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Tag: napalm records

Atum: A Rock Opera in Three Acts

Act Three: l’atto di fede.

Premetto che questa recensione sarà atipica rispetto a una di quelle con una struttura canonica, perché non c’è più molta necessità di presentare il gruppo né il progetto (leggi qui le recensioni di Act One e Act Two, NdR). Gli Smashing Pumpkins hanno pubblicato l’atto finale di un’opera quantomai attesa e discussa. Come il secondo atto ha avuto il sapore dolce amaro di L’amore ai tempi del colera, l’ultima parte di Atum: A Rock Opera in Three Acts non può fare altro che richiamare alla mia un’altra opera di Gabriel Garcia Marquez: Cronaca di una morte annunciata. L’associazione non riguarda i contenuti, quanto l’impressione che il terzo atto ricorda più il sospiro agonizzante di Santiago Nazar che non il seguito dei rimpianti Mellon Collie e Machina.

Ascoltare la conclusione di un progetto così ampio e coccolato dal suo creatore dovrebbe essere un momento di magica estasi per l’ascoltatore. Eppure, questo momento tanto aspettato, cercato, voluto non arriva mai. A partire dall’apertura con Sojourner fino a Of Wings si passa da brani come Pacer, Harmageddon e Cenotaph dove il titolo rimane più impresso della musica stessa. Si possono incontrare delle chitarre distorte in qua e là, dei violini, synth, strumenti che trasmettono solo l’idea di un lungo lamento. La sensazione è che la musica non esploda mai, che l’emozione non decolli, anzi che venga proprio schiacciata da qualcosa che non riesce a librarsi nelle note. L’atto è impregnato di un desiderio incompiuto, senza la vibrante sensazione che il desiderio stesso dà. Le canzoni sono sempre lì, sulla linea di partenza, e se questo poteva essere accettabile, anche se non scusabile, nel primo atto, nel terzo no, non lo è, mentre la voce di Corgan non basta più a lenire il dolore per un amore che si è rotto, anzi diventa a tratti fastidiosa perché butta solo sale su una ferita ormai aperta. Se poi queste undici tracce si ascoltano nell’insieme del progetto completo, la delusione aumenta, e l’affetto per chi ti ha regalato un’adolescenza piena di momenti che ancora senti sulla pelle è inutile. Possiamo dire che ci sono degli spunti qui, o in questa canzone là, oppure in quel passaggio dove la chitarra elettrica emerge, e così via. Io aggiungerei che ci mancherebbe altro che qualcosa non sappiano fare, perché queste osservazioni vanno bene per chi non ha esperienza e fa i primi passi, non per chi ha un posto importante nel panorama musicale. Ascoltando tutto il progetto ti chiedi, però, se forse le tue aspettative non sono troppo alte, se non riesci più a capirli e quella frequenza che loro avevano trovato con altri progetti ora non esiste più dentro di te. Tuttavia, quando ascoltare è più un atto di fede che non un piacere, allora qualcosa non va. Realizzi che l’affetto nato dalla nostalgia di un tempo che fu non basta, che il tempo è passato e non solo per te, che il tiro va aggiustato. 

Atum: A Rock Opera in Three Acts – Act III va ascoltato per realizzare che niente è per sempre, perché la vena creativa può esaurirsi come l’oro del Klondike, le storie di Happy Days, le gomme da masticare preferite al bar sotto casa. Tuttavia, esaurire questa vena non vuol dire essere destinati a sparire, bensì fare la scelta di Klimt, che quando capì di non poter più dare molto al mondo dell’arte decise di usare la sua fama e il suo intuito per scoprire e promuovere nuove correnti, nuovi artisti. Si può essere sempre presenti e importanti nel mondo che sentiamo nostro, solo che è possibile farlo in altro modo e gli applausi, poi, verranno da soli per ciò che si fa nel presente e non solo per uno sbiadito omaggio a ciò che è stato vivo nel passato. 

Smashing Pumpkins
Atum: A Rock Opera in Three Acts
Martha’s Music/Napalm Records

Alma Marlia

The Smashing Pumpkins “Atum: A Rock Opera in Three Acts” (Martha’s Music/Napalm Records, 2022)

Act Two: l’aspettativa dolce-amara dell’anima rock.

Solitamente una recensione si compone di tre parti: un preambolo per introdurre l’artista e il progetto, un corpo centrale per focalizzarsi su alcuni dettagli del progetto stesso e una chiusura dove si tirano le fila del tutto condite da qualche considerazione. L’occasione dell’uscita del secondo atto di Atum – A Rock Opera in Three Acts può farci saltare un’altra presentazione di un gruppo come gli Smashing Pumpkins, che si presentano da soli, e ci proibisce di volgere nuovamente lo sguardo ai nostalgici ricordi della gioventù in cui Mellon Collie and the Infinite Sadness faceva da colonna sonora a inquietudini adolescenziali. Un secondo atto è un passaggio tra un primo e un terzo, che può convincerci a restare all’ascolto, oppure ad abbandonare senza mezzi termini, ma sempre un passaggio è. Così sarà questa recensione. 

La band aveva definito Atum come il seguito di quel Mellon Collie ancora tatuato nella pelle di tante generazioni. E quando dici così a chi ha ancora voglia di provare certi brividi sonori, l’aspettativa che crei è talmente alta che corri il rischio di passare dai fremiti di piacere al freddo più intenso in un solo accordo. Così è ascoltare questa seconda parte. Non possiamo dire che non sappiano suonare, né che la voce di Corgan non ci provochi quella stretta allo stomaco che ancora c’era tempo fa. Potremmo dilungarci sulle atmosfere elettro wave di Neophyte oppure quelle industrial di Moss. Anche l’evoluzione dal pop alla dance di Every Morning potrebbe attirare la nostra attenzione, così come potremmo confrontarci con la chiusura acustica di Springtimes. Tuttavia, quello che pervade dall’inizio alla fine è quella sensazione dolceamara che prova l’anima in attesa da tempo di ciò che aveva desiderato, così attaccata al ricordo del tempo che fu da rimanere sorpresa quando si accorge che invece il tempo è passato, così come rimane stupito Florentino, protagonista di L’amore ai tempi del colera di G. G. Marquez quando dopo anni vede finalmente il seno di Fermina non più giovane, ma solo per quello che è: il seno di una donna invecchiata dal tempo. Si rimane incastrati nello stupore, comunque circondato dall’amore che porti nel cuore per chi le emozioni te le ha fatte provare davvero, eppure qualcosa ormai sembra non esserci più.  

Se nell’attesa siamo vissuti, nell’attesa ci troviamo, perché l’opera non è ancora conclusa. Le aspettative sembrano diametralmente opposte rispetto all’uscita del primo atto, i “se” si affollano nella mente, un po’ come quando si gira in moto e sei nel dubbio nell’affrontare o no una curva in un certo modo: quel dubbio contiene già la risposta. Rimane però il fatto che un’opera non può essere ascoltata solo in parte, perché è solo nella sua globalità che ha senso e parcellizzarla sarebbe tradire la musica stessa. Quindi non ci rimane che aspettare senza aspettarsi niente, e semplicemente continuare ad ascoltare. 

 

Smashing Pumpkins
Atum: A Rock Opera in Three Acts
Martha’s Music/Napalm Records

 

Alma Marlia

The Smashing Pumpkins “Atum: A Rock Opera in Three Acts” (Martha’s Music/Napalm Records, 2022)

Act One: emozioni contrastanti  per un’opera da ascoltare nella sua completezza

Per la mia generazione gli Smashing Pumpkins sono tante cose. Sono un gruppo musicale alternative rock nato nel 1988 che dagli Stati Uniti è esploso sulla scena mondiale con album come Siamese Dream e Mellon Collie and the Infinite Sadness. Sono quella vena di dolore e di tristezza trasformati in parole e musica che accoglievi a braccia aperte mentre tornavi da scuola, mentre eri con gli amici, oppure dentro la cameretta a sognare di essere grande, ma a percepirne anche tutta la difficoltà. Sono la fake news di Billy Corgan co-protagonista delle serie statunitense anni ’80 Super Vicky, la voglia dei molti fans di crederci, e la soddisfazione di altri quando ti svelavano la verità come se ti avessero detto che Babbo Natale non esisteva. Ma gli Smashing Pumpkins sono soprattuto la voce di Corgan, che passava per la tua pelle e si insinuava nei tuoi pensieri per farti gridare con Bullet with Butterfly Wings che nonostante la tua rabbia, eri ancora un ratto in gabbia, o per cantare Landslide dei Fleetwood Mac in modo così dannatamente struggente da farti sentire nudo in mezzo al mondo, con il viso rigato di lacrime. 

Ed è quella voce che, come una freccia scoccata dal passato, arriva al nostro presente attraverso il primo atto di Atum: A Rock Opera in Three Acts, il nuovo progetto composto da 3 parti con uscite programmate anche per il 31 gennaio e il 23 aprile 2023.  Ma il passato rimane il passato e per quanto la voce di Corgan emozioni l’ascoltatore come sempre, la band non ha più voglia di manifestare la rabbia e la tristezza attraverso il sound che li ha caratterizzati e resi iconici per un’intera generazione, perdendo un po’ di mordente e adagiandosi in un uso forse eccessivo dei synth per tutto l’album, creando a volte atmosfere gigionescamente rarefatte, altre troppo rivolte a un vecchio pop. Se la strumentale title track propone sei corde elettriche distorte e ci anticipa sonorità sintetiche, questi suoni si propagano nell’album un po’ come onde non sempre ben distribuite, tanto da farsi poco amalgamate come in Hooray, mentre una canzone come Hooligan ha contrasti ritmici interessanti che però non riescono a svilupparsi e combinarsi in modo accurato. In Butterfly Suite, le variazioni che scaturiscono in un bridge, riportano il brano da un’inziale incertezza a una buona tenuta, anche sono proprio queste difformità che caratterizzano tutto l’album che rendono perplessi al primo ascolto. Un ascolto orfano del singolo Beguiled uscito a settembre con una buona accoglienza del pubblico. Un ascolto che in Steps in Time e The Good in Goodbye trova echi di riff potenti del passato e chitarre elettriche incisive che confermano il carattere della band e suggeriscono che forse non finisce tutto lì, anche se in fin dei conti lo sappiamo già, perché l’opera deve essere completata degli altri due atti per capire in pieno il progetto finale. 

Mentre Atum: A Rock Opera in Three Acts si muove nell’ascolto digitale, il web esplode in opinioni di chi li preferiva agli esordi, e chi ci vede una protesi di Cyr, tra synth che spadroneggiano su canzoni prive di personalità. Non possiamo negare che il primo atto del progetto lascia perplessi, eppure si percepiscono tracce di un gruppo che ha ancora da dire e, in alcuni momenti, ti chiedi se è vero oppure se nel tuo cuore si nasconde una sorta di riconoscenza emotiva per chi ti ha fatto provare alcune tra le più belle sensazioni della tua giovinezza. Le domande si affollano nella mente e sgomitano per farsi spazio in un crogiuolo di ricordi ed emozioni, mentre nel sottofondo riecheggia quella forte chitarra elettrica che ti chiede di aspettare fino alla fine per capire cosa voglia dire quest’opera, perché potrebbe ancora sorprenderti. Fiducia mal riposta? Lo scopriremo solo ascoltando.

 

Smashing Pumpkins
Atum: A Rock Opera in Three Acts
Martha’s Music/Napalm Records

 

Alma Marlia