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Tag: vetrodischi

BIRØ – Episodio 2

Ecco il secondo episodio scritto da BIRØ, cantautore classe 1990 originario di Varese.

Il suo “Capitolo 1: La Notte” (Vetrodischi) è un progetto che mira a coniugare testi propri della tradizione cantautorale italiana con la musica elettronica per raccontare storie attraverso musica e parole. I suoi brani raccontano eventi legati tra loro e come le pagine di un libro seguono uno sviluppo cronologico.

“Capitolo 1: La Notte” è la storia di un uomo che analizza le sue ossessioni, le sue paure e i suoi vizi, ma anche le proprie gioie e fortune, il tutto grazie ad uno stile narrativo personale. Tutti i brani sono ambientati in un’unica notte e questo spazio temporale diventa il filo conduttore tra una canzone e l’altra: i toni crepuscolari dei testi di BIRØ trovano nella commistione tra cantautorato ed elettronica un compagno perfetto per questo viaggio che dura fino all’alba.

Dopo la pubblicazione di “Incipit”, il suo primo EP ufficiale, BIRØ si è fatto conoscere al grande pubblico con un fortunato tour che ha avuto appuntamenti importanti come il Mi Ami 2017 e il Collisioni Festival riscuotendo ottimi feedback di pubblico e critica, candidandosi di diritto quale nome su cui puntare per il futuro.

Biro ci racconta, attraverso tre racconti brevi e inediti, il significato delle sue canzoni in maniera più ampia.

Il racconto è come un’espansione dell’universo narrativo del personaggio protagonista del disco. Mentre nel disco vengono presi in dettaglio certi punti e aspetti, nel racconto questi dettagli vengono messi sotto la lente d’ingrandimento.

La necessità era quella di raccontare il punto di vista del protagonista a partire soprattutto dalla sua solitudine e dalle sue dipendenze. Il disco sicuramente fa ben capire questi aspetti e penso riesca a riportarne una chiara immagine, mi sembrava che però ci fosse l’esigenza di spiegare anche il perché lui si sia ritrovato, le cause e le circostanze. E magari quali potrebbero essere le sue prospettive.

 

Buona lettura e correte ad ascoltare il suo album!

2 EPISODIO

 

E’ molto peggio di quello che pensavo.

E’ così che doveva andare.

L’ematoma è gigantesco e violaceo. Ci credo che il capo mi ha rotto i coglioni.

Coglila come un’opportunità, tipo smetterla di fare cazzate.

E’ un bel casino, se non mi ha licenziato questa volta non mi licenzierà più.

Smettila di lamentarti!

Si smettila di lamentarti.

Mi guardo riflesso nello specchietto retrovisore. Il livido è veramente gonfissimo e fa male anche toccarlo. A dirla tutta ho dolori il tutto il corpo, cadendo devo aver picchiato la schiena e non riesco quasi a muovermi. Non vedo l’ora di essere a casa, prendere un paio di antidolorifici e sparire fino a domattina.

E’ un altro giorno di pioggia, come tanti altri giorni che l’hanno preceduto e tanti altri che seguiranno solo che oggi fa più schifo di tutti gli altri giorni.
Riesco dopo un’ora e spiccioli di tangenziale ad arrivare sotto casa, parcheggio e molto dolosamente cerco di uscire dalla macchina.

L’ombrello ovviamente (ovviamente) l’ho lasciato a casa stamattina e ho troppi dolori in troppi punti del corpo per riuscire a correre, così cammino lungo i muri cercando di farmi riparo con i balconi.

Passo di fianco al kebbabbaro che vedo ogni sera tornato dal lavoro, mi saluta con la mano.

Dai per favore, almeno stavolta non farlo.

Apro la porta dell’appartamento e stappo una sessantasei, metto le altre nel frigo.

Potrei mettere su un disco, accendere la tele, tenere qualcosa di sottofondo ma non ho voglia. Ho voglia di silenzio. Di tanto silenzio.

Tiro fuori il cellulare, passo il pollice sullo schermo spento e rotto. Nessuna chiamata, nessun messaggio, nessuna notifica.

Allungo il braccio per prendere il pacchetto di sigarette sul tavolo e una fitta mi attraversa la testa. Impreco e bevo un sorso di birra.

E’ inutile, non hai imparato nulla.

Da domani smetterò.

L’hai già detto mille volte in base a cosa è diverso?

Lo schermo del cellulare si illumina. E’ una notifica di Facebook, invito ad un evento.
Apro incuriosito, io non vengo mai invitato agli eventi.

E’ di un mio collega. Sembra che si sposi e vuole organizzare qualcosa con quelli dell’ufficio. Che cazzo vuol dire? Uno si sposa e fa una festa con “quelli dell’ufficio”.

E’ stato gentile.

E poi sicuramente l’avrà fatto per pietà visto con che faccia mi sono presentato.

E’ stato gentile. Non fare lo stronzo.

Mi sembra assurdo, ce li avrà degli amici, qualcuno con cui passare il tempo.

E tu?

Il silenzio mi ha già rotto i coglioni.

Prendo il telecomando e accendo su un canale a caso. Non ha veramente importanza che cosa sia, basta che mi scivoli addosso.
Sono irrequieto, giro come uno squalo nella stanza. Dò nuovamente un’occhiata al cellulare. Nulla, niente di niente. Silenzio radio. Non mi ha nemmeno scritto  come sto, se mi fa male la botta e io ovviamente le direi che no, che non è niente e…

Che ti dispiace?

Che mi dispiace per come sono andate le cose…

Bravo! Bel discorso… guarda sicuramente dopo sta cagata si rilancerà tra le tue braccia.

Ma chi voglio prendere in giro? Sono cambiate troppe cose e io stesso ho avuto troppe occasioni per cambiarle senza mai coglierle.

Ti ricordi una volta?

Com’era bello una volta, quando ci conoscevamo appena e lei era innamorata. Io ero innamorato. Non eravamo nemmeno maggiorenni. Praticamente nella mia vita ho passato più tempo con lei che con me stesso. Eravamo ragazzini, ci promettevamo tutto, ci dicevamo che sarebbe andato tutto bene, che avremmo avuto una casa dove passare le vacanze, forse un gatto ma sicuramente una macchina per i bambini.

Poi non ricordo quando le cose sono cambiate, all’improvviso abbiamo cominciato a parlare del fatto che non stavamo dietro le spese, che non facevamo in tempo a sistemare qualcosa che già un’altra si rompeva.

E in quel momento probabilmente era già troppo tardi per recuperare qualsiasi cosa, raschiavamo il fondo per cercare qualcosa che non esisteva più e non so proprio spiegarmi come sia successo, né quando ma soprattutto non ho idea del perché e non lo sopporto; non lo sopporto davvero.

 

 

Com’era bello una volta.

BIRØ e la scrittura: un artista fuori dagli schemi

BIRØ è un cantautore classe 1990 originario di Varese.

Il suo “Capitolo 1: La Notte” (Vetrodischi) è un progetto che mira a coniugare testi propri della tradizione cantautorale italiana con la musica elettronica per raccontare storie attraverso musica e parole. I suoi brani raccontano eventi legati tra loro e come le pagine di un libro seguono uno sviluppo cronologico.

“Capitolo 1: La Notte” è la storia di un uomo che analizza le sue ossessioni, le sue paure e i suoi vizi, ma anche le proprie gioie e fortune, il tutto grazie ad uno stile narrativo personale. Tutti i brani sono ambientati in un’unica notte e questo spazio temporale diventa il filo conduttore tra una canzone e l’altra: i toni crepuscolari dei testi di BIRØ trovano nella commistione tra cantautorato ed elettronica un compagno perfetto per questo viaggio che dura fino all’alba.

Dopo la pubblicazione di “Incipit”, il suo primo EP ufficiale, BIRØ si è fatto conoscere al grande pubblico con un fortunato tour che ha avuto appuntamenti importanti come il Mi Ami 2017 e il Collisioni Festival riscuotendo ottimi feedback di pubblico e critica, candidandosi di diritto quale nome su cui puntare per il futuro.

Biro ci racconta, attraverso tre racconti brevi e inediti, il significato delle sue canzoni in maniera più ampia.

Il racconto è come un’espansione dell’universo narrativo del personaggio protagonista del disco. Mentre nel disco vengono presi in dettaglio certi punti e aspetti, nel racconto questi dettagli vengono messi sotto la lente d’ingrandimento.

La necessità era quella di raccontare il punto di vista del protagonista a partire soprattutto dalla sua solitudine e dalle sue dipendenze. Il disco sicuramente fa ben capire questi aspetti e penso riesca a riportarne una chiara immagine, mi sembrava che però ci fosse l’esigenza di spiegare anche il perché lui si sia ritrovato, le cause e le circostanze. E magari quali potrebbero essere le sue prospettive.

 

Oggi pubblicheremo appunto il primo di questi.

Buona lettura e correte ad ascoltare il suo album!

 

1 EPISODIO

 

Esco dal bar ciondolando. Appallottolo la schedina persa e cerco di fare canestro in un cestino vicino. Inutile dirlo, la pallina di carta cade molto prima del cestino.
Faccio fatica a stare dritto figuriamoci riuscire a fare canestro.
Accendo una sigaretta e mi incammino verso la macchina.
Milano di notte mi sta simpatica. E’ come se improvvisamente ci fosse un filtro che lascia emergere un’atmosfera più vibrante, tranquilla eppure sempre sull’attenti, come se potesse sempre succedere qualcosa anche dove il silenzio regna sovrano.

Le pozzanghere lungo la strada riflettono le insegne blu dei bar e le luci dei lampioni, sento qualcuno in sottofondo parlare della partita e all’improvviso penso che almeno su quello avrei potuto avere un po’ più di fortuna. Tre pali su quattro tiri. Un gol poteva scapparci, sbancavo un 200 euro che mi avrebbero fatto comodo

E in cosa li avresti spesi?

Magari avrei potuto organizzarle una cena.

Sii almeno onesto con te stesso.

Portarla fuori, non so cucinare.

Avresti comprato del vino.

Qualche bottiglia di vino per festeggiare.

Festeggiare cosa?

Ma festeggiare cosa? Cosa c’è da festeggiare? Anche riuscissi a parlarci sarebbe un gran successo e cosa farei per festeggiare?

Compreresti del vino.

Comprerei del vino. La causa di tutto.

Non ricordo quando ho cominciato a bere, non che esista veramente un punto preciso in cui si inizia, ma non riesco a ricostruire le circostanze per cui ho cominciato a bere così tanto. Non ci riesco, sono troppo ubriaco.

Metto le chiavi nella macchina e mi accorgo che l’ho lasciata aperta.
Sei veramente un coglione.

Un vero e proprio coglione. Ti accorgi anche tu che non è possibile? Si, per tante persone potrebbe essere una dimenticanza ma per te comincia a diventare un abitudine.

La moka.

L’altro giorno hai fuso una moka dimenticandoti il fornello accesso. Devi darti una regolata.
Ti serve una regolata.

La macchina è glaciale, dò un giro di chiave e dopo un lungo borbottio il motore parte.

Sei troppo ubriaco per guidare.

Devi stare calmo, tranquillo.

Prendi una cicca.

Cerco una cicca nel portaoggetti, c’è un pacchetto che sarà lì da chissà quanto ma lo prendo comunque. Sembra di masticare un sasso. Nel portaoggetti ci trovo anche un cd degli Smiths che non ricordavo assolutamente essere lì. E’ un “The Best Of”, quindi so esattamente a cosa vado incontro ma dò un’occhiata rapida alla tracklist.
Ti ricordi?

Era bello discuterne, a lei facevano schifo. Proprio schifo, non ne capivo la ragione ma lei diceva che la voce di Morrissey è una tortura. Schifo, usava proprio questa parola.

Apro la confezione e dentro trovo un piccolo biglietto che recita

Balli sopra un bacio tra le pieghe di un letto.

Che frase stupida, avrò avuto vent’anni quando l’ho scritta. Ecco, questa è una frase che fa schifo, ma allora ero tutto esaltato dallo scrivere e dallo studiare che mi sembrava una gran figata, mi sembrava di essere Morrissey.
Vuoi chiamarla.

Prendo il cellulare e scorro la rubrica.

Non farlo.

Squilla. Poi metto subito giù il telefono.

Non puoi averlo fatto veramente.

E invece si, cazzo, lancio il cellulare sul retro del sedile e tiro un pugno al volante della macchina. Mi sento un vero coglione. Lei magari adesso guarderà la chiamata e cosa penserà? Avrà paura?
Hai fatto una cazzata, fermati qui al semaforo, mastica la cicca e respira.

Si, mastica la cicca e respira.
Non ti manderà un’altra denuncia.

MASTICA LA CICCA E RESPIRA. Non c’è bisogno di agitarsi, adesso vai a casa e non succede nulla, bevi un goccio di birra, fumi una sigaretta e vai a letto e ti fai una bella dormita. Nulla di più semplice. Lei non ci farà caso, se ne starà col suo nuovo ragazzo e domani forse qualcosa cambierà.

Questa non è la strada giusta.

Forse, chissà. Le cose a volte non cambiano per niente, o se cambiano è in peggio.

Devi ritornare sulla circonvallazione per tornare a casa tua.

Ma io cosa ci posso fare? Mi sento in balia di tutto questo, degli eventi e di quello che lei ha scelto. Non capisco e non riesco ad uscire dalla convinzione che se valeva qualcosa allora valeva la pena anche lottare e non mi sembra giusto che mi sia rimasto così poco dopo tutto quello che ho dato.

Dai torna a casa, non ci pensare. Non fare cazzate, vuoi andare lì ubriaco come sei per fare cosa? Pensi che ti troverà cambiato?

Intanto parcheggio. Spengo il motore e all’improvviso è come se tutta la strada si fosse stata mutata. Il silenzio è ovunque. Riguardo l’ingresso di casa sua che per dieci anni è stata casa nostra. E’ una strana sensazione, vedere ciò che hai amato e che poi invece diviene qualcosa di estraneo. Inavvicinabile addirittura.
Sento dei passi, qualcuno sta chiacchierano. Una donna ride. I passi si fanno sempre più vicini, mi volto per guardarli.

E’ lei.

E’ lei.

Resta qui in macchina, aspetta che entrino e poi vattene. Nessuno ne se accorgerà.

Scendo dalla macchina, quando la portiera sbatte si voltano entrambi e se all’inizio sembrano non riconoscermi in breve capisco dalle loro espressioni che hanno capito benissimo chi sono.

Lei è spaventata, cerca le chiavi nella borsa compulsivamente, come se fosse la cosa più importante nel mondo e striscia contro il muro verso la porta.

Lui si avvicina a me con passo deciso. Cerco di spiegargli che va tutto bene, non voglio far niente, ma non appena alzo le mani in segno di resa le sue mi spingono forte sul petto buttandomi a terra. L’alcool amplifica la sensazione, mi gira la testa, se provo a rimettermi in piedi scivolo sul selciato.

Non faccio in tempo a rendermene conto che lui mi prende il bavero e mi assesta una centra sulla mandibola.

Ricasco a terra. Ci rimango. Fischia tutto.

Mentre resti steso per terra e un il sangue comincia ad invaderti la bocca senti voci in lontananza: “Sta bene?” “Starà bene!”. La porta sbatte, a poco a poco riesci a rimetterti in piedi con non poca fatica. Passi le dita sul colpo e constati che sta uscendo un po’ di sangue. Probabilmente domani si gonfierà e sarà un livido. Risali in macchina, giri la chiave e il motore torna a disturbare il silenzio della via. Torna a casa.