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Tag: the killers

The Killers @ Milano Summer Festival

Erano due anni che aspettavamo il concerto de The Killers e finalmente, dopo l’attesa, la band ha inaugurato l’estate all’Ippodromo Snai San Siro, al Milano Summer Festival. Il cantante Brandon Flowers, insieme alla sua band formata da Mark Stoermer, Ronnie Vannucci e Dave Keuning, ha festeggiato il suo quarantunesimo compleanno con noi, regalando una serata indimenticabile.

Nel traffico milanese accompagnato dai clacson, si muovevano orde di persone sorridenti e accaldate che si preparavano a una serata di musica. Nella confusione generale e studiando le strade migliori per parcheggiare, si notava una quantità insolita di gente che si dirigeva verso lo stadio San Siro con indosso la maglia dei Rolling Stones. Illuminazione. Ho preso il telefono e confermato i miei sospetti: la storica band britannica si sarebbe esibita quella stessa sera a pochi chilometri dai The Killers (non che servisse Sherlock Holmes per capirlo). Milano si stava preparando a essere protagonista del rock e c’era un imbarazzo della scelta che aveva il sapore del ritorno alla normalità.

Un concerto nei primi mesi post-pandemia, senza sedie e senza mascherine, è talmente importante da rendere sopportabili persino i 12 euro spesi per un panino mediocre con il prosciutto crudo e la mozzarella e le quasi assenti opzioni vegetariane e vegane. Nonostante la delusione della cena, l’organizzazione è stata lodevole, tra patatine e Pepsi in omaggio e l’alta disponibilità di bagni, la permanenza all’interno dell’Ippodromo si è rivelata confortevole. 

Ma passiamo alla parte più importante della serata. Brandon Flowers è entrato con un sorriso stampato sul volto che non l’ha abbandonato neanche un istante, impeccabile nel suo look total black eterno e meraviglioso. Tra coriandoli e altri effetti di scena, il pubblico estasiato si è abbandonato ai primi salti della serata dopo poco tempo, sulle note di When You Were Young. Il cantante ha quasi subito ricordato il tour annullato due anni prima e ha invitato il pubblico a guardarsi intorno e rendersi conto di essere, finalmente, insieme davanti a un palco. 

La scaletta non si concentrava sui brani degli ultimi album Imploding The Mirage e Pressure Machine, ma prevedeva un mix delle canzoni della carriera del gruppo. Dopo gli anni di assenza dai live, la band ci ha fatto ripercorrere tutte le emozioni memorabili dei ventuno anni di attività: è stato come ritrovarsi con dei vecchi amici e fare un riassunto delle reciproche vite. Così, Smile Like You Mean It, Jenny Was a Friend of Mine e Somebody Told Me sono stati i primi brani che ci hanno ricordato i grandi successi dell’album Hot Fuss e dell’epoca in cui ci incollavamo davanti alla televisione per guardare The O.C. (se ti ricordi la puntata con The Killers, possiamo essere amici). 

“There is nothing/I wouldn’t do/There is nothing/I wouldn’t give/There is nothing/Calling out”: sulle note di Caution, ho viaggiato nel tempo. Era marzo del 2020, durante il lockdown bisognava imparare a custodire le distrazioni che avevamo a disposizione, io potevo uscire pochi minuti al giorno insieme al mio cane e salivo in cima alla via in cui abito per vedere un po’ più di orizzonte e di verde. Dalle mie cuffiette usciva Caution, l’ultimo singolo del gruppo e con il telefono registravo una storia di quindici secondi per Instagram, inserendo proprio la canzone che accompagnava i miei passi e che mi dava qualcosa a cui pensare. “If I don’t get out/Out of this town/I just might be the one who finally burns it down.” Quanto avevate ragione, cari Killers.

Come già accennato, era il compleanno di Flowers e il pubblico non ha perso l’occasione di intonargli le canzoncine di auguri in italiano e in inglese, ma è stato il cantante stesso a fare una sorpresa a noi: Ti amo, di Umberto Tozzi. L’artista, leggendo il testo, si è cimentato nel celebre brano e dal prato dell’Ippodromo si è sollevato un coro stupito e divertito. Ci sono canzoni che, pur non ascoltandole mai, sono indimenticabili.

Due altri momenti splendidi della serata sono stati All These Things That I’ve Done, in cui il pubblico si è dimostrato un vero protagonista con il coro “I got soul, but I’m not a soldier” e le urla di gioia con Read My Mind. Le gocce di pioggia non ci hanno scoraggiato neanche per un istante. Man mano che le canzoni avanzavano, aumentava l’euforia, perché anche se il concerto stava per terminare, ci aspettavano due brani intramontabili.

Lo schermo sul palco ha iniziato a trasmettere le immagini di tante figure umane e poi una scritta: Human. Sulle note del grande successo dell’album Day & Age, il pubblico ballava, saltava e si divertiva ed è stato un momento liberatorio e felice. Al termine della canzone, sapevamo già cosa aspettarci. Nelle home di Facebook e Instagram, mi si ripropone spesso un articolo – è sempre lo stesso – che contiene una photogallery che ritrae i volti delle persone ai concerti dei The Killers, immortalate nell’esatto momento in cui capiscono che la band ha iniziato a suonare Mr. Brightside. Io non ho guardato le facce della gente intorno a me, ho provato a isolarmi con il palco per godermi la mia canzone preferita. Sono banale? Sì, ma non me ne pento. Mr. Brightside parla a chiunque, è l’esasperazione che provi quando ami, quando hai paura, non riesci a essere razionale e ti tormenti con dei film mentali che sono più dolorosi della realtà. Mr. Brightside non è una canzone, ma è la canzone.

Finito il concerto, il pubblico sorridente ha iniziato a disperdersi, stanco e felice. Con qualche altra patatina e Pepsi in omaggio tra le mani, mi sono diretta verso una lunga notte insonne di viaggio, sapendo che le occhiaie del giorno seguente sarebbero state comunque belle. 

 

Marta Massardo

VEZ5_2021: Andrea Riscossa

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Arlo Parks Collapsed in Sunbeams

Un album di esordio di una ventunenne, che comprime generi e stili con una semplicità e una naturalezza spiazzanti. Da una base lo-fi si arriva al soul, tra rock e R&B, con pezzi recitati, tutti utili e tutti ben utilizzati per creare un’atmosfera che sospende, come davanti a un acquario, in cui galleggiano idee, sentenze, punti di vista. Da esplorare.

Traccia da non perdere: Eugene

 

Dry Cleaning New Long Leg

Dunque, lei è ipnotica. Tutti insieme funzionano proprio bene. Il disco è un’eco di musica che fu, che è, che sempre sarà, in un gioco di rimandi e ricordi (tra Joy Division, Smiths, Cult, Strokes) e quel gusto nuovo che sa di alchimia e di ingrediente segreto. Prodotti dall’arzillo John Parish, padre artistico di PJ Harvey.

Traccia da non perdere: Scratchcard Lanyard

 

Damon Albarn The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows

L’Islanda cotta a fuoco lento da Mr. Albarn, innamoratosi anni fa dell’isola ai confini del mondo. Come un personaggio di Verne, si perde tra vulcani e ghiacciai, ma lo fa ascoltando, captando e cantando. Elegia per Eyjafjallajökull, ai posteri l’ardua pronunzia.

Traccia da non perdere: Royal Morning Blue

 

The Killers Pressure Machine

Ok, quota guilty pleasure 2021 va al gruppo di Las Vegas. Sia chiaro, non è un album memorabile, ma ha gli stessi ingredienti che rende imprescindibile ed eterna la torta della nonna. È un lavoro quasi distopico, che devia dalla strada percorsa dalla band finora, che strizza l’occhio a Springsteen e si prende del tempo per raccontare storie e pezzi di vita. Quelli di Mr. Brightside mi hanno fregato.

Traccia da non perdere: Quiet Town

 

Nick Cave & Warren Ellis Carnage

Agita il bicchiere, prendi un bel sorso, assapora, chiudi gli occhi, elenca: profondo, etereo, subacqueo, malinconico, arioso. È un album fatto di respiri, a volte mozzati, a volte profondissimi. È forse l’unico veramente legato alla pandemia. O forse no. Però, che meraviglia.

Traccia da non perdere: Carnage

 

 

Andrea Riscossa