept album che potrebbe tranquillamente essere una via di mezzo tra un romanzo di formazione e uno di fantascienza. Il suo rap diventa sempre più raffinato e curato e di canzone in canzone, un po’ come di capitolo in capitolo, noi che ascoltiamo ci addentriamo sempre di più in questo mondo futuristico, dove si può viaggiare tra i mondi e nel tempo. 

Traccia da non perdere: Le Rime (Gara tra 507 Parole)

 

Stromae Multitude

Se non erano dieci anni che Stromae non faceva uscire niente di nuovo, poco mancava. E per fortuna questi nove anni di distanza da Racine Carrée non l’hanno minimamente scalfito. Stromae è tornato con un album perfetto sia per ballare a una festa in casa sia per piangere, dipende se preferite prestare maggiore attenzione alla musica o al testo. Non mi aspettavo niente di meno.

Traccia da non perdere: Santé

 

Imagine Dragons Mercury – Act 2

Dopo un Mercury – Act 1 uscito lo scorso anno senza infamia e senza lode, il secondo atto risolleva le sorti di questo lavoro da 32 canzoni in tutto pubblicate su due anni.
Mercury – Act 2, pur mantenendo le sonorità più radiofoniche a cui ci hanno abituato negli ultimi anni, ricorda almeno in parte i loro dischi precedenti e a cui sono estremamente affezionata, essendo stata la band che mi ha fatto avvicinare in modo più strutturato alla musica. 

Traccia da non perdere: Higher Ground 

 

Taylor Swift Midnights

L’album che mi ha stupito di più quest’anno, se lo mettiamo in relazione alle mie aspettative pressoché inesistenti. Un album intimo e sincero che riprende temi e sonorità da quell’indie pop ormai sdoganato dalla scena internazionale. Il duo con Lana Del Rey in Snow on the Beach ha fatto prepotentemente risvegliate la quattordicenne che alberga nascosta dentro di me.

Traccia da non perdere: Anti-Hero 

 

Honorable mentions 

Pinguini Tattici Nucleari Dentista Croazia – Un bellissimo ritorno alle origini.

Gazebo Penguins Nubifragio – Un fulmine a ciel sereno, un ritorno inaspettato. Canzone meravigliosa.

Francesca Michielin Bonsoir – Una bellissima lettera d’amore.

Imagine Dragons Love Of Mine – Il 2022 è stato il decennale del loro primo LP, Night Visions, quindi la band ci ha regalato tutte quelle canzoni che non erano rientrate nella prima versione. Vince il premio “Viale dei Ricordi”.

La Rappresentante Di Lista Ciao Ciao – La mia personale vincitrice di Sanremo 2022 e non accetto alternative.

 

Francesca Di Salvatore

Gazebo Penguins @ Locomotiv Club

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• Gazebo Penguins •

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Locomotiv Club (Bologna) // 08 Dicembre 2022

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435940801{margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]Mi pare ci sia una certa qual ricorsività in questo festivo giovedì dicembrino, e che sia quella del numero 4. 

In un Locomotiv abbondantemente e da settimane ormai sold out, i Gazebo Penguins, già terzetto ma ormai da un pezzo diventato quartetto con l’innesto consolidato della chitarra di Riccardo Rossi, si stanno per esibire nella quarta (di quattro) “date evento” per presentare il nuovo disco, di imminente uscita (il 16/12), Quanto. Che non sarà di certo il loro quarto disco, ma si tratta incontrovertibilmente del quarto disco il cui titolo è composto di una sola parola, dopo Legna, Raudo e Nebbia. E non sono certo l’unico ad aver notato che la copertina dello stesso consta di 4 cerchi.

Ciò detto quanto andato in scena in quel di Bologna è qualcosa che molto si avvicina alla definizione di serata trionfale.

La prima parte del live è ovviamente incentrata sulla riproposizione integrale dell’ultimo lavoro, e pronti via con l’attacco di Nubifragio, con sommo sbigottimento realizzo che tutti sanno già tutto il testo a memoria, e accompagnano con trasporto e irrefrenabile entusiasmo le voci di Capra e Sollo, a parer mio non ancora perfettamente in sintonia, e ci mancherebbe, in alcuni passaggi. Sia chiaro, l’impressione netta è che almeno la metà di questi brani possa diventare un instant classic nei live della band come del resto accade da una quindicina d’anni abbondante ad ogni nuovo lavoro in studio, ma che ovviamente siano pezzi che hanno bisogno di un minimo di rodaggio e di acquisire un’alchimia che evidentemente al momento non può essere quella ideale.

Musicalmente il livello è spaziale, travolgente ed una menzione speciale la meritano le due incursioni del sax: davvero riuscite e funzionali al tutto, anzi, a mio modesto avviso è un’intuizione che andrebbe approfondita e perchè no, aumentata ed estesa.

Il resto ce lo mette il pubblico ed il suo entusiasmo incontenibile. Si poga senza sosta, crowd surfing, mosh pit, il sotto palco è davvero uno spettacolo nello spettacolo, complice anche un ritmo forsennato che rende difficile tirare il fiato: provateci voi con una sequenza come Finito il caffèIl tram delle 6Nebbia. 

E poi i bis, con la mia preferita, Bismantova, la chiusura quasi obbligata affidata a Senza di Te, cantata da qualche centinaia di persone felici. Alcune più sudate, altre meno. Tutti comunque testimoni di come i Gazebo Penguins siano una delle migliori live band italiane. 

 

Alberto Adustini

Foto di Ilenia Arangiaro

 

Setlist  

Nubifragio
Se Non Esiste Il Vuoto
Feyerabend
Erwin
Cpr14
Cosa Fai Domani
Uscire
Finito il caffè
Il tram delle 6
Nebbia
Atlantide
Scomparire
Difetto
Nevica

Encore
Bismantova
Cinghiale
Correggio
Senza di te

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VEZ 2020: riflessioni di fine anno

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Il 2020 è stato un anno difficile per l’industria musicale: il Covid-19 ha condizionato la nostra vita da qualsiasi punto di vista.

Questo si prospettava un anno dalle grandi emozioni: doveva essere l’anno dei Pearl Jam a Imola, quello del gran ritorno dei Deftones a Bologna, sicuramente quello del ritorno del Boss Bruce Springsteen in Italia, i soliti grandi festival nazionali ed internazionali con nomi da leccarsi i baffi, invece è saltato tutto. Annullato e Riprogrammato sono state le due parole affiancate a quelli degli eventi. Sopravvivere e Reinventarsi invece sono state quelle cucite addosso agli addetti ai lavori, band e anche ai magazine di musica.

VEZ Magazine è nato principalmente come magazine fotografico ed è sempre contata tantissimo la qualità delle nostre immagini: negli anni passati quindi si è data sempre più importanza ai fotografi di live e ai loro contenuti, anche perché quasi ogni giorno c’erano concerti, eventi e materiale per galleries fotografiche.
A Marzo, quando abbiamo capito come si sarebbero messe le cose, non ci siamo dati per vinti e, sostenuti dai nostri giornalisti che si sono rimboccati le maniche, abbiamo spostato l’attenzione sui contenuti scritti per cercare di mantenere comunque vivo il magazine e continuare ad offrire la qualità a cui i nostri lettori sono stati abituati.
Alberto Adustini, Andrea Riscossa, Francesca Di Salvatore, Marta Annesi – il nostro quartetto delle meraviglie – insieme agli altri giornalisti, sono diventati i punti fermi di VEZ: grazie ai loro articoli, alle loro recensioni ed interviste, infatti, abbiamo comunque potuto apprezzare il meglio che questo 2020 poteva offrirci musicalmente parlando, in attesa di poter tornare sotto al palco ad imprimere in parole ed immagini le emozioni dei live.

Con l’avvicinarsi della fine di questo 2020 bisesto e decisamente funesto, abbiamo guardato indietro e per cercare di ricordarci com’era la musica prima della pandemia abbiamo fatto una selezione delle migliori immagini dei nostri fotografi, che fino a quando hanno potuto, si sono lanciati sotto palco ad immortalare i vostri cantanti preferiti.

Luca Ortolani

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Dall’alto, da sinistra a destra, foto di:

Editors – Elisa Hassert
Pubblico – Simone Asciutti
Max Gazzè – Siddharta Mancini
Melanie Martinez – Maria Laura Arturi
Soviet Soviet – Siddharta Mancini
Gazebo Penguins – Simone Asciutti
Big Thief – Francesca Garattoni
Zebrahead e pubblico – Luca Ortolani
Niccolò Fabi – Simone Margiotta
The Comet Is Coming – Siddharta Mancini
Kaiser Chiefs – Elisa Hassert
Gio Evan – Luca Ortolani
The Maine – Luca Ortolani
Milky Chance – Annalisa Fasano
Francesca Michielin – Luca Ortolani
Mecna – Alessandra Cavicchi
Calibro 35 – Isabella Monti[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Gazebo Penguins @ Monk

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• Gazebo Penguins •

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Monk (Roma) // 17 Gennaio 2020

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Foto: Simone Asciutti

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