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Tag: giulia illari

Vanbasten “Canzoni Che Sarebbero Dovute Uscire Tot Anni Fa” (Flamingo Management, 2020)

Vanbasten, nome d’arte di Carlo Alberto Moretti, ha pubblicato Canzoni che sarebbero dovute uscire tot di anni fa, EP d’esordio e chiaro biglietto da visita dell’artista romano.

Vanbasten ha 29 anni e ha alle spalle una carriera calcistica interrotta a 22 per iniziare a fare musica, avvicinandosi al rap in un primo momento e in seguito al punk e al pop.

Canzoni Che Sarebbero Dovute Uscire Tot Anni Fa è un progetto ben articolato, composto da dieci brani dalle sonorità elettro-punk e pop. Le produzioni, curate da Francesco Bellani, riflettono la new-wave e la scrittura dell’artista è semplice e dissacrante, una commistione tra il rap e l’indie.

Kenshiro, il primo brano, ha una ritmica incalzante. Il testo parla di un conflitto in modo diretto e sincero. Il ritornello “Ora che sei in ginocchio, io sono Kenshiro, quanto sei stato stronzo a non avermi capito”, rimane subito impresso. Mascara è una canzone d’amore dal testo elaborato e delicato. La voce di Vanbasten è profonda e mi ha ricordato Vasco Brondi dal primo ascolto: “dimmi cosa dici ai tuoi occhi quando cercano me”.

16enne e Pallonate sono pezzi generazionali. L’artista parla a ragazzi consapevoli, emancipati che vivono serate buttate, spinti dalle pallonate della vita. I testi sono irriverenti e la scelta delle parole è talvolta drastica per il genere: “Veniamo dalla strada come i vizi, siamo fatti per soffrire o per decidere di ucciderci”, scrive Vanbasten in 16enne. 

Eurospin e Sparare Sempre sono indubbiamente i pezzi più belli dell’intero EP. “Proveremo a mangiare 10k di cose, io volevo soltanto giocare a pallone adesso invece non ci gioco più” scrive l’artista in Eurospin. Il brano è nostalgico e dal testo immersivo anche se in questo caso la melodia e la produzione raggiungono l’apice dell’intero progetto per l’originalità dei passaggi tra le strutture della canzone. Sparare Sempre è una bella presa di coscienza, nel ritornello dice: “Continueremo a fare come ci pare, tra gli spari non ci stiamo male (…) Vita normale a chi, vogliamo vivere cosi”.

Canzoni Che Sarebbero Dovute Uscire Tot Anni Fa parla di vita vera, le immagini suggerite dai testi richiamano atmosfere notturne ed ambienti underground. Vanbasten parla ad un target di pubblico facilmente identificabile. La voce per quanto sincera rimane impenetrabile e a tratti ridondante. Le melodie non sono mai troppo incisive ma nel complesso si tratta di un progetto fresco che tocca tematiche semplici ma in modo innovativo. L’ascolto adatto ad un pubblico giovane e attento in cerca di musica audace.

 

Vanbasten

Canzoni Che Sarebbero Dovute Uscire Tot Anni Fa

Flamingo Management/Artist First

 

Giulia Illari

Novastar: il mondo possibile di Cavaleri

Barbara Cavaleri è una cantautrice pop italiana. A sei anni dall’uscita del suo primo album in inglese So Rare, il 28 Gennaio 2020 pubblica Come una Stella/Novastar. L’album è la rappresentazione di una città futuristica chiamata Novastar, dove la protagonista è schiava delle convenzioni e dei paradigmi morali ed estetici della società e vive, citando una delle canzoni dell’album, come in una lattina. Gli abitanti di Novastar sono alienati in bilico tra il voler godere dei privilegi di “questo gioiello contemporaneo” e il sacrificio quotidiano per attenersi alle sue regole di omologazione. Un universo estraneo alla nostra realtà in cui l’ascoltatore non può che rivedere alcune delle sfumature più tetre del nostro tempo. 

 

Quando nasce il progetto dell’album e come si è sviluppato il processo creativo?

“Il progetto nasce intorno al 2018. La prima canzone che si è concretizzata è stata Le parole, l’ultima della tracklist ma la prima in ordine di scrittura. L’idea dell’album nasce dopo anni di lavoro incessante. Alcuni progetti sono andati in porto, mentre altri per varie ragioni non mi sono sentita di pubblicarli.
Questo album è stato molto nitido fin da subito nella mia mente. Una volta scritta Le parole si è materializzata Novastar, la città futuristica e la protagonista, proprio come se fosse la trama di un romanzo di un film. Ho poi sviluppato tutte le canzoni dell’album, intorno agli argomenti che mi premeva di più sviluppare. La genesi è durata circa due anni fino alla pubblicazione il 28 Gennaio 2020. Sono un’artista che vuole prendersi tempo per trovare i collaboratori giusti.”

 

Tre parole che useresti per descrivere il tuo album?

“Si tratta di un lavoro libero, fuori dalle convenzioni attuali di scrittura, ma è scritto e prodotto in modo molto coerente. Il secondo aggettivo è contemporaneo: le sonorità sono ricercate, calibrate, si va da una ballad pop romantica come Come una stella, fino ad una sperimentazione più forte come Bomba. Il terzo aggettivo è ponderato, in quanto ci sono stati anni di impegno e lavoro dietro.”

 

In Lattina, il singolo d’uscita dell’album, la protagonista osserva “la sua vita futuristica” una frase che mi ha colpito molto è “come se tutto corrompesse la mia integrità” da che cosa è corrotta l’ integrità della protagonista?

“Tutto. In una vita in lattina qualsiasi cosa corrompe l’integrità della protagonista. Se io, donna di Novastar, esco dai parametri in cui gli abitanti della città devono stare, ovvero rispettare ritmi di lavoro incessanti per il progresso della città o riconoscersi forzatamente in un’affiliazione politica o morale, la mia integrità è bruciata. La protagonista ha sposato così come tutti i cittadini di Novastar, uno stile di vita fuori dal quale non potrebbero essere ammessi  privilegi materiali e di benessere economico. Deve restare in una lattina, all’interno di certi parametri sociali, conformandosi all’individualismo che non per forza assume un’accezione negativa. Viviamo e siamo soli in case dove si fatica a costruire un nucleo familiare perché tutto è sacrificato.” 

 

Il brano Body Not Soul, sembrerebbe una critica spietata alla ricerca di canoni estetici impossibili da raggiungere. A cosa in particolare ti riferisci? 

“La protagonista parte da un’introspezione e dice a sé stessa:“ho comprato mille creme e smalti fluo per coprire tutto il nero che ho dentro”. Cerca quindi di gestire un mondo interiore molto scuro e fa fatica a stare al passo. A Novastar devi scegliere chi essere a livello estetico, ed essere all’altezza di questo estetismo, altrimenti non puoi farne parte. La città, come dico anche nella canzone Contemporaneo, è un gioiello e noi siamo eletti nel poterci stare ma allo stesso tempo dobbiamo rispettare dei canoni estetici precisi e vestire una pelle 2.0. Si presta ad essere interpretata come una critica ai canoni estetici della nostra società ma onestamente si tratta più di una finzione che acquisisce significato all’interno della narrazione di questa storia, è tutto esacerbato.”

 

cavaleri novastar

 

Nonostante le strutture che coabitano il mondo artificiale ed ovattato di Novastar, vi è spazio anche per l’amore? 

“La risposta è si, assolutamente si. Per la protagonista si tratta di una ricerca incessante.Quando mi è stata proposta Come una Stella ho pensato che fosse perfetta per rappresentare l’amore di coppia, di qualsiasi coppia si tratti. E’ una canzone introspettiva, in cui la protagonista fa spazio dentro di sé per accogliere l’amore senza abbandonarsi alla vanità o a ricerche effimere. I momenti di massima dichiarazione d’amore sono Come una Stella, per l’appunto, e Ballare Fino al Mattino. In quest’ultimo brano, l’amore viene inteso come amore per l’umanità. Vi è la liberazione spirituale della protagonista che capisce che anche dentro a questo mondo artificiale può esistere una comunità. La cosa più semplice che le persone possono fare all’interno di una comunità è quella di accomunarsi con un corpo, ballare. Più siamo costretti a stare vicini, più siamo capaci di abbandonare i nostri schemi e le nostre sovrastrutture. La natura umana prevale.”

 

Secondo te, dopo la quarantena la nostra società tenderà ad assomigliare al mondo futuristico, virtuale e individualista di Novastar o pensi che al contrario ci sarà un’inversione di marcia verso una realtà primordiale e più autentica? 

“La mia opinione è che alcune persone trarranno un insegnamento da questa situazione e ne usciranno cambiate. Ora siamo soli a contatto con le nostre nevrosi e dobbiamo affrontarle per forza. C’è chi ne uscirà impoverito, soprattutto dal punto di vista economico e questo potrebbe portare all’adozione di meccanismi di protezione, come l’ignorare gli altri. Ho creato Novastar con il privilegio della fantasia, della libertà di rappresentare qualcosa che deriva dal nostro mondo ma che è liberamente ispirato. La mia è la proiezione di un possibile scenario ma tutte le proiezioni possono cambiare. C’è chi si chiuderà in casa davanti al proprio computer, c’è chi invece al contrario vorrà trasferirsi e andare a vivere in campagna. Ognuno avrà l’occasione di decidere dove andare dopo.”

 

Immagino che tour e live siano stati rinviati. Mi domando se inizialmente ci fosse l’intenzione di fare dei concerti e come pensi di gestire ora il tuo lavoro?

“Ho messo da parte l’idea della promozione live perché ho capito che si tratterà di un periodo lungo e non vorrei mettere a rischio le persone.
Abbiamo a che fare con la morte: persone che soffrono, persone che stanno lavorando duramente e quindi io ho avuto bisogno di rispettare questa cosa. Ora però, sono in una fase in cui credo che ci sia bisogno di ascoltare cose belle e stare bene.
Ieri per la prima volta ho pensato che si aprirà un filone di concerti online perché è difficile stare in silenzio per tanto tempo. Mi auguro che nascano delle alternative che facciano onore ai musicisti e alla loro funzione sociale in questo momento.”

 

Giulia Illari

AVEC “Homesick” (Earcandy Recordings, 2020)

AVEC è una cantante pop-folk austriaca. Giovanissima quanto talentosa, a 22 anni ha già calcato i palchi più importanti d’Europa, affiancando artisti come Sting, Zucchero e The Tallest Man on Earth. All’attivo ha due album, What if we never forget e Heaven/Hell ed è prevista a breve l’uscita del terzo.

Homesick, ovvero nostalgica/o di casa, è il titolo. A pensarci fa quasi sorridere, in un momento storico in cui la maggior parte della popolazione italiana si trova in quarantena.

Dodici tracce “scritte col cuore e senza pretese” come afferma l’artista, dallo stile pop-folk, mischiato ad elementi ambient coerenti fra loro che creano un paesaggio sonoro malinconico e rassicurante.

“Do you wanna know what’s wrong with me? It’s you that don’t give a shit about me now” 

La voce rotta di AVEC accompagna in sottofondo le prime note dell’intro di Runaway, il nuovo singolo appena uscito. L’artista si mette a nudo, instaurando fin dalla prima battuta una forte empatia con l’ascoltatore che, rapito dalla curiosità, non può fare a meno di entrare a piedi scalzi all’interno del brano.

Il ritornello: “I don’t mind staying up all night, runaway”entra subito in testa. È un abbraccio a distanza. A parer mio, Runaway è il brano più bello dell’intero album.

I’ll come back, Dance Solo e Way Out sono brani complementari e peculiari sia nel mood che nei contenuti. Si parla di una relazione finita e delle conseguenti ripercussioni: “Even if we’re worlds apart. You know it breaks my heart” canta AVEC in I’ll come back. 

Il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album è Home, il brano più completo e variegato dal punto di vista strutturale. Il tema ,ripreso anche nel brano Homesick for a day, è quello della nostalgia di casa. O di qualcuno che la rappresenta. AVEC esibisce una magistrale consapevolezza nel creare ritornelli dalle melodie facilmente riconoscibili e persuasive.

Fire e Mona sarebbero la colonna sonora perfetta per una fuga in mezzo alla natura. Riesci a vedere un falò e sentire l’odore di marshmallows sul fuoco. 

Rispetto ad Heaven/Hell, l’album precedente, si avverte un cambiamento nella scelta delle sonorità, in quest’ultimo caso più calde ed organiche. Non sorprende, quindi, che l’album sia stato registrato in una vecchia casa nel mezzo della campagna austriaca in collaborazione con un amico di lunga data. Tutto di quest’album richiama l’atmosfera intima di un luogo ameno.

In Heavy on my mind, l’artista si rivolge a noi paranoici, agli iper-sensibili che sanno esternare le proprie fragilità ed insicurezze, perché in fondo “chi è davvero normale?”

È da ammirare la capacità di AVEC nel comunicare le sue debolezze più recondite, offrendo al contempo un rifugio dove ripararsi agli ascoltatori.

Il brano, inoltre, spezza un cortocircuito di tracce troppo simili, tanto da risultare quasi ridondanti. Personalmente, le sessioni in studio di Home e Under Water, brano appartenente all’album precedente, risultano nel complesso superflue.

In conclusione, Homesick si configura come un album accogliente e rassicurante. A tratti potrebbe risultare ridondante per la sua estrema coerenza e limitata versatilità. Lo stile resta credibile ed organico, dalla prima all’ultima traccia, restituendo accattivanti successioni ritmiche.

AVEC riesce a trasmettere calore e tenerezza, mantenendo un sound incalzante tale da non esaurirsi in una mera cantilena romantica. Nel complesso, l’album restituisce un racconto introspettivo e totalizzante per chi ha il coraggio di percepire la vita attraverso il filtro della sensibilità.

 

AVEC

Homesick

Earcandy Recordings

 

Giulia Illari

Dai film ai videogiochi, il percorso di Lindstrand

Henrik Lindstrand di recente ha pubblicato il suo nuovo album Builder’s Journey, che abbiamo recensito qui. Incuriositi da questo album particolare, gli abbiamo chiesto com’è stato comporre per la prima volta la colonna sonora di un videogioco e dei suoi progetti futuri.

 

Da musicista rock e compositore di colonne sonore (di film), qual è stata la tua prima reazione quando LEGO Games ti ha contattato per ideare l’ambiente sonoro di un videogioco?

“L’ho presa come una nuova opportunità per addentrarmi in un’area creativa che non avevo mai esplorato prima. Inoltre, è stato incoraggiante sapere che avevano ascoltato il mio primo album da solista e che quindi erano interessati a lavorare con me come compositore per questo gioco. Come compositore di colonne sonore per il cinema, ho lavorato a generi molto diversi. Questo l’ho sentito come un progetto più personale fin dall’inizio.

Anche se il processo creativo era molto aperto, eravamo d’accordo sull’estetica generale della musica. È un sogno per un compositore quando ti viene chiesto di creare per qualcosa che è già parte della tua espressione.”

 

Quali sono, secondo te, le principali differenze fra il comporre musica per il cinema e per i videogiochi?

“La differenza principale è che il tempo non è limitato come nei film. Ogni giocatore trascorrerà un diverso quantitativo di tempo in ogni livello, il che richiede delle composizioni musicali che possano essere dilatate e che varino nel tempo. Builder’s Journey non contiene dialoghi e ha degli effetti sonori molto casuali. Quindi, la musica ha un’importante ruolo narrativo per aiutare a raccontare la storia e creare l’atmosfera insieme alla progettazione del gioco.”

 

Guardando a Builder’s Journey, viene naturale compararlo con Monument Valley: quali riferimenti hai usato per la colonna sonora per questo gioco?

“Non avevo particolari riferimenti nella fase compositiva. Ho scritto i temi per i personaggi e per alcuni dei livelli come Fireplace e Gameshow. Un metodo abbastanza simile a quello che utilizzo quando scrivo per i film. Mi sono focalizzato sulle melodie e sui temi inizialmente più che sull’atmosfera di sottofondo. Più avanti abbiamo guardato ai giochi come Florence e Inside per vedere come la musica i suoni sono stati implementati nelle transizioni tra livelli.”

 

La tracklist dell’album sembra suggerire una narrazione. Mi fa pensare alla mia infanzia quando giocavo sia all’aperto che in casa. Hai immaginato l’album come una storia o come una raccolta di diversi momenti?

“Penso che la musica abbia un aspetto narrativo nel gioco. Era anche importante che la musica potesse essere autonoma e piacevole da ascoltare al di fuori del gioco. Ogni titolo può essere visto come una parte di questo piccolo viaggio. Inoltre, crescendo io stesso con i LEGO, c’era un elemento nostalgico mentre componevo per i mattoncini.”

 

Il design del suono dell’album è denso ed intenso e dà un’atmosfera completa e notevole. Come hai prodotto i suoni dell’ambiente?

“Ho seguito lo stesso schema di regole come per i miei album da solista. Questo significa che ho utilizzato solo un pianoforte e un pianoforte a coda come fonti sonore.”

 

Quali suoni hai usato maggiormente per creare l’atmosfera di Builder’s Journey?

“Tutti gli strati della musica di sottofondo sono vengono da pianoforte e pianoforte a coda e sono poi stati processati e manipolati lungo il percorso. Credo che questo dia un suono organico in generale. Ho usato tape delays, granular synthesis e vari riverberi, delays ecc. per creare quegli ambienti sonori.”

 

Builder’s Journey sarà materiale per delle performance live?

“Ho già eseguito la title track in due concerti in Danimarca quest’anno e spero di utilizzare altro della colonna sonora per i miei concerti live in futuro.”

 

Cosa vedi nel tuo futuro dopo la pubblicazione di Builder’s Journey? Continuerai a focalizzarti sulla tua carriera da solista o dobbiamo aspettarci nuova musica dai Kashmir?

“Attualmente sto lavorando con LEGO a dei nuovi progetti. Sto anche per finire il mio terzo album da solista e sono in contrattazione per nuovo film più avanti quest’anno. È altamente improbabile che pubblicheremo nuova musica con i Kashmir a breve termine ma vedremo cosa ci porterà il futuro. Non vedo davvero l’ora di riunirmi questa primavera per la prima volta dopo sei anni sul palco con i ragazzi.”

 

Grazie mille e ci vediamo in giugno a NorthSide e Tinderbox!

“Prego, grazie per il vostro interesse – a presto!”

 

Giulia Illari Francesca Garattoni

Foto di copertina: Robin Skjoldborg

 

Grazie a Ja.La Media Activities

Henrik Lindstrand “Builder’s Journey” (One Little Indian, 2020)

Henrik Lindstrand, già membro del gruppo alternative rock danese Kashmir, è un compositore svedese di musica contemporanea neoclassica e di colonne sonore per il cinema.

Builder’s Journey è il suo terzo album da solista: dieci brani composti ed eseguiti al pianoforte, ideati per la colonna sonora di un videogioco, LEGO Builder’s Journey per l’appunto.

Un progetto peculiare, questo, ma al cui richiamo emotivo non ha saputo dire di no: “[lo studio di produzione, NdR] Avevano ascoltato il mio primo album da solista Leken e mi chiesero se fossi interessato a comporre la colonna sonora per il videogioco. Mi sembrò un’idea vincente, e dato che ero stato un bambino costruttore con i LEGO io stesso, aveva anche un forte elemento nostalgico per me.”

Ascoltando l’album si ha la sensazione immediata di entrare nella realtà aumentata di un ricordo dell’infanzia. Puoi rivederti toccare curioso i tuoi giocattoli preferiti ed interromperti ad osservare lo spazio oltre il vetro di una finestra, alla ricerca di nuove trame e personaggi.

Come i LEGO, le tracce di Builder’s Journey si completano dando vita ad un arco temporale sospeso, scandito dalla fine di un gioco e l’inizio di un altro mentre si aspetta il ritorno dei genitori a casa.

Lindstrand alterna gli ambienti intimi di brani come Our House e Kid and Dad Reunited, agli spazi all’aperto ed eterni di Sand Castle e Campfire.

Dad at Work è il brano più dinamico e asincrono, la batteria ti coglie di sorpresa.

Ascoltando Builder’s journey, il brano che ha anticipato l’uscita dell’album, non stiamo sbirciando dal finestrino di un auto una foresta di aghifoglie nel nord Europa?

Il suono delicato del pianoforte, perno centrale dell’album, pervade gli spazi abitabili di Builder’s Journey e restituisce la percezione di un luogo serafico. L’ ambiente sonoro, ricercato ed idillico, che avvolge le tracce suggerisce la visione di una luce diffusa e diurna mentre due mani piccole afferrano quei mattoncini di plastica.

La sensibilità di ogni traccia porta l’ascoltatore lontano ma dentro a qualcosa che ha già vissuto. Così la mancanza di parole viene colmata dal suono dei nostri pensieri a ritroso. A tal proposito, Lindstrand racconta di aver cercato di rendere la musica autonoma ed completa in modo che non risultasse un anonimo suono di background e compensasse la mancanza di dialogo nel gioco.

Builder’s Journey è un album tattile, generativo ed introspettivo. Brani come Gameshow e The factory stimolano un’esigenza creativa che affiora ad ogni nota sospesa. Home alone, Light Brick ne affermano la natura intima e nostalgica.

In conclusione, questo disco non è semplicemente la colonna sonora di un videogioco, ma un’opera che testimonia il grande talento di Lindstrand nel dare respiro ad immagini riconoscibili ed universali.

 

Henrik Lindstrand

Builder’s Journey

One Little Indian

 

Giulia Illari

A zonzo per Marrakech, persi in un Bazar con i Sudestrada

Una ragazza dal volto coperto da un hijab arancio è immobile, avvolta nel brulichio delle strade di Marrakech. In sottofondo, i cori di una preghiera e i rumori della società che si muove scalpitante. Inizia così Bazar, il nuovo videoclip dei Sudestrada, progetto indie-pop di Forlì-Cesena, a un passo dall’uscita del nuovo album Microclima.

“Visioni dentro ad un Bazar, due occhi dentro ad un hijab, la vita è momentanea, storia contemporanea”. Le parole del testo, evocative e seducenti, si amalgamano alla nitidezza delle immagini esotiche. Lo spettatore viene immerso tra gli odori e le sfumature tenui del Marocco.
La protagonista è ancora Gloria Montalti, modella forlivese classe ’96, presente anche in Skyscanner, l’ultimo singolo della band, uscito a Luglio per anticipare l’album.

Lorenzo Ghetti, cantautore e Francesco Cinque, synth/chitarra e produttore, ci parlano del singolo appena pubblicato e dei prossimi passi che muoveranno i Sudestrada.

 

Il video di Bazar è stato girato in Marocco. Perché questa scelta? 

Lorenzo: “Bazar necessitava di un contesto esotico, quello di un paese islamico. Non per forza doveva essere il Marocco ma dovevamo ricreare quell’atmosfera.”

Francesco: “Il Marocco è una delle prime mete che ci siamo prefissati. Il nostro intento è quello di rappresentare il tema del viaggio attraverso delle immagini. Ci piace viaggiare e mostrare quello che vediamo attraverso la musica. Il nostro percorso ha nel suo nome la strada, il viaggio. La nostra musica deve dare quasi una descrizione sensoriale che rifletta i colori e le persone di un luogo.”

 

In Skyscanner abbiamo seguito la storia di una ragazza che “prende un volo e si va”. Bazar  sarà la destinazione ? 

Lorenzo: “Marrakech non è la destinazione finale. Vorrebbe essere una destinazione intermedia. La protagonista ricerca sé stessa, ma la storia è stata creata per esigenza. Abbiamo pensato che Skyscanner potesse essere il manifesto di Microclima. Bazar era quel tocco di esotismo che ci caratterizza da sempre come gruppo. Gloria è stata una bellissima sorpresa. Skyscanner era la sua prima esperienza in questo ambito ma ha saputo interpretare il ruolo e quello che avevamo noi in testa senza neanche il bisogno di dirglielo. Il video di Skyscanner finisce con un aereo, lasciando un’apertura nella storia che prosegue in Bazar.”

 

Entrambi i brani anticipano l’uscita di Microclima, il nuovo album. Che valore ha questo nome?

Lorenzo:Prima di tutto mi suonava bene. Con questo disco abbiamo cercato di dare uno spaccato della nostra generazione in questo momento storico. La precarietà della nostra generazione non ha solo un’accezione negativa ma a volte è anche il motore del viaggio. Microclima descrive una situazione, il contesto intorno ad una certa porzione di territorio, le dinamiche che ci avvolgono. Tutti partiamo a scrivere dalla nostra cameretta ma non ci siamo solo noi, non siamo entità slegate. Microclima, ovvero il microclima che ognuno di noi ha intorno.”

 

Rispetto ad Arcipelago, il vostro album precedente, cosa è cambiato nel modo di raccontarsi dei Sudestrada? 

Lorenzo:In questo album vi è una consapevolezza maggiore di quello che vogliamo. Lo stile è decisamente più elettronico e più pop. In Arcipelago vi erano più elementi della musica d’autore ed erano molto meno amalgamati.”

Francesco:Gli ascolti che facciamo si distanziano dal filone della musica italiana. Personalmente sono molto ispirato dalla musica inglese e francese.In particolare gli ultimi pezzi dell’album come Microclima, Mektub e Bazar riflettono l’elettronica francese. Nel complesso, il disco è stato sviluppato in due fasi. I primi pezzi erano ancora legati ad Arcipelago, album uscito a Marzo del 2018. Quelli successivi invece riflettono una sintesi comune e delle nuove sfumature. In totale sono 9 pezzi, più un’introduzione a Microclima”.

 

Tre parole per descrivere il nuovo album.

Lorenzo:Sintetico, innovativo rispetto al nostro percorso, autonomo ovvero pop con una sua autonomia.”

 

Avete in programma delle date nel 2020? 

Francesco:Ci stiamo preparando per i live del prossimo anno. La data zero di lancio del disco sarebbe a inizio Marzo, fine Febbraio. Ci saranno altri live in location strategiche, non tante 4 o 5. La musica che stiamo facendo adesso si potrebbe prestare a coinvolgere le persone, farle ballare, quindi ci piacerebbe suonare anche nei club.”

 

 

 

Giulia Illari

Coez @ Unipol Arena

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• Coez •

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Unipol Arena (Bologna) // 16 Novembre 2019

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Sono le 21:20 di un sabato sera che sa di pioggia e malumore. Il pubblico dell’Unipol Arena attende impaziente davanti ad un telo dorato il concerto di Coez.

Il telo cade, la folla urla e Coez, occhiali scuri e giacca multicolor, apre con Mal di Gola dall’album È Sempre Bello uscito quest’anno.

Al suo fianco, Orange al basso vero e basso synth e Gaspare alla chitarra. Sopra, alla batteria Giuseppe d’Ortona, Valerio Smordoni suona la tastiera e al suo fianco il dj White Trash aka Banana. 

Gratis riporta il pubblico ad un’estate consumata in un luna park californiano e il pubblico esplode nel ritornello “Fuori c’è un sole che spacca il culo, e com’è che ogni nuvola che vedo sembra il tuo cuscino?”.

“L’ultima volta che abbiamo suonato qui eravamo forse duemila, chi è che c’era? Tantissimi, forse la maggior parte non c’erano. Speriamo di divertirvi, questo è uno dei miei pezzi preferiti” dice Coez, con la voce ancora impastata annunciando Domenica.

Il pubblico sugli spalti è ribelle agli ordini della sicurezza e canta in piedi a squarciagola “Dici di si mentre te ne vai, un po’ di te rimane qui anche se non vuoi” durante Amami o Faccio un Casino. Coez abbraccia il suo pubblico nell’intro acustica di Siamo Morti Insieme “Questo mondo lo so non ci ha voluto bene, non scordarti però anche se non ci sto, siamo morti insieme”.

La tastiera intona il riff di E Yo Mamma: “Questo è davvero un pezzo importante. Tirate fuori gli accendini, siete bellissimi!”. L’arena si illumina di migliaia di lucciole.

Il suo pezzo preferito del nuovo album, Fuori di me, è uno dei momenti pregnanti del concerto.

Durante la pausa viene proiettato un video per Open Arms: Coez spiega quanto sia importante che ognuno faccia il proprio, parlando della storia di un suo amico partito per la Libia per salvare vite umane.“Questo video vuole essere un messaggio di supporto per chi in questo momento non lascia che le cose si trascinino nel baratro e prova a fare nel proprio piccolo qualcosa di grande”.

La seconda parte riprende con Le Luci della Città, grande successo dell’artista salernitano, scritto con Orange. Sullo schermo si vede una città dall’alto, luci, aerei e speranze. 

Occhiali Scuri rappresenta la svolta underground della serata “Non ti scordare mai gli occhiali scuri, se non sai dove dormirai stanotte”. I bassi fanno tremare l’arena. Coez mescola le sue diverse anime artistiche (rap e pop) in modo impeccabile, garantendosi l’intessere di vari tipi di pubblico.

Il concerto si chiude con La Musica Non C’È e È Sempre Bello. Al primo brano, Coez deve il suo successo nel panorama mainstream italiano. “E’ grazie a questo brano se oggi molti di voi conoscono anche i miei brani più vecchi”.

Con l’accento strascicato e la voce rotta, Coez saluta la gente sulla scia di La Strada È Mia dall’album Non Erano Fiori. “Grazie Bologna ci vediamo presto”.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Giulia Illari 

Foto: Alessandra Cavicchi

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Grazie a Goigest

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