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Simple Minds @ Pistoia Blues

Ma suonano ancora? Assolutamente sì, e non solo suonano, celebrano i loro 40 anni di hit con un tour mondiale dove Celebrating 40 Years of Hits diventa un vero e proprio motto. Questi sono i Simple Minds, che finalmente, dopo due anni di rinvii a causa della pandemia, hanno fatto tappa il 15 luglio al Pistoia Blues Festival 2022, scegliendo il palco toscano per esibirsi in una serata che ha abbracciato musicalmente i 42 anni della loro carriera con una formazione diversa da quella degli esordi, ma sempre capitanata dalla voce di Jim Kerr e dalle corde di Charlie Burchill.

Provenienti dalla Scozia, terra di musica raffinata tra cui troviamo anche artisti come i Franz Ferdinand e Mogwai, i Simple Minds provengono dalla scena punk della Glasgow anni ’70 per poi addentrarsi negli anni ’80 con una serie di singoli di successo come Promised You a Miracle del 1982 o Waterfront del 1983. Tuttavia, è con la pubblicazione di Don’t You (Forget About Me) nel 1985 che diventano una delle più grandi band mondiali e tra la fine degli anni ’80 e dell’inizio degli anni ’90 vendono circa 60 milioni di dischi in tutto il mondo. Ma è proprio negli anni ’90 che per il gruppo inizia un lento declino e per un po’ la band si riduce a un duo formato da Jim Kerr e Charlie Burchill. Sono gli anni 2000 che vedono i Simple Minds riprendere forza pubblicando non meno di sette album in studio, tra cui l’ultimo, Walk Between Worlds del 2018, che ha raggiunto la quarta posizione nella classifica degli album del Regno Unito, e andare in tournée con l’arrivo dei nuovi membri Cherisse Osei alla batteria, Berenice Scott alle tastiere, Ged Grimes al basso.

Con questi ricordi in mente, mi avvicino alla piazza dove vedo file serpentine di un pubblico eterogeneo, accomunato dall’aver passato l’adolescenza in pieni anni ’80, e pronto, per una sera, a tornare indietro nel tempo, con un po’ di nostalgia per il tempo passato, e la voglia di catturarlo per una qualche ora di nuovo nel presente. Il concerto è sold out, la piazza è piena di sedie pronte ad accogliere il pubblico, ma nei dintorni c’è anche chi, non avendo potuto comprare il biglietto, aspetta trepidante ai margini, oltre le transenne, nella speranza di catturare qualche nota, un pezzo di strofa, chissà, magari quello che li ha fatti innamorare tanti anni fa. 

Il concerto inizia senza un’esibizione di una band di supporto, su un palco che si accende di luci e colori vivi e forti, che infuocano subito la piazza con le prime note e un Jim Kerr ansioso di concedersi al pubblico con la sua voce e sonorità sintetiche hanno trascinato il pubblico presente in un sound di pieni anni ’80. Kerr si muove sul palco con voglia di divertirsi e disinvoltura e anche se l’aspetto tradisce gli anni che sono passati, la sua energia sembra non essere stata toccata dal tempo. Parla in un italiano stentato ma efficace con il pubblico, l’impatto emotivo è alto, mentre Glittering Prize si muove su uno sfondo di paillette scintillanti che salgono verso un cielo indefinito insieme alla sua voce e neppure l’inciampo di qualche parola scordata di Promised You a Miracle lo ferma: Kerr chiede scusa e ricomincia, tra gli applausi di tutti, perché solo chi ama davvero ciò che fa può cadere senza abbattersi, e rialzandosi sempre. 

Dalla leggerezza di Promised You a Miracle, l’aria si riempie delle iniziali sfumature più cupe di Book of Brilliant Things dove la voce calda e profonda di Sarah Brown incanta il pubblico, mentre la musica lo scuote con la deriva rock che esplode successivamente, e da un canto evocativo, con l’arrivo di Kerr passa a vera grinta. La Osei fa scalpitare il pubblico con il suo assolo di batteria, lei che sta con i suoi strumenti al centro del palco, in alto, come una dea che abbraccia e sorveglia la band e il pubblico, si muove con forza e decisione, i capelli che si sono raffiche di battiti nell’aria, e le bacchette che sembrano l’estensione del suo corpo. Ed è in quel momento che sai che da grande vorrai diventare una tosta batterista. 

Mi guardo intorno e vedo che il pubblico ormai si è alzato, pochi sono quelli rimasti seduti, i più temerari vanno sotto il palco a scattare una foto per cui sono pronti a rischiare tutto, anche il rimprovero del servizio di sicurezza, e scappare felici come se avessero rubato un attimo di gioia. C’è chi balla e canta, come ballava e cantava il pubblico di giovanissimi del concerto di Ariete della serata precedente. Negli occhi la stessa voglia di musica e di libertà. Li immagini nella loro quotidianità, nella varietà dei mille lavori, magari seri professionisti, madri e padri attenti e preoccupati di ogni inquietudine dei propri figli, e poi li vedi lì, lontani dai pensieri per il momento di un concerto. Mentre l’immaginazione cavalca, Kerr incita tutti ad avvicinarsi al palco ed è il delirio, vengo travolta di ondate di persone che scendono dagli spalti per prendere un posto in prima linea, che si fanno spazio tra le sedie, le allontanano per vivere il concerto come deve essere vissuto: con tutto il proprio corpo. Magnificamente indisciplinati. Con l’attesissima Don’t you (Forget About Me) si raggiunge l’estasi e il delirio esplodono, e tutto è lecito, anche ballare come se non ci fosse un domani con passi che il tempo sembra aver scordato ma che la musica, solo per noi, riporta. Il brano viene interpretato con una sezione di canto extra-lunga, Kerr porge il microfono al pubblico per farlo partecipare e il pubblico non se lo fa ripetere due volte, anzi, non vedeva l’ora e canta a loop un “Lalala” per un tempo che sembra infinito. 

Il bis di rito inizia con un “Non vogliamo andare a casa! Vogliamo suonare più musica!” gridato da Kerr al microfono, in cambio di un boato di voci e applausi. Berenice Scott lascia le tastiere per duettare con la Brown in Speed Your Love to Me che diventa dolce ed evocativa, delicata, quasi una pausa che apre all’attesissima Alive and Kicking, decisa e potente. Il concerto si chiude con Sanctifying Yourself, il kick potente della batteria incalza le persone a ballare, la voce di Kerr invita a perdersi per una volta oppure per sempre su uno sfondo rosso dove volano sagome di colombe bianche. C’è il rock nell’aria, la voglia di scrollarsi i problemi via di dosso, barattarli per un po’ di bellissime note. 

Vado via dalla piazza con adrenalina nel cuore e nelle gambe, ma tra tutte le canzoni che hanno infiammato la serata, ripenso alla ballata Belfast Child, che ha ammutolito la piazza in religioso silenzio, per poi riempire l’aria di synth e batteria, con l’abbraccio della chitarra elettrica di Burchill. Una pausa surreale con il timbro di Kerr che riesce sempre a librarsi nell’aria, anche se il tempo gli ha donato delle sfumature a volte più basse, ma non per questo ne ha intaccato l’intensità. Mi vengono alla mente alcune critiche che ho letto per esibizioni per altri gruppi e cantanti a cui il tempo ha inevitabilmente cambiato un po’ la voce. Più che critiche, vendette musicali. Eppure questi artisti continuano a fare musica da anni, continuano a far provare emozioni, sensazioni che altrimenti rimarrebbero chiuse lì, in qualche parte di noi che neppure conosciamo. Questa è per me l’arte, non mantenere le corde vocali dei vent’anni, che poi, alla fine, l’età passa anche per il pubblico, ed è bello vedere che viaggiamo verso il futuro insieme. 

 

Alma Marlia

Pistoia Blues 2022

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 Pistoia // 7 Luglio – 16 Luglio 2022

 

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7 Luglio 2022

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The Tallest Man On Earth

foto di Letizia Mugri

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12 Luglio 2022

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Manuel Agnelli

foto di Letizia Mugri
testo di Alma Marlia

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13 Luglio 2022

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Willie Peyote

foto di Aurora Ziani

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14 Luglio 2022

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Ariete

testo di Alma Marlia
foto di Aurora Ziani

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15 Luglio 2022

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Simple Minds

di Alma Marlia

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16 Luglio 2022

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Paolo Nutini

di Alma Marlia

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