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“Vaffanculo”: una conversazione a cuore aperto con Giorgio Canali

In questo anno funesto, arido o quasi di occasioni conviviali e soprattutto privo di concerti, appena si è presentata l’occasione di incontrare Giorgio Canali non me la sono certo fatta sfuggire.
Non sono giornalista e quella che seguirà, più che un’intervista, sarà un’amichevole chiacchierata con Giorgio, che seguo con piacere fin dai suoi primi album.
L’occasione è l’uscita di Venti, il nuovo disco del ex C.S.I., C.C.C.P., P.G.R. insieme alla sua storica band, i Rossofuoco.
Necessitando di almeno un contatto visivo decido di andare fino a Correggio per poterlo incontrare. L’appuntamento è in un bar del paesino emiliano, che fa molto “amico che non vedi da un po’”: fanculo videochiamate, videochat, zoom e menate varie. Direi che ne abbiamo fatte abbastanza.
Sono sinceramente emozionato, mentre aspetto al tavolino con una pinta di birra. In fondo è come se Paola Maugeri stesse aspettando Mick Jagger. Passatemi il paragone dai!
Dopo pochi minuti arriva Giorgio che, vedendomi col bicchiere e la maglietta del Velvet addosso, non esita un attimo:”Il Velvet, grande! Prendo una merda da bere e arrivo!”
Torna con vodka e ghiaccio, qualche scambio di battute e partiamo con la nostra chiacchierata, di circa due ore. Provo a riassumere!

 

Ti devo confessare una cosa: è da Luglio che ascolto il nuovo disco, me lo ha fatto ascoltare Botte (amico in comune, NdR) dopo che tu glielo hai mandato in anteprima.

“Si si, ha fatto bene!”

 

Venti come sono venti i brani di questo disco, avevate tempo durante il lockdown o li avevate gia scritti?

“No, semplicemente sono venuti fuori! Io ero chiuso su a Bassano, nell’appartamento/studio di Steve, ho iniziato a buttare giù qualcosa poi li ho fatti girare agli altri; dopo dieci pezzi Steve ha proposto di andare avanti e fare un doppio e ci siamo detti, perché no, tanto di cose da dire ne ho! Anche se fino a quel momento avevo un certo riserbo nel parlare di questa situazione di merda, non volevo metterla dentro al disco.”

 

E come si fa? È difficile ignorare ciò che accade.

“Si, ogni tanto ho questi trip! Ad esempio ho un pezzo, che probabilmente sarà nel prossimo album, o chissà, si chiama 900. Ripercorrerà tutto il novecento storico, ignorando completamente l’Italia e quello che è successo qua, perché tanto è irrilevante…”

 

Inutile e irrilevante come un brano del disco.

“Ahah, si, inutile e irrilevante, che è una provocazione bella grossa! Ignorando Mussolini, CianoBerlusconi, la P2 chi cazzo sono? Perché devo parlare di questa gente qua? Se viene fuori è una bella canzone, lunghissima.
Quindi, dicevo, l’intenzione era di lasciare del tutto fuori il problema che stiamo vivendo, come se non esistesse. Anche perché non ci credi che la gente possa arrivare a livelli simili, sul fatto di accettare per oro colato tutto quello che gli si racconta, senza neanche sollevare un obiezione e che qualsiasi precetto gli si ponga di seguire lo segue.
Mi venivano in mente i documentari propagandistici di istruzione alle precauzioni anti pericolo nucleare; dicevano ai bambini di accovacciarsi e coprirsi…”

 

Hai citato questa cosa in un brano in effetti.

“Si esatto, c’è. Accovacciati e copriti, accovacciati e copriti! Indottrinamento di base, inutilissimo, anche perché se ti esplode una bomba nucleare a 4 km puoi accovacciarti quanto ti pare.
Mi sembra un po’ questo, la mascherina, il distanziamento, che poi non mi sembrano cosi utili se ci pensiamo.”

 

Che vuoi dire?

“Al di la di quel che scrivono La Repubblica e Corriere della Sera, basta guardare la Svezia, la Norvegia, la Finlandia dove non hanno fatto niente. Non c’è bisogno di tenere controllata la gente. Qua invece è il sogno da sempre! Qualsiasi regime, cattivo o buono, quello che vuole di più è l’obbedienza, se cieca ancora meglio, facendo cagare addosso la gente. Mi ricordo la dichiarazione dello psichiatra prima di suicidarsi in carcere durante il processo di Norimberga: la paura fa 90, se fai cavalcare la paura vinci!”

 

Durante il primo periodo di lockdown la gente che ti guardava e insultava dai balconi se uscivi. Un esempio fu una farmacista presa a male parole, in realtà stava solo andando a lavorare.

“Poi il paragone diventa peso, ma è così che si crea il consenso che ti consente di andare a denunciare l’ebreo che sta nel piano di fianco. Per carità non voglio paragonare le cose, assolutamente, ma il meccanismo è il medesimo. Quelli che andavano a denunciare l’ebreo non gli sembrava cosi grave andare a denunciarlo.”

 

Su questo tema sei molto attivo sui social, su facebook hai postato diversi articoli, per esempio del collettivo Wu Ming.

“Ah sì, mi sono preso anche del negazionista!”

 

Al di là di come la si possa pensare è sempre giusto avere un atteggiamento critico, porsi domande.

“Certo! Se non capisci questo…a qualcuno fa comodo che sia cosi. Dall’altra parte dell’oceano fa comodo nascondere quello che sta per arrivare, ovvero un nuovo crack tipo ’29. Dar la colpa a un virus piuttosto che a quei figli di puttana che stanno a Wall Street è più comodo. Altrimenti la gente prende il piccone e va fargli il culo a questi qua, mentre se è colpa del virus…”

 

Alla fine l’argomento è entrato lo stesso in questo disco.

“Si però se ci fai caso in metà delle canzoni non ne parlo proprio. Il problema è che quando ne parlo ci vado pesante.”

 

Vero, e infatti sei sempre stato coerente nei tuoi testi, critico, a volteprofetico. Ricordo quel pezzo del 2004 che fa “Epidemie terrificanti, nuovi contagi e vecchi mondi da evitare e noi qui in fila a farci rivaccinare..”

“Sì si, siamo lì. Semplicemente sto attento a quello che succede intorno a me e soprattutto faccio tesoro delle lezioni di storia, anche della storia moderna o attualissima. Lo vedi come va il mondo. Poi per carità non voglio ergermi a Pasolini che diceva, testualmente: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace…”. Per carità, Pasolini è Pasolini e Canali è Canali, però se uno è attento a quel che succede attorno e ragiona poi fa 2+2. Poi magari ti sbagli a fare 2+2, però se non ci provi neanche sei un coglione!”

 

È importante farsi domande, essere critici. Nei tuoi testi è palese..

“Assolutamente! Ma scusa il coprifuoco? La gente accetta il coprifuoco senza alcuna obiezione!
E poi mi danno del fascista se ne parlo! Fascista a me! Se non sei filogovernativo allora la pensi come Salvini, che dice le cose solo per comodo! Se la Meloni domani se ne uscisse con “Dio non esiste” io dovrei diventare subito credente cattolico? Perché dovrei fare o dire per forza una cosa diversa da quel che dice lei? Col cazzo!
La gente purtroppo fa questi accostamenti. Poi quando tiri fuori il concetto di negazionismo applicato a qualcosa di diverso dal negazionismo vero, che è quello di dire “i lager non sono mai esistiti” stai già facendo della propaganda di merda. Terrificante!
E non mi trincero neanche dietro a una serie di privilegi che mi sono stati tolti, tipo campare con la musica. Si, non pago l’affitto in questo momento, ma non è per questo che sto qui a discuterne, non me ne frega niente!”

 

A proposito, ti volevo fare questa domanda, che tocca anche me e il mio lavoro di fotografo. Ora eventi e concerti sono bloccati a fronte di bonus e simili..

“Fanculo, io non voglio una lira da loro, voglio solo che mi lascino libero. Non mi frega di inps e bonus. Quando vivevo in Francia avrei avuto diritto agli assegni di disoccupazione del mondo dell’arte, con 70 cachet dichiarati in 1 anno hai l’equivalente dallo Stato pagato per altri 300 giorni. Potevo fare richiesta ma non mi interessa, non li voglio. Non voglio pensare, ragionare di essere anarcoide.”

 

Anarcoide?

“Si, in realtà non sono anarchico, sono anarcoide, è peggiorativo! Però almeno non sono organizzato in una anarchia coalizzata.
Adesso cos’è sto cashback? Diventi ancora di più schiavo di un sistema che è basato sul controllo. Poi ci sono quelli che “io l’app Immuni mai e poi mai” ma poi appena ti danno 20€ vai subito a dargli i tuoi dati, per cifre irrisorie!”

 

Una presa per il culo?

“Si chiama propaganda!
Dai Basta!”

 

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Si cambiamo argomento. Come mai a Correggio? Fan di Ligabue?

“Si, sono venuto a imparare il rock’n’roll da Ligabue!
In realtà avevo la speranza di riuscire a sostituire in tutte le pizzerie le foto del Liga con il pizzaiolo ed esserci io al suo posto. Ma non ci riuscirò mai.”

 

Però sei un fan di Jovanotti.

“Certo, ma non confondiamo la merda col purè! Sono fan di Lorenzo, lo conosco, è una persona molto onesta. Può essere populista, ma è quel tipo di populismo che non mi dispiace perché è quello dei sentimenti che vengono direttamente da lui, non è un voler forzare le cose. È un buono, un ottimista.”

 

Vorresti esserlo anche tu, ottimista?

“Mi piacerebbe un sacco! Vede sempre il bicchiere mezzo pieno, io invece lo vedo sempre rotto il bicchiere, neanche mezzo vuoto!”

 

Invidia? 

“Si un po’ di invidia ce l’ho! Poi mi piacerebbe scrivere un paio canzoni con quello spirito li. Per esempio Mi fido di Te è un pezzo che spacca, che quando l’ascolto mi vengono i brividi.”

 

Se non ricordo male ne avevi fatto anche una cover.

“Si era un festival vicino ad Arezzo, probabilmente gli abitanti da quella volta mi odieranno! Mi avevano chiesto di affrontare sei brani di altri artisti, cover che mi piacevano e che avrei voluto scrivere io. Quella di Jova l’ho mescolata a Precipito, ci stava.”

 

Ma veniamo ai tuoi pezzi. Canzone Sdrucciola,  com’è nata?

“Sdrucciolamente! È partita da una batteria in 6/8 di Luca Martelli. Abbiamo fatto esattamente come fossimo dal vivo, in cui uno parte e gli altri gli van dietro.”

 

Però in questo caso eravate separati.

“Si, si. Luca le batterie le ha registrate in Sardegna, qualcuna nell’orto della sua compagna. Steve era Miami, io a casa di Steve a Bassano, Marco Greco a Bologna. Poi ci giravamo i file. Uno partiva e gli altri dietro poi io ci mettevo il testo.”

 

Quindi i testi vengono per ultimi?

“Si il testo arriva sempre dopo. Anche in sala prove, quando improvvisiamo insieme, suoniamo poi io mi porto a casa tutto, taglio edito, faccio quello che c’è da fare e poi viene fuori il testo. Raramente una canzone nasce chitarra e voce già strutturata. Poi ogni tanto qualche pezzo che nasce così, alla cantautore, c’è.”

 

Per esempio?

Rotolacampo, oppure andando indietro, Lezioni di Poesia. Ma sono davvero pochi i pezzi fatti in questa maniera. Prima nasce l’atmosfera, l’ambiente, poi ci scrivo sopra.
Canzone sdrucciola è nata cosi. In realtà stavo lavorando anche a un altro testo su quel pezzo, poi mi è venuta fuori la frase “..chissa perché la radio passa solo canzoni inutili”, bella, ed è venuto fuori tutto cosi, un testo sdrucciolo, con l’accento sulla terzultima sillaba.”

 

Questo nuovo disco mi sembra il perfetto continuo del precedente Undici canzoni di merda con la pioggia dentro.

“Si infatti è sott’inteso, non mi andava di palesarlo, ma è automatico! Venti sono le canzoni di merda.”

 

Un album pregno di citazioni.

“Si, l’ho fatto apposta questo disco. È uno dei motivi portanti dell’album. Andando a giocare, citando in ogni canzone almeno un pezzo di qualche cantautore italiano; ce ne sono almeno 26 o 27. A parte quelli internazionali che ci sono sempre stati.”

 

Io non li ho beccati tutti. Sicuramente il più facile è De Andrè

“Quella è facile, si!
Ad esempio c’è quella in Cartoline Nere, per citare I Matti di De Gregori. È stata quella che mi ha dato il là per citare. L’ho stravolta e mi son detto, “Bella cosi, andiamo avanti e citiamo tutto quello posso”, sia travisandolo, storpiandolo, ma anche copiandolo papale papale. In Morire Perché c’è “catene, bastonate, chirurgia sperimentale” di Com’è Profondo il Mare di Dalla e prima, forse più nascosto, “morire di Maggio”” (La guerra di Piero, De Andrè NdR).

 

Ti vidi in concerto le prime volte tra il 2004 e il 2005. Prima con i TARM e poi a Forlì con degli sconosciuti Zen Circus.

“Uh si! Lì era una delle prime volte che incrociavo gli Zen Circus Poi ho fatto delle cose con loro, nel primo disco, dove Andrea Appino cominciava a cantare in italiano: sono andato in studio con lui a fare le voci, mi faceva cagare come cantava in italiano, dieci volte meglio in inglese! Bisognava che fosse convinto di cantare bene anche in italiano, così l’ho stressato un po’. E poi era l’album prodotto da Brian Ritchie (Violent Femmes, NdR), ci sono andato per lui! Abbiamo anche suonato insieme, per me era un sogno!”

 

Poi con chi altro hai lavorato?

“Con Vasco (Le Luci Della Centrale Elettrica) ho fatto tutto il primo album e una novantina di date; tant’è che Nostra Signora della Dinamite è uscito un anno dopo proprio perché io ero in tournée con lui e ci tenevo vedere come andava, è stata una bella cosa! Siamo tutt’ora in contatto, credo di essere una delle dieci persone che sente i provini dei suoi dischi per primo.”

 

Poi?

“Poi Bugo, un altro di quelli che apriva i miei concerti e poi ora, ciao! Come anche i Verdena del primo album, che a fine ’90 mi portai in tour per qualche data ad aprirmi i concerti, era appena uscito Che fine ha fatto Lazlotoz, era il 98/99.”

 

Anni stupendi, c’era un bollore incredibile.

“Si ma c’è anche adesso il bollore, forse si è un po’ spento perché stanno cercando di imitare da una parte la trap inutile, e dall’altra Venditti. Sai i vari episodi di pop romano che da indie diventa mainstream. Ma poi chi se ne frega, non son qui a sparare sulla croce rossa, ognuno fa le scelte che vuole, tanto fra due anni sono tutti sepolti questi qua.”

 

C’è speranza.

“Ma sì, c’è ancora un movimento. Credo che ci sia anche un ritorno, paragonabile a quello che han tirato fuori Vasco Brondi e Dente, a un certo tipo di cantautorato, con dello spessore.
Ci sono anche delle cose che ho prodotto io; i Radiofiera, che sono dei vecchi di merda come me, esistono dal ’90. Poi c’è Prevosti che spacca, l’ho portato in giro con me in qualche data.
Poi qualcosa di nuovo, un tipo di Genova, che scrive bene, mi piace, è disimpegnato ma non va a cercare il pop facile con le canzoni d’amore e gli accendini accesi. Uscirà con la mia etichetta PsicoLabel.”

 

La tua etichetta?

“Si, è la mia etichetta storica, proprio mia. Ora vogliamo farla diventare una vera etichetta; per un po’ di tempo è stata come un tatuaggio che ognuno si metteva: “Posso uscire con PsicoLabel?” Fai il cazzo che vuoi, basta che non mi chiedi dei soldi! Era roba che facevo con gli amici. Ora invece stiamo cercando di strutturarla, insieme a Steve, farla diventare una piccola factory.”

 

Da quant’è che suoni con Steve?

“Da Rojo in poi, li eravamo tre chitarre con Fanelli al basso. Fanelli (ex Quinto Stato) tra l’altro sarà probabilmente una prossima uscita con un progetto bellissimo, Fanelli Demolizioni.”

 

Parlando di basso, mi è sempre piaciuto come esce dai tuoi dischi, anche in quest’ultimo. Mi ricorda quello di Gianni Maroccolo.

“Il basso di Marco mi piace molto, lui imita me che imito Gianni appunto, e ci piace!”

 

Lui però nasce chitarrista.

“Si, tutti i migliori bassisti nascono chitarristi, quelli col plettro in mano. Altrimenti finisci che ti menano come Pastorius!”

 

In questo momento di pausa dei concerti? Ti dai anche tu allo streaming?

“No no, non esiste proprio, è un surrogato di vita che non posso accettare. Andare sul balcone a fare gli imbecilli con la chitarrina, a parte quelli che ci andavano per controllare gli altri, o quelli che si mettevano a fare le robe in streaming? Ma vaffanculo. Ho anche litigato con degli organizzatori di festival per questo motivo. Ma perché invece non organizziamo delle cose? Forziamo un po il blocco, poi ci arrestano tutti!”

 

In realtà concerti ed eventi sono assai più controllati e regolamentati rispetto ad altri contesti come i centri commerciali ad esempio.

“Ma si, ma noi le abbiamo sempre rispettate le regole, ma poi non è bastato! Alla fine han chiuso tutto, cinema e teatri.”

 

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Da Predappio, alla musica e al tuo lavoro, come è andata?

“Facevo il chitarrista in una band di amici, che suonava molte canzoni dei Beatles, e anche molti pezzi propri. Sembra preistoria ma all’epoca era roba uscita quindici anni prima, come chi adesso suona il grunge. Poi pian piano mi sono trovato a mettere su una cosa che si chiamava Potemkin, che nei primi anni 80 in Romagna funzionava abbastanza. Insomma io trombavo, in quanto frontman!
Poi mi sono reso conto che questa cosa non mi andava bene, nel senso; perché se sono su un palco mi trombi mentre se fossi fuori non mi cagheresti? Allora ho cominciato a fare della musica completamente deficiente e inascoltabile insieme al Politrio e a Bob Zoli, morto un paio di anni fa, lui è stato uno dei pilastri e della musica indipendente a Forlì. Per sei-sette anni facevamo concerti per 100 persone di cui 90 se ne andavano e dicevano “cos’è sta merda?” Era bello, il rifiuto del piccolo star system di periferia.
Da lì abbiamo iniziato a conoscere gente che lavorava in quell’ambito, per esempio i Litfiba. Prima Bob come fonico e poi io come suo sostituto dopo un incidente. Intanto in quel periodo facevamo musica difficile, poco fruibile. Mi ricorderò sempre quando Libero Cola del Vidia ci prese dicendo, “dai vabbè, ci saranno 10 persone” e poi gli riempimmo il locale con la nostra musica di merda.”

 

Poi come sei arrivato ai CSI?

“Dopo aver cominciato come fonico per i Litfiba, abbiamo girato l’Europa, subito dopo Tre, erano la mia famiglia, poi ho conosciuto i Noir Desire e sono diventato francese, era il mio mondo.”

 

Quanto tempo sei rimasto in Francia?

“Una decina d’anni, dal ’89 al ’98, mi dividevo tra Francia e Italia. Infatti i C.S.I. sono nati che io vivevo in Francia! Tornavo qua a registrare, era il tempo di Epica Etica Etnica Pathos di C.C.C.P., registrato proprio a 2 km da qui. La mia vita è cambiata in quegli anni, dopodichè sono nati i CSI ed io ero in giro con i Noir Desire tutto il tempo. Quando i CSI han cominciato a decollare ho preso tanti di quei voli!”

 

Invece com’è andata l’esperienza con i PGR?

“Secondo me con i P.G.R. abbiamo fatto il più bel disco che abbiamo mai fatto tutti insieme, io, Gianni e Giovanni, compresi tutti i precedenti; è Ultime Notizie di Cronaca, ultimo album, del 2009! È il migliore che ci sia mai venuto fuori! Fatto tra l’altro un po’ a distanza, come questo Venti. Io e Gianni, che ci occupavamo della musica ci saremo visti un giorno e mezzo, in tre mesi di lavorazione, per il resto tutto via internet.”

 

Non sono mai riuscito a vedervi in concerto, peccato.

“Purtroppo abbiamo mollato perché nel 2006 Giovanni ha avuto un problema di salute che lo ha portato via dalle scene per parecchio tempo. Poi non si è fatto più nulla. Ma avevamo in contratto un altro disco con la Universal e cosi lo abbiamo fatto, ed è appunto Ultime Notizie di Cronaca, ed è uscito davvero bene. Se lo ascolti capisci perché! Al di fuori delle parole di Giovanni, che possono piacere o non piacere, non me ne frega un cazzo di quel che pensa la gente, però musicalmente è la cosa più riuscita e matura che abbiamo mai fatto, perché c’è tutta la mia sensibilità e quella di Gianni che si mescolano in maniera perfetta, una figata! È musica diversa, trasversale.”

 

Tornando al disco nuovo invece, ho sentito, tra le altre cose, tante tastiere in più e il violino.

“Sì sì, ma il violino c’è da sempre! C’è stato anche il violino di Rodrigo D’Erasmo, era in Tutti Contro Tutti, mentre il violino di Andrea Ruggiero c’era già in Nostra Signora della Dinamite, e in Venti c’è almeno in cinque/sei pezzi.”

 

Domanda secca. Se ti chiedessero di fare il giudice di un talent?

“Se mi pagano un tot di soldi ci vado! Massimo rispetto per Manuel Agnelli che riesce sempre a far molto bene quello che fa, poco rispetto per chi lo critica, perché sono solo invidiosi di merda. Stesso vale per Alberto che va a suonare a X-Factor i pezzi dei Verdena. Ma che vuoi? Questo lo so fare, e lo vado a fare, mi pagano, lo faccio. E se anche non mi pagavano ci andavo lo stesso probabilmente perché mi andava di farlo.”

 

Non ti sei scandalizzato.

“Ma siam matti? Mi devo scandalizzare per cosa? Se gli Zen Circus vanno a Sanremo? Poi ci sono andati in maniera super dignitosa!”

 

Così pure gli Afterhours.

“Sono stati fighissimi, hanno portato avanti un progetto bellissimo e un ‘idea unica con quell’album.
Tra l’altro devo molto a Manuel e al suo ToraTora Festival! Quando mi voleva in prime time coi Rossofuoco nonostante all’epoca vendessimo pochi dischi. Mi diceva “Tu te lo meriti, e alla gente gli faccio vedere una cosa figa!””

 

In conclusione, avete fatto davvero un bel disco, pensi sia il migliore?

“Per forza! Ma per quantità più che qualità! Tra Undici e Venti cosa scegli? E poi hai ragione tu, ha filo conduttore che va avanti; non a caso la copertina è sempre della Martina, una mia amica di Bergamo. Nella mia testa vedevo una trilogia, Undici, Venti e poi il prossimo magari sarà Giallo.”

 

Quindi hai già altri pezzi?

“Si, in realtà siamo andati oltre i venti pezzi, ce ne sono almeno tre o quattro che non sono andati dentro a Venti. Un brano è in una compilation che dovrà uscire (Her Dem Amade Me, pubblicato su supporto fisico il 4 Dicembre, NdR), un lavoro dedicato a Orso, quel ragazzo di Firenze, ucciso mentre combatteva l’Isis.”

 

Si, ricordo bene.

“Adesso sembra una roba da matti! Ma nel ’37 era normale prendere e andare a combattere; quanta gente da Francia, Italia, Germania ha deciso di andare a combattere un’idea di merda, che era il franchismo.
Il problema è che le resistenze sono celebrabili solo se sono roba vecchia, se è nuova sei uno sfigato che si batte contro un sistema che tanto ha già vinto. Vaffanculo!”

 

Quindi festeggiare oggi la resistenza ha senso?

“Certo, come aveva senso negli anni ’70. Non sono assolutamente un fan della lotta armata, ma anche quella era resistenza.”

 

Giorgio abbiamo parlato un sacco e sono quasi le 18, ci chiude il bar!

“Ah basta basta, poi qui ci arrestano!”

 

Ciao Giorgio, a presto spero!

“Speriamo, Ciao!”

 

 

Siddharta Mancini

Giorgio Canali & Rossofuoco “Venti” (La Tempesta Dischi, 2020)

Ma come accidenti si fa a recensire un disco del genere? È una vergogna!

Per quale assurdo motivo dovrei parlare di questo disco? Io me lo tengo per me. Solo per me.

Come quelle cose belle e preziose, che vuoi proteggere da occhi indiscreti e assetati, avidi e inconsapevoli, immeritevoli perfino; e poterne godere da solo.

Dai capita a tutti, questa sensazione. La provo, la si prova, quando troviamo qualcosa di bello, diventiamo gelosi, egoisti, immaturi. 

Con la musica accade, per esempio, quando il nostro gruppo underground si fa popolare, mainstream. A Giorgio Canali frega un cazzo del mainstream. E io ne sono contento.

Ma allo stesso tempo dico: “Porco cane! La bellezza bisogna condividerla! In culo a chi non saprà apprezzarla, m’importa una sega, sai ma fatta bene.”

Tutta questa premessa per parlare di un disco di cui io, in realtà, non vorrei parlare. 

Non fanno per me le recensioni, le descrizioni, i tecnicismi, gli elenchi. Per cui parlerò delle sensazioni, dei riferimenti a cui mi rimanda, delle bestemmie, delle risate, delle lacrime. 

Parlerò di me. Megalomane! Egoist!

Eh sì, perchè quando ascolti un disco, poi diventa tuo, nel senso più umano del termine. Sei tu.

Come quando esco a fotografare; un paesaggio, una persona, una situazione. Anche se non sono presente fisicamente nel fotogramma, in quella foto ci sono io, sopratutto io. Così nella musica.

Seguo Giorgio Canali & Rossofuoco dal loro secondo album, me ne innamorai subito. 

Non per il passato di Giorgio (CCCP, C.S.I., PGR), ma perché quell’album mi arrivò dritto in faccia come una badilata e mi scosse i neuroni. Era il 2004.

Sedici anni dopo esce Venti, ottavo album della band capitanata da Canali.

Inghiottisco l’album, poi lo rigurgito, poi inghiottisco ancora, e lo rigurgito. In loop.

Ne escono delle emozioni, dei pensieri, brividi, rabbia, imprecazioni, lacrime, malinconia, sorrisi, insoddisfazione, impotenza. No resilienza no! Per Dio!

Venti tracce, un album doppio, c’era troppo da dire. 

Il tempo non mancava per pensare e scrivere durante la scorsa primavera. E Giorgio Canali, che non le manda a dire, butta tutto in musica e parole quello che gli frulla in capo. Che mai è scontato. Ed è un privilegio. 

Lo stile è riconoscibile, la voce inconfondibile. Le chitarre di Giorgio sono un must, qui affiancate da un immenso Stewie Dalcol (Frigidaire Tango). Le percussioni di Luca Martelli (Litfiba, Piero Pelù, Atroci) danno un ritmo perfetto e sostenuto a tutto. Lo si vede, e si sente, sopratutto nei live dei Rossofuoco. E Poi Marco “Testadifuoco” Greco, con quel basso che a volte tira un po’ indietro alla Maroccolo, che tanto piace a Canali. Ingredienti e dosi perfette!

È un album, Venti, che è la perfetta e naturale continuazione del precedente Undici Canzoni di Merda con la Pioggia Dentro, fatto del solito pessimismo cosmico, solitudine (non vista con accezione negativa), senso critico, schiettezza, amore e malinconia, una visione noir del mondo che continua ad andare contro un muro a velocità smodata. Consapevolezza, sempre.

A volte, ascoltandolo, mi viene da pensare a una frase che spesso si usa per apostrofare gli sprovveduti: ve l’avevo detto io!

Nel 2004, in tempi non sospetti, il brano Questa è una canzone d’amore recitava cosi: “..epidemie terrificanti, nuovi contagi e vecchi mondi da evitare e noi qui infila a farci rivaccinare che tanto questa è una canzone d’amore.” Chapeau!

Questa pandemia, con le sue conseguenze sociali, economiche e politiche ha fatto ribollire il sangue a Canali che da sempre ha una visione critica e autocritica di ciò che lo circonda, è palese. Ciò non significa dire sempre NO! Piuttosto di vedere le cose da diversi punti di vista, che non per forza devono essere giusti o sbagliati. Questo fa l’ex C.S.I. nei suoi album. Questo è quello che vedo io perlomeno. 

E lo fa meravigliosamente anche in questo doppio album Venti: venti come i brani, e come questo duemilaventi funesto, ma quanto mai rivelatore. Diciamoci la verità; è un anno che ci ha fatto riflettere, su ogni cosa. Poi a ognuno le sue conclusioni.

Quindi, per stringere un po’, in questo album c’è tutto Canali, è proprio lui, senza filtri e manierismi, politicamente scorretto e socialmente diretto. 

Si apre con Eravamo Noi, un viaggio a ritroso negli anni per poi guardare al futuro, poi la ballad noir Morire Perché, primo singolo estratto dall’album. Prosegue con Nell’aria, un racconto fulgido di quello che abbiamo vissuto quest’anno, tra paura e libertà negate. Inutile e irrilevante è invece un elenco di “mostri” di cui possiamo anche non preoccuparcene più perché ora abbiamo un altro mostro da affrontare. 

A proposito di elenchi; non volevo farne, ma ho perso il controllo. Ora smetto. Non serve, è inutile e irrilevante.

Posso dire con assoluta sincerità che è un bellissimo album tagliagola, in cui le chitarre graffianti e ululanti di Canali e Dalcol si fondono con il combat rock stile Clash e le armoniche folk in stile Bob Dylan. Questo non che cambi i connotati al suono dei Rossofuoco, che è ben presente e vivo; ma c’è un tocco in più, qualche raffinatezza stilistica forse anche dovuta dal tempo a disposizione durante il lockdown. 

Posso dire, inoltre, che c’è spazio per l’incazzatura, la lucida malinconia, la solita consapevolezza come già citata, un pizzico di amore, forse anche di delusione; tutto ben amalgamato.

Posso anche dire che è un album ricco di citazioni d’autore, una su tutte, la più facile, De Andrè.

Il disco si chiude egregiamente con un brano, Rotolacampo, che sembra un brano uscito da un disco di Bob Dylan e che è la firma perfetta, la chiosa di uno sfogo diretto e senza perbenismi, ed inizia così: “È ora di andare dai, basta pensare, partire, ruzzolare via, si è dato già troppo tempo al tempo e via, come un rotolacampo, è ora di spargere in giro semi di follia.”

E qui finisco anche io, da dire ce ne sarebbe sempre tanto, ma come sempre la cosa migliore quando si parla di musica, è ascoltarla.

Quindi fatevi un regalo con questo disco, in alternativa “Fatevi Fottere”(cit.).

 

Giorgio Canali & Rossofuoco

Venti

La Tempesta Dischi

 

Siddharta Mancini