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Tag: their satanic majesties request

ReCover #3 – The Rolling Stones “Their Satanic Majesties Request”

• All’ombra dei cuori solitari •

 

Dopo le crisi esistenziali causate dai precedenti album ho deciso di dedicare il terzo numero di questa rubrica ad un album del 1967, che con i suoi colori e la sua atmosfera spensierata ci aiuta a smorzare la tensione del periodo natalizio (non mentite, so che anche voi elfi di Babbo Natale siete sull’orlo di una crisi di nervi): sto parlando dell’album più incompreso e forse meno amato dei The Rolling Stones: Their Satanic Majesties Request.

Già dal titolo possiamo coglierne una dichiarazione d’intenti, che nel caso degli Stones è sempre provocatoria ed irriverente.

La giovanissima band si lasciò candidamente ispirare, trasportare e avvolgere dalla psichedelia — e dal successo — di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, il celebre capolavoro della band che nello stesso anno fece il boom di incassi.

In ogni fiaba che si rispetti c’è un antagonista che si oppone alla figura dell’eroe, ed ecco che i Rolling Stones erano perfetti per interpretarne la parte, in contrapposizione all’immagine candida dei Beatles.

Probabilmente fu anche a causa di questa narrazione conflittuale tra le due band, costruita ad hoc dai media, che TSMR venne visto come un tentativo fallito di rincorrere Sgt. Pepper.

Ma la realtà era ben diversa: la stampa continuava a dipingere la relazione tra i due gruppi come aspra e conflittuale, i ribelli contro i bravi ragazzi, e la gente ci credeva: per cui gli Stones stanchi della situazione decisero di comunicare tramite la cover come stavano le cose. 

Nascosti tra i fiori di TSMR ci sono i volti dei Beatles, come nel vestito della bambola di Shirley Temple nelle cover di Sgt. Pepper possiamo leggere “Welcome The Rolling Stones”: era il loro modo di esplicitare al pubblico con un dialogo silenzioso il profondo rispetto che provavano a vicenda.

Ulteriore prova ne è il brano Sing This All Together in cui possiamo sentire le voci di John Lennon e Paul McCartney.

E così dalle pennellate nere con cui Mick Jagger solo l’anno prima voleva ricoprire qualsiasi cosa passiamo ad un arcobaleno di colori accecanti e piuttosto acidi, conditi con una bella dose di esoterismo. 

La prima cosa che fa storcere il naso di tutti è la copertina: una copia spudorata? O semplicemente gli Stones vogliono fare il verso ai loro acerrimi nemici? 

La prima proposta per la cover (Mick Jagger nudo su una croce) venne scartata dalla produzione perché di cattivo gusto, ma evidentemente lo spirito kitsch era alla base di questo album: non solo interpretarono l’ispirazione lisergica in maniera del tutto sopra le righe, ma rimasero coerenti all’eccesso anche dal punto di vista visivo.

Infatti gli Stones optarono per contattare Michael Cooper, il fotografo che si occupò della celebre foto di copertina di Sgt. Pepper e gli chiesero di fare qualcosa di simile.

Il design del booklet è opera di Michael Cooper: all’interno troviamo un labirinto con al centro la scritta “It’s Here” che, riferita al titolo, risulta irraggiungibile se si prova a percorrerlo; lo circonda un densissimo collage fotografico che contiene dozzine d’immagini fra le più disparate, dai dipinti di Poussin a ritratti indiani, fiori e mappe.

La quarta di copertina fu invece affidata all’illustratore Tony Meeuwissen, che raffigurò i quattro elementi all’interno di una cornice.

Per quanto simili le due copertine vennero realizzate con uno spirito opposto: se i Beatles non fecero altro che posare in un set rifinito di tutto punto e in tre ore andarono via, i Rolling Stones lavorarono fianco a fianco col fotografo, occupandosi persino di andare a comprare i costumi e costruire il set, come testimoniano le foto di reportage che scattò Cooper.

Fu proprio lui a proporre la copertina 3D della prima versione, proprio per fare uno step oltre il suo lavoro precedente.

Una delle poche attrezzature per il 3D stava a New York per cui dovettero tutti trasferirsi negli States, aumentando ancor di più i costi di produzione che già erano piuttosto elevati, tant’è che finirono per lanciare 500 copie in edizione limitata che finirono tra amici e parenti: se inclinata, l’immagine lenticolare mostrava le facce dei membri della band che si girano l’una verso l’altra, ad eccezione di Jagger che posa con le mani incrociate sul petto aprendole nell’animazione. 

Andiamo a concludere la narrazione di questa fiaba acida: TSMR non ebbe il successo sperato, i fan accolsero tiepidamente questo improvviso cambio di rotta e Mick Jagger stesso nel ‘95 rinnegò l’album considerandolo un esperimento fallito, di cui si salvano solo due canzoni e il resto è privo di senso.

Alla classica domanda “Beatles o Rolling Stones?” ho sempre risposto coi primi, anche solo perché il fatto di averli approfonditi di più, ma in questo caso faccio un’eccezione: di fronte alla grandezza mastodontica di Sgt. Pepper nutro un affetto particolare per Their Satanic Majesties Request, che rimane un tassello importante della storia della musica. Mi piace pensarlo come una lunga e caotica jam session, una piccola parentesi liberatoria in un momento in cui le vicende personali si intrecciavano ad un periodo storico piuttosto movimentato: a tutta questa complessità l’unica reazione giusta sembrava la libertà di espressione.

E così, con la mia illustrazione ho voluto omaggiare questa piccola pausa dal blues prolungandone la jam session coi miei strumenti.

 

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Cinzia Moriana Veccia