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Tag: rds stadium

Coez @ Palazzo_Dello_Sport

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• Coez •

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Palazzo Dello Sport (Roma) // 29 Maggio 2019

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto: Silvia Consiglio

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Marco Mengoni @ RDS_Stadium

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• Marco Mengoni •

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RDS Stadium (Rimini) // 29 Maggio 2019

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[/vc_column_text][vc_column_text]Fuori piove e fa freddo, in questo maggio che sembra novembre, ma dentro il palazzetto va a fuoco.

La penultima tappa dell’Atlantico Tour di Marco Mengoni all’RDS Stadium di Rimini è un live da tutto esaurito. 

Di concerti ne ho visti nella mia vita e, devo ammettere, che un pubblico così caldo, così entusiasta, moltissimi artisti della scena rock, alternativa o underground che dir si voglia, possono solo sognarselo. 

Una ventina di minuti dopo le nove si inizia. 

Il palco è diviso in tre livelli: c’è una sorta di fondale industriale, di ferro e lamiera, con barre a led e uno schermo trasparente, che all’occorrenza può rendersi invisibile. Sul proscenio invece un telo in stile teatro kabuki nasconde le sagome dei coristi.

Si parte con Muhammad Ali. Il brano, tratto dall’ultimo album, in questa occasione è stato completamente riarrangiato con l’inserimento di un canto tribale. Questo non sarà l’unico elemento etnico presente nello spettacolo.

 In due ore, Mengoni è riuscito a introdurre tantissime sonorità latine e brasiliane, e non mancano i richiami alla musica soul o africana.

Sul monitor appare la celebre frase del campione di pugilato, “I’ma show you how great I am” e Marco Mengoni salta, letteralmente, fuori dal palco da una botola nascosta. 

Sul secondo pezzo, Voglio, cade il velo kabuki e si svela il palco nella sua interezza. Ho letto in qualche intervista che l’ispirazione di questa struttura arriva dritta dritta dai Talking Heads.

Come il loro, e con le dovute proporzioni, anche quello di Mengoni è uno show che si trasforma sotto gli occhi del pubblico. Il ritmo è scandito da effetti di luce e laser.

Lo show è suddiviso in tre parti, inframmezzate da alcuni monologhi. 

Il primo, Sei tutto è stato scritto dallo stesso Marco, e recita “sei tutto il male che eviti e quello che affronti fino in fondo” e apre la strada al secondo momento del concerto con La Ragione del Mondo, uno dei brani più emozionanti dell’ultimo disco. 

Tra il pubblico giurerei di aver visto anche qualche lacrima.

L’intro di Buona Vita invece si fonde con le sonorità dei Buena Vista Social Club di Compay Segundo, musica che Mengoni ci racconta di aver ascoltato a lungo, durante la realizzazione di Atlantico. 

La casa Azul invece è dedicata a Frida Kahlo.

In questi anni Mengoni ha viaggiato e si vede. Il suo è uno show ricco, non barocco, ma ricco. Di parole, di sensazioni, di colori. Ha cercato di portare sul palco tutto quello che è oggi, la sua caleidoscopica personalità. 

La mia sensazione è che Marco Mengoni in questi anni sia diventato grande, più consapevole. Si è liberato dalla maschera di cantante pop che piace alle ragazzine per diventare un artista completo.

Con Atlantico è riuscito a mettere in piedi, coadiuvato da una grande squadra, come spesso ricorda durante il concerto, uno show articolato, che unisce musica e contenuti.

Nonostante questo, lui è lì per cantare e sembra non dimenticarsene mai. I balletti ci sono, gli ammiccamenti anche, ma la musica rimane il centro di tutto questo.

Arriva un secondo monologo: la citazione in apertura è dello scienziato James DewarLa mente è come un paracadute, funziona solo se si apre”. 

Secondo Marco non c’è altra soluzione per sopravvivere a questo mondo, descritto da titoli di giornale che parlano di inquinamento, intolleranza e isolamento.

“Siamo stati più belli di così, più onesti, più buoni. Siamo stati più comprensivi forse, più umani, più giusti“, ed è la gentilezza il segreto, “be pitiful, for every man is fighting a hard battle” come recita l’aforisma di Ian McLaren a chiusura del testo.

La terza parte del concerto è quella più densa di emozioni. Si parte con Guerriero.

Sul pubblico vengono calate delle passerelle sospese, che Mengoni usa per avvicinarsi ancora di più alle persone. Vuole bene al pubblico, è palese, e il pubblico vuole bene a lui. 

L’Essenziale vede Marco per la prima volta seduto al piano forte. Per quanto mi riguarda, è uno dei momenti più belli del concerto.

Quello che mi piace di Mengoni è che dà l’idea di essere proprio come appare. Un ragazzo semplice, che non ha dimenticato da dove viene. Nonostante questa umiltà, è uno che sul palco ci stare. Ci sa stare, eccome.

Il pubblico di Mengoni è devoto: quando chiede di spegnere tutte le luci e alle persone di mettere via gli smartphone per concentrarsi sulla musica per il tempo di una canzone, la gente lo fa.

Così, nel 2019 un intero palazzetto lo ascolta cantare al buio, senza il telefono in mano. Lo scambio con i fan è infatti uno degli aspetti più interessanti di questo live: è spontaneo e diretto, senza artifici e senza sovrastrutture.

Dopo circa due ore, e dopo un lungo viaggio attraverso questi ultimi dieci anni di musica, lo show giunge alla fine.

Ammetto di aver pensato, di lui come di tanti altri usciti da un talent, che forse non sarebbe arrivato dove è ora, senza una trasmissione come X Factor. Stasera mi sono ricreduta.

Marco, al di sopra di qualunque chiacchiera sul destino o la fortuna, ci sarebbe arrivato comunque su questo palco, e su tanti altri. Forse ci avrebbe messo più tempo, è vero, ma di mestiere ne ha da vendere.

Quello che oggi mostra al pubblico non è frutto di improvvisazione, ma di lavoro. È il risultato di un talento, e non di un talent.

Mengoni è un bravo artista, uno che è riuscito a prendere le giuste misure e a colorare la propria musica con toni diversi, a volte soffusi, a volte vivaci, altre malinconici, senza mai tradirsi. 

Vorrei chiudere con sue parole, prima di lasciare il palco e ringraziare per la decima volta le persone che sono venute a sentirlo: “questo non è un concerto di Marco Mengoni, questo è un concerto di tutti noi e di tutti voi“.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Daniela Fabbri

Foto: Luca Ortolani

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”13912,13913,13914,13916,13923,13921,13925,13924,13922″][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1556052397943{padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”13917,13918,13920,13926,13928,13927″][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1556052397943{padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”13919,13915,13929″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a Goigest

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Gazzelle @ RDS_Stadium

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Gazzelle •

 

P  U  N  K   T  O  U  R

 

RDS Stadium (Rimini) // 27 Febbraio 2019

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Ci sono momenti che attendiamo con ansia, quell’ansia positiva che ha il sapore di entusiasmo misto a voglia di vivere qualcosa che sappiamo già quando potrà farci star bene, ma bene davvero.

Ho aspettato il 27 febbraio proprio così, sapendo che il concerto segnato sul mio calendario aveva un nome speciale, quello di un artista che seguo dagli esordi, da quando ho ascoltato per la prima volta la sua prima canzone Non sei tu scritta con la tastiera che gli regalò suo padre a soli 6 anni.

L’artista in questione è Flavio Pardini, meglio conosciuto come Gazzelle che ieri sera è finalmente tornato sul palco dopo un anno di assenza per dare il via al suo Punk Tour e per farlo ha scelto l’Rds Stadium di Rimini.

Un RDS che non solo ha segnato la tappa zero di una lunga lista di appuntamenti in giro per l’Italia tutti sold out, ma che ha segnato anche un passaggio fondamentale per la carriera di questo giovane cantautore romano che ha sempre scritto canzoni senza dirlo a nessuno.

Tutto fino a quando non ha suonato per la prima volta nel sottoscala di un bar di Trastevere e fino a quando 3 anni fa, non ha deciso di inviare un messaggio alla sua attuale etichetta discografica Maciste Dischi chiedendo di poter inviare alcuni brani.

Gazzelle nasce così e ieri sera il suo pubblico non era più quello di pochi amici intimi in un bar, ma un grande pubblico capace di scaldare e riempire un palazzetto.

Un successo meritato, perché attraverso i suoi testi e con la sua musica riesce ad essere un ottimo compagno di avventura in questo viaggio chiamato vita, dando voce a tutte quelle sensazioni che nascono nella bocca dello stomaco difficili da mettere nero su bianco.

Alle 21:00 spaccate tutto buio e un minuto dopo inizia uno dei concerti più emozionati, vivi ed intensi a cui io abbia mai assistito.

Dopo un duro lavoro di prove durato mesi, Gazzelle, accompagnato dalla sua band e da un meraviglioso quartetto d’archi e coriste, brano dopo brano, spaziando tra le canzoni contenute nel suo primo album Superbattito e nel suo secondo album Punk, regala al suo pubblico momenti indimenticabili con scenografie e giochi di luce mozzafiato, oltre ad una dose significativa di energia allo stato puro.

Emozionato e nel suo perfetto stile Brit anni 90 è stato in grado di stupire senza sosta dall’inizio alla fine, compresa una finta chiusura del live interrotta solo per 60 secondi che scorrevano in un maxi schermo e segnavano un countdown che ha portato ad un cambio palco e in un attimo ha portato lui alle nostre spalle pronto ad intonare Quella te.

Per me un bel concerto è quello da cui non andresti mai via e che vorresti non finisse mai e ieri sera, ad un certo punto hanno riacceso le luci, lo spettacolo era finito ma io ero ancora lì a guardare quei coriandoli viola sul pavimento e a sorridere.

Ha fatto davvero Scintille.

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie ad VIVO Concerti

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Claudia Venuti

Foto: Luca Ortolani

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”11814,11818,11828,11832,11827,11823,11829,11824,11830,11815,11813,11820,11817,11831,11821,11826,11816,11822,11825,11819″][/vc_column][/vc_row]

Prodigy @ Rds Stadium

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Prodigy •

| No Tourists Live |

RDS Stadium (Rimini) // 01 Dicembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Grazie Barley Arts. Grazie per aver incluso VEZ Magazine tra le riviste in accredito per quella che io definirei più una esperienza di vita che un concerto.

E siamo qui, io e il mio brother da una vita Michele Morri, a vedere un gruppo, The Prodigy, che fa parte di tutti noi cani sciolti (ndr).

Un gruppo di Braintree, UK, che dagli anni novanta è sulla scena con una sperimentazione musicale che li ha portati ad essere inseriti nel filone del Big Beat, genere totalmente British che propone un mix di rock, dance, psichedelia e techno hardcore.

Vorrei sottotitolare questo articolo con “Una serata con The Prodigy ovvero quella esperienza di vita che ti mancava”.

Sicuramente mancava a me questa esperienza, dato che seguo questo gruppo da che ne ho memoria e che nel mio adorato Velvet (vedere la maglietta di Morri per questa serata su Facebook, ndr) questo sound non poteva mancare mai.

Perché poi diciamocelo, chi di noi quasi quarantenni non associa qualche momento della propria adolescenza a un gruppo come questo?

E quindi vai a un loro concerto credendo di sapere quello che ti aspetta.

Fai la fila, attendi il tuo turno al controllo borse e zaini.

E fa freddo, regaz.

Poi entri e ti fai fregare dalla tasca 15 euro che avevi appositamente inserito a casa per comprare le birre.

E sino a qui, ancora inconsapevoli, si procede come d’abitudine.

Poi tutto cambia. Un’ora e mezza di concerto durante la quale tutti noi presenti abbiamo dato l’anima, le corde vocali e i menischi.

E se non fosse che il giorno dopo mi devo svegliare alle 5:30 per andare a lavorare, probabilmente avrei lasciato volentieri sulla pista anche qualche tendine rotuleo.

Mi sono sottratta, ahimè, al pogo selvaggio e non ne vado fiera, ma non mi sono sottratta ai salti e al ballo dalla canzone NUMERO UNO.

Quell’incipit anfetaminico di Breathe che ti spinge e ti tira e ti travolge.

E poi non ci capisci niente. E dici solo WOW.

E poi Voodoo People e verso il finale Firestarter e Smack My Bitch Up.

Luci, tante luci. Fumo e nebbia e ancora luci.

E quando tutto finisce realizzi che fino a poco prima eri proprio nell’occhio del ciclone, in un vortice spazio temporale che ti ha spettinato per poi lasciarti solo con un senso di vuoto a dover tornare miseramente a casa.

È così che mi sento, mentre punto la sveglia e mi chiedo se domani riuscirò ad andare a lavorare.

Grazie ancora gentile Barley Arts e grazie allo Staff dell’RDS Stadium, perché qui a Rimini, questa sera, ci siamo divertiti.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Sara Alice Ceccarelli

Foto: Michele Morri

 

Grazie a Barley Arts[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”9815,9796,9800,9798,9805,9817,9799,9807,9801,9813,9808,9802,9806,9803,9814,9804,9809,9810,9797,9811,9812,9816,9818,9819,9820″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Slaves

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”9830,9822,9826,9828,9831,9832,9827,9823,9824,9825,9829,9833,9834″][/vc_column][/vc_row]

Bryan Adams

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Bryan Adams @ RDS Stadium – Rimini // November 15, 2017

 

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Pensando a Bryan Adams, qual è la prima immagine che viene in mente? Nel mio caso è un’immagine a tinte viola, Bryan che cammina con una chitarra e alle sue spalle un elefante. La copertina di On A Day Like Today, 1998. Immediatamente dopo penso alla copertina dell’album di Mtv Unplugged del 1997, Bryan seduto su una sedia, che suona la chitarra. Insomma, sempre Bryan e una chitarra. Perchè Bryan la chitarra non la suona, è parte di lui. Le vuole bene.

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1503314855353{padding-bottom: 22px !important;}”][vc_column][edgtf_single_image enable_image_shadow=”no” image=”5160″ image_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Così come vuole bene al proprio pubblico e qui all’RDS Stadium di Rimini l’ha dimostrato con due ore di musica nonstop, fermandosi solo un attimo per ricordare le sue prime due volte in italia. La prima, nel 1983 quando invitato in una trasmissione in Sardegna alle 11:00, ha poi effettivamente registrato la trasmissione alle 23:00 senza la possibilità di cenare, dovendo poi correre per prendere l’ultimo aereo disponibile. E lui che si aspettava di mangiare tanti spaghetti! Dieci anni dopo è tornato per la seconda volta, contattato da Luciano Pavarotti che gli ha chiesto di cantare con lui ‘O Sole Mio. E dedicandola proprio a Luciano, l’ha cantata anche al pubblico riminese in maniera impeccabile. Una voce profonda e chiara resa ancora più limpida dal suo sorriso, che canzone dopo canzone non ha mai abbandonato. 

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1503314855353{padding-bottom: 22px !important;}”][vc_column][edgtf_single_image enable_image_shadow=”no” image=”5159″ image_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Due ore cariche di emozioni (e qualche lacrima dal pubblico), di dolcezza e gioia, perché Bryan e la sua band hanno creato un’atmosfera unica e coesa, dettata dalla presenza di due dei membri storici della Bryan Adams Band, presenti dal 1981: Keith Scott, grande chitarra e grande carisma e alla batteria Mickey Curry. Un tesoro nel mondo musicale. E di tesori ne sanno qualcosa i canadesi che nel 2006 l’hanno inserito nella Canadian Music Hall of Fame. Grazie Bryan Adams. A presto (si spera) 

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1503314855353{padding-bottom: 22px !important;}”][vc_column width=”1/2″][edgtf_single_image enable_image_shadow=”no” image=”5157″ image_size=”full”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”5158″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Scaletta :

Do What Ya Gotta Do
Can’t Stop This Thing We Started
Don’t Even Try
Run to You
Go Down Rockin’
Heaven
This Time
It’s Only Love
Please Stay
Cloud #9
You Belong to Me
Summer of ’69
Here I Am (acoustic)
When You’re Gone (acoustic)
(Everything I Do) I Do It for You
Back to You
Somebody
Have You Ever Really Loved a Woman?
The Only Thing That Looks Good on Me Is You
Cuts Like a Knife
18 til I Die
I’m Ready
Brand New Day

Ultimate Love
I Fought the Law (The Crickets cover)
Straight From the Heart (acoustic)
‘O sole mio (Eduardo di Capua cover)
All for Love (Bryan Adams, Rod Stewart & Sting cover, acoustic)

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Sara Alice Ceccarelli

Foto: Luca Ortolani[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]