Skip to main content

Tag: michele mascis

La Tarma “Usignolo Meccanico” (LullaBit, 2019)

Parte il primo brano del nuovo disco de La TarmaUsignolo Meccanico, e si viene subito catapultati in una atmosfera da Battiato anni ’70, ricca di synths, bassi lasciati suonare in primo piano, drum machines, vocalizzi vocali retrò e testi onirici che raccontano esperienze sensoriali attraverso immagini poetiche.

Da un punto di vista della produzione musicale, il sound che viene fuori, seppur volutamente retrò, è interessante e particolare. Le sonorità che si delineano hanno uno stile ben definito, non scontato, che prende spunto, come già detto, dal Battiato anni ’70 fino ad arrivare ai contemporanei Baustelle, passando per certe sfumature che fanno ricordare le melodie di Alberto Camerini.

Le dieci canzoni scorrono tra temi esistenziali e d’amore che vengono cullati da una musicalità piuttosto intrigante e piacevolmente fuori moda. Il genere musicale potrebbe definirsi come cantautoriale per quanto riguarda i testi, e come elettropop per quanto riguarda il sound complessivo.

Tuttavia, l’intrigante sound ed i particolari testi (segnalo, tra i brani, Amsterdam) non sono sostenuti da un altrettanto efficace lavoro di mix e mastering, soprattutto per quanto riguarda la voce. La cantante ha indubbiamente una buona capacità vocale, un timbro particolare che può piacere o non piacere, vista l’impostazione molto retrò, ma che comunque rimane in testa. Purtroppo, però, la sua voce non viene valorizzata dalla fase del mixing: manca infatti un riverbero adeguato, una equalizzazione corretta e una correzione efficace in fase di editing delle imperfezioni (visti i molti vocalizzi della cantante, qualche volta le parole in coda alle frasi perdono la nota). L’impressione, quindi, è quella di trovarsi davanti ad una registrazione della voce un po’ amatoriale, quasi come se fosse stata registrata in cantina. 

Da un punto di vista della struttura delle canzoni, La Tarma dimostra buona capacità negli arrangiamenti e nella scelta degli strumenti, ma non eccelle nella costruzione dello sviluppo temporale  strofa-ritornello-variazione: difatti, talvolta, il ritornello arriva troppo tardi e le canzoni si dilungano troppo nelle strofe, perdendo in questo modo in orecchiabilità ed immediatezza all’ascolto.

Per concludere, siamo davanti ad un album con spunti interessanti, soprattutto per quanto riguarda la ricerca stilistica del sound e dei testi, questi ultimi mai banali e ricchi di belle immagini lessicali. Resta l’amaro in bocca per non godersi appieno questo discreto tentativo artistico, inficiato da una produzione musicale che non si può ancora definire del tutto professionale.

 

La Tarma

Usignolo Meccanico

LullaBit, 2019

 

Michele Mascis

Redh “Torneremo EP” (Artist First, 2019)

Torneremo di Redh è un EP di sei brani che strizza l’occhio completamente al pop italiano indie. Sonoritá, riferimenti testuali, riverberi, tastiere: ogni elemento ci porta a pensare che l’obiettivo dichiarato sia finire sulla playlist Spotify “Indie Italia”, o quantomeno sulla playlist “Scuola indie”.

Già dall’apertura del primo brano Dormi veniamo proiettati in atmosfere da tastiere new-anni ’80 stile Thegiornalisti. Poi parte la voce, e ci togliamo ogni dubbio: molto riverbero, voce molto eterea alla Tommaso Paradiso.

Scorrono i brani e le caratteristiche di cui sopra si confermano passo dopo passo. Le canzoni scorrono tra sonorità orecchiabili, synth retro e testi che trattano di amori post adolescenziali-pre ingresso nei 30. 

Tutte e sei le canzoni infatti raccontano storie d’amore (spesso finite male o mal corrisposte) dal punto di un vista di un ragazzo giovane, presumibilmente universitario. I toni non sono mai però drammatici e i riferimenti linguistici che raccontano le sensazioni del cantante sono molto concreti e di facile comprensione.

Da un punto di vista strumentale, vengono elette come protagoniste le tastiere. La chitarra ha un ruolo marginale, usata quasi sempre per aggiungere colore piuttosto che per dettare la linea armonica, eccezione fatta per il malinconico brano Ci credi, in cui le chitarre escono fuori come protagoniste. La parte ritmica delle canzoni è dominata invece dalla scelta di utilizzare la drum machine elettronica al posto della batteria acustica. Scelta condivisibile che rende le sonorità dell’album complessivamente fresche e moderne.

Riguardo alla produzione musicale da un punto di vista tecnico, possiamo affermare, come detto sopra, che la scelta stilistica dei mix e dei master dei brani riflette anche in questo caso la tendenza a volere seguire le sonorità dell’indie italiano. E, quindi, si accentua molto l’utilizzo del riverbero sia nelle tastiere che nella voce, il basso non viene fatto uscire troppo nel mix e le chitarre lavorano molto sulle note singole spesso messe in delay. Ma, se nella parte strumentale questa scelta stilistica è premiante e rende il sound fresco e coerente con il mondo indie italico, nella voce il risultato non è altrettanto apprezzabile. Infatti, la voce risulta essere troppo appesantita da un eccesso di riverbero che le fa perdere un po’ di chiarezza, portandola a non amalgamarsi completamente nel mix complessivo dei brani e nascondendosi tra le frequenze dominati delle tastiere, anch’esse, come già detto, molto riverberate.

Per quanto riguarda la struttura delle canzoni — strofa, ritornello, variazioni — Redh mostra una buona consapevolezza e maturità compositiva: i brani scorrono tutti fluidi e arrivano alla fine con leggerezza, senza cadere in inutili barocchismi. Gli intro durano il giusto, le strofe conducono correttamente ai ritornelli, i quali entrano puntuali e assumono la giusta importanza nell’equilibrio dei brani. Anche da un punto di vista armonico, i ritornelli sono ben valorizzati e spesso risultano essere ben orecchiabili.

Per concludere, Redh ha creato sei brani leggeri, abbastanza maturi da un punto di vista della produzione — eccezione fatta, forse, per la scelta sbagliata nel missaggio della voce — e con un’apprezzabile capacità nel creare melodie orecchiabili e piacevoli accompagnate da un sound moderno ed azzeccato.

La parte debole dell’album sono, invece, i testi delle canzoni: da un lato troppo monotematici (si parla sempre e solo di storie d’amore) e dall’altro lato privi di spunti interessanti nella scelte stilistiche e lessicali. Mancano infatti quelle metafore, quelle parole giuste, quelle frasi apparentemente idiosincratiche che ti fanno dire “wow” mentre le ascolti. Forse, manca anche un po’ di ironia nel modo di raccontarle, queste storie d’amore.

 

Redh

Torneremo EP

Artist First, 2019

 

Michele Mascis

Quando la musica elettronica incontra la poesia: da Spezia il progetto dei Mitilanti

Vengono da La Spezia, sono giovani e affamati di poesia (e di musica): si chiamano Mitilanti e sono un collettivo di poeti performativi. Da qualche tempo i loro testi sono entrati in contatto con una nuova realtà, la musica elettronica di Michele Mascis, dando vita ad un progetto innovativo di poesia sonorizzata che si è tradotto in un concept album intitolato Casa Dentro. Un prodotto che vuole raccontare il tema del viaggio e della marginalità nell’epoca della globalizzazione.

“Casa dentro contiene 6 brani inediti – ci spiegano – un progetto nato nella periferia della provincia della Spezia, in una mansarda di un borgo, San Venerio, che si affaccia sulla centrale elettrica a gas e carbone Eugenio Montale.

La nostra fonte di ispirazione – continuano – è stato “Il bestiario” di Maria Monti con Aldo Braibanti, oltre a performer come Luigi Nacci, Lello Voce, Gabriele Stera, ed esperienze come quella di Max Collini, (Spartiti, Offlaga Disco Pax), Pierpaolo Capovilla e Massimo Volume”.

Noi di Vez abbiamo fatto due chiacchiere con Michele, che ci ha raccontato della sua collaborazione con i poeti e di come la musica elettronica si sia adattata perfettamente alla loro forma d’arte. Un progetto nuovo e originale che ci auguriamo di sentire presto dal vivo.

Ecco l’intervista!

 

Ciao Michele! Raccontaci un po’ di te…

Ciao Vez! Sono Michele Mascis e sono un musicista…per hobby! Si può dire che la musica sia il mio passatempo preferito che mi distrae dalla vita di tutti i giorni. Mi sono avvicinato a lei piuttosto tardi, intorno ai 18 anni e per questo mi manca tutta la fase tipicamente adolescenziale dei primi gruppi rock liceali. Le cose si sono fatte un po’ più serie dopo l’università, quando iniziai a interessarmi di produzione e di musica elettronica grazie ad un’amica. Piano piano cominciai a produrre la musica in autonomia e le cose cambiarono.

 

Negli anni subentrarono poi alcuni progetti…

Sì, nacquero alcuni progetti paralleli di cui faccio tuttora parte: prima di tutti i Frequenza, poi i Palmaria e infine i Mitilanti. A proposito di quest’ultimo, si tratta di un collettivo di poeti performanti che recitano poesie moderne. Qualche tempo fa mi chiesero di unire le forze per creare un qualcosa di originale facendo incontrare la musica elettronica alla poesia. Da questa collaborazione è nato il tema del disco, cioè il viaggio, che accomuna tutti i lavori.

 

Dai Frequenza, ai Palmaria fino ai Mitilanti: quali sono le differenze tra i progetti a cui hai aderito?

Frequenza e Palmaria sono due progetti molto vicini, soprattutto perché alcuni dei componenti sono gli stessi. I Mitilanti, come dicevo, sono invece un progetto diverso e originale per il quale mi sono messo a disposizione. Frequenza e Palmaria sono due realtà creative dove si mettono insieme le idee, mentre con i Mitilanti sono sostanzialmente due mondi differenti che si incontrano, si tratta di un progetto eterogeneo.

 

In che modo un musicista e dei poeti riescono a collaborare?

È molto semplice in realtà: loro mi mandano i loro testi tramite WhatsApp e io creo la musica lasciandomi ispirare dalle loro parole. Ma non è mai un processo unilaterale: una volta creata la melodia si discutono sempre i dettagli insieme in base alle esigenze e ai gusti del gruppo. Si parte sempre dalle parole e da alcuni riferimenti musicali, come possono essere i Massive Attack o altra musica elettronica. La cosa interessante è che non sono mai costretto a seguire uno schema preciso “strofa-ritornello-strofa” come nelle canzoni, ma il processo creativo è molto più libero e senza vincoli di tempo e durata.

 

L’album prende il nome di Casa Dentro, perché?

Si tratta di un concept album sul tema del viaggio – tema scelto da loro – dove si fa riferimento, in antitesi, alla casa come punto di riferimento nella vita. Sentirsi a casa dentro se stessi inteso come viaggio spirituale/mentale, ma anche il viaggio fisico fatto di movimenti e spostamenti. Uno dei suoni che ho proposto, infatti, è stato proprio quello dei passi di chi affronta il viaggio a piedi.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito musicale?

Sicuramente con i Frequenza e con i Palmaria c’è in progetto di continuare a suonare e fare uscire dei nuovi singoli. Mentre con i Mitilanti sarebbe interessante partecipare a qualche festival e suonare insieme dal vivo per l’Italia per far conoscere questa commistione di generi artistici.

 

Giovanna Vittoria Ghiglione