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Tag: gintsugi

Tre Domande a: Gintsugi

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto vero e proprio è nato durante il primo periodo della pandemia. Avevo iniziato a comporre nel 2019 e mi sono ritrovata a non poter lavorare da marzo 2020, e ad avere un’organizzazione del tempo molto diversa. A volte ho composto per due, tre giorni di seguito senza mai fermarmi, neanche per mangiare!
Nel frattempo un’idea anche concettuale era maturata, anche attraverso diverse ispirazioni, ovvero creare canzoni a partire da zone d’ombra e di vulnerabilità. C’è tanta esibizione di persone nel senso di maschere o ego nella nostra società e volevo scrivere qualcosa che non partisse da quella parte forte, costruita, ma da una zona vulnerabile, poco esposta, trattando anche di stati emotivi un po’ tabù, magari fonte di vergogna. Questo per me è abbastanza catartico nel momento in cui scrivo, ma poi esporlo è fonte di disagio, e mi interessa stare in quella zona poco confortevole perchè penso che lì si può trovare qualcosa di interessante.
Dal punto di vista musicale all’inizio componevo molto con ableton live, invece poi mi sono spostata sempre di più verso il pianoforte e la chitarra, per poi andare ad aggiungere degli elementi elettronici eventualmente in un secondo tempo. Il mio gusto è evoluto verso qualcosa di sempre più scarno ed acustico.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Per questi pezzi in particolare mi sono ispirata dal punto di vista letterario e musicale a Placebo, Nick Cave, PJ Harvey per la capacità di andare in fondo nel lato un po’ nascosto ed estremo dell’animo umano.
Dal punto di vista musicale sicuramente Kate Bush, c’è anche una mini-citazione a Billie Eilish, ed un’artista giovane, Broken Twin, che ha fatto uscire un album nel 2014, alcune delle canzoni sono incredibilmente toccanti e strutturate in modo perfetto. Questa zona tra la musica pop e la musica classica mi interessa in termini di composizione, anche perchè ho una formazione classica.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Vorrei entrare in comunicazione a partire da quella stessa zona di vulnerabilità che espongo, e che le persone possano essere toccate da un testo, da un suono o da una voce ad un livello sensoriale ed emotivo piuttosto che razionale. Credo che sia questa la potenza della musica, anche pop; non è solo il testo o la composizione o lo strumento a comunicare, ma è tutto l’insieme e non passa per una comprensione cerebrale, ma da corpo a corpo. E poi, anche se questo implica che io stia a disagio nel mostrarlo, far arrivare a delle persone che non importa quanto in alcuni momenti si sentano disperate, folli o sole, questi sono stati da cui passano la maggior parte degli esseri umani, a volte dietro la facciata che presentano al mondo.